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Il Web lancia il boicottaggio di Barilla!

       Boicotta

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La protesta contro la Barilla parte dalla rete  (*)

di Chiara Amendola

Parte dalla rete la protesta contro l’Impresa di prodotti alimentari più famosa d’Italia: la Barilla.

L’azienda, non più italiana ma americana, usa grano con tassi di micotossine altissimo, e quindi ammuffito, derivante da lunghi stoccaggi, al prezzo più basso possibile.

Ma perché accade ciò?

La storia risale al 2006 quando l’Unione Europea decise di alzare i livelli di micotossine presenti nel grano duro in modo che anche gli altri paesi, con climi più sfavorevoli, potessero produrlo. Una decisione basata su fini puramente commerciali. Oltre ad impoverire la qualità dei prodotti, infatti, la manovra rappresentò un duro colpo per i contadini del Sud Italia. Quest’ultimi, il cui grano non conteneva micotossine poiché lavorato naturalmente, furono meccanicamente esclusi dal mercato europeo.

Il discorso però era, ed è, diverso per i paesi d’oltreoceano. Per l’esportazione del prodotto in Usa e in Canada i parametri cambiano. In questo caso il grano deve avere un tasso di micotossine pari alla metà di quello accettato dalla UE per le importazioni.

In questo modo è successo che:

I prezzi internazionali del grano duro di riflesso sono crollati, circostanza favorevole per i commercianti italiani ed i monopolisti internazionali che hanno potuto acquistare il grano al prezzo più basso possibile dai contadini meridionali, messi alle strette dalle direttive europee. Questi stessi imprenditori hanno esportato poi il grano italiano migliore all’estero, lucrando sul prezzo, per poi portare da noi prodotti realizzati con il grano ammuffito, accumulatosi nei depositi, e radioattivo.

Alla luce di ciò il web, attraverso i social network, sta diffondendo il messaggio per boicottare la Barilla, principale azienda responsabile di questo disastro alimentare, incentivando gli utenti ad acquistare solo prodotti graminacei coltivati nello stivale e di agricoltura biologica.

Operazione non semplice visto che la Barilla è presente nel mondo con i marchi con il più alto valore commerciale: Motta, Essere, Gran Pavesi, le Tre Marie, le Spighe, Mulino Bianco, Pavesini, Voiello, Panem.

La protesta sta raccogliendo consensi e già esistono liste di discussione dove è possibile trovare un’ alternativa di prodotti, completamente realizzati in Italia e non OGM, da poter sostituire al colosso americano.

Fonte:  Controlacrisi.org

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Viste le tante e giuste richieste nei commenti sono riuscito a trovare la fonte reale dell’articolo:

(*)   Il post è stato lanciato su Facebook il 18 febbraio 2012 nelle note di : “Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo“. In seguito, il 20 aprile 2012,  viene postato un altro articolo collegato a Barilla e all’agricoltura biologica.

(**) Errata corrige: La Barilla è stata americana dal 1970 al 1979.  Il marchio ”Le Tre Marie” è stato venduto a Sammontana.    FONTE: Wikipedia

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Urgente! Appello per appoggiare la lotta delle madri di Fukushima

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AVAAZ.org

E ‘vergognoso! – Il ministro dell’Economia ha appena ordinato lo sgombero delle madri di Fukushima che pacificamente protestano sotto le tende al di fuori del  METI (Ministero dell’Industria e dell’Economia giapponese) per chiedere un futuro privo di radiazioni per i loro figli. Abbiamo  poche ore prima che la polizia si muova per abbattere le tende, sta a noi  fermarli ora!

Il ministro Yukio Edano si inchina al potere della potente industria nucleare – le madri coraggiose sono furiose dopo tutti gli sforzi che hanno fatto. La loro lotta ha catturato l’attenzione del pubblico e in tutto il paese la gente  parla della fine dell’energia nucleare. Ma la loro lotta,  per la vita dei loro figli,  sarà vana se  non sosteniamo queste donne  per  fermare l’abbattimento delle loro tende.

