Monthly Archives: Ottobre 2016

Anonymous – Oscurato il sito del Comune di Albettone. Avvertito il sindaco razzista.

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30 ottobre 2016

Letame in bocca al Sindaco Joe Formaggio #AntiFa

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“Salve Cittadini di Albettone,
Noi siamo Anonymous.

Ci rammarica leggere dalle agenzie di stampa, che il vostro sindaco si trovi in una situazione psico-fisica problematica dove la sua salute e quella dei suoi cittadini è a rischio.

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Da sempre Anonymous combatte contro qualsiasi forma di intolleranza, ingiustizia e in tutte le sue forme il razzismo, che sono riconducibili al periodo nero: Fascismo.E’ inaccettabile che il rappresentante di un comune Italiano sparga odio contro persone di colore, omosessuali e persone che scappano da guerra, violenza, fame e macerie. Ogni forma di ignoranza non è accettata dalla legge ne da Anonymous.

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Abbiamo già visto in questi giorni precedenti come Gorino e Bitonto, e non possiamo più rimanere in silenzio. Un silenzio naturale in un paese da sempre muto.

In risposta alle dichiarazioni del Sindaco Joe Formaggio di Albettone (Vicenza) fatte a “La Zanzara” in queste ore, dove esterna: “Immigrati? Se ce li mandano muriamo le case e le riempiamo di letame; siamo orgogliosamente razzisti”, prendiamo atto dovuto di dover testare il letame presso il sito web del Comune di Albettone.

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www.comune.albettone.vi.it #TangoDown

https://check-host.net/check-report/1caf673

We are Anonymous
We are Legion
We do not Forgive
We do not Forget
Expet Us

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Approfondimento:
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Educare alla pace al tempo della guerra permanente

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Educare alla pace. Ma cosa significa?

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Educare alla pace: questione complessa. Intanto c’è la parola “educare” che ha valenze differenti per chiunque la pronunci, valenze che per ogni cultura e per ogni diversità di genere, di nazionalità, di religione, hanno differenti sfumature.

Sì, non è facile. Bellissimo osservare la marcia della pace Perugia-Assisi, le persone colorate di sorrisi e parole gentili reciproche, portatrici di un segno di amore e di esempio. Tuttavia, l’educare non parte soltanto da chi come loro è già”arrivato” ad Assisi, parte dal momento della nascita e dai contatti, dalla rete di relazioni quotidiane e dentro la rete. Sicuramente la scuola, fin dal nido, si accorge per prima che i gruppi giocosi e sereni dei piccoli hanno già in sé il germe dei contrasti, e su quei contrasti dovrebbe riflettere e infine agire a seconda delle situazioni affettive ed emotive che si creano volta per volta.

Educare, estrarre il succo più dolce da ognuno e ognuna, presuppone un avvicinamento delicatissimo alla persona del piccolo e ai suoi giovani genitori. Anche ai genitori, i quali appena divenuti tali, vengono toccati dal soffio delle parole “mio”e”io” “la mia educazione è questa”: parole che del resto ogni essere umano “sente” prepotenti dentro di sé allo sbocciare delle relazioni con sconosciuti un po’ “ingombranti”. Inizia qui l’avventura dell’”educazione alla pace”: dai primi passi, i quali, uno dopo l’altro, si mettono in un cammino in una marcia delicata sul duro terreno di “mio”, “io”, “la mia educazione è questa”.

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La figura di chi educa è importante, così come sono importanti la Costituzione e le Leggi. Insieme potrebbero cominciare ad accordarsi ricordando che esse sono qui proprio perché da tempi innumerabili ce ne è bisogno per condurci alla fine, fine che perdura in tempi futuri altrettanto innumerabili. Di esse c’è estremo bisogno e sappiamo bene che non bastano a regolare la convivenza in casa, per le strade, fra amici e, in particolare, insieme con quelli che si considerano gli “altri”.
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Ma se chi educa, chi fa le Leggi, chi dovrebbe tenere in alta considerazione una Costituzione nata proprio per scongiurare le guerre di qualsiasi tipo, da quelle interne a quelle esterne, trova espedienti per aggirare gli ostacoli e riportare il tutto sulla strada della velocizzazione delle scelte che riguardano un intero popolo, si rischia di riprodurre il seme della guerra. Il rischio di una politica del “fare” velocemente è quello di far dimenticare che la democrazia è lenta (per approfondire il bisogno di educare alla lentezza, leggi il quaderno Ci vuole il tempo che ci vuole), che ancora non è compiuta, che sovente dà spazio a chi ha la lingua più lunga e l’intelligenza per portare acqua al proprio “io”, al proprio “mio”, alla convinzione che esista un unico tipo di “educazione”, quella che rispetta i tempi in cui si vive, ma non rispetta quelli a venire. Cioè quelli dell’utopia.
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Tante sono le “scuole” di pensiero e di azione per educare l’infanzia, tuttavia quella costituzionale dei diritti e dei doveri di ogni cittadino e cittadina dovrebbe farci meditare su numerose scelte che sono state fatte e che si fanno per comprendere che per marciare in direzione della “pace”, i singoli della marcia contano eccome, e chi ha a che fare con l’inizio della camminata, insieme con i piccoli singoli che incontra, sa che procede sul territorio minato delle differenti provenienze e, senza annullarle, sa che deve armonizzarle e farle sfociare nell’interiorizzazione del rispetto verso la fioritura di un’affettività accogliente e serena.
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Ma il come farlo è complesso e insidioso perché studi e teorie, cuori e intelligenze proprie e di altri indicano strade che di primo acchito possono sembrare scintillanti di luci, piane e percorribili in velocità, adornate del “nuovo” che avanza per tutto velocizzare e rendere concreto e pragmatico, in linea con i tempi del presente, il quale sempre pretende soluzioni pratiche e di pubblica e facile comprensione. La semplificazione pare bella, eppure va in direzione contraria all’educazione alla pace. A essa sfuggono il tempo della mediazione, il tempo della ricerca, il tempo del dialogo che si fa conversazione, il tempo dei corpi che si devono avvicinare negli spazi dati, il tempo del compromesso verso l’alto, il tempo del giudizio che scarta, sfuggono gli scarti da recuperare, le ferite da curare.

