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Risposta di Cuba sulla sospensione della Russia come membro del Consiglio per i Diritti Umani

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Intervento del rappresentante di Cuba all’ONU, Pedro Luis Pedroso Cuesta, sul voto relativo alla sospensione dei diritti della Federazione Russa come membro del consiglio per i diritti umani.

08/04/2022

Signor Presidente,

Cuba ha sempre sostenuto e lavorato per un Consiglio dei Diritti Umani in grado di affrontare le sfide complesse che la comunità internazionale deve affrontare in questa materia, di cui nessun paese è esente.

Difendiamo l’obiettività, l’imparzialità e la trasparenza nell’operato di questo organismo, e che le sue procedure e meccanismi operino sulla base di informazioni veritiere e verificate.

È irrispettoso che, a poche ore dalla conclusione di una regolare sessione del Consiglio dei Diritti Umani, non sia stata nemmeno data l’opportunità di pronunciarsi sulla questione a tale organo.

Il ricorso alla clausola di sospensione dei membri del Consiglio non favorirà in nessun modo la ricerca di una soluzione pacifica, negoziata e duratura del conflitto in Ucraina; e tanto meno contribuirà a favorire il clima di cooperazione, dialogo e comprensione che deve prevalere nell’affrontare la questione dei diritti umani.

Signor Presidente,

Da quando è iniziato il processo di negoziazione per la costruzione del nuovo Consiglio che rimpiazzerà la Commissione dei Diritti Umani, Cuba si è opposta alla clausola di sospensione dell’adesione, per il rischio grave che venga utilizzata da certi paesi che privilegiano il doppio standard, la selettività e la politicizzazione delle questioni relative ai diritti umani.

Tale clausola può essere attivata con il sostegno di solo due terzi dei presenti e votanti, pertanto non contano gli astenuti e non è nemmeno stabilito un numero minimo di voti richiesto per l’approvazione della sospensione.

Mentre, per essere eletto membro del Consiglio per i Diritti Umani, un paese deve ottenere almeno, a scrutinio segreto, il sostegno della maggioranza dei membri dell’ONU, cioè almeno 97 voti.

In questo modo, i diritti di un membro del Consiglio possono essere sospesi per volontà di un numero ancora minore di stati rispetto a quelli che hanno deciso di eleggerlo e di concedergli tali diritti.

La Federazione Russa, eletta membro del Consiglio per i Diritti Umani nel 2020 con 158 voti, potrebbe essere sospesa oggi con un numero inferiore.

Questo meccanismo di sospensione, che non ha eguali in nessun altro organismo delle Nazioni Unite, può essere facilmente utilizzato in modo selettivo. Oggi è Russia, ma domani potrebbe essere uno qualsiasi dei nostri paesi, in particolare le nazioni del sud che non si piegano agli interessi del dominio e che difendono fermamente la propria indipendenza.

Non è un caso che i promotori più entusiasti della clausola sospensiva, quando si negoziava la costruzione del nuovo Consiglio per i Diritti Umani, fossero nazioni sviluppate con una dimostrata tendenza ad accusare i Paesi del Sud, che non si conformano ai loro modelli presunti della democrazia, pur rimanendo complici del silenzio di fronte alle violazioni flagranti dei diritti umani nei paesi occidentali.

Naturalmente, non tutti in questa sala condividono le nostre preoccupazioni sul meccanismo di sospensione, sapendo che le vittime del suo uso selettivo saranno sempre gli altri.

Questa Assemblea riuscirà un giorno ad approvare una risoluzione che sospenda l’appartenenza degli Stati Uniti al Consiglio per i Diritti Umani, per fare solo un esempio?

Sappiamo tutti che ciò non è accaduto e non accadrà nonostante le sue violazioni dei diritti umani flagranti e di massa, a seguito di invasioni e guerre predatorie contro stati sovrani, basate sui loro interessi geopolitici. Hanno causato la morte di centinaia di migliaia di civili, che chiamano “danni collaterali”; milioni di sfollati e vaste distruzioni in tutta la geografia del nostro pianeta, ma questa Assemblea non ha mai sospeso nessuno dei loro diritti.

Tutti sappiamo anche che la clausola sospensiva non si applicherà allo stato che ha imposto a Cuba, da più di 60 anni, un blocco criminale economico, commerciale e finanziario che costituisce, senza dubbio, la violazione sistematica più prolungata, flagrante e di massa dei diritti umani di un intero popolo e un vero atto di genocidio contro un intero paese.

È a dir poco ironico che il paese che si è opposto all’istituzione del Consiglio per i Diritti Umani ed ha chiesto, proprio in questa sala, un voto contrario alla risoluzione che l’ha creato, sia lo stesso che ora ha attivato, perché gli conviene, come lo fece nel 2011, una delle clausole più controverse di questo forum.

Signor Presidente:

Cuba sarà coerente con le riserve formulate in merito al meccanismo di sospensione dell’adesione, quando è stata adottata nel 2006 la risoluzione 60/251, che ha istituito il Consiglio dei Diritti Umani, e la 65/265, del 2011, sulla sospensione dei diritti della Libia.

