Monthly Archives: Maggio 2016

Rinunciò ad un guadagno di 7 miliardi di dollari. Grazie dr. Salk, “l’uomo dei miracoli”.

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Dr. Jonas Edward Salk (New York, 28 ottobre 1914 – La Jolla, 23 giugno 1995)

La copertina del Time dedicata al dr. Jonas Edward Salk  (1914 – 1995)

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Il medico miliardario incontri il dottor Salk

di Sam Pizzigati 

Il dottor Patrick Soon-Shiong ha contribuito a fare una parte della storia della medicina. Il buon dottore detiene più di 95 brevetti. E uno dei farmaci che ha ideato e sviluppato, l’Abraxane, impedisce alle cellule cancerose di dividersi.

Quale ricompensa personale merita il dottor Soon-Shiong per contributi come questi? Naturalmente nessuno in definitiva è in grado di dirlo. Quale importo in termini di ricompensa personale ha effettivamente incassato il dottor Soon-Shiong nel corso della sua carriera di medico? Questa cifra siamo in grado di individuarla.

Il dottor Soon-Shiong, ci dicono i segugi della ricchezza di Bloomberg, ha accumulato una fortuna personale pari a 9,7 miliardi di dollari. Il dottor Soon-Shiong è attualmente amministratore delegato della NantKwest, una società di San Diego che si occupa di ricerche sul cancro. La remunerazione contrattuale che ha concordato l’anno scorso, abbiamo appena appreso da documenti richiesti, gli frutterà almeno 148 milioni di dollari per il suo lavoro di amministratore delegato, e forse sino a 330 milioni di dollari.

Queste somme vi colpiscono come un tantino eccessive? Gli ammiratori del dottor Soon-Shiong non la pensano per nulla così. Il progresso medico, ritengono, richiede compensi da capogiro. La possibilità di diventare spettacolarmente ricchi, è la loro tesi, offre a medici come il dottor Soon-Shiong un incentivo a lavorare ancor più intensamente per vincere il cancro e qualsiasi altro male ci affligga.

Ma medici brillanti, ci dimostra la storia, non hanno bisogno dell’incentivo di diventare favolosamente ricchi per fare le loro scoperte epocali. Certamente non ne ebbe bisogno il dottor Jonas Salk.

Negli anni ’50 Salk sviluppò il primo vaccino efficace contro la polio, la malattia che terrorizzava le giovani famiglie statunitensi negli anni appena dopo la seconda guerra mondiale. Nel 1952, l’anno del picco dell’epidemia della polio, i responsabili della sanità statunitense contarono 58.000 casi, con i bambini che costituivano il maggior numero delle vittime. In quell’anno morirono più di 3.100 bambini. Molte migliaia di altri affrontarono una vita nel “polmone d’acciaio”.

La tenace ricerca di Salk portò una vera speranza nelle famiglie. Nel 1954 una vasta verifica sul campo del suo nuovo vaccino fu superata a pieni voti. Le vaccinazioni di massa iniziarono nel 1955.

Nel giro di pochi anni la polio era virtualmente scomparsa. Il presidente del consiglio di amministrazione dell’American Medical Association si sarebbe spinto a definire questo risultato importantissimo “una dei più grandi eventi della storia della medicina”. Nessuno dissentì.

E quanti milioni raccolse il dottor Jonas Salk da questo impressionante successo medico? Nemmeno uno. Salk, figlio di un operaio dell’industria dell’abbigliamento a New York City, sentì di non avere alcun diritto a ricavare una fortuna dalla sua ricerca. Non registrò mai un brevetto che avrebbe “monetizzato” il vaccino a suo favore.

Salk ne spiegò il motivo in un’intervista nazionale in diretta condotta dal più famoso giornalista dell’epoca, Edward R. Murrow.

“Chi è proprietario del brevetto di questo vaccino?” chiese Murrow al medico appena diventato famoso.

“Beh, la gente, direi”, rispose Salk. “Non c’è nessun brevetto. Si può brevettare il sole?”

Quanto è costato personalmente a Salk questo approccio ispirato a senso civico nella lotta alla polio? Un’analisi di Forbes ha concluso nel 2012 che Salk “sarebbe stato di 7 miliardi di dollari più ricco” se avesse brevettato il suo vaccino.

