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Messaggi da Obungos: Buon Natale e Buona Festa del Montone

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Da: Francesco Esposito

a: maribù duniverse

 

Il 24 Dicembre 2009, alle ore 19:30 ho cominciato il mio turno di lavoro. Sono un operatore sociale, un mediatore culturale, e a volte capita di essere impegnato durante le feste, non c’è vigilia o capodanno che tenga!
Sono a Napoli al Rione Sanità da due anni e mezzo, prima in un centro di accoglienza per donne immigrate costrette a prostituirsi, vittime di tratta e di violenza, e da alcune settimane in un centro notturno per persone senza dimora.
 
L’attività del 24 Dicembre è stata frenetica come sempre.
 
Alle 19:30 i nostri ospiti polacchi, pakistani, magrebini, italiani, cingalesi ci aspettavano già in gran numero, in anticipo rispetto all’orario di apertura.  Il tempo di un battibecco con un residente che si lamentava per la presenza dei nostri amici senza dimora e che ne teorizzava la soppressione fisica, una mezzora per preparare i kit (lenzuola, coperte, spazzolino, dentifricio, sapone) ed io ed i miei colleghi eravamo pronti per la registrazione.
 
Alle 21:30 è cominciata la cena offertaci da un gruppo parrocchiale, io sono rimasto all’ingresso per le accoglienze dell’ultimo minuto. Mi sono aggregato agli altri a cena finita, poco prima che i nostri ospiti si ritirassero nelle camerate.
 
Alle 23:00 circa anche io ed i miei colleghi ci siamo seduti e abbiamo letteralmente divorato un tortano che era avanzato. A quel punto ho preso il mio telefonino e ho dato una occhiata veloce ai tanti messaggini di auguri ricevuti. “Hai visto – ho detto al mio collega Papa Massamba – quante persone mi hanno scritto? Lo spirito del Natale è bello anche per questo, siamo molto più disponibili a dirci quanto ci vogliamo bene”
“Natale è proprio una bella festa – mi ha risposto Papa Massamba – nella mia comunità musulmana in Senegal, avviene qualcosa di simile durante la festa del montone”.
 
Mi sono bastate quelle poche parole per viaggiare con la fantasia, ho immaginato i colori, gli odori, gli addobbi della festa del montone a Dakar e per un momento mi sono fermato a pensare a quanto è bella la diversità dei luoghi della terra e dei popoli che la abitano, a come siamo fortunati ad avere dei fratelli africani, cinesi, americani, arabi, tutti riuniti dallo stesso tratto distintivo, la nostra comune appartenenza al genere umano, ma ognuno con le sue preziose abitudini, con la sua religione, con le proprie cerimonie gioiose… quante magnifiche risorse!
Basta tendere le orecchie, spalancare gli occhi, respirare a pieni polmoni, toccare con mano per cogliere il significato più profondo di questavarietà.
E’ sufficiente un po’ di generosità ed un pizzico di curiosità per poter mettere in condivisione le nostre esperienze, i nostri sogni, le nostre speranze e perché no, le nostre feste…


BUON NATALE E BUONA FESTA DEL MONTONE A TUTTI!!!

Francesco

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Messaggi da Obungos: don Aristide ed il volo

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Da: don Aristide
a: maribù duniverse

