Daily Archives: 10/03/2013

Microsoft: zio Bill ancora multato. 561 milioni di euro!

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UE, il ballot screen costa a Microsoft 561 milioni

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di Alfonso Maruccia

La Commissione Europea eleva una pesante multa per il mancato rispetto degli accordi sanciti anni or sono. Redmond ammette quello che viene definito errore tecnico e promette di non farlo mai più.

E alla fine arrivò la multa: la vicenda del ballot screen temporaneamente “scomparso” nell’installazione di Windows si conclude nel peggiore dei modi per Microsoft, con la Commissione Europea che conferma le accuse già formalizzate e passa all’incasso in quel di Redmond.

Sono 561 i milioni di euro che Microsoft dovrà pagare alla UE, perché la azienda statunitense non ha rispettato i termini dell’accordo preso con l’Unione in seguito all’indagine sulla concorrenza fra i browser web su piattaforma Windows: quell’accordo prevedeva l’impiego di un “ballot screen” per scegliere un browser tra i più popolari durante l’installazione del sistema operativo, ma il ballot screen è risultato assente dall’installazione delle copie di Windows 7 (SP1) vendute in territorio europeo da maggio 2011 a luglio 2012.

La Commissione Europea ha dunque concluso la sua ultima indagine in materia, valutando che ben 15 milioni di utenti di Windows non hanno avuto modo di passare per il ballot screen: “Gli obblighi legalmente vincolanti decisi nei procedimenti antitrust giocano un ruolo importantissimo nella nostra politica di applicazione della legge perché ci permettono di trovare soluzioni rapide ai problemi della concorrenza”, ha dichiarato il vice-presidente della Commissione Joaquín Almunia.

Microsoft non ha rispettato quegli obblighi e ora dovrà pagare: la somma di 561 milioni di euro è stata calcolata valutando la durata e la gravità dell’infrazione, la necessità di un effetto deterrente per le altre aziende presenti nel settore e anche il fattore attenuante della piena volontà di cooperazione con la Commissione dimostrata da Microsoft. “Spero che la vicenda spinga le aziende a pensarci due volte prima di valutare l’infrazione dei loro obblighi internazionali”, ha commentato ancora Almunia.

Diversamente da quanto capitato in passato in occasioni simili, la posizione di Microsoft sull’accaduto è quanto di più accomodante si possa pensare: Redmond si prende la “piena responsabilità” dell’errore tecnico che ha causato la scomparsa temporanea del ballot screen dalle copie di Windows incriminate, dice di aver già “chiesto scusa” e di aver preso le dovute precauzioni affinché errori simili non capitino più in futuro. L’obbligo di presentare un ballot screen per i browser web su Windows scade nel 2014.

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Fonte: Punto Informatico

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Il branco di lupi (giornalisti) pagati per sputtanare il Movimento 5 Stelle

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GIORNALISTI E GRILLO

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di Andrea Fabozzi

«La lente di ingrandimento della stampa può essere usata per mettere a fuoco i problemi di tutti, per portare alla luce questioni prima sconosciute». Sono parole di un comico. Pronunciate durante un comizio politico. Davanti a centinaia di migliaia di persone. A Washington, però, e più di due anni fa. In Italia abbiamo Beppe Grillo che i suoi talenti di attore comico li ha compiutamente messi a frutto nel mestiere di politico. E alle domande dei giornali italiani non risponde. La stampa nazionale, dice, è fatta di «lupi» che «sono pagati dai partiti per sputtanare il Movimento 5 Stelle». Qualcuno, anche tra i giornalisti italiani, comincia a dargli ragione.

Distinguiamo. C’è l’irresistibile attrazione del carro del vincitore, storia nota. In Rai è già nata la corrente dei giornalisti grillini. C’è la vecchia legge del «trattami male e ti darò ascolto» che noi giornalisti di solito tentiamo di usare a nostro vantaggio, per «sciogliere» le fonti. Funziona però anche a nostro danno. La strategia dell’isolamento, la tecnica di comunicazione che applicano Casaleggio e Grillo non è nuova né raffinata. A loro riesce particolarmente bene grazie al rigido controllo che esercitano sugli attivisti – e dal numero e dalla frequenza delle «istruzioni» per i militanti diffuse sul blog si capisce quanto tengano a mantenerlo. Raccontarsi come accerchiati aumenta la coesione del gruppo, trovarsi fisicamente accerchiati da giornalisti caduti in trappola è un bel regalo. Naturalmente non tutti i militanti e nemmeno gli eletti del 5 Stelle hanno le stesse reazioni davanti ai cronisti, negli anni però l’ostilità è aumentata. A Milano hanno persino fatto avere alla stampa un glossario perché venisse evitato il termine «leader», perché «fuorviante, Grillo non è il nostro leader». Solo pochi giorni dopo, però, Grillo dal sito informava che lui è l’unico «capo politico del movimento». Chi si avvicina adesso per fare una domanda al grillino medio, in genere viene accolto da un telefonino che inizia a riprendere e da almeno un paio di contro-domande: chi ti paga? come hai fatto ad avere il posto? Il politico tradizionale, invece, anche mai conosciuto, abitualmente risponde con un «carissimo».

