Monthly Archives: Ottobre 2011

Anonymous contro il pedoporno

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Stavolta per gli hacktivisti non è il potere l’obiettivo da colpire, ma l’underground criminale online che si cela nelle darknet

di Claudio Tamburrino

Il gruppo di hacktivisti Anonymous ha dichiarato guerra a quello che definiscono “Dark Net”: quella parte oscura della Rete, dove si nascondono anche pedofili per scambiare informazioni e immagini di abusi sui minori.

Gli hacktivisti avrebbero trovato tracce di questo circuito quando sono incappati su Hidden Wiki, servizio nascosto di Tor, in una pagina denominata “Hard Candy” e contenente, fra l’altro, una lista di siti dediti alla pedofilia.
In seguito a questa scoperta gli hacker hanno provveduto a seguire queste tracce e hanno trovato un minimo comun denominatore nel servizio di hosting comune Freedom Hosting.

Fra i primi obiettivi del gruppo vi è ora il forum chiamato Lolita City e, appunto, l’hosting Freedom Hosting: gli hacktivisti hanno promesso di costringere il sito offline, insieme agli oltre 100GB di materiale pedopornografico che gli hacker dicono contenga.     (leggi tutto)

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Fonte: Punto Informatico

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La guerra a #WikiLeaks – John Pilger intervista Julian #Assange

23 ottobre 2011  –>   Postato da wikileaksit il 23-10-2011 alle ore 17:37:17

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Gli attacchi a WikiLeaks e al suo fondatore, Julian Assange, sono una reazione a una rivoluzione dell’informazione che minaccia i vecchi ordini del potere nella politica e nel giornalismo. L’istigazione all’omicidio sbandierata da figure pubbliche degli Stati Uniti assieme ai tentativi dell’amministrazione Obama di forzare la legge per mandare Assange in un buco d’inferno di prigione per il resto dei suoi giorni, sono le reazioni di un sistema avido denunciato come mai prima.

Nelle settimane recenti il Dipartimento della Giustizia USA ha formato un grand jury segreto appena al di là del fiume di Washington nel distretto orientale dello stato della Virginia. L’obiettivo è incriminare Julian Assange sulla base di una legge screditata sullo spionaggio utilizzata per arrestare i pacifisti durante la prima guerra mondiale o sulla base di uno dei regolamenti riguardanti la cospirazione della “guerra al terrore” che hanno degradato la giustizia americana. Esperti giuridici descrivono la giuria come “una deliberata messa in scena”, facendo notare che questo angolo della Virgilia è la residenza dei dipendenti, e delle loro famiglie, del Pentagono, della CIA, del Dipartimento della Sicurezza Interna e di altri pilastri del potere americano.

“Non sono buone notizie” mi ha detto Assange quando ci siamo parlati la scorsa settimana, la sua voce cupa e preoccupata. Dice che può avere “giorni brutti, ma recupero”. Quando ci siamo incontrati a Londra l’anno scorso io dissi “Ti stai facendo dei nemici molto seri, nientemeno che i governi più potenti impegnati in due guerre. Come te la cavi con questa sensazione di pericolo?” La sua risposta è stata caratteristicamente analitica: “Non è che manchi la paura. Ma il coraggio è in realtà il dominio intellettuale della paura, comprendendo quali sono i rischi e come aprirsi un cammino attraverso di essi.”

Malgrado le minacce alla sua libertà e sicurezza, egli dice che gli USA non sono il principale “nemico tecnologico” di WikiLeaks. “La Cina è il principale avversario. La Cina ha una tecnologia di intercettazione aggressiva e sofisticata che si interpone tra ogni lettore in Cina e ogni fonte di informazione fuori dalla Cina. Stiamo combattendo una battaglia per la pubblicazione per assicurarci che possiamo far passare le informazioni, e ci sono ora modi di ogni tipo attraverso i quali i Cinesi possono arrivare al nostro sito.”

E’ stato in questo spirito di “far passare le informazioni” che WikiLeaks è stato fondato nel 2006, ma con una dimensione morale. “L’obiettivo è la giustizia” ha scritto Assange nella pagina di introduzione (homepage). “Il metodo è la trasparenza.” Contrariamente ai mantra mediatici correnti, il materiale di WikiLeaks non viene “scaricato”. Meno dell’uno per cento dei 251.000 dispacci delle ambasciate è stato diffuso. Come precisa Assange, il compito di interpretare e revisionare il materiale che potrebbe danneggiare persone innocenti richiede “standard [adeguati] ai più elevati livelli di informazione e fonti di primo piano.” Per il potere reticente, questo è giornalismo del tipo più pericoloso.

Il 18 marzo 2008 era stata anticipata una guerra a WikiLeaks in un documento segreto del Pentagono preparato dalla “Sezione Valutazione Controspionaggio Cibernetico” . I servizi di informazione USA, dichiarava, intendevano distruggere il sentimento di “fiducia” che è il “centro di gravità” di WikiLeaks. Era stato programmato di fare questo mediante minacce di “denuncia [e] incriminazione penale.” Zittire e criminalizzare questa rara fonte di giornalismo indipendente era lo scopo, la calunnia il metodo. Non v’è furia all’inferno che uguagli quella dei mafiosi imperiali derisi.

Altri, ugualmente derisi, hanno successivamente svolto una parte di sostegno, intenzionalmente o meno, nella caccia ad Assange, alcuni per motivi di gretta gelosia. Sordido e squallido sono gli aggettivi che descrivono il loro comportamento, che serve solo a evidenziare l’ingiustizia nei confronti di un uomo che ha coraggiosamente rivelato quello che abbiamo diritto di sapere.