Abbiamo solo poche ore ! Inondiamo ora la casella di posta del ministro Edano con migliaia di messaggi , chiedendogli di revocare il proprio ordine di sfratto. E’ tempo che i nostri politici comincino a mettere  la sicurezza delle persone prima del profitto. Invia ora un messaggio per stare con le madri di Fukushima e aiutarle a porre fine agli sporchi intrighi  dell’industria nucleare. Fai girare l’appello! 

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FIRMA L’APPELLO

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Approfondimento

Fusione reattore 1 a Fukushima?

Fukushima 10 giugno 2011 – L’incubo nucleare avanza. Situazione gravissima.

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Polizia cinese ha aperto il fuoco sui manifestanti tibetani

 

UN TIBETANO UCCISO A COLPI D’ARMA DA FUOCO NELLA PREFETTURA DI KANZE. IMPRECISATO IL NUMERO DEI FERITI

Dharamsala, 23 gennaio 2012. Un laico tibetano identificato come Yonten e residente a Drango, una città ubicata nella Contea della Prefettura Autonoma di Kandze, è stato ucciso questa mattina dalla polizia cinese che ha sparato sulla folla per reprimere una protesta della popolazione locale. Nel darne notizia, il Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia rende noto che attualmente il corpo di Yonten è custodito dai monaci all’interno del monastero di Drango.

Almeno tre religiosi sono stati gravemente feriti ma non è ancora certo che le ferite siano state provocate dagli spari. La popolazione di Drango aveva dato inizio alla manifestazione di protesta dopo l’arresto, effettuato dalle forze dell’Ufficio di Pubblica Sicurezza, di molti tibetani residenti a Drango e nei dintorni accusati di aver diffuso volantini e poster nei quali i tibetani annunciavano la possibilità di nuove auto immolazioni se il governo cinese non avesse dato ascolto alle loro richieste. Volantini e manifesti circolavano già da alcuni giorni dentro e fuori la città.

Preoccupati ed esasperati per l’ondata degli arbitrari arresti, i tibetani hanno dato inizio alla protesta. I manifestanti, molti dei quali erano contadini e nomadi, facevano sventolare bandiere tibetane e chiedevano libertà per il Tibet. Pubblica Sicurezza e Polizia Armata sono intervenute con le armi da fuoco. Il Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia ha fatto sapere che, secondo altre fonti, i morti sarebbero almeno due. Si sta verificando la veridicità della notizia.

Un comunicato stampa rilasciato alla fine della mattinata dal Parlamento Tibetano in Esilio afferma che la polizia ha sparato indiscriminatamente sulle migliaia di tibetani che hanno preso parte alla protesta. È confermata la morte di un laico. Sale a sei il numero dei tibetani feriti. “Chiediamo alla Cina di rispettare il diritto del popolo tibetano ad esprimere liberamente la propria volontà” – dichiara il Parlamento Tibetano in Esilio – “e di accogliere le sue istanze”. “Comprendiamo l’interesse della comunità internazionale a mantenere stretti rapporti con la Cina” – prosegue – “ma come può il mondo intero rimanere silente di fronte alle sofferenze del popolo tibetano”? “Vi chiediamo di sollevare la questione e di esercitare pressioni su Pechino affinché trovi una soluzione durevole alla questione tibetana”.

Nel comunicato stampa rilasciato dal gruppo londinese Free Tibet si legge che i feriti sarebbero almeno una trentina. Molti hanno rifiutato il ricovero in ospedale nel timore di essere arrestati. “La situazione è ancora tesa” – recita il documento – “e molti tibetani delle vicine Contee di Serthar e Tawu stanno cercando di raggiungere Drango per unirsi alla protesta”.

Fonti: Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia – Phayul – TibetNet

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