Alcuni potrebbero sostenere che dovremmo considerare Salk un caso speciale, il genere di figura di santo che spunta fuori una volta ogni millennio, o giù di lì. Non dovremmo considerare il suo esempio, sostiene questa ottica, un precedente realistico per come dovremmo aspettarci si comportino i ricercatori della medicina.

Ma Salk, ai suoi tempi, fu tutt’altro che un caso unico. Il suo principale concorrente nella medicina, Albert Sabin, sviluppò anch’egli un vaccino efficace e potente contro la polio negli anni ’50. Nemmeno Sabin brevettò il suo lavoro a fini di profitto personale.

Gli Stati Uniti della metà del ventesimo secolo sembrano aver abbondato di talenti ispirati da senso civico, come Salk e Sabin. Ciò non dovrebbe sorprenderci. Le norme del gioco economico negli Stati Uniti della metà del ventesimo secolo incoraggiavano i comportamenti ispirati a senso civico.

Gran parte di tale incoraggiamento derivava dal codice fiscale federale. Negli anni ’50 le aliquote fiscali scoraggiavano attivamente l’avidità e l’arraffamento. I redditi superiori a 400.000 dollari – circa 3,5 milioni di dollari attuali – erano soggetti a un’aliquota fiscale del 91 per cento.

Questa aliquota fiscale salata sullo scaglione superiore del reddito trasmetteva un chiaro messaggio sociale: ci sono cose che contano più del fare tonnellate di quattrini. Le nostre aliquote fiscale contemporanee, per contro, non trasmettono tale messaggio. Oggi i super-ricchi – statunitensi che incassano di routine più di 100 milioni di dollari l’anno – raramente pagano più del 25 per cento di tasse federali sui loro redditi complessivi.

Prelievi fiscali così delicati incoraggiano gli imprenditori odierni della medicina a darsi alla corsa all’oro ogni volta che se ne presenta l’occasione. Si consideri l’oro che attende Joseph Papa, il nuovo amministratore delegato della Valeant Pharmaceuticals. Il nuovo contratto di Papa, segnala la rivista Fortune, gli consegnerà la sbalorditiva somma di 500 milioni di dollari se il prezzo delle azioni della Valeant toccherà i 270 dollari per azione, il livello intorno al quale si sono mosse le azioni della società a luglio dell’anno scorso.

La prospettiva di una manna così incredibile dà a Papa un enorme incentivo: a spingere in alto il prezzo delle azioni della Valeant con ogni mezzo necessario. Quanto maggiore sarà il profitto che sarà in grado di spremere dai farmaci che la Valeant commercializza, tanto maggiore la manna personale che giungerà a intascare e a tenersi.

La Valeant sta già spremendo a un ritmo fenomenale. La società è specializzata nell’acquistare brevetti di farmaci e poi aumentare rapidamente i prezzi dei suoi farmaci nuovi a qualsiasi livello il mercato sia in grado di sopportare.

In base alle norme attuali sui brevetti questa strategia ha uno spiccato senso economico. I ritorni possono essere dell’altro mondo. Dal 2013, ad esempio, la Valeant ha aumentato il prezzo del Cuprimine, un farmaco per una malattia rara, del 5.787 per cento!

Gli utili risultanti hanno fatto della Valeant una preferita dei fondi speculativi. I pazienti e le loro famiglie – e i medici che avvertono una vera responsabilità professionale nei loro confronti – hanno meno motivi per esultare.

“Passiamo un mucchio di tempo con i nostri pazienti a parlare delle scelte sulla base di ciò che possono o non possono permettersi”, spiega il dottor Richy Agajanian, un oncologo californiano. “Da medici dobbiamo costantemente fare le acrobazie tra ciò che è meglio per i pazienti e ciò che possono permettersi”.

Come possiamo superare tutte queste acrobazie? Avere in circolazione un numero maggiore di dottori Salk e dottori Sabin ispirati da senso civico sarebbe d’aiuto. Ma c’è una cosa di cui abbiamo ancor più bisogno: norme ispirate all’egualitarismo per la nostra economia – su ogni cosa, dai brevetti alle imposte – che rendano il senso civico la sola scelta logica.

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Sam Pizzigati, membro associato dell’Institute for Policy Studies, co-dirige Inequality.org. Il suo libro più recente: The Rich Don’t Always Win: The Forgotten Triumph over Plutocracy that Created the American Middle Class, 1900–1970 [I ricchi non vincono sempre: il trionfo dimenticato sulla plutocrazia che creò la classe media statunitense, 1900-1970] (Seven Storie Press). Seguitelo su Twitter @Too Much Online.