L’adozione della bozza di risoluzione che stiamo esaminando oggi creerà un ulteriore pericoloso precedente, in particolare per il Sud.

A loro non basta imporre risoluzioni contro i paesi e mandati selettivi. Ora vogliono fare un nuovo passo avanti verso la legittimazione della selettività e la formazione di un Consiglio dei Diritti Umani sempre più al servizio di certi paesi, come lo era all’epoca l’estinta e screditata Commissione per i Diritti Umani.

Per i motivi esposti, la delegazione cubana voterà contro il progetto di risoluzione A/ES-11/L4.

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Fonte: italiacuba.it

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Traduzione: cubainformazione.it

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Erdogan ha perso! İbrahim Gökçek tornerà a suonare

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La mamma di Helin Bölek in visita a İbrahim Gökçek

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İbrahim Gökçek tornerà a suonare

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05 Maggio 2020

Il governo turco cede alla lotta estrema del bassista dei Grup Yorum e concede la possibilità di un concerto il prossimo 3 luglio. İbrahim è stato ricoverato in ospedale dove dovrebbe ricevere le prime cure. Un giorno di festa per una lotta e una vittoria straordinarie che aiutano a non dimenticare anche il sacrificio di Helin Bölek e Mustafa Kocak.

Nella notte tra il 4 e il 5 maggio il polso di İbrahim Gökçek si era fatto debolissimo, il cuore stremato del bassista del Grup Yorum, quello stesso cuore per cui avevano trepidato nelle ultime settimane decine di migliaia di persone, tra le quali certo anche molti lettori di queste pagine, sembrava dover cedere da un momento all’altro. Quando ha accettato di andare in ospedale, İbrahim era giunto al 322 esimo giorno di astinenza dal cibo.

La condizione per farlo era ormai diventata una sola: la possibilità che il Grup Yorum potesse fare ancora un concerto, un atto di affermazione simbolica della libertà diventato di portata mondiale anche grazie al sacrificio dei suoi due compagni, Helin Bölek e Mustafa Kocak, lasciati morire (lei il 3 aprile, lui 20 giorni dopo) dal regime di Erdogan prima di ottenere la stessa clamorosa vittoria che è invece arrivata oggi per Ibrahim. Di fronte a una mobilitazione mondiale diventata insostenibile per la sua cupa immagine, il governo turco ha ceduto: il concerto si terrà il 3 luglio. Lo hanno annunciato, in una tempestiva conferenza stampa, proprio mentre il bassista veniva trasportato in ospedale, alcuni dei musicisti di un gruppo che, nonostante i 20 album pubblicati e i concerti live con decine di migliaia di partecipanti, resta soprattutto un collettivo di lotta contro la repressione.

In oltre trent’anni di carriera, nella band turca si sono alternati sul palco decine di musicisti, alcuni dei quali molto giovani. La stessa Helin Bölek, la cantante scomparsa a 28 anni al 288 esimo giorno di sciopero della fame, si era unita agli Yorum solo da cinque. La feroce repressione che questi ragazzi subiscono e hanno subito per lunghissimi anni li ha portati sovente in carcere con l’accusa infamante di “terrorismo”, la stessa che Erdogan utilizza, di fatto, in modo sistematico contro i suoi oppositori politici e, naturalmente, contro l’intera popolazione kurda. E infatti – insieme all’antifascismo ribadito nella straordinaria versione di Bella Ciao, al sostegno alla lotta del popolo palestinese e, più in generale a quelli di tutti gli oppressi in Turchia e altrove – l’affermazione per il diritto alla libertà di espressione dei Kurdi, non è mai mancato nei concerti del Grup Yorum.

“Abbiamo ottenuto una vittoria politica, ma le nostre rivendicazioni continuano”, hanno detto con chiarezza nella conferenza stampa i portavoce del gruppo. C’è solo da sperare che chi li ha conosciuti solo in questi giorni non li lasci mai più soli a combattere una battaglia per la libertà di tutti. Oggi, però, per chi ha sostenuto da decine di paesi diversi la resistenza di İbrahim Gökçek, pandemia o non pandemia, è solo il tempo di abbracciarsi.

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Fonte: comune-info.net

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Studentessa di giornalismo torturata nelle carceri israeliane

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4 maggio 2020

Mais, studentessa di giornalismo torturata nelle carceri israeliane, condannata a 16 mesi di detenzione e ad una multa.

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Domenica, un tribunale israeliano ha condannato la studentessa palestinese Mais Abu Ghush a 16 mesi di carcere e una multa di 2000 NIS.

La famiglia di Abu Ghush ha affermato che il processo di Mais era stato rimandato diverse volte prima della sentenza, aggiungendo che la figlia è stata sottoposta a gravi torture durante gli interrogatori nel carcere israeliano.

Abu Ghush, una studentessa di giornalismo alla Birzeit University, venne rapita durante un raid nella sua casa di Ramallah, nell’agosto 2019.

Le autorità israeliane di occupazione tengono 40 detenute palestinesi nelle loro carceri, tra cui madri e minorenni.

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Fonte: infopal.it

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