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Anche se è un genocidio, non verrà fermato

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Anche se è un genocidio, non verrà fermato

di Chris Hedges – chrishedges.substack.com

La Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) si è rifiutata di soddisfare la cruciale richiesta avanzata dai giuristi sudafricani: “Lo Stato di Israele dovrà sospendere immediatamente le sue operazioni militari a Gaza e contro Gaza”. Ma, allo stesso tempo, ha inferto un colpo devastante al mito fondamentale di Israele. Israele, che si dipinge come eternamente perseguitato, è stato accusato in modo credibile di aver commesso un genocidio contro i palestinesi di Gaza. I palestinesi sono le vittime, non gli autori, del “crimine dei crimini“. Un popolo, un tempo bisognoso di protezione dal genocidio, ora lo starebbe commettendo. La sentenza della Corte mette in discussione la stessa ragion d’essere dello “Stato ebraico” e sfida l’impunità di cui Israele ha goduto fin dalla sua fondazione, 75 anni fa.

La Corte Internazionale di Giustizia ha ordinato a Israele di adottare sei misure provvisorie per prevenire atti di genocidio, misure che saranno molto difficili, se non impossibili, da realizzare se Israele continuerà a bombardare a tappeto Gaza e a colpire indiscriminatamente le infrastrutture vitali.

La Corte ha chiesto a Israele di “prevenire e punire l’incitamento diretto e pubblico a commettere genocidio”. Ha chiesto a Israele di “adottare misure immediate ed efficaci per consentire la fornitura di servizi di base e assistenza umanitaria urgentemente necessari”. Ha ordinato a Israele di proteggere i civili palestinesi. Ha chiesto a Israele di proteggere le circa 50.000 donne che partoriscono a Gaza. Ha ordinato a Israele di prendere “misure efficaci per prevenire la distruzione e garantire la conservazione delle prove relative alle accuse di atti che rientrano nell’ambito dell’articolo II e dell’articolo III della Convenzione sulla prevenzione e la punizione del crimine di genocidio contro i membri del gruppo palestinese nella Striscia di Gaza”.

Il tribunale ha ordinato a Israele di “prendere tutte le misure in suo potere” per prevenire i crimini che equivalgono al genocidio, come “uccidere, causare gravi danni fisici e mentali, infliggere al gruppo condizioni di vita calcolate per portare alla sua distruzione fisica in tutta o in parte, e imporre misure volte a prevenire le nascite all’interno del gruppo”.

A Israele è stato ordinato di riferire entro un mese cosa avrà fatto per attuare le misure provvisorie.

Mentre la sentenza era letta all’Aia, Gaza veniva bombardata con bombe, missili e proiettili d’artiglieria: almeno 183 palestinesi sono stati uccisi nelle ultime 24 ore. Dal 7 ottobre ne sono stati uccisi più di 26.000. Quasi 65.000 sono stati feriti, secondo il Ministero della Sanità palestinese. Altre migliaia di persone sono disperse. La carneficina continua. Questa è la dura realtà.

In parole povere, il tribunale dice che Israele deve nutrire e fornire assistenza medica alle vittime, cessare le dichiarazioni pubbliche che sostengono il genocidio, conservare le prove del genocidio e smettere di uccidere i civili palestinesi. Tornate a riferire tra un mese.

È difficile capire come queste misure provvisorie possano essere fatte rispettare se a Gaza la carneficina continua.

“Senza un cessate il fuoco, l’ordinanza non può essere applicata”, ha dichiarato senza mezzi termini Naledi Pandor, ministro sudafricano per le relazioni internazionali, dopo la sentenza.

Il tempo non è dalla parte dei palestinesi. Migliaia di palestinesi moriranno entro un mese. Secondo le Nazioni Unite, i palestinesi di Gaza rappresentano l’80% delle persone che, in tutto il modo, si trovano in condizioni di carestia o estrema denutrizione. Si prevede che, all’inizio di febbraio, l’intera popolazione di Gaza non avrà cibo a sufficienza e mezzo milione di persone soffriranno la fame, secondo la Classificazione Integrata della Fase di Sicurezza Alimentare, che attinge ai dati delle agenzie delle Nazioni Unite e delle ONG. Questa carestia è voluta da Israele.

Nella migliore delle ipotesi, la Corte – anche se per alcuni anni non si pronuncerà sul genocidio commesso da Israele – ha dato licenza legale di usare la parola “genocidio” per descrivere ciò che Israele sta facendo a Gaza. Questo è assai significativo, ma non sufficiente, vista la catastrofe umanitaria di Gaza.