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Da ZNetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

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Fonte: ZNetItaly

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Come vorrei

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Opera di Christian Schloe

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Come vorrei che nella notte magicamente mutassero il tempo e lo spazio,
così da poter trasformare i sogni in realtà.

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(कैसे मैं चाहता हूँBharadwaj Sabhal)

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Migranti – “Oggi a me, domani a te”

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  Nelle braccia del padre: sopravvissuti a un naufragio davanti a Lesbo il 24 settembre 2015 (Foto Lapresse/Reuters)

Nelle braccia del padre: sopravvissuti a un naufragio davanti a Lesbo il 24 settembre 2015 (Foto Lapresse/Reuters)

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di Pio Russo Krauss

Immaginate che in Italia da anni ci sia un Governo dispotico e che una buona parte della popolazione, non potendone più, scenda in piazza. Immaginate che la repressione sia particolarmente dura, con centinaia di morti e migliaia di arresti e di persone torturate e che chi è sospettato di essere un oppositore rischia il posto, il carcere, discriminazioni e violenze. Immaginate che alcuni gruppi rispondano con le armi alla repressione e riescano anche a conquistare alcune cittadine. Immaginate che i gruppi armati velocemente si moltiplichino, ognuno finanziato da una diversa potenza straniera che ha mire sull’Italia. Queste potenze (insieme a idioti e furbi, che non mancano mai) riescono a rinfocolare divisioni come quelle tra abitanti del Nord e del Sud, tra credenti e non credenti, tra cattolici, protestanti, ebrei, musulmani, tra conservatori e progressisti, tra chi ha un dialetto e chi un altro. Immaginate che Napoli sia prima controllata da fanatici nordisti che stuprano le donne, ammazzano i resistenti, vi privano della libertà di circolare liberamente, riunirvi con amici, parlare in dialetto (e che ogni infrazione a questi divieti può significare diventare prigioniero o peggio). Immaginate che il Governo, per cacciare questi fanatici, bombardi la città, distruggendo case, scuole, uffici, ospedali e facendo centinaia di morti e migliaia di feriti. Immaginate che i generi di prima necessità inizino a scarseggiare e a costare sempre di più, che scuole e Università funzionino a singhiozzo, che molte attività produttive chiudano, che l’assistenza sanitaria entri in crisi, che l’ordine pubblico non sia più garantito. Immaginate che gruppi di fanatici islamici di efferata violenza, abbiano preso il controllo di Salerno e che si è sparsa voce che presto arriveranno a Napoli, e che è molto probabile che l’aviazione governativa o di qualche potenza straniera, per fiaccare questi fanatici, lancerà missili e bombe sulla nostra città.

Riuscite a immaginare lo stato d’animo vostro e dei vostri cari? Riuscite ad immaginare la paura, il terrore, la disperazione, la rabbia per essere piombati in questo incubo senza via d’uscita? Di fronte ad una tale situazione non decidereste di andare via voi e i vostri cari, costi quel che costi?

E’ quello che hanno fatto 11 milioni di siriani (più della metà dell’intera popolazione della Siria) e 3 milioni di cittadini di Paesi sub-sahariani (Sud Sudan, Sudan, Repubblica Centrafricana, Eritrea, Somalia ecc.).

6,5 milioni di siriani sono fuggiti in altre zone del Paese, 4,8 milioni fuori dai confini nazionali. Di questi quasi 2 milioni sono in Turchia (1 rifugiato ogni 35 cittadini turchi), 1.100.000 in Libano (un rifugiato ogni 4 Libanesi), 650.000 in Giordania (un rifugiato ogni 10 Giordani), 130.000 in Egitto (1 ogni 630 egiziani), 100.000 in Germania (1 ogni 800 Tedeschi), 65.000 in Svezia (1 ogni 147 Svedesi), 50 in Serbia (1 ogni 143 Serbi), 18.000 in Austria (1 ogni 467 austriaci), 6.000 in Francia (1 ogni 11.000 Francesi), 2.000 in Italia (1 ogni 3.000 Italiani) [1].