Questo profumo e questi colori mi ricordano un luogo di singolare bellezza, che scoprii quando ormai ero troppo vecchio.
Ricordo che quando percorrevo il sentiero e avvertivo sul viso quella leggera brezza, capivo di esser giunto a destinazione ed il mio sguardo poteva unirsi a quei colori, a quelle sinuosità, a quei dolci ritmi. Esso era finalmente libero! Gioiosamente libero! Allora, si lanciava giù a strapiombo sfiorando le onde del mare. Risaliva rapidamente attraversando, con rispetto, i secolari alberi d’olivo; e correva, ancora, sfiorando quelle casette bianche per poi sparire, rapito dall’immaginazione, dietro le isolette sparse sul mare. Alcuni istanti ed ecco che ricompariva eccitato, accompagnato in volo dai gabbiani.
Credo che quella visione e quelle sensazioni racchiudano il senso di tutta un’esistenza.
Un giorno, proprio in quel luogo, mi accadde qualcosa di straordinario. Dopo aver liberato il mio sguardo, come sempre, in quel panorama stupendo, mi accorsi che dietro di me cominciarono a raggrupparsi dei gabbiani. Erano tanti, immobili, come incantati osservavano il vuoto dinanzi, così come facevo io.
Quelle creature poi d’improvviso cominciarono a danzare ed emettere suoni che sembravano creare una musica irreale. Si strinsero tutte intorno a me: affascinato le lasciai fare. Sollevarono il mio corpo ed io sentii nascere dai piedi qualcosa d’indescrivibile che iniziò ad investirmi tutto.
Qualcosa stava accadendo: un attimo ed i gabbiani mi lasciarono cadere nel vuoto!
Fu allora che io ebbi paura, ma tutto svanì quando capii di abbandonare per sempre il mio corpo. Ebbi la sensazione di abbracciare tutto lo spazio intorno, poi la Terra ed infine l’Universo intero.
Fu, in quell’istante, che realizzai: stavo volando!
I gabbiani mi guidarono delicatamente e mi portarono a sfiorare la superficie del mare.
Attraversammo gli olivi secolari, passammo dinanzi alle case bianche e dietro le isolette, dove poi sparimmo per sempre. Questa è l’ultima ed unica cosa che io ricordo della mia vita da umano: l’ultima e sola splendida esperienza.
Ma prima di allora cosa era stata la mia vita? Era esistita realmente? Avevo amato? Avevo sofferto? Avevo gioito?
Sono domande che non potranno mai avere risposta. Ma non m’interessa, quel giorno per me fu un giorno speciale! L’Universo mi donò una nuova vita le ali e la libertà.
Da allora, ogni giorno è semplicemente meraviglioso, perché penso che da qualche parte sulla Terra, qualcun altro aspetterà di volare.

E, ascolteremo così, un nuovo e silenzioso battito d’ali.

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Messaggi da Obungos: Filippa e il silenzio

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Da: Filippa

a: maribù duniverse

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Quella notte, chiusi il portone alle mie spalle e nonostante l’ora tarda decisi di girovagare. Una delicata brezza mi guidò verso il mare. Giunta in spiaggia mi distesi e decisi di liberare i miei pensieri aspettando il sorgere del sole. Ma bastarono pochi istanti, e la stanchezza vinse sul desiderio di veder albeggiare. Stavo quasi per addormentarmi, quando il vuoto che separa la veglia dal sonno, fu riempito da un rumore di passi. Mi voltai e vidi scendere in spiaggia un uomo piccolo e magro che avanzava con passo incerto. Era anche buffo: gli abiti che indossava erano enormi per la sua taglia. Aveva con se una borsa ed un bastone: adagiò il bastone sulla sabbia ed aprì la borsa, da questa tirò fuori prima un lungo pezzo di stoffa, che usò a mo’ di giaciglio, e poi una mela, che addentò dopo averla pulita con uno straccio.

L’uomo, dopo aver terminato i suoi riti, si diresse verso il mare, si bagnò i piedi, e rimase immobile ad osservare il cielo stellato. Pensai a come la vita possa trasformare un essere umano.

Questa strana creatura si voltò e con la mano mi chiamò. Mi alzai ed incuriosita mi avvicinai. La luce che arrivava dalla strada era fioca ma comunque riusciva ad illuminarlo. Aveva il viso incorniciato da una barba bianca in cui spiccavano due occhi piccoli e neri. Mi osservò da capo a piedi. Fu un momento di grande imbarazzo! Voltò poi di nuovo lo sguardo verso il mare ed iniziò a parlare:

“Avvicinati, non temere! Non ho mai fatto del male a nessuno! Sono un barbone pacifico, un vagabondo! Vieni, sediamoci”. Lo seguii. Egli poi continuò: “Ora chiudi gli occhi per un attimo, e ascolta! Lo senti? Lo avverti il silenzio? “

Si fermò per un attimo, come se volesse onorarlo, poi mi chiese:

“Non ti sembra solenne, quasi religioso? Sei riuscita mai ad ascoltare dentro di te il silenzio? E’qualcosa che prima ti spaventa, poi ti rapisce ed infine ti scuote violentemente. Quel silenzio, poi diviene sempre più profondo, quasi abissale, ed è allora che esso ti restituisce purificato, adagiandoti nella natura infinita.”

