Monthly Archives: Marzo 2013

Il branco di lupi (giornalisti) pagati per sputtanare il Movimento 5 Stelle

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GIORNALISTI E GRILLO

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di Andrea Fabozzi

«La lente di ingrandimento della stampa può essere usata per mettere a fuoco i problemi di tutti, per portare alla luce questioni prima sconosciute». Sono parole di un comico. Pronunciate durante un comizio politico. Davanti a centinaia di migliaia di persone. A Washington, però, e più di due anni fa. In Italia abbiamo Beppe Grillo che i suoi talenti di attore comico li ha compiutamente messi a frutto nel mestiere di politico. E alle domande dei giornali italiani non risponde. La stampa nazionale, dice, è fatta di «lupi» che «sono pagati dai partiti per sputtanare il Movimento 5 Stelle». Qualcuno, anche tra i giornalisti italiani, comincia a dargli ragione.

Distinguiamo. C’è l’irresistibile attrazione del carro del vincitore, storia nota. In Rai è già nata la corrente dei giornalisti grillini. C’è la vecchia legge del «trattami male e ti darò ascolto» che noi giornalisti di solito tentiamo di usare a nostro vantaggio, per «sciogliere» le fonti. Funziona però anche a nostro danno. La strategia dell’isolamento, la tecnica di comunicazione che applicano Casaleggio e Grillo non è nuova né raffinata. A loro riesce particolarmente bene grazie al rigido controllo che esercitano sugli attivisti – e dal numero e dalla frequenza delle «istruzioni» per i militanti diffuse sul blog si capisce quanto tengano a mantenerlo. Raccontarsi come accerchiati aumenta la coesione del gruppo, trovarsi fisicamente accerchiati da giornalisti caduti in trappola è un bel regalo. Naturalmente non tutti i militanti e nemmeno gli eletti del 5 Stelle hanno le stesse reazioni davanti ai cronisti, negli anni però l’ostilità è aumentata. A Milano hanno persino fatto avere alla stampa un glossario perché venisse evitato il termine «leader», perché «fuorviante, Grillo non è il nostro leader». Solo pochi giorni dopo, però, Grillo dal sito informava che lui è l’unico «capo politico del movimento». Chi si avvicina adesso per fare una domanda al grillino medio, in genere viene accolto da un telefonino che inizia a riprendere e da almeno un paio di contro-domande: chi ti paga? come hai fatto ad avere il posto? Il politico tradizionale, invece, anche mai conosciuto, abitualmente risponde con un «carissimo».

Il giornalismo politico cambierà i grillini che hanno conquistato il parlamento, o saranno loro a cambiare qualcosa nel giornalismo politico? Purtroppo quello che principalmente ci sarebbe da cambiare, è cioè la scarsa indipendenza della stampa dai poteri economici e la conseguente incapacità di mettere in difficoltà i potenti di turno, è quello a cui Grillo si dedica meno. Preferisce non distinguere, attaccare genericamente ogni giornale – la funzione stessa dei giornali – coprendo così il grande tema dei conflitti di interesse degli editori. Al contrario, l’esaltazione acritica che Grillo fa della rete – meglio, di una forma piuttosto arcaica e unidirezionale della comunicazione in rete – trascura di riflettere su quanto si stia impoverendo la produzione di notizie. I giornali, nella crisi, si affidano sempre più spesso a collaboratori mal pagati quando non direttamente ai lettori per sostituire il lavoro professionale delle redazioni. Il che aumenta il volume delle informazioni, ma ne diminuisce attendibilità e accuratezza.

Non di meno alcune caratteristiche del giornalismo politico italiano entreranno in rotta di collisione con i rappresentanti del 5 Stelle. Non diminuirà lo spazio che i giornali dedicano alla politica – in Italia è tanto per ragioni storiche e perché qui da noi la politica vende. Ma la tendenza a personalizzare il discorso faticherà con un movimento che si vuole di semplici portavoce: la stampa ha strutturalmente bisogno di riconoscere i leader, o ne nasceranno o saranno creati, magari artificialmente. Così come la naturale tendenza dei giornali per le previsioni piuttosto che per il racconto dei fatti dovrà entrare in relazione con una delegazione parlamentare che avrà poteri limitati e informazioni scarse. In definitiva quello che decideranno Casaleggio e Grillo lo sapranno (sempre) solo loro.

E poi, per quanto sforzo possano fare i «secchioni» del movimento, l’innegabile eccesso di politicismo di un giornalismo troppo dipendente dalle dichiarazioni e poco dai fatti per essere curato avrà bisogno di fatti. Per intendersi, è vero che per 20 anni i giornali hanno raccontato lo stesso scontro tra la politica e la magistratura. Ma è vero anche che di riforme della giustizia se ne sono viste poche.

