Il professore di Stanford parla alla Camera dei Deputati. E presenta la
sua idea su come andrebbe accolta Internet nelle vite di tutti. Peccato
solo che il suo messaggio non venga recepito, non da tutti almeno.
di Luca Annunziata
Roma – C’era il pienone nella Sala della Regina a Montecitorio: i
commessi della Camera dei Deputati erano perplessi, colpiti dalla fila
formatasi all’ingresso del palazzo romano, erano colpiti dall’affluenza
di un convegno come se ne sono visti tanti nei saloni del Parlamento
romano. Potere della Rete: è finita che una manifestazione probabilmente
pensata per un centinaio di persone al massimo ha prodotto il più
classico degli overbooking, con gente rimasta in piedi, gente rimasta
fuori, gente innervosita dalla fila e dai soliti furbi. Ma anche un
piccolo buco organizzativo la dice lunga sul significato che
Internet ha per molti cittadini italiani.
Lawrence
Lessig, ospite d’onore chiamato a parlare della candidatura al Nobel per la Pace di Internet e
introdotto da niente di meno che il presidente della Camera Gianfranco
Fini, non ha deluso: il suo intervento, come sempre molto
originale e molto curato (le diapositive che contenevano schermate
raccolte dal Web erano aggiornate a poche ore prima), ha dipinto un
quadro estremamente lucido e uno scenario estremamente preciso della
situazione della Rete nel mondo, del problema regolamentare che
coinvolge molte nazioni, dei fattori critici che fanno oggi di Internet
un campo di battaglia per ridefinire molte delle questioni
critiche che riguardano società e affari, del fatto che oggi Internet
ancora non sia un’entità totalmente definita e compiuta.
L’ipotesi di Lessig, che risulta davvero difficile riassumere e
liquidare in poche parole, riguarda la distanza tra le posizioni dei
contendenti: secondo il professore, su Internet si ripropone il
sempre attuale confronto generazionale tra chi il Web lo vede
come uno strumento e chi invece lo percepisce come una minaccia. Da
perfetto liberista, Lessig ricorda che non è lo strumento a fare la
differenza, ma come lo si utilizza: e se è vero che per molti individui
la Rete ha costituito uno strumento insostituibile per avviare una
comunicazione altrimenti impossibile, per raccogliere e distribuire
informazioni altrimenti imprigionate negli schedari di qualche
ministero, per informarsi e informare su fatti più o meno noti, è
altrettanto vero che lo stesso strumento ha posto dei problemi sul piano
economico, sociale, legislativo.
E, da perfetto liberista,
Lessig non propone soluzioni: si limita a indicare a noi tutti quale
siano le reali problematiche sul tappeto, invitando a non
inscenare crociate opportunistiche, a non permettere agli estremisti
di controllare il dibattito. Occorre smetterla di "legiferare per noi",
dove per "noi" si intende coloro che tendono a voler conservare lo
status quo della società e dell’industria, e cominciare considerare il
fatto che tra 10 anni il panorama sarà dominato (numericamente e
socialmente) da coloro che oggi sono considerati le pecore nere, i
dissidenti, gli estremisti che ripongono troppe speranze nel futuro.
Internet è, secondo Lessig, "uno strumento in grado di generare
innovazioni impreviste e sconosciute": non "libertà", "innovazioni", e
sarà bene tener conto di questa differenza. (leggi tutto)
Fonte: Punto Informatico