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Messaggi da Obungos: Filippa e il silenzio

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Da: Filippa

a: maribù duniverse

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Quella notte, chiusi il portone alle mie spalle e nonostante l’ora tarda decisi di girovagare. Una delicata brezza mi guidò verso il mare. Giunta in spiaggia mi distesi e decisi di liberare i miei pensieri aspettando il sorgere del sole. Ma bastarono pochi istanti, e la stanchezza vinse sul desiderio di veder albeggiare. Stavo quasi per addormentarmi, quando il vuoto che separa la veglia dal sonno, fu riempito da un rumore di passi. Mi voltai e vidi scendere in spiaggia un uomo piccolo e magro che avanzava con passo incerto. Era anche buffo: gli abiti che indossava erano enormi per la sua taglia. Aveva con se una borsa ed un bastone: adagiò il bastone sulla sabbia ed aprì la borsa, da questa tirò fuori prima un lungo pezzo di stoffa, che usò a mo’ di giaciglio, e poi una mela, che addentò dopo averla pulita con uno straccio.

L’uomo, dopo aver terminato i suoi riti, si diresse verso il mare, si bagnò i piedi, e rimase immobile ad osservare il cielo stellato. Pensai a come la vita possa trasformare un essere umano.

Questa strana creatura si voltò e con la mano mi chiamò. Mi alzai ed incuriosita mi avvicinai. La luce che arrivava dalla strada era fioca ma comunque riusciva ad illuminarlo. Aveva il viso incorniciato da una barba bianca in cui spiccavano due occhi piccoli e neri. Mi osservò da capo a piedi. Fu un momento di grande imbarazzo! Voltò poi di nuovo lo sguardo verso il mare ed iniziò a parlare:

“Avvicinati, non temere! Non ho mai fatto del male a nessuno! Sono un barbone pacifico, un vagabondo! Vieni, sediamoci”. Lo seguii. Egli poi continuò: “Ora chiudi gli occhi per un attimo, e ascolta! Lo senti? Lo avverti il silenzio? “

Si fermò per un attimo, come se volesse onorarlo, poi mi chiese:

“Non ti sembra solenne, quasi religioso? Sei riuscita mai ad ascoltare dentro di te il silenzio? E’qualcosa che prima ti spaventa, poi ti rapisce ed infine ti scuote violentemente. Quel silenzio, poi diviene sempre più profondo, quasi abissale, ed è allora che esso ti restituisce purificato, adagiandoti nella natura infinita.”

Nonostante la mia attenzione, facevo fatica a seguirlo. Il vecchio, come se avesse intuito la mia difficoltà, esclamò:

“Apri la tua mente! Ascolta con l’anima! Ascolta col cuore! Liberati da ciò che ti nasconde alla realtà! Fatti guidare dalla Natura. Allora, se ti riconoscerai in essa, potrai capire la poesia che penetra in ogni suo anfratto, in ogni suo minimo movimento. Ti sentirai fuori dello spazio e dal tempo: vivrai in una nuova dimensione.

 

Sentirai la tua vita palpitare negli animali;

Nei rami e nelle foglie di tutte le piante;

Nella polvere della terra;

Nelle particelle delle acque;

Nella luce del cielo,

Non sarai più in un luogo! Sarai ovunque!

Sarai la Vita stessa!

Ecco, che allora, ogni pezzo di te sarà accolto dalle stelle.”

 

Il vecchio alzò le mani al cielo ed indicò le stelle. Fu, allora, che chiusi gli occhi e cercai di ascoltare quel silenzio: Niente! Non riuscivo ad andare oltre la semplice assenza di rumore. Ma dentro sentivo una forza che mi spingeva a crederci. Forse era solo questione di tempo.

Mi meravigliai. Era la prima volta che avvertivo qualcosa dentro.

Solo dopo, capii che dentro di me stava per essere emessa la prima “nota” che avrebbe creato l’opera necessaria alla mia crescita personale. Mi voltai verso il vecchio ed egli con voce ancora più sommessa mormorò:

“Con il passare del tempo sono riuscito a penetrare in luoghi sconosciuti, misteriosi, ma mai sono riuscito a penetrare l’animo umano. Esso, da tempo, non fa più parte della vita, dell’amplesso divino. Diverse volte ho provato a sorprenderlo, ma esso con scaltrezza si nasconde. Non è più genuino, sincero esso oggi origina solo diffidenza, paura, terrore; Esso è ormai schiavo della menzogna, del vuoto, dell’ignoto, sembra essersi perso o forse nascosto nell’immenso nero infinito della notte.

L’animo umano, nascondendosi però nell’immenso nero infinito, sta precipitando sempre più in fondo. Perché? Forse, perché schiavo non ha più la forza di ribellarsi, di liberarsi? Liberarsi, ma da cosa? Dalla paura della vita o dalla paura della morte? Dio solo sa quante infinite domande possono formularsi. Ma, se il nostro animo comincia a nascondersi nell’immenso nero infinito, allora, è giunto il momento di porci almeno una domanda. Bisogna farlo! Si ha il dovere di farlo!”

I suoni di quelle parole, erano come delle “note” che stavano completando l’opera. Alla parola “farlo”, sfinita apoggiai la testa sulle ginocchia e mi addormentai.

Al mattino mi svegliò il rumore del mare. Mi ricordai del barbone ed immediatamente lo sguardo corse lungo la riva. Nulla! Solo barche adagiate sulla spiaggia. Cominciai ad avere dei dubbi sull’incontro avuto. Forse, avevo sognato tutto. In ogni caso, sogno o realtà, quelle parole mi avevano profondamente colpita. Forse, che nell’immenso nero infinito vedevo un piccolo spiraglio di luce?

Mi alzai e mi avviai verso casa. Risalendo mi colpì un oggetto che fuoriusciva dalla sabbia, mi avvicinai: era… Si! Era proprio un bastone! Non avrei mai immaginato che un giorno, un semplice bastone di legno avrebbe potuto regalarmi un sorriso: lo raccolsi, lo ripulii delicatamente lo adagiai sul muro e mi allontanai pensando alla fatidica domanda.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    Filippa

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