Infine ci sarebbe da correggere la tendenza a sovra rappresentare alcune realtà politiche – basta ricordare la centralità che ha avuto Casini nel racconto pre elettorale. Ma anche questa tendenza, per quanto Grillo voglia ignorarlo, non è figlia della malafede dei giornalisti «lupi», quanto ancora degli interessi costituiti in imprese editoriali. Perché «la lente di ingrandimento della stampa», ha concluso quell’altro comico, quello americano – il grande Jon Stewart – nel suo comizio di Washington due e più anni fa, «può anche essere usata per dare fuoco alle formiche e magari fare uno speciale di una settimana per discutere sull’improvvisa, inattesa e pericolosa epidemia di formiche in fiamme».

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Fonte: il Manifesto


Francia (Rueil-Malmaison): straordinaria resistenza dei lavoratori della Goodyear

 

 

 

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Riunione del Comitato d’impresa della Goodyear: scontri tra operai e polizia

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Il 7 marzo a Rueil-Malmaison si è tenuto il Comitato centrale d’impresa per discutere il piano di chiusura dello stabilimento, che comporterà il licenziamento di 1173 operai e altre 500 persone circa in modo indiretto. Già nel lontano 2007, la Goodyear aveva intrapreso un piano di “ristrutturazione” dell’azienda, un piano che prevedeva il taglio drastico dei posti di lavoro e un incremento delle ore lavorative con il blocco dei salari; e già allora gli operai scesero in piazza per opporsi a questo tipico ricatto della fabbrica. Dopo cinque anni di lotta, o come sostiene l’impresa “cinque anni di negoziazioni sterili”, la direzione ha deciso di chiudere definitivamente lo stabilimento. Nonostante ciò, i lavoratori sono decisi a continuare la lotta per il proprio posto di lavoro, malgrado alcuni di loro lavorino solo più una o due ore al giorno.

Fuori dall’edificio, un ingente schieramento delle forze dell’ordine a presidiare la zona, una presenza vista come una mera provocazione dagli operai, i quali hanno deciso di non abbassare la testa davanti ai diktat dell’azienda. In seguito ai fronteggiamenti e a una prima carica, la polizia ha sparato lacrimogeni e ha usato spray irritanti con l’intento di disperdere i manifestanti; come risposta gli operai hanno iniziato a costruire barricate di pneumatici incendiati. Davanti a tanta determinazione, le forze dell’ordine sono arretrate dietro alle camionette, usate come scudo per proteggersi dalla rabbia degli operai, i quali non hanno esitato di fronte a quest’ostacolo e hanno cercato di rimuovere le protezioni dai blindati. La polizia, oltre al fitto lancio di lacrimogeni, ha dovuto richiedere l’intervento degli idranti per allontanare i manifestanti e per domare le fiamme delle barricate.

Dopo la discussione in sala, i legali dei salariati della fabbrica, hanno annunciato la volontà di presentare la prossima settimana una mozione in cui si discute la possibilità di trasformare la Goodyear in una società cooperativa a gestione partecipativa (Scop), dato che la multinazionale americana Titan International ha reputato sconveniente inglobare totalmente la Goodyear. L’alternativa della Scop potrà essere realizzata solo se tutti gli operai si metteranno in gioco, per ricostruire dal basso la propria fabbrica, evitando la chiusura e il conseguente licenziamento del personale.

In un momento in cui il governo francese non si fa scrupoli a sforbiciare in tutti i settori, ove ciò sia possibile (i casi delle acciaierie ArcelorMittal, della Peugeot, della compagnia aerea AirFrance) e a scaricare i costi della crisi sulle spalle della popolazione per obbedire agli imperativi della finanza, la straordinaria resistenza dei lavoratori della Goodyear è un esempio da replicare in tutte le fabbriche per non sottostare e subire i ricatti della crisi, ma al contrario trovare alternative dal basso tramite la collettività.

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Fonte: INFOaut

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Cinghiali radioattivi: Chernobyl o nucleare italiano?

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I cinghiali radioattivi della Valsesia. Eredità di Chernobyl o del nucleare italiano?

di Umberto Mazzantini

E’ noto che non solo nell’area proibita di Chernobyl, ma anche in aree interessate dal fall-out del più grande disastro del nucleare civile della storia, ci sono animali con alti livelli di radioattività. Proprio per questo in Germania in alcune aree la caccia al cinghiale è vietata e la legge tedesca sull’energia atomica risarcisce i cacciatori che abbattono animali troppo contaminati per poter essere mangiati. Ora questo incubo radioattivo si è presentato anche in Italia. Ieri sera  il ministero della salute ha comunicato che «Tracce di cesio 137, oltre la soglia prevista dal regolamenti, sono stati riscontrati in seguito a controlli nella lingua e nel diaframma di cinghiali del comprensorio alpino della Valsesia. Sono stati analizzati campioni di lingua e diaframma di capi abbattuti durante la stagione venatoria 2012/2013. Su 27 campioni il livello di cesio 137 è risultato superiore allo soglia indicata dal Regolamento 733 del 2008, come limite tollerabile in caso di incidente nucleare».