Israele ha colpito Gaza con quasi 30.000 bombe e granate – un numero di bombe otto volte superiore a quello sganciato dagli Stati Uniti sull’Iraq durante sei anni di guerra. Ha usato centinaia di bombe da 2.000 libbre per distruggere aree densamente popolate, compresi i campi profughi. Queste bombe “bunker buster” hanno un raggio letale di un migliaio di metri. Gli attacchi arei israeliani sono diversi da qualsiasi cosa vista dai tempi del Vietnam. Gaza, lunga solo 20 miglia e larga 5, sta rapidamente diventando inabitabile.

Israele continuerà senza dubbio il suo assalto, sostenendo che non sta violando le direttive della Corte. Inoltre, l’amministrazione Biden porrà senza dubbio il veto alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza che chiede a Israele di attuare le misure provvisorie. L’Assemblea Generale, se il Consiglio di Sicurezza non approverà le misure, potrà nuovamente votare chiedendo un cessate il fuoco, ma non avrà il potere di farlo rispettare.

Nel mese di novembre, [una denuncia legale intitolata] Defense for Children International – Palestine v. Biden era stata depositata [presso la Corte Federale degli Stati Uniti] dal Center for Constitutional Rights contro il Presidente Joe Biden, il Segretario di Stato Antony Blinken e il Segretario alla Difesa Lloyd Austin. La causa contesta l’incapacità del governo degli Stati Uniti di impedire la complicità [degli Stati Uniti] nel genocidio del popolo palestinese in atto da parte di Israele. In essa si chiede alla Corte di ordinare all’amministrazione Biden di cessare il sostegno diplomatico e militare e di rispettare gli obblighi legali previsti dalle leggi internazionali e federali.

L’unica resistenza attiva per fermare il genocidio di Gaza è il blocco del Mar Rosso attuato dallo Yemen. Lo Yemen, assediato per otto anni da Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, ha avuto oltre 400.000 morti per fame, mancanza di assistenza sanitaria, malattie infettive e bombardamenti deliberati di scuole, ospedali, infrastrutture, aree residenziali, mercati, funerali e matrimoni. Gli yemeniti sanno bene cosa stanno sopportando i palestinesi, visto che, almeno dal 2017, diverse agenzie delle Nazioni Unite avevano descritto lo Yemen come “la più grande crisi umanitaria del mondo”.

La resistenza dello Yemen – quando la storia di questo genocidio sarà scritta – lo distinguerà da quasi tutte le altre nazioni. Il resto del mondo, compreso il mondo arabo, si limita a sterili condanne retoriche o sostiene attivamente l’annientamento di Gaza e dei suoi 2,3 milioni di abitanti da parte di Israele.

Il quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth ha riferito che, dagli attacchi del 7 ottobre, in cui erano stati uccisi circa 1.200 israeliani, gli Stati Uniti hanno inviato in Israele 230 aerei cargo e 20 navi cariche di proiettili d’artiglieria, veicoli blindati e attrezzature da combattimento. Secondo il sito web investigativo britannico Declassified UK, armi ed equipaggiamenti militari statunitensi vengono spediti in Israele – che è a corto di munizioni – dalla base britannica RAF di Akrotiri, a Cipro. Il quotidiano israeliano Haaretz ha riferito che più di 40 aerei da trasporto statunitensi e 20 britannici, insieme a sette elicotteri per il trasporto pesante, sono arrivati alla RAF Akrotiri, a 40 minuti di volo da Tel Aviv. Secondo quanto riferito, la Germania intende fornire a Israele 10.000 proiettili di precisione da 120 mm. Se il tribunale si pronuncerà contro Israele, questi Paesi saranno riconosciuti dal più importante tribunale internazionale del mondo come complici di un genocidio.

La sentenza è stata respinta dai leader israeliani.

Il Primo Ministro Benjamin Netanyahu, cercando di dipingere la decisione di non chiedere un cessate il fuoco come una vittoria per Israele, ha dichiarato: “Come ogni Paese, Israele ha il diritto intrinseco di difendersi. Il vile tentativo di negare a Israele questo diritto fondamentale è una palese discriminazione contro lo Stato ebraico, ed è stato giustamente respinto”. L’accusa di genocidio rivolta a Israele non è solo falsa, è oltraggiosa e le persone perbene dovrebbero respingerla ovunque”.

