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Iraq – Gruppo “Real Sciences”: giovani coraggiosi promuovono pensiero scientifico razionale

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I giovani iracheni che promuovono il darwinismo e il razionalismo per salvare l’Iraq

di Marwan Jabbar

Uno dei gruppi popolari di base  più insoliti oggi in Iraq è Real Sciences (Scienze reali). Sono giovani iracheni che traducono articoli scientifici in arabo, nella convinzione che un po’ più di queste cose potrebbe combattere la  violenza.

In mezzo ai conflitti che Baghdad in particolare, e l’Iraq in generale, hanno sofferto nel corso degli anni, sono sorti molti movimenti di base che propugnano un cambiamento sociale positivo. Sia che si tratti  di campagne di aiuto o di movimenti che fanno pressione per certi diritti, resta difficile misurare il loro impatto. Quello di cui si può essere sicuri, però, è che l’attivismo e il propugnare una società civile liberale sono in corso in Iraq – e anche in alcuni modi creativi.

Tutto questo potrebbe sembrare innocuo, ma in Iraq promuovere il pensiero scientifico razionale può essere un passatempo pericoloso.

Uno dei gruppi più speciali di questa categoria è costituito da giovani uomini e donne che sono accaniti promotori della scienza come parziale risposta ai conflitti della loro comunità divisa in sette religiose. Il gruppo si chiama Real Sciences e lavora insieme con un altro gruppo associato che si chiama Progetto iracheno di traduzione (Iraqi Translation Project). Entrambi i gruppi hanno i loro siti web e hanno anche pagine su Facebook molto popolari  che vantano oltre 130.000 “mi piace” in tutto, ricevuti dai loro sostenitori – e pubblicano regolarmente traduzioni di articoli scientifici famosi, su ogni argomento: dal perché agli esseri umani piace correre agli scopi per i quali gli uomini delle caverne usavano l’udito, e, molto di recente, all’apparente presenza di corsi d’acqua sul pianeta Marte.

Tutto questo può sembrare innocuo agli occidentali, ma in Iraq promuovere il pensiero scientifico razionale, o anche incoraggiare punti di vista diversi sulla teoria evolutiva,  può essere un passatempo pericoloso.

Hayan al-Khayat, un giovane di 25 anni laureato in legge che ha un suo personale programma televisivo, dove invita degli esperti per chiarire quesiti legali comuni riguardanti il divorzio e la legge per la compagnia e per i media, è uno dei fondatori del gruppo Real Sciences e suo membro fondamentale. Di recente ha pubblicato un libro: Science For All [La scienza per tutti]. Il titolo è un omaggio al programma della TV degli anni ’80 che aveva lo stesso nome e che è stato un successo così grande in Iraq. La prima edizione è sparita dalle librerie locali in tre mesi e la richiesta rimane alta. Il libro è una raccolta dei 25 dei migliori pezzi sulla scienza dei traduttori iracheni.

“Ricevo regolarmente minacce personali perché non tolleriamo coloro che sostengono di poter fare  miracoli e che usano questo per ottenere potere e denaro,” dice al-Khayat. “La nostra società ha la tendenza a credere in queste cose, specialmente quando arrivano presentando riferimenti religiosi. Continueremo i nostri sforzi, sebbene ogni tanto io personalmente attenui i toni o smetta di scrivere quando ho la sensazione che le minacce siano legittime.”

I traduttori del gruppo spesso si avventurano in campi non comuni ai lettori arabi locali, come l’argomento della psicologia evoluzionistica. Spesso oltrepassano anche le linee rosse quando i temi toccano il creazionismo in contrasto con la teoria di Darwin dell’evoluzione. Un membro del gruppo ha tradotto molti libri importanti di autori come il filosofo britannico  A.C. Grayling,  il fisico statunitense  delle particelle  e scettico rispetto alla religione,  Victor Stenger, e lo storico statunitense  e famoso ateo, Richard Carrie. Non gli si può  dare merito  per le sue traduzioni, perché  rischierebbe e quindi usa uno pseudonimo.

“Il nostro movimento ha avuto un impatto perfino sulle classi conservatrici nelle città più conservatrici,” ha detto a NIQASH (sito web iracheno che tratta di politica, cultura e media, n.d.t.) quando gli hanno fatto una domanda sull’impatto del gruppo Real Sciences, oltre che sui media sociali. “E riceviamo sempre stima e note di gratitudine – ma non pubblicamente.”

