Daily Archives: 22/02/2011

Com’è difficile rompere con Gheddafi

La sanguinosa repressione delle proteste da parte del regime libico evidenzia ancora una volta l’imbarazzo dell’Europa nei confronti delle rivolte arabe. Stavolta serve una risposta ferma e coordinata.

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Cartello di un manifestante davanti all'ambasciata della Libia a Istanbul.

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La Tunisia, l’Egitto e ora anche la Libia. Da due mesi l’Unione europea assiste all’ondata di proteste nel mondo arabo, interrogandosi sul proprio ruolo e sulle conseguenze degli ultimi eventi. La repressione violenta del regime di Mu’ammar Gheddafi contro il suo popolo conferisce una dimensione tragica agli interrogativi dell’Europa.

“‘Le rivoluzioni sono la locomotiva della storia’, scriveva un certo Karl Marx 160 anni fa. Una bella immagine. Soprattutto quando osserviamo gli europei che assistono in questi giorni alle turbolenze del mondo arabo seduti in terza classe nell’ultimo vagone”, scrive Der Standard. “Fino a oggi l’Europa non ha trovato niente di meglio che rilasciare dichiarazioni preoccupate. [Ma] in Libia la retorica della costernazione non sarà più sufficiente”.

Energia, commercio, collaborazione nel contrasto all’immigrazione: il quotidiano viennese enumera i diversi ambiti in cui l’Europa è dipendente nei confronti del regime di Gheddafi. Secondo Der Standard l’Europa non riesce a difendere i propri interessi nella zona e non dispone degli strumenti di pressione finanziaria, delle risorse militari e nemmeno di un approccio coordinato al problema.

Il piano Marshall per la sponda meridionale del Mediterraneo invocato dal ministro degli esteri italiano Franco Frattini potrà avere effetto solo nel lungo periodo, così come i miliardi che Catherine Ashton vuole inviare ai paesi colpiti dalla crisi. Lo stesso discorso vale anche per l’Algeria e il Marocco, dove sono in gioco interessi simili. “Se qualcuno passerà a controllare i biglietti gli europei dovranno confessare alla storia che viaggiano da clandestini”, ironizza Der Standard. (leggi tutto)

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Fonte: presseurop

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Benigni e «Fratelli d’Italia», dubbi su una lezione di storia

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di  Alberto Mario Banti

Roberto Benigni a Sanremo: ma certo, quello che voleva bene a Berlinguer! Quello che – con gentile soavità – insieme a Troisi scherzava su Fratelli d’Italia … Che trasformazione! Sorprendente! Eh sì, giacché giovedì 17 febbraio «sul palco dell’Ariston», come si dice in queste circostanze, non ha fatto solo l’esegesi dell’Inno di Mameli. Ha fatto di più. Ha fatto un’apologia appassionata dei valori politici e morali proposti dall’Inno. E – come ha detto qualcuno – ci ha anche impartito una lezione di storia. Una «memorabile» lezione di storia, se volessimo usare il lessico del comico.
Bene. E che cosa abbiamo imparato da questa lezione di storia? Che noi italiani e italiane del 2011 discendiamo addirittura dai Romani, i quali si sono distinti per aver posseduto un esercito bellissimo, che incuteva paura a tutti. Che discendiamo anche dai combattenti della Lega lombarda (1176); dai palermitani che si sono ribellati agli angioini nel Vespro del lunedì di Pasqua del 1282; da Francesco Ferrucci, morto nel 1530 nella difesa di Firenze; e da Balilla, ragazzino che nel 1746 avvia una rivolta a Genova contro gli austriaci. Interessante. Da storico, francamente non lo sapevo. Cioè non sapevo che tutte queste persone, che ritenevo avessero combattuto per tutt’altri motivi, in realtà avessero combattuto già per la costruzione della nazione italiana. Pensavo che questa fosse la versione distorta della storia nazionale offerta dai leader e dagli intellettuali nazionalisti dell’Ottocento. E che un secolo di ricerca storica avesse mostrato l’infondatezza di tale pretesa. E invece, vedi un po’ che si va a scoprire in una sola serata televisiva.Ma c’è dell’altro. Abbiamo scoperto che tutti questi «italiani» erano buoni, sfruttati e oppressi da stranieri violenti, selvaggi e stupratori – stranieri che di volta in volta erano tedeschi, francesi, austriaci o spagnoli. E anche questa è una nozione interessante, una di quelle che cancellano in un colpo solo i sentimenti di apertura all’Europa e al mondo che hanno positivamente caratterizzato l’azione politica degli ultimi quarant’anni. (leggi tutto)

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Fonte:  il Manifesto

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