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Google si presenta alle elezioni

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di Mauro Vecchio

In collaborazione con La7 e La Stampa, la Grande G lancia in Italia la sua piattaforma dedicata al dibattito elettorale. Tra hangout e profili su Plus, gli elettori potranno partecipare attivamente alla corsa politica

Per garantire ai cittadini italiani “un ruolo attivo nel dibattito sul prossimo appuntamento elettorale”, Google ha annunciato la nuova piattaforma Elezioni 2013, in collaborazione con La7 e il quotidiano torinese La Stampa. Già sperimentata in Francia, Germania e Stati Uniti, Google Elezioni permetterà agli utenti del Belpaese di partecipare al dibattito politico in maniera più trasparente e soprattutto interattiva.

A disposizione su PC, smartphone e tablet, la piattaforma di BigG ospiterà video e notizie estratte dai vari programmi d’informazione trasmessi da La7, compresi i cosiddetti hangout – gli utenti potranno dialogare in videochat coinvolgendo fino a 9 persone – con i vari protagonisti della scena politica italiana. Nella sezione apposita poi si potrà seguire un partito o personaggio politico sul social network G+.

In aggiunta, Elezioni 2013 fungerà da aggregatore di notizie, in particolare quelle generate in automatico da Google News “sulla base di una selezione editoriale di parole chiave e tematiche effettuata da La Stampa“. I responsabili di La7 si occuperanno della gestione di un canale YouTube per ospitare dirette streaming – ad esempio di programmi di approfondimento come Servizio Pubblico – ma anche interviste e gli stessi hangout su Plus.

Sempre in occasione delle prossime elezioni, La Stampa ha lanciato il contest 1App4Democracy, un premio per la migliore applicazione dell’anno in corso che “favorisca la partecipazione democratica”. La competizione vuole premiare sviluppatori e designer che pubblicheranno la loro app su Google Play e Chrome Web Store.

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Fonte: Punto Informatico

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La Rete è in pericolo!

 

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Brin: la Rete è in pericolo, Google ultimo baluardo

di Mauro Vecchio

La grande minaccia al Web libero secondo il co-founder di BigG. La cybercensura dei governi, le lobby anti-pirateria, i giardini recintati di Apple e Facebook

Una minaccia incombente sulla libertà del vasto ecosistema connesso, annunciata dal co-founder di Google Sergey Brin in una lunga intervista al quotidiano britannico The Guardian. In pericolo sarebbero i principi fondamentali di apertura e libero accesso alla Rete, in un ambiente digitale che sembra ormai distante dagli albori della grande rivoluzione tecnologica.

“In tutto il mondo, esistono forze molto potenti che si sono allineate su più fronti contro la Rete libera – ha esordito Brin – Sono più preoccupato ora che in passato. È spaventoso”. Chi porterebbe al web questa minaccia così terribile? Innanzitutto i vari governi del pianeta, quelli che combattono la libera circolazione di opinioni nell’era della condivisione online.

Dalla grande muraglia digitale in Cina al blocco dei social network in Iran. La natura aperta e democratica della Rete messa in pericolo dal regime della cybercensura, sui ripetuti tentativi di tecno-controllo da parte delle autorità più repressive. I vari nemici di Internet sono annualmente denunciati dall’organizzazione internazionale Reporters Sans Frontieres (RSF).

Ma la minaccia paventata da Brin non passa soltanto per la censura a livello governativo. Le lobby legate all’industria dell’intrattenimento hanno scatenato un’agguerrita battaglia contro la condivisione pirata, attraverso disegni di legge – SOPA, CISPA, ma anche trattati come ACTA – pericolosi per la libertà d’espressione sul web.

Infine, la terza forza indicata dal co-founder di BigG. Colossi come Apple e Facebook starebbero stringendo la morsa per una visione “balcanizzata” della Rete. Attraverso rigide piattaforme proprietarie che sarebbero ormai riuscite a chiudere milioni di utenti nei cosiddetti walled garden, giardini recintati per il controllo totale delle attività condivise.

Tornano così i vecchi dissapori tra Google e il sito di Mark Zuckerberg, in particolare la battaglia sull’esportazione dei contatti Gmail verso il social network da quasi 900 milioni di amici. L’azienda di Mountain View aveva di fatto bloccato Facebook, dopo un tentativo silente di sfruttare l’immenso patrimonio di dati sul sito in blu.

Il ragionamento offerto da Brin sembra chiaro. L’ecosistema digitale voluto da Facebook non permetterebbe oggi la nascita di un protagonista come Google. “Con tutte queste regole, l’innovazione rischia di essere limitata”, ha sottolineato Brin. Curioso però il motivo citato dal co-founder di BigG.

“C’è tanto da perdere con i sistemi recintati. Ad esempio, tutte le informazioni contenute nelle applicazioni. Questi dati non sono rintracciabili dai crawler del web. E quindi l’utente non li può cercare”. È dunque questa la minaccia portata dai colossi 2.0 come la piattaforma di Zuckerberg? In altre parole, per Brin tutto quello che non è indicizzabile da Google sarebbe un problema, in una inedita sovrapposizione tra Google stessa e una Internet libera.

“Facebook ha succhiato per anni i contatti Gmail”, ha ribadito Brin. È tutta una questione di libero accesso alle informazioni da parte di società private che offrono servizi ormai fondamentali ai netizen? C’è chi ha infatti ricordato a BigG le sempre attuali problematiche relative al rastrellamento selvaggio di dati personali e attività di navigazione web.

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Fonte: Punto Informatico
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Sudan, Clooney e Onu lanciano ‘paparazzi anti-genocidio’

Un satellite che vigilerà sulle violazioni dei diritti umani in Sudan. I dati verranno inviati all’Onu, analizzati e pubblicati con l’aiuto di Google e dell’Università di Harvard

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La stella hollywoodiana George Clooney ha lanciato, in collaborazione con Google e l’Università di Harvard, un progetto per monitorare, attraverso i satelliti, le violazioni di diritti umani in Sudan.

Si chiamerà Sentinel Project il satellite che sarà lanciato in orbita oggi 29 dicembre, in base a quanto riferito dallo stesso Clooney in un articolo apparso sul Time. Esso fotograferà ogni evidenza di violenze, dalle case bruciate alle persone in fuga e invierà i dati alle Nazioni Unite, che li raccoglierà, analizzerà e infine pubblicherà con l’aiuto di Google, l’Università di Harvard e la società telematica Trellon. Ideatore del progetto è lo stesso attore, che l’aveva proposto durante il suo viaggio in Sudan per incontrare i profughi della guerra civile. I finanziamenti sono invece erogati dall’organizzazione “Not on our Watch” (non sotto i notri occhi), costituita da Clooney e dai colleghi, Matt Damon, Brad Pitt e Don Cheadle in sostegno delle vittime della crisi del Darfur. “Vogliamo che i potenziali responsabili di genocidio e altri crimini di guerra sappiano che li stiamo guardando, che il mondo li sta guardando”, ha spiegato l’attore. Intanto, in vista del referendum che si terrà il 9 gennaio prossimo e che deciderà la secessione del sud, ricco di petrolio ma dilaniato dalla povertà, dal nord del paese, gli scontri e le violenze si susseguono in maniera allarmante. (leggi tutto)

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Fonte: PeaceReporter

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