Il gruppo si formò nel 2012 perché la passione dei suoi membri per la scienza non veniva soddisfatta dal mercato locale. Il mercato librario iracheno vende prevalentemente libri religiosi che spesso promuovono l’odio e il settarismo, libri sul comunismo e vecchi libri in stile panarabo di tendenza nazionalistica. Non ci sono molti libri o riviste di scienza disponibili a Mutanabi Street, la famosa strada di librai a Baghdad, che rappresenta praticamente ciò che è disponibile in Iraq; se non potrete trovare quello che cercata a Mutanabi Street, non lo troverete in nessun altro posto in Iraq.

Con qualche eccezione occasionale, le riviste scientifiche e i libri in vendita a Mutanabi Street, erano o molto scarsi o per lo più superati. Nel 2011 si formò il gruppo Real Sciences, con meno di 5 persone, quella fase.  Nel 2013, alcuni membri del gruppo che avevano una migliore padronanza della lingua inglese, hanno dato inizio al Progetto iracheno per la traduzione, offrendosi volontariamente di tradurre importanti materiali scientifici e promuovendo i progressi scientifici tramite i media sociali.

Oggi i due gruppi operano in parallelo anche se non condividono più i membri e sono indipendenti l’uno dall’altro.

Nel settembre 2013, alcuni membri dei due gruppi si sono incontrati con altri attivisti della società civile che avevano conosciuto a Mutanabi Street, da tempo luogo familiare per gli intellettuali di Baghdad, e hanno cominciato un’iniziativa che si chiama “Io sono iracheno, io leggo.”

Membri del gruppo Real Sciences e il gruppo Iracheno di Traduzione hanno aiutato immensamente nella preparazione di questa iniziativa per il popolo, dando volontariamente non soltanto il loro tempo e i loro sforzi, ma anche le loro biblioteche personali, soltanto per poi trovarsi in seguito spinti ai margini da altri membri del gruppo. Le minacce alla sicurezza sono il problema principale che ostacolano il  progresso  del gruppo oggi, dice Atheel Fawzi, uno dei fondatori del gruppo Real Sciences di base a Baghdad. Infatti molti dei membri del gruppo hanno lasciato il paese nel corso degli anni, anche se la loro presenza sui media sociali è ancora molto forte.

“Mentre i membri del gruppo  hanno dato un contributo effettivo a molte conferenze ed eventi sponsorizzati dal governo, la paura della persecuzione personale e l’esodo di molti dei nostri preziosi amici del gruppo è stato ciò che ci ha impedito di organizzarci ina una ONG registrata,” spiega Fawzi.

Il gruppo Real Sciences viene continuamente etichettato come “un gruppo ateo che prende di mira la religione e i valori.” Però al-Khayat e Fawzi contestano questo dicendo che non hanno alcun pregiudizio contro la religione locale. Quello a cui si oppongono è qualsiasi cosa  non scientifica. Quello a cui si oppongono è qualsiasi cosa empirica. Come prova che non fanno discriminazioni, citano come esempio la loro recente campagna contro uno relatore che è apparso all’evento TedX * a Baghdad a metà settembre. Il relatore in questione era un accademico iracheno che crede nella parapsicologia e il gruppo  Real Sciences era contrario alla sua presenza per questa ragione.

“TedX è un evento laico, assolutamente,” spiega  al-Khayat. Non prendiamo di mira una religione o una setta specifica, siamo contro tutti i tipi di pseudoscienza.”

Il trambusto creato sui media sociali, ha spinto gli organizzatori del TedX a riconsiderare la loro scelta di quel particolare relatore.

“I coraggiosi traduttori non hanno paura dei taboo,” dice Atheer al-Attar, un laureato all’Università statale della Louisiana, negli Stati Uniti, residente a Basra e membro del Progetto iracheno di Traduzione . “Non è perché vogliono combattere la religione, semplicemente difendono la verità e niente altro che la verità. Deridono perfino il canale televisivo National Geographic, doppiato in arabo, e la loro rivista regionale perché la versione in arabo censura regolarmente alcuni fatti scientifici e quindi diventano politicamente corretti per il Medio Oriente.”