Il giornalismo politico cambierà i grillini che hanno conquistato il parlamento, o saranno loro a cambiare qualcosa nel giornalismo politico? Purtroppo quello che principalmente ci sarebbe da cambiare, è cioè la scarsa indipendenza della stampa dai poteri economici e la conseguente incapacità di mettere in difficoltà i potenti di turno, è quello a cui Grillo si dedica meno. Preferisce non distinguere, attaccare genericamente ogni giornale – la funzione stessa dei giornali – coprendo così il grande tema dei conflitti di interesse degli editori. Al contrario, l’esaltazione acritica che Grillo fa della rete – meglio, di una forma piuttosto arcaica e unidirezionale della comunicazione in rete – trascura di riflettere su quanto si stia impoverendo la produzione di notizie. I giornali, nella crisi, si affidano sempre più spesso a collaboratori mal pagati quando non direttamente ai lettori per sostituire il lavoro professionale delle redazioni. Il che aumenta il volume delle informazioni, ma ne diminuisce attendibilità e accuratezza.

Non di meno alcune caratteristiche del giornalismo politico italiano entreranno in rotta di collisione con i rappresentanti del 5 Stelle. Non diminuirà lo spazio che i giornali dedicano alla politica – in Italia è tanto per ragioni storiche e perché qui da noi la politica vende. Ma la tendenza a personalizzare il discorso faticherà con un movimento che si vuole di semplici portavoce: la stampa ha strutturalmente bisogno di riconoscere i leader, o ne nasceranno o saranno creati, magari artificialmente. Così come la naturale tendenza dei giornali per le previsioni piuttosto che per il racconto dei fatti dovrà entrare in relazione con una delegazione parlamentare che avrà poteri limitati e informazioni scarse. In definitiva quello che decideranno Casaleggio e Grillo lo sapranno (sempre) solo loro.

E poi, per quanto sforzo possano fare i «secchioni» del movimento, l’innegabile eccesso di politicismo di un giornalismo troppo dipendente dalle dichiarazioni e poco dai fatti per essere curato avrà bisogno di fatti. Per intendersi, è vero che per 20 anni i giornali hanno raccontato lo stesso scontro tra la politica e la magistratura. Ma è vero anche che di riforme della giustizia se ne sono viste poche.

Infine ci sarebbe da correggere la tendenza a sovra rappresentare alcune realtà politiche – basta ricordare la centralità che ha avuto Casini nel racconto pre elettorale. Ma anche questa tendenza, per quanto Grillo voglia ignorarlo, non è figlia della malafede dei giornalisti «lupi», quanto ancora degli interessi costituiti in imprese editoriali. Perché «la lente di ingrandimento della stampa», ha concluso quell’altro comico, quello americano – il grande Jon Stewart – nel suo comizio di Washington due e più anni fa, «può anche essere usata per dare fuoco alle formiche e magari fare uno speciale di una settimana per discutere sull’improvvisa, inattesa e pericolosa epidemia di formiche in fiamme».

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Fonte: il Manifesto


Francia (Rueil-Malmaison): straordinaria resistenza dei lavoratori della Goodyear

 

 

 

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Riunione del Comitato d’impresa della Goodyear: scontri tra operai e polizia

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Il 7 marzo a Rueil-Malmaison si è tenuto il Comitato centrale d’impresa per discutere il piano di chiusura dello stabilimento, che comporterà il licenziamento di 1173 operai e altre 500 persone circa in modo indiretto. Già nel lontano 2007, la Goodyear aveva intrapreso un piano di “ristrutturazione” dell’azienda, un piano che prevedeva il taglio drastico dei posti di lavoro e un incremento delle ore lavorative con il blocco dei salari; e già allora gli operai scesero in piazza per opporsi a questo tipico ricatto della fabbrica. Dopo cinque anni di lotta, o come sostiene l’impresa “cinque anni di negoziazioni sterili”, la direzione ha deciso di chiudere definitivamente lo stabilimento. Nonostante ciò, i lavoratori sono decisi a continuare la lotta per il proprio posto di lavoro, malgrado alcuni di loro lavorino solo più una o due ore al giorno.

Fuori dall’edificio, un ingente schieramento delle forze dell’ordine a presidiare la zona, una presenza vista come una mera provocazione dagli operai, i quali hanno deciso di non abbassare la testa davanti ai diktat dell’azienda. In seguito ai fronteggiamenti e a una prima carica, la polizia ha sparato lacrimogeni e ha usato spray irritanti con l’intento di disperdere i manifestanti; come risposta gli operai hanno iniziato a costruire barricate di pneumatici incendiati. Davanti a tanta determinazione, le forze dell’ordine sono arretrate dietro alle camionette, usate come scudo per proteggersi dalla rabbia degli operai, i quali non hanno esitato di fronte a quest’ostacolo e hanno cercato di rimuovere le protezioni dai blindati. La polizia, oltre al fitto lancio di lacrimogeni, ha dovuto richiedere l’intervento degli idranti per allontanare i manifestanti e per domare le fiamme delle barricate.

Dopo la discussione in sala, i legali dei salariati della fabbrica, hanno annunciato la volontà di presentare la prossima settimana una mozione in cui si discute la possibilità di trasformare la Goodyear in una società cooperativa a gestione partecipativa (Scop), dato che la multinazionale americana Titan International ha reputato sconveniente inglobare totalmente la Goodyear. L’alternativa della Scop potrà essere realizzata solo se tutti gli operai si metteranno in gioco, per ricostruire dal basso la propria fabbrica, evitando la chiusura e il conseguente licenziamento del personale.

In un momento in cui il governo francese non si fa scrupoli a sforbiciare in tutti i settori, ove ciò sia possibile (i casi delle acciaierie ArcelorMittal, della Peugeot, della compagnia aerea AirFrance) e a scaricare i costi della crisi sulle spalle della popolazione per obbedire agli imperativi della finanza, la straordinaria resistenza dei lavoratori della Goodyear è un esempio da replicare in tutte le fabbriche per non sottostare e subire i ricatti della crisi, ma al contrario trovare alternative dal basso tramite la collettività.

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Fonte: INFOaut

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