“La decisione del tribunale antisemita dell’Aia dimostra ciò che già si sapeva: questo tribunale non cerca la giustizia, ma piuttosto la persecuzione del popolo ebraico”, ha dichiarato il Ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir. “Hanno taciuto durante l’Olocausto e oggi continuano l’ipocrisia e fanno un ulteriore passo avanti”.

L’ICJ era stata fondata nel 1945 a seguito dell’Olocausto nazista. Il primo caso era stato presentato alla Corte nel 1947.

“Le decisioni che mettono in pericolo l’esistenza dello Stato di Israele non devono essere ascoltate”, ha aggiunto Ben-Gvir. “Dobbiamo continuare a sconfiggere il nemico fino alla vittoria completa”.

Il tribunale, che ha respinto le argomentazioni di Israele per l’archiviazione del caso, ha riconosciuto “che l’operazione militare condotta da Israele a seguito dell’attacco del 7 ottobre 2023 ha provocato, tra l’altro, decine di migliaia di morti e feriti e la distruzione di case, scuole, strutture mediche e altre infrastrutture vitali, oltre a sfollamenti su vasta scala”.

La sentenza include una dichiarazione del sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari e coordinatore degli aiuti di emergenza, Martin Griffiths, che, il 5 gennaio, ha definito Gaza “un luogo di morte e disperazione”. Il documento del tribunale prosegue:

. . . Le famiglie dormono all’aperto mentre le temperature precipitano. Le aree in cui ai civili era stato detto di trasferirsi per la loro sicurezza sono state bombardate. Le strutture mediche sono sotto incessanti attacchi. I pochi ospedali parzialmente funzionanti sono sovraccarichi di persone traumatizzate, gravemente carenti di tutte le forniture e inondati da gente disperata in cerca di sicurezza.

Si sta verificando un disastro sanitario. Le malattie infettive si stanno diffondendo nei rifugi sovraffollati, mentre le fogne tracimano. Circa 180 donne palestinesi partoriscono ogni giorno in questo caos. La popolazione sta affrontando i più alti livelli di insicurezza alimentare mai registrati. La carestia è dietro l’angolo.

Per i bambini, in particolare, le ultime 12 settimane sono state traumatiche: Niente cibo. Niente acqua. Niente scuola. Nient’altro che i terrificanti rumori della guerra, giorno dopo giorno.

Gaza è diventata semplicemente inabitabile. I suoi abitanti sono testimoni di minacce quotidiane alla loro stessa esistenza, mentre il mondo sta a guardare.

Il tribunale ha riconosciuto che “un incredibile 93% della popolazione di Gaza è alla fame, con cibo insufficiente e alti livelli di malnutrizione. Almeno una famiglia su quattro sta affrontando “condizioni catastrofiche”, la fame e una quasi totale mancanza di cibo e deve ricorrere alla vendita dei propri beni e ad altre misure estreme per permettersi un semplice pasto. La fame, l’indigenza e la morte sono evidenti”.

La sentenza, che cita Philippe Lazzarini, Commissario generale dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA), prosegue:

I rifugi dell’UNRWA, sovraffollati e insalubri, sono ormai diventati la ‘casa’ per più di 1,4 milioni di persone”, si legge nella sentenza. “Manca tutto, dal cibo all’igiene alla privacy. Le persone vivono in condizioni disumane, dove le malattie si diffondono, anche tra i bambini. Vivono nell’invivibilità, con l’orologio che corre veloce verso la carestia.

La situazione dei bambini di Gaza è particolarmente straziante. Un’intera generazione di bambini è traumatizzata e ci vorranno anni per farla guarire. Migliaia sono stati uccisi, mutilati o sono rimasti orfani. Centinaia di migliaia sono stati privati dell’istruzione. Il loro futuro è in pericolo, con conseguenze di vasta portata e di lunga durata.

Il tribunale ha anche fatto riferimento ai commenti fatti da diversi alti funzionari del governo israeliano che sostengono il genocidio, tra cui il presidente e il ministro della Difesa. Le dichiarazioni dei funzionari governativi e di altri enti costituiscono un elemento cruciale della componente “intenzione” quando si cercano le prove del crimine di genocidio.

Il documento ha citato il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant che aveva dichiarato – due giorni dopo l’attacco guidato da Hamas del 7 ottobre – di aver ordinato un “assedio completo” della città di Gaza, con il blocco di tutte le forniture di “elettricità, cibo o carburante”.