Educare alla pace si potrebbe, se si comprendesse che la guerra nasce nel cuore dei piccoli di tutto il mondo quando li si induce con strumenti educativi a marcare più le differenze d’origine che non ad esaltare le possibilità della “bravura” individuale costruita insieme con altre “bravure” individuali.

La guerra nasce nei cuori dei piccoli quando li si educa a essere principi unici e li si esalta per un principato che esclude le ragioni dell’altro, i procedimenti dell’altro, le debolezze e i punti di forza dell’altro. Nasce così e si perpetua nella Storia dei popoli.

La guerra è qui, nei nostri condomini, nei nostri giardini, nei giocattoli dei piccoli, nei cortili, in spiaggia, in montagna e tante volte nella nostra scuola dei piccoli quando non li aiuta a gioire delle proprie scoperte, a mediare i conflitti, a imparare a diventare maestri di se stessi, quando li differenzia con scale di giudizio o parole giudicanti. Ma la guerra è nei cuori dei bambini anche se si sentono presi per il naso da adulti insinceri che invece di aiutarli ad accedere al sapere in modo profondo e competente, li blandiscono e non li ascoltano ragionare, sbagliare, riprendersi e ricadere, quando non li avviano alla bellezza dello studio personale che dà ai singoli la possibilità di sapere il perché della propria storia e di quella della Terra su cui vivono, il perché delle cose, il perché delle differenze fra culture e costumi. La via della pace è fatta di scalini che andrebbero saliti ogni giorno insieme, proprio a cominciare dal respingere tutto ciò che non ha sfumature, che ha fretta, che può rientrare in schemi, per inglobare, stringere, rafforzare tutto ciò che è complesso, inaspettato, nuovo e diverso. Sorprendentemente chi insegna per educare e anche istruire alla pace per mezzo dello studio della storia degli altri, sa che tutte le programmazioni e i progetti, anche i più straordinari e comprensivi di aneliti di libertà e creatività rassicurano a tal punto l’adulto da rischiare di trasformarlo in un despota inconsapevole se la sua sicurezza viene minata dagli innumerevoli “casi” dell’umanità che lo stesso adulto incontra mentre “pretende” adesione a ciò in cui crede. La guerra nasce dai piccoli dispotismi di ogni giorno. E la pace nasce da un ascolto talmente difficile ma talmente necessario da diventare quello che indica giorno per giorno una programmazione e una progettazione diversi.

E a ogni buon conto, l’idea di cosa sia la pace nasce ogni attimo nel quotidiano quando riconosciamo il seme della guerra in noi e negli altri nel momento in cui abbandoniamo lo sforzo del cammino sulla strada tortuosa della democrazia, sforzo immane che spesso stanca e fa prendere scorciatoie, le quali però portano dritte dritte al sentimento guerriero che alberga in chi si sente respinto e abbandonato al proprio destino solitario.

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* Maestra, autrice di “2014, odissea nella scuola”, ha aderito alla campagna Facciamo Comune insieme

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Fonte: comune-info

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MSF: i migranti ci portano le malattie? Ci invadono? Li trattiamo meglio degli italiani? Falso!

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L’Anti-slogan: le 10 leggende sulla migrazione sfatate una ad una.

I migranti ci portano le malattie? Ci invadono? Li trattiamo meglio degli italiani? Falso. Oggi lanciamo “L’Anti-slogan”, una pagina speciale online per sfatare le 10 leggende più diffuse sulla migrazione.

 

Sulla base di fonti ufficiali e della nostra esperienza lungo le rotte della migrazione, abbiamo formulato risposte specifiche per facilitare la comprensione di questa gravissima crisi globale e contribuire a un’informazione corretta, priva di preconcetti e strumentalizzazioni.

Aiutaci anche tu a contrastare chi prova a sfruttare facili slogan per giustificare le politiche della paura o fare audience sui media. Leggi e condividiL’Anti-slogan” sui tuoi social network.

 

Diffonderemo insieme un’informazione più corretta e umana.

LEGGI L’ANTI-SLOGAN ►

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Fonte: Medici Senza Frontiere

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