Nonostante la mia attenzione, facevo fatica a seguirlo. Il vecchio, come se avesse intuito la mia difficoltà, esclamò:

“Apri la tua mente! Ascolta con l’anima! Ascolta col cuore! Liberati da ciò che ti nasconde alla realtà! Fatti guidare dalla Natura. Allora, se ti riconoscerai in essa, potrai capire la poesia che penetra in ogni suo anfratto, in ogni suo minimo movimento. Ti sentirai fuori dello spazio e dal tempo: vivrai in una nuova dimensione.

 

Sentirai la tua vita palpitare negli animali;

Nei rami e nelle foglie di tutte le piante;

Nella polvere della terra;

Nelle particelle delle acque;

Nella luce del cielo,

Non sarai più in un luogo! Sarai ovunque!

Sarai la Vita stessa!

Ecco, che allora, ogni pezzo di te sarà accolto dalle stelle.”

 

Il vecchio alzò le mani al cielo ed indicò le stelle. Fu, allora, che chiusi gli occhi e cercai di ascoltare quel silenzio: Niente! Non riuscivo ad andare oltre la semplice assenza di rumore. Ma dentro sentivo una forza che mi spingeva a crederci. Forse era solo questione di tempo.

Mi meravigliai. Era la prima volta che avvertivo qualcosa dentro.

Solo dopo, capii che dentro di me stava per essere emessa la prima “nota” che avrebbe creato l’opera necessaria alla mia crescita personale. Mi voltai verso il vecchio ed egli con voce ancora più sommessa mormorò:

“Con il passare del tempo sono riuscito a penetrare in luoghi sconosciuti, misteriosi, ma mai sono riuscito a penetrare l’animo umano. Esso, da tempo, non fa più parte della vita, dell’amplesso divino. Diverse volte ho provato a sorprenderlo, ma esso con scaltrezza si nasconde. Non è più genuino, sincero esso oggi origina solo diffidenza, paura, terrore; Esso è ormai schiavo della menzogna, del vuoto, dell’ignoto, sembra essersi perso o forse nascosto nell’immenso nero infinito della notte.

L’animo umano, nascondendosi però nell’immenso nero infinito, sta precipitando sempre più in fondo. Perché? Forse, perché schiavo non ha più la forza di ribellarsi, di liberarsi? Liberarsi, ma da cosa? Dalla paura della vita o dalla paura della morte? Dio solo sa quante infinite domande possono formularsi. Ma, se il nostro animo comincia a nascondersi nell’immenso nero infinito, allora, è giunto il momento di porci almeno una domanda. Bisogna farlo! Si ha il dovere di farlo!”

I suoni di quelle parole, erano come delle “note” che stavano completando l’opera. Alla parola “farlo”, sfinita apoggiai la testa sulle ginocchia e mi addormentai.

Al mattino mi svegliò il rumore del mare. Mi ricordai del barbone ed immediatamente lo sguardo corse lungo la riva. Nulla! Solo barche adagiate sulla spiaggia. Cominciai ad avere dei dubbi sull’incontro avuto. Forse, avevo sognato tutto. In ogni caso, sogno o realtà, quelle parole mi avevano profondamente colpita. Forse, che nell’immenso nero infinito vedevo un piccolo spiraglio di luce?

Mi alzai e mi avviai verso casa. Risalendo mi colpì un oggetto che fuoriusciva dalla sabbia, mi avvicinai: era… Si! Era proprio un bastone! Non avrei mai immaginato che un giorno, un semplice bastone di legno avrebbe potuto regalarmi un sorriso: lo raccolsi, lo ripulii delicatamente lo adagiai sul muro e mi allontanai pensando alla fatidica domanda.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Filippa

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