“Ho sciolto tutti i vincoli… Avete visto contro cosa stiamo combattendo. Stiamo combattendo contro animali umani. Questa è l’ISIS di Gaza”, aveva detto Gallant alle truppe israeliane ammassate intorno a Gaza il giorno seguente. “Questo è ciò contro cui stiamo combattendo… Gaza non tornerà com’era prima. Non ci sarà più Hamas. Elimineremo tutto. Se non ci vorrà un giorno, ci vorrà una settimana, ci vorranno settimane o addirittura mesi, arriveremo dappertutto”.

L’ICJ ha citato il presidente israeliano Isaac Herzog che aveva dichiarato: “Non è vera questa retorica sui civili non consapevoli, non coinvolti. Non è assolutamente vera. Avrebbero potuto sollevarsi. Avrebbero potuto combattere contro quel regime malvagio che ha preso il controllo di Gaza con un colpo di Stato. Ma siamo in guerra. Siamo in guerra. Stiamo difendendo le nostre case”. Herzog aveva continuato: “Stiamo proteggendo le nostre case. Questa è la verità. E, quando una nazione protegge la propria casa, combatte. E noi combatteremo fino a spezzare la loro spina dorsale”.

La decisione odierna è stata letta dall’attuale presidente della CIG, la giudice Joan Donoghue, un’avvocatessa americana che aveva lavorato presso il Dipartimento di Stato e il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti prima di entrare a far parte della Corte Mondiale, nel 2010.

“A parere della Corte, i fatti e le circostanze sopra menzionati sono sufficienti per concludere che almeno alcuni dei diritti rivendicati dal Sudafrica e per i quali sta chiedendo protezione sono plausibili”, si legge. “Questo è il caso del diritto dei palestinesi di Gaza di essere protetti dagli atti di genocidio e dai relativi atti proibiti identificati nell’articolo III, e del diritto del Sudafrica di chiedere il rispetto da parte di Israele degli obblighi di quest’ultimo ai sensi della Convenzione”.

Dalla sentenza emerge chiaramente che la Corte è pienamente consapevole dell’entità dei crimini commessi da Israele. Questo rende la decisione di non chiedere l’immediata sospensione dell’attività militare israeliana a Gaza e contro Gaza ancora più angosciante.

Ma la Corte ha inferto un colpo devastante alla mistica che Israele ha usato fin dalla sua fondazione per portare avanti il suo progetto coloniale di sostituzione contro gli abitanti indigeni della Palestina storica. Ha reso credibile la parola genocidio, quando applicata a Israele.

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Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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Fonte: chrishedges.substack.com

https://chrishedges.substack.com/p/it-may-be-genocide-but-it-wont-be

Chris Hedges è un giornalista vincitore del Premio Pulitzer, è stato corrispondente estero per 15 anni per il New York Times, periodo in cui è stato capo ufficio per il Medio Oriente e capo ufficio per i Balcani. In precedenza aveva lavorato all’estero per il Dallas Morning News, il Christian Science Monitor e la NPR. È il conduttore del programma “The Chris Hedges Report.”

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John Shipton: “Ithaka” docufilm sulla lotta per mio figlio Julian Assange e per i diritti fondamentali

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 “Ithaka”, presentato in prima a Sidney il 21 aprile 2022, verrà lanciato nei cinema di tutta l’Australia. Shipton incoraggia il pubblico a vedere la pellicola, parlarne e ospitare una proiezione con una tavola rotonda per coloro che sono più organizzati. “Abbiamo urgente necessità di proteggere la libertà di stampa e garantire che nessuno debba più sopportare quello che sta passando mio figlio”. (Micromega)

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#Alla ricerca della verità

Un ritratto commovente e intimo della lotta di un padre per salvare suo figlio, Ithaka espone la brutale realtà della campagna per la liberazione di Julian Assange, prigioniero politico più famoso del mondo. Fondatore di WikiLeaks, Assange diventa emblema della libertà di giornalismo, della lotta alla corruzione dei governi e ai crimini di guerra impuniti.

(biografilm.it)

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Ithaka – A Fight to Free Julian Assange

di Ben Lawrence

Bologna domenica 18 giugno 2023, ore 15:30
BIOGRAFILM HERA THEATRE | Pop Up Cinema Arlecchino

Saranno presenti Laura Morante e Stefania Maurizi.