I trattati internazionali stabiliscono che bisogna accogliere e dare protezione a chi fugge da guerre o persecuzioni. E’ la concretizzazione di un principio etico basilare e antico: bisogna aiutare chi è in pericolo. Principio che si basa sulla semplice considerazione che tutti possiamo trovarci in pericolo, che “oggi a te, domani a me”. Nelle legislazioni questo principio di fraternità e buon senso si è concretizzato in un reato, l’omissione di soccorso, che è punito anche con 3 anni di carcere. E a nulla valgono davanti al giudice giustificazioni tipo “Eravamo in 5 in auto, per cui non abbiamo potuto portarlo al pronto soccorso” o “Se lo aiutavamo ci perdevamo buona parte del film o della partita” o ancora “Dedicando il mio tempo ad aiutare quel disgraziato sarei arrivato tardi al lavoro avendo un danno economico o perdendo un buon affare”. Insomma, davanti ad una persona che è in pericolo ogni altra istanza passa in secondo piano: la priorità è aiutarla e fare in modo che esca da quella situazione critica.

Purtroppo i Paesi europei (Italia compresa) non si stanno comportando così. La loro priorità è impedire ai profughi di raggiungere il proprio territorio.

La dimostrazione sono i 6 miliardi di euro dati alla Turchia (un Paese che è al primo posto per le violazioni del trattato sui diritti umani firmato da 47 Paesi dell’area europea) perché fermi i profughi, gestisca l’accoglienza (sic!) e i rimpatri, e limiti l’ingresso nei Paesi UE solo a 72.000 rifugiati e solo dopo che si troverà un accordo su come devono essere distribuiti tra i Paesi dell’Unione. Un accordo fortemente criticato da tutte le organizzazioni che difendono i diritti umani (“Un colpo di proporzioni storiche ai diritti umani” secondo Amnesty International) e che, malgrado questo, secondo le intenzioni del nostro presidente del Consiglio, deve essere un modello da replicare anche con la Libia (sic!). Ma possibile che non si chiedano come possono questi Paesi offrire una protezione umanitaria adeguata ai rifugiati stranieri quando non riescono a offrirla ai propri cittadini?

La politica dell’Europa sui migranti non solo è una palese violazione dei diritti umani e di basilari principi morali, è anche una violazione del trattato di Ginevra e di altri impegni internazionali solennemente sottoscritti. Non arresterà questo flusso di disperati, renderà solo la loro fuga più pericolosa. Secondo uno studio coordinato dall’Università di Birmingham, infatti, le politiche messe in atto dai Paesi europei hanno aumentato il rischio di morte per chi fugge dalla Siria: era di 1 ogni 1.000 persone, ora è diventato di 1 ogni 400 persone[1].

E’ anche una politica miope, perché la maggioranza dei profughi di guerra ritornano nella loro patria quando la situazione si calma e migliora, e si ricordano di come sono stati trattati dai Paesi dove sono fuggiti. Questo mare di soldi poteva, quindi, essere speso per creare corridoi umanitari, sostenere le famiglie e le comunità che sono disposte ad accogliere questi nostri fratelli, favorire una distribuzione che non determini problemi e conflitti e creare così le premesse per futuri buoni rapporti con Paesi importanti dal punto di vista geopolitico.

Per fortuna ci sono le tante associazioni di volontari che si spendono per assistere profughi e migranti, ci sono amministrazioni di piccoli comuni (per esempio Satriano, Santorso, Sant’Alessio in Aspromonte, Chiesanuova, Santa Marina ecc.) che dimostrano più intelligenza e umanità dei leader europei, accogliendo molti migranti e facendone uno strumento di sviluppo culturale ed economico, ci sono le popolazioni di Lesbo, Lampedusa, Chios, che, avendo visto con gli occhi, ascoltato con le orecchie e toccato con mano la tragedia di queste persone, li hanno sentiti fratelli e come tali li hanno accolti.

Vogliamo invitarvi a guardare con attenzione il piccolo album di foto presente a questo link www.avvenire.it/Mondo/Pagine/foto-reuters-migranti-premio-pulitzer.aspx.

Fatelo circolare tra i vostri contatti, perché spesso un’immagine è più eloquente di tanti discorsi e perché tra quei volti, poteva esserci il nostro.

Note:

1) dati UNCHR relativi a giugno 2015;

2) www.compas.ox.ac.uk/media/PB-2016-MEDMIGUnpacking_Changing_Scenario.pdf

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Fonte: Associazione Marco Mascagna

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