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Copimismo: Nuova religione in Internet

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Svezia, il file sharing non sarà religione

di Mauro Vecchio

Era la fine dello scorso aprile quando il giovane studente svedese Isaac Gerson si rivolgeva per la seconda volta alle autorità del suo paese, nell’estremo tentativo di trasformare certe condivisioni online in un vero e proprio fenomeno di culto religioso. Ma l’insolita chiesa missionaria del kopimism – in italiano, copimismo – dovrà forse rassegnarsi.

I funzionari di Svezia hanno infatti respinto le richieste di Gerson e della sua Missionary Kopimistsamfundet, la congregazione che vorrebbe diffondere nel mondo il verbo del file sharing e più in generale della libera diffusione dei contenuti in Rete. (leggi tutto)

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Fonte: PuntoInformatico

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Solidarietà ad Anonymous

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di Federico Mello

5 luglio 2011

Ha commesso dei reati Julian Assange rivelando la corrispondenza riservata delle diplomazie di mezzo mondo? Faremmo bene a darci una risposta per questa domanda perché, anche oggi, in Italia, le denunce ai danni di alcuni ragazzi membri del gruppo Anonymous pongono lo stesso problema.

Il gruppo di hacker ha finalità politiche, e non certo criminali (sono hacktivist e non cracker, infatti). “Gli Anonymous si presentano loro attaccheranno chiunque si metta contro Wikileaks e il suo portavoce Julian Assange e combatteranno ogni censura, autoritarismo e ogni violazione dei diritti umani. Siamo uniti”.

Nei mesi scorsi membri del gruppo internazionale hanno dato sfoggio della loro bravura portando avanti numerose incursioni informatiche.

Hanno attaccato il sito del governo tunisino solidarizzando con le proteste contro Ben Alì; hanno attaccato i siti del governo egiziano riuscendo a tenerli offline finché Mubarack non si è dimesso; hanno attaccato il sito di Enel per esprimere vicinanza a comunità indigene del Guatemala che lottano per non essere espropriate da alcune centrali idroelettriche in costruzione; ultimamente hanno attaccato il sito dell’Agcom in protesta contro la delibera definita “il bavaglio della Rete”; e hanno attaccato anche i siti del Pdl e del Senato spiegando: “Crediamo che ci sia un limite alle ipocrisie di questo paese, alle azioni politiche, economiche e sociali contro l’interesse comune”. (leggi tutto)

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Fonte: il Fatto Quotidiano

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La cultura è di tutti, non di una sola persona.

C’è un equivoco: la cultura è di tutti, non di una sola persona. Il diritto d’autore è pensato per preservare gli interessi collettivi, non per fare felici i singoli autori. Ricordarlo non fa mai male.

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Corrado Calabrò presidente AGCOM

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Contrappunti/ Un’idea è per sempre

di M. Mantellini

Il Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, Corrado Calabrò ha presentato nei giorni scorsi la sua relazione annuale. In questo testo Calabrò, che vanta una laurea in giurisprudenza e una lunga carriera prima alla Corte dei Conti poi al Consiglio di Stato, fra molte altre cose, accenna alla annosa questione del diritto d’autore su Internet e lo fa pronunciando la seguente frase:

Il diritto alla libera circolazione del pensiero nelle nuove forme della tecnologia è indubbiamente un principio fondamentale per la società d’oggi ma non può e non deve strangolare il diritto di proprietà delle opere dell’ingegno. I due diritti devono trovare un modus (con)vivendi.

Sembra una frase banale ma non lo è. Così, a questo punto, per i lettori intanto, ma anche per il Presidente dell’Agcom, si impone un modestissimo ripasso storico sulle nozioni base del diritto d’autore. Che è una elegante e bella idea, vecchia di oltre trecento anni, la cui essenza è fino ad oggi rimasta sostanzialmente invariata. Provo a riassumerla in poche parole: il diritto d’autore nasce e si sviluppa come un diritto temporaneo (nella sua prima estensione nell’Inghilterra settecentesca durava 14 anni) periodo nel quale l’autore può, se lo ritiene, vantare diritti economici sulle proprie creazioni. Ci si affranca da sfruttatori e mecenati in questa maniera, venendo direttamente retribuiti dal proprio pubblico per quanto il proprio talento ha saputo creare.

Scaduto questo intervallo temporale, che nel frattempo il legislatore ha più e più volte allungato (oggi la copertura delle opere dell’ingegno da noi dura qualcosa come 70 anni dalla morte dell’autore, mentre negli Stati Uniti, nella seconda metà del secolo scorso, come ci ricorda Lawrence Lessig, il periodo di protezione delle opere è stato esteso per ben 11 volte) l’opera dell’ingegno, qualsiasi essa sia, torna al suo naturale proprietario che è la collettività. Se esiste “un proprietario delle opere dell’ingegno” per usare le sfortunate parole di Calabrò, questi non è l’autore ma il fruitore dell’opera stessa. (leggi tutto)

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Fonte: PuntoInformatico

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