I campioni erano stati prelevati per essere sottoposti ad una indagine sulla trichinellosi, una malattia parassitaria che colpisce prevalentemente suini e cinghiali, poi  sono stati sottoposti a un test di screening per la ricerca del Cesio 137, per mettere a punto la metodica stessa, coerentemente con la Raccomandazione della Commissione Europea del 14 Aprile 2003 (2003/274/CE).  «I risultati hanno evidenziato la presenza di un numero consistente di campioni  con livelli di Cesio 137 superiori a 600 Bq/Kg (Becquerel per Kilo, unità di misura per il cesio 137) – spiega il ministero – I valori dei campioni oscillano in un range tra 0 e 5621 Bq/Kg e 27 campioni presentano valori al di sopra dei 600 Bq/kg. Ad oggi dei 27 con valore superiore alla soglia ne sono stati inviati 10 al Centro di Referenza Nazionale per la Ricerca della Radioattività nel Settore Zootecnico Veterinario dell’IZS di Puglia e Basilicata; 9 sono stati confermati, con la metodica accreditata, con valori superiori ai 600 Bq/Kg. Il decimo campione ha un valore attorno ai 500 Bq/Kg. E’ programmato l’invio dei 17 rimanenti campioni positivi allo screening al Centro di Referenza nazionale di Foggia. Il cesio 137 è un isotopo radioattivo rilasciato, tra l’altro, nel 1986 dalla centrale di Chernobyl».

Anche Gian Piero Godio, un esperto in questioni nucleari di Legambiente Piemonte e Val d’Aosta, parla di un’eredità del fall-out  del disastro nucleare del 1986: «Non può essere altro che la ricaduta delle emissioni della centrale di Chernobyl. Altre spiegazioni non potrebbero esserci: il comprensorio della Valsesia non presenta alcuna sorgente radioattiva. La causa più probabile del contagio sono le sostanze emesse in seguito all’incidente nucleare dell’86. Anche se i livelli di Cesio 137 riscontrati negli animali abbattuti mi sembrano quasi inverosimili».

Elena Fantuzzi, responsabile dell’Istituto di Radioprotezione dell’Enea, in un’intervista al Corriere della Sera avanza anche altre ipotesi: «Il cesio 137 è un radionuclide artificiale prodotto dalla fissione nucleare. Viene rilasciato da siti nucleari. Le ipotesi più immediate sono quelle secondo cui potrebbe essere stato rilasciato in seguito all’incidente nella centrale nucleare di Chernobyl del 1986. Ma bisogna considerare anche i siti nucleari nella zona, fra i quali la centrale di Trino Vercellese smantellata nel 1987 e il sito sperimentale dell’Enea, a Saluggia. Non è esclusa neppure la pista dei rifiuti tossici.  Bisognerebbe considerare anche il metabolismo dei cinghiali, capire se ha caratteristiche tali da favorire l’accumulo del cesio 137 al di sopra dei limiti considerati sicuri».

Coldiretti è molto preoccupata: « Occorre estendere immediatamente le analisi ad altri animali selvatici e fare al più presto chiarezza sulle fonti di contaminazione in un Paese come l’Italia che ha fatto la scelta di non avvalersi del nucleare, a differenza di quanto accade nei Paesi confinanti». La più grande associazione degli agricoltori italiani sottolinea che «Iil disastro nucleare di Fukushima in Giappone ha aumentato la sensibilità a livello nazionale dove per un italiano su quattro (24%) la contaminazione dell’ambiente è il pericolo più  temuto che batte addirittura gli effetti della crisi economica (20%), le paure per la salute che derivano dal consumo dei cibi (17%), il rischio di un incidente automobilistico (11%), la criminalità e la malattia entrambe fonte di preoccupazione per il 10% della popolazione, secondo una elaborazione della Coldiretti, sulla base dei dati Eurobarometro».

Il ministro della Salute Renato Balduzzi, in accordo con le autorità sanitarie e la presidenza della Regione Piemonte, «Ha immediatamente attivato il Comando dei Carabinieri del Nas e del Noe, nel cui Reparto operativo è inserita una Sezione inquinamento da Sostanze radioattive, (orientata al contrasto di traffici illeciti di rifiuti e materiali radioattivi e dotata di complessi laboratori mobili di rilevamento), che insieme alla Direzione Generale per l’igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione dello stesso Ministero coordineranno tutti gli accertamenti». Il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, ha dato disposizione al comandante dei carabinieri del Nucleo operativo ecologico, il generale Vincenzo Paticchio, di fare tutti accertamenti necessari ad individuare la causa della contaminazione.  La prima riunione urgente di coordinamento è prevista per oggi.

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Fonte: greenreport.it

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Approfondimento (Ki)

Disastro di Černobyl’

Centrale elettronucleare di Trino

L’ impianto ex-ENEA EUREX di Saluggia (Vercelli)

Cinghiali radioattivi in Germania a 24 anni da Chernobyl    (14/12/2010)

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