Al-Attar di recente ha tradotto in arabo un libro di scienze per bambini e attualmente sta cercando di trovare qualcuno che lo aiuterà a finanziarne la stampa.

Il libro mira a “educare le nuove generazioni  e a farle familiarizzare con i principi scientifici fondamentali in modo divertente,” spiega al-Attar. Ha avuto un certo interesse  da parte di potenziali finanziatori, ma hanno avuto la tendenza a ritirarsi dopo aver visto l’argomento. Si scusano e dicono che sono  interessati, spiega Al-Attar,  citando i potenziali finanziatori locali che aveva incontrato , “si preoccupano che il libro possa promuovere ‘ideologie non familiari’.

*TEDx Organizzazione americana no profit che “si dedica a idee degne di essere diffuse.” Qui si parla della “filiale” di Baghdad.

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Fonte: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

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Bangladesh – H&M: impegno non mantenuto sulla sicurezza dei lavoratori

A Bangladeshi woman weeps as she waits at the site of a building that collapsed Wednesday in Savar, near Dhaka, Bangladesh, Friday, April 26, 2013. The death toll reached hundreds of people as rescuers continued to search for injured and missing, after a huge section of an eight-story building that housed several garment factories splintered into a pile of concrete.(AP Photo/Kevin Frayer)

A Bangladeshi woman weeps as she waits at the site of a building that collapsed Wednesday in Savar, near Dhaka, Bangladesh, Friday, April 26, 2013.(AP Photo/Kevin Frayer)

 

Sicurezza edifici in Bangladesh: H&M non rispetta i patti

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La Clean Clothes Campaign (CCC), l’International Labor Rights Forum (ILRF), il Maquila Solidarity Network (MSN) e il Worker Rights Consortium (WRC) lanciano il report Evaluation of H&M Compliance with Safety Action Plans for Strategic Suppliers in Bangladesh. Il documento analizza le informazioni pubbliche disponibili riguardo ai progressi fatti da H&M nell’affrontare i rischi per la sicurezza dei lavoratori nei suoi stabilimenti in Bangladesh.
I dati, provenienti dalle relazioni delle ispezioni nelle fabbriche e dai Piani di Azione Correttiva (CAPs) resi pubblici dall’Accordo per la prevenzione degli incendi e la sicurezza in Bangladesh (siglato in seguito al crollo del Rana Plaza nel 2013, il peggior disastro della storia dell’industria tessile che ha causato la morte di 1138 persone), mostrano chiaramente come H&M non abbia rispettato gli impegni per garantire la sicurezza dei lavoratori.

Concentrandosi sulle fabbriche che H&M ha indicato come le migliori della sua catena di fornitura in tema di lavoro e ambiente, il rapporto mostra come tutte queste fabbriche non siano state in grado di rispettare le scadenze previste per le riparazioni e come la maggior parte delle ristrutturazioni non siano ancora state ultimate nonostante i termini scaduti. Le ristrutturazioni includono l’installazione di porte tagliafuoco, la rimozione dei blocchi e delle porte scorrevoli dalle uscite di sicurezza e delle recinzioni sulle scale, permettendo ai lavoratori di uscire dalla fabbrica in sicurezza in caso di emergenza.

Nel 2010, 21 lavoratori sono morti nell’incendio della fabbrica Garib&Garib, fornitore di H&M, per mancanza di elementi base a garantire la sicurezza, tra cui le uscite antincendio.

“Per la prima volta, grazie all’Accordo, H&M è a conoscenza di tutte le ristrutturazioni necessarie a rendere finalmente sicure le sue fabbriche in modo che i lavoratori non corrano rischi e non temano un nuovo Rana Plaza” ha dichiarato Bob Jeffcott del Maquila Solidarity Network (MSN). “Nonostante ciò, continuano a tirarla per le lunghe e a ritardare i lavori”

“Da parte di H&M vorremmo vedere un investimento serio nel processo di risanamento dei suoi fornitori in Bangladesh, almeno pari a quello effettuato in pubblicità e dichiarazioni altisonanti sulla sostenibilità. Dato il suo peso nel settore tessile in quel paese e data l’opportunità offerta dallo storico Accordo siglato dopo la tragedia del Rana Plaza, H&M può giocare un ruolo chiave per mettere in sicurezza l’intero