Mentre il Dipartimento della Giustizia USA emette mandati contro le caselle email e Twitter, le registrazioni dei conti bancari e delle carte di credito di persone di tutto il mondo – come se fossimo tutti sudditi degli Stati Uniti – molti dei media “liberi” di entrambi i lati dell’Atlantico dirigono la loro indignazione contro la persona cacciata.  (leggi tutto)

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Fonte: Wikileaks Italia

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La violenza del capitale

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di Lucio Garofalo

Negli ultimi tempi, sui principali media ufficiali si paventa con insistenza un’ipotesi di default (cioè fallimento) della Grecia, a cui potrebbe far seguito un allarmante effetto domino che rischierebbe di travolgere drammaticamente altri Paesi che fanno capo all’euro, tra cui l’Italia e la Spagna sembrerebbero i più esposti al contagio della crisi.

In questo periodo sembra che gli Italiani siano diventati esperti nel campo dell’economia politica e non è un caso se Il Sole 24 ore sia uno dei quotidiani più letti e venduti nel nostro Paese. Vocaboli quali “spread” e simili, propri della scienza economica, un tempo ignoti alla massa e appannaggio esclusivo di tecnici e specialisti, sono entrati a far parte del lessico quotidiano che la gente comune adopera incontrandosi al bar o in ufficio.

Ma proviamo a chiarire alcune questioni essenziali della crisi, che è indubbiamente di matrice sistemica. In tal senso, per mettere ordine tra le troppe informazioni, sovente confuse, distorte o manipolate, che ci propinano ogni giorno i mass-media a proposito della situazione economica, ben venga a soccorrerci il vecchio barbuto ebreo di Treviri.

Ormai persino i “santoni” di Wall Street, padroni assoluti della finanza globale che sta strozzando i popoli europei, studiano le teorie di Marx per spiegare le dinamiche capitalistiche, analisi confermate dalla storia, per cui se ne avvalgono come un valido strumento di comprensione e, dunque, di potere. Non per interpretare e trasformare il mondo come suggeriva il grande pensatore di Treviri, bensì per modificarlo in peggio, per speculare più liberamente, rovinare milioni di piccoli risparmiatori e soffocare le energie vive del lavoro, per esercitare un controllo assoluto sulle masse e dirigere verticisticamente i processi della finanza e dell’economia mondiale senza più il filtro costituito dalla sovranità degli Stati nazionali e dei Parlamenti eletti democraticamente.

I guru del capitalismo finanziario hanno preso atto che una delle tendenze storiche esaminate dal vecchio barbuto comunista, riguarda le crisi che investono periodicamente l’economia capitalista e nascono dalle contraddizioni insite nella natura stessa dell’economia di mercato. In breve, un’economia di mercato senza mercato, priva cioè di una domanda, o perché l’offerta di merci supera la domanda in virtù di ricorrenti fenomeni di sovrapproduzione, è una contraddizione terminologica, per cui rischia di sprofondare in una crisi insanabile. Come accade nell’attuale situazione economica mondiale, in cui si assiste al crollo degli investimenti e dei salari, e alla caduta verticale del saggio di profitto, che acuisce la crisi provocando un circolo vizioso non superabile.

E’ innegabile che i profitti si sono spostati dal settore della produzione a quello della speculazione e si determinano attraverso bolle speculative internazionali che rovinano l’economia di interi continenti. Tale fenomeno è detto finanziarizzazione del capitale.

La logica cinica dei padroni del capitale si può riassumere nel seguente schema di ragionamento: sono disponibili miliardi di lavoratori cinesi, indiani, ecc., che producono merci a basso costo, favorendo profitti abnormi grazie a salari miserabili, per cui chi se ne frega degli operai occidentali licenziati brutalmente. Questi guru del capitalismo globale saranno pure attenti studiosi di Marx, ma non sono certo bolscevichi, anzi. Non a caso, interpretano le teorie di Marx ignorando deliberatamente la dialettica rivoluzionaria, cioè il concetto di lotta di classe, benché siano gli unici ad applicare una spietata guerra planetaria contro i lavoratori. Si pensi alla terzomondizzazione selvaggia del mercato del lavoro globale, alla violenta pauperizzazione dei produttori, per comprendere la strategia predatoria esercitata dalle oligarchie finanziarie dominanti.

Dalle crisi il capitalismo è uscito grazie a nuovi cicli di accumulazione violenta. Tradotto in spiccioli, i cicli espansivi hanno comportato feroci guerre di rapina e distruzione a scapito di vari popoli, campagne coloniali tese alla conquista e allo sfruttamento di mercati “vergini” per accumulare profitti. Tali processi di espropriazione cruenta e di intenso sfruttamento a danno dei produttori su scala globale, hanno accelerato l’esaurimento delle risorse presenti nel mondo, accentuando un’espansione consumistica irrazionale che determina la saturazione definitiva dei mercati globali. Oggi il capitalismo predatorio punta ad estorcere i beni pubblici degli Stati nazionali. Dopo aver rapinato e dissanguato i popoli del Terzo mondo, gli usurai della finanza mondiale mirano ad espropriare il reddito dei lavoratori e dei ceti medi nei Paesi “opulenti”.

Ebbene, finché il capitalismo è riuscito a garantire un pur relativo benessere alle popolazioni dei Paesi più industrializzati, è stato in grado di funzionare e reggere agli urti violenti prodotti dalle recessioni e dalle rivolte sociali. Ma oggi non è più così.  (leggi tutto)

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Fonte: il Pane e le rose

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