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al-Tantura, 22 maggio 1948: bande di israeliani massacrano più di 200 abitanti

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Palestina – A 75 anni dal massacro di Tantura

Il massacro del villaggio di Tantura ancora oggi tormenta i superstiti e suscita le lacrime dei parenti delle vittime. Un nuovo articolo della rubrica Over The Wall, in collaborazione con Days of Palestine.

Nella notte del 22 maggio 1948, Tantura, un piccolo villaggio palestinese che si trovava nell’area costiera del Mandato Britannico della Palestina, è stato attaccato da bande israeliane che ne hanno sistematicamente massacrato più di 200 abitanti in uno dei capitoli più bui ed atroci dell’occupazione israeliana della Palestina.

Gli abitanti di Tantura facevano parte di una popolazione Arabo Palestinese che era stata cacciata delle proprie case dal neoformato “stato di Israele”. Scappando dalla violenza della guerra Arabo-Israeliana del 1948, quasi tremila persone trovarono rifugio a Tantura.

In quel terribile giorno il suono della morte e della distruzione sembrava provenire da ogni direzione.

Quando era tutto finito, centinaia erano morti e molti altri rimasero gravemente feriti. I superstiti rimasero traumatizzati, segnati emotivamente e lasciati con null’altro che le memorie di quel giorno di orrore. Corpi sparsi lungo le strade. Terrore e lutto impregnavano l’aria.

Quello che rende il massacro di Tantura ancora più doloroso per i superstiti è che rimane tuttora non riconosciuto e totalmente impunito da parte del governo d’occupazione israeliano.

Attraverso una serie di confessioni, gli ex soldati dell’occupazione israeliana hanno rivelato una serie di dettagli raccapriccianti riguardo il massacro di Tantura perpetrato dalle bande sioniste contro i Palestinesi durante il Nakba del 1948. Queste atrocità sono diventate una parte inesorabile dell’esperienza Palestinese.

Secondo le testimonianze dei soldati, dozzine di uomini, donne e bambini sono state brutalmente uccise in uno dei più infami e devastanti massacri della storia moderna. Le conseguenze del massacro riverberano tutt’oggi nella quotidianità.

La testimonianza di un soldato isrealiano è tanto dettagliata da far venire i brividi: un macabro massacro in cui uccise tra i 15 e i 20 palestinesi dopo che furono dapprima catturati. Il racconto grottesco di un altro ufficiale descrive come abbia sistematicamente usato la propria arma per finire un numero imprecisato di prigionieri inermi.

Una delle testimonianze più inquietanti della brutalità sionista ci giunge dal report di un soldato in cui richiama una scena brutale; civili palestinesi costretti a stringersi all’interno di grosse cisterne di latta e poi crivellati dai colpi delle mitragliatrici, lasciando le cisterne tappezzate dai buchi dei proiettili percolanti sangue. Questa orribile brutalità ben dipinge la tetra situazione della crudità dell’occupazione israeliana.

Testimonianze di prima mano riguardo il massacro di Tantura sono state esplorate nel documentario “Tantura”, diretto dal regista Alon Schwardz. Questa pellicola del 2022 raccoglie, per la prima volta, le testimonianze dei soldati israeliani coinvolti nel massacro ripercorrere le atrocità commesse.

Il massacro di Tantura del maggio 1948 è un tragico esempio di come gli israeliani forzino una campagna di pulizia etnica nei confronti della popolazione palestinese attraverso la forza militare e l’intimidazione. Con poca sorpresa, ciò ha causato lo sparpagliamento del più alto numero di palestinesi che abitavano il paese.

Quando il fumo delle armi da fuoco iniziò a disperdersi nell’aria, rivelò il crudo orrore della tragedia consumatasi. Duecento vite spezzate, i loro corpi sparpagliati lungo le strade e ciò che rimaneva delle loro case distrutte. Donne, bambini e anziani lasciati ad assistere all’assassinio dei loro cari per poi subire poco dopo la stessa sorte. I superstiti, che già dovettero sopportare il peso di tutto ciò, divennero rifugiati, esuli dalle loro case, le loro vite sradicate dal villaggio di Tantura.

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Fonte: globalproject.info

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Approfondimento

Città e villaggi arabi spopolati durante la guerra arabo-israeliana del 1948

Tantura: alla Bafta anteprima del film sul massacro nel villaggio palestinese durante la Nakba

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