Monthly Archives: Agosto 2013

Anonymous #OpHumanRight – Sensibilità Chimica Multipla (MCS)

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Siamo nati nudi, ci hanno dato colonie, pannolini profumati, vestiti lavati con ammorbidenti, creme con ogni possibile profumo, ci hanno trasportato dentro passeggini di plastica mentre respiravamo una fine aria inquinata.
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Siamo cresciuti e ci hanno fatto credere di poter ottenere qualsiasi cosa volessimo, che potessimo scrivere il nostro futuro, che la felicità fosse basata sul comprare qualsiasi cosa e che lo Stato fosse lì a proteggerci e vegliare su di noi, anche se io avevo dei dubbi.
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Un giorno ti alzi e nulla ha senso. Accendi la lampada sul tavolo e i tuoi occhi iniziano a bruciare; apri la finestra e senti nuovi odori che non ti fanno respirare. Accendi la radio e la musica rimbomba nella tua testa, così tanto che hai paura che ti esploda. Non si tratta di una sbornia, è peggio. Si chiama Sensibilità Chimica Multipla (MCS) ed è venuta per restare. Il tuo corpo ha detto “è troppo”, si è come rotto e ha cominciato a rigettare tutto quello che ti avevano che era essenziale per la tua felicità. La tua vita ha preso una direzione inaspettata, la tua mente cambia, il tuo futuro svanisce, non hai energia né fisica né mentale. La malattia ti costringe a vivere dietro ad una maschera e a restare isolata dal mondo esterno.
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La Sensibilità Chimica Multipla non è una bizzarria, un fatto che riguarda una minoranza. Colpisce il 5% della popolazione. E’ una malattia cronica, non psicologica, con sintomi di reazione alle minime esposizioni a prodotti chimici d’uso comune che non sono indispensabili come candeggina, deodoranti ambientali, profumi, ecc. Viviamo recluse nelle nostre case ma non è necessario uscire per avere una crisi. Gli indumenti stesi dai vicini ti soffocano, ti rendono stanco al punto che puoi perdere coscienza, grazie a quei meravigliosi ammorbidenti tossici.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) non riconosce ancora la MCS come una malattia, pur essendo a conoscenza di numerosi studi che provano la sua esistenza e il Parlamento Europeo la include tra le patologie in aumento che dipendono da fattori ambientali. Questo si deve alla pressione che le industrie chimiche e farmaceutiche esercitano affinché non venga riconosciuta, perché la MCS è causata dai prodotti chimici che usiamo di solito. Gli interessi economici vengono prima della nostra salute. Nei paesi in cui questa malattia è riconosciuta, come in Germania, sono garantiti l’assistenza medica e un aiuto economico, mentre alcuni altri paesi la stanno riconoscendo.
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Per il nostro governo paterno non esistiamo. All’apice della sofferenza per la MCS, ci abbandonano, senza assistenza medica e senza alcun diritto all’invalidità se non riusciamo più a lavorare. Ci lasciano nudi e sprotetti, come cittadini di seconda classe, perché rappresentiamo la prova che il modello della società moderna è fallito, anche se nessuno vuole ammetterlo o prendere le misure necessarie per uscirne.
Uccidono anche qualsiasi speranza possiamo avere di sentirci meglio. Si fa ricerca farmaceutica solo se c’è un guadagno. Il risultato è che le malattie rare non fanno ricerca, nemmeno la MCS, che riguarda il 5% della popolazione. L’industria chimica e quella farmaceutica sanno che siamo malati perché siamo intossicati e che la soluzione non sarà certo una medicina che possa renderli ricchi.
La soluzione al problema è cambiare il modello di questa società, diminuire l’enorme quantità di prodotti chimici a cui siamo esposti tutti i giorni. Ovviamente questo non si deve sapere e tenteranno di negare l’esistenza della MCS perché il riconoscimento metterebbe a rischio i loro interessi economici.
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L’industria chimica, sostenuta dal governo, non ha il diritto di costringere la popolazione ad esposizioni involontarie a sostanze chimiche, che hanno spesso effetti sconosciuti. Quando ci sia ammala di MCS, dobbiamo gettare via profumi, ammorbidenti, plastiche, ecc. per tornare ad essere nudi. Nasciamo di nuovo, ma è una nuova vita che non scegliamo. Sappiamo da studi scientifici che la MCS ha basi genetiche, perciò non tutti si ammalano, anche se questo non protegge nessuno dall’accumulo di sostanze tossiche fino a quando si scopre un cancro o una qualsiasi altra malattia dovuta a fattori ambientali.
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Chi soffre di MCS vuole che questa malattia sia riconosciuta; vogliamo avere gli stessi diritti degli altri malati cronici; vogliamo che la società sappia a quali rischi va incontro; vogliamo che il governo protegga i suoi cittadini e li tenga lontani dalle malattie senza alcun costo per loro.
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Vogliamo che nessuno si senta nudo di nuovo perché scopre di essersi ammalato di MCS.
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La miracolosa “luce bianca” osservata in stati di pre-morte non è il paradiso.

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La morte del paradiso

Tante religioni attestano l’esistenza di miracoli, ma nessuna di esse – a quanto ci consta – basa la propria fede su di essi. Almeno ufficialmente. Perché poi l’uso dei miracoli per accreditarsi è assolutamente generalizzato, sia a fini economici, sia a fini di evangelizzazione. L’avvento del metodo scientifico, del pensiero critico, dell’uso della ragione su scala sempre più ampia è andato di pari passo con la riduzione delle (pseudo)spiegazioni basate sul sovrannaturale. La miracolistica e i suoi seguaci si sono pertanto progressivamente rifugiati in alcune ridotte: una di queste, le esperienze di pre-morte, così difficili da analizzare. Almeno fino a qualche giorno fa.

Non è probabilmente l’aldilà, quella luce bianca che diversi sopravvissuti a un infarto dicono di aver visto, una volta “tornati” nell’aldiqua. Lo smentisce uno studio condotto da ricercatori dell’università del Michigan, i cui risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Proceedings of the National Academy of Sciences. Hanno anestetizzato dei ratti e hanno indotto loro un arresto cardiaco. Altri ratti sono stati invece asfissiati. L’elettroencefalogramma avviato in parallelo ha rilevato che nei trenta secondi successivi, anche se il sangue non fluiva più al cervello, l’attività cerebrale era intensa. Anzi, l’organo risultava addirittura sovraeccitato. Come dire: in qualche modo è un trip, ma non è certo un viaggio nell’aldilà.

Soltanto pochi giorni fa è peraltro caduto in disgrazia anche il dottor Eben Alexander. Un neurochirurgo (quindi, nell’immaginario collettivo, “uno scienziato”) che asserisce di aver vissuto esperienze mistiche durante alcuni giorni di coma provocato da una meningite, tanto da poter sostenere di aver avuto le prove che un’eternità di eterno splendore attende gli esseri umani dopo la loro morte. Il suo libro, Milioni di farfalle, (Proof of Heaven, “Prova del paradiso” nell’originale inglese), pubblicato nell’autunno 2012 è diventato in fretta un bestseller mondiale, anche grazie all’enfasi che gli hanno dato i mass media. Cinque mesi fa ne abbiamo scritto anche noi, dando conto delle repliche razionalistiche che aveva ricevuto. Ad aprile si era aggiunto anche Michael Shermer, che sul Scientific American ha sostenuto che il libro era la “prova di un’allucinazione”, piuttosto che del paradiso. Un’inchiesta della rivista Esquire pubblicata questo mese ha invece rivelato che Alexander è stato sospeso o licenziato da numerosi ospedali, ed è stato anche oggetto di numerose denunce – una delle quali per aver alterato i referti per coprire un errore medico. Esistono inoltre diverse discrepanze tra quanto contenute nel libro e sue precedenti testimonianze. Alexander si è limitato a replicare “difendendo ogni parola” del suo volume, ma la sua credibilità sembra ormai decisamente compromessa.

L’avvenire dell’illusione dell’aldilà, per dirla con Freud, sembra dunque incerto. Come per le altre illusioni dello stesso tipo, beninteso. Con buona pace di Stephen J. Gould, che riteneva scienza e religione magisteri non sovrapponibili, vi sono fenomeni che sono realmente sovrapponibili, e quindi indagabili. E dati alla mano, tutti i fenomeni religiosi che la scienza ha potuto indagare hanno visto cadere le pretese di sovrannaturalità. Ma non traiamo conclusioni affrettate, almeno noi: la fabbrica delle illusioni non ha ancora chiuso i battenti, e non ha nessuna intenzione di farlo.

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Fonte: Uaar

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Fukushima: pesca bloccata, pesce radioattivo!

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Fukushima, il mare è troppo radioattivo: rinviata la riapertura della pesca

Tepco: «Dal maggio 2011 finiti in mare 30 trilioni di becquerel di stronzio e di cesio radioattivi»

I test per il riavvio della pesca, inizialmente previsti per il 5 settembre da parte di una cooperativa di pescatori della città di Iwaki, nella prefettura di Fukushima, sono stati rinviati a causa del nuovo sversamento di acqua radioattiva avvenuto nella centrale nucleare di Fukushima Daiichi.  Secondo i media locali giapponesi la cooperativa ha volontariamente sospeso le sue attività dopo la catastrofe nucleare del 2011.

Il capo della cooperativa, Masakazu Yabuki, oggi ha spiegato: «Noi pensiamo che la decisione di rinviare l’operazione sia logica, dato che intendiamo parlare dei problemi causati dalla fuga quotidiana nell’oceano delle acque contaminate. Pensiamo di condurre i test quando la situazione migliorerà».

I pescatori dell’area di Fukushima contano di riuscire a vendere il loro pescato dopo un controllo che  garantisca l’assenza di contaminazione radioattiva e confermi la sicurezza alimentare dei pesci, ma la cooperativa non ha ancora fissato la nuova data per effettuare i primi test di pesca, visto che quanto catturato nell’oceano Pacifico davanti a Fukushima Daiichi non avrebbe nessun mercato in Giappone.

Intanto cresce l’irritazione di Cina, Corea del Sud e Taiwan per il continuo sversamento di sostanze radioattive in mare che mette a rischio gli stock di pesci utilizzati anche da loro.

Le notizie che vengono dalla Tokyo electric power company (Tepco) non sono certo rassicuranti. L’ex gestore ed ora liquidatore di Fukushima Daiichi ha ammesso che 30 trilioni di becquerel di stronzio e di cesio radioattivi sono finiti in mare dal maggio 2011. Anche se in molti dicono che la cifra in realtà sarebbe molto più alta, i numeri della Tepco sono decine di volte superiori ai limiti di pericolosità, nonostante l’utility abbia escluso dal conteggio i primi 2 mesi del disastro nucleare, quando le emissioni erano ancora più radioattive.

Le nuove stime sono incluse in un nuovo rapporto della Tepco sul continuo sversamento di acque sotterranee contaminate in mare. L’utiliy dice che «Fino a 10 trilioni di becquerel di stronzio ed a  20 trilioni di becquerel di cesio si sono riversate in mare dal maggio 2011», una cifra è enormemente al di là del limite di emissioni annuali previsto dalla Tepco: 220 miliardi di becquerel in circostanze normali. L’azienda dice che il calcolo è stato basato sui livelli di radioattività rilevati all’interno della baia dell’impianto e sul presupposto che sono in corso altre fughe di acqua radioattiva. Ma il network radiotelevisivo giapponese Nhk avverte che «La cifra è destinata a crescere dal momento che la Tepco non è riuscita a fermare completamente il flusso di acque sotterranee contaminate in mare». La stessa utility ammette che «E’ difficile determinare l’esatta quantità di fuoriuscita di cesio e stronzio perché sono facilmente assorbiti nel terreno», quindi farà valutare  ulteriormente la situazione da parte di esperti.

Intanto a Fukushima Daiichi sono al lavoro gli ispettori per controllare la presenza di perdite nei circa 350 serbatoi di stoccaggio dell’acqua altamente radioattiva pompata dai sotterranei e dalle trincee degli edifici dei reattori esplosi. Vogliono capire se il serbatoio lesionato che ha scaricato in mare più di 300 tonnellate di acqua altamente radioattiva sia l’unico, perché temono che acqua contaminata continui a filtrare in mare attraverso un sistema di drenaggio.

Ieri i “liquidatori” hanno finito di trasferire le restanti 700 tonnellate di acqua contaminata in un altro serbatoio ed ora stanno esaminando il serbatoio lesionato per identificare l’origine della perdita. ma un’indagine completa potrà iniziare solo la prossima settimana, a causa dell’alto livello di radiazioni all’interno del serbatoio.

Per questo i liquidatori della Tepco hanno rivolto la loro attenzione a circa 350 serbatoi dello stesso tipo, realizzati in lastre di acciaio imbullonate insieme, invece che saldate. In realtà lo staff della Tepco sta effettuando ispezioni visive e misurare i livelli di radiazione intorno ai serbatoi e dice che i controlli dovrebbero terminare entro domani.

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Fonte: greenreport.it

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Approfondimento (madu)

Disastro di Fukushima Dai-ichi

Fusione reattore 1 a Fukushima?

Fukushima 10 giugno 2011 – L’incubo nucleare avanza. Situazione gravissima.

Urgente! Appello per appoggiare la lotta delle madri di Fukushima

Fukushima: rischio nuovi terremoti

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