Daily Archives: 25/02/2011

Libia, italiani tra i mercenari che hanno attaccato al-Zawiyah?

L’informazione è stata comunicata attraverso la pagina Facebook del gruppo che da giorni riporta notizie sugli avvenimenti libici.

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La pagina Facebook del sito dell’opposizione libica al-Manara“, che da giorni riporta notizie su quanto sta accadendo nel Paese, informa che questa mattina la città di al-Zawiyah (40 chilometri ad ovest di Tripoli) sarebbe stata attaccata da miliziani delle brigate fedeli a Gheddafi e da mercenari di nazionalità araba ed europea, compresi  italiani. Sulla stessa pagina nei giorni scorsi era stato scritto che i manifestanti avevano preso il controllo della città e catturato 22 miliziani delle brigate fedeli al rais tra cui figuravano alcuni europei.

Nei giorni scorsi su Twitter, altro famosissimo social network, aveva iniziato a diffondersi la voce che fantomatici mercanari italiani stessero bombardando i manifestanti con degli F16: la notizia, citata da Al Jazeera, non è stata confermata qualsiasi altro media.

Ieri in Italia il PD ha intrapreso un interrogazione parlamentare nei confronti del ministro della Difesa, Ignazio la Russa, affinchè venga fatta chiarezza sulle testimonianze riportate da Al-Jazeera: La Russa renderà conto al parlamento nei prossimi giorni.

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Fonte: PeaceReporter

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Gli interessi italiani (ed europei) in Libia

“Gli italiani, tra tutti i popoli delle nazioni al mondo, hanno più da perdere in questo cambio di regime in Libia”

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Barili di petrolio

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di Mirko Misceo

Dal petrolio agli elicotteri, ecco perché Frattini “ci va cauto” sulla Libia

Nel deserto libico, a più di quaranta gradi all’ombra, i manager dell’Eni sudano freddo. E sudano e pregano anche i loro colleghi del capitale, seduti comodamente sulle poltrone del potere, qui da noi, nell’ormai prossima al tracollo energetico Italia. Mentre la Libia, nel mezzo di una rivoluzione che vede migliaia di morti per le strade, produce ancora petrolio sufficiente per il consumo interno, il suo ex padrone coloniale, l’Italia, non sembra essere altrettanto fortunata quando si parla di rifornimenti energetici.

“Gli italiani, tra tutti i popoli delle nazioni al mondo, hanno più da perdere in questo cambio di regime in Libia” – dichiara Peter Zeihan, vice presidente del dipartimento di analisi presso la “Stratfor”, società di intelligence di rilevanza mondiale – L’Italia riceve circa un terzo del suo petrolio ed il 10-15 per cento del suo gas dalla Libia.”

Il nostro paese, senza gli approvvigionamenti che giungerebbero dai paesi arabi (in testa la Libia), avrebbe riserve di petrolio sufficienti per solo 90 giorni e di gas per 30 giorni, ha dichiarato una fonte del governo italiano all’agenzia di stampa Reuters.

L’Eni, la compagnia petrolifera più grande d’Italia, di cui è parzialmente proprietario lo Stato, si è impegnata ad investire fino a 25 miliardi di dollari in Libia. Il prezzo delle azioni Eni in questi giorni, a causa dell’influenza sui mercati internazionali che hanno avuto le notizie delle rivolte, è sceso del 5,1 per cento, registrando il calo più sensibile dal luglio del 2009.

“Se fossi l’Eni, sarei terrorizzato in questo momento – afferma con sarcasmo Zeihan – gli italiani non hanno una politica energetica; la loro politica di rifornimenti è addirittura più inconsistente di quella degli americani”.

Senza l’appoggio del regime di Gheddafi, insomma, toccherà rivedere i piani strategici per l’approvvigionamento energetico. E chissà se l’alta borghesia italiana, che ha in pugno il destino energetico del nostro paese, cercherà adesso di ripiegare ancora di più verso la Russia: non sembrano esserci rivoluzioni in vista per Putin.

Un legame (in)dissolubile… (leggi tutto)

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Fonte: Controlacrisi.org


Anonymous, alla porta c’è l’FBI

Quaranta mandati di perquisizione in terra statunitense. I federali sono alla caccia di altri membri del gruppo di cyberattivisti, che nel frattempo spedisce una minacciosa lettera aperta al governo di Londra

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di Mauro Vecchio

Più di quaranta mandati di perquisizione impugnati dagli agenti del Federal Bureau of Investigation (FBI) in varie città degli Stati Uniti. Un’indagine coordinata a livello internazionale, con la stretta collaborazione dei corpi di polizia olandesi, tedeschi, francesi. E con un unico e solo obiettivo: stanare decine e decine di giovani membri del gruppo di cyberattivisti Anonymous.

I federali a stelle e strisce si muoveranno insieme alla National Cyber-Forensics and Training Alliance (NCFTA), l’alleanza tra pubblico e privato per identificare e neutralizzare il cybercrimine. Al centro delle attenzioni dell’FBI c’è il tool noto come Low Orbit Ion Canon (LOIC), ampiamente sfruttato da Anonymous per coordinare gli attacchi di tipo DDoS contro i siti ufficiali di servizi come PayPal, Visa e Mastercard.

Il fuoco del dissenso aveva infatti investito queste aziende in seguito al blocco dei canali dedicati alle donazioni verso il sito delle soffiate Wikileaks. Un comunicato stampa dell’FBI ha ricordato come un attacco di tipo denial-of-service sia illegale, e come i sospettati potrebbero rischiare fino a 10 anni di carcere. Praticamente la stessa pena che attenderebbe al varco i cinque membri di Anonymous arrestati nel Regno Unito. (leggi tutto)

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Fonte: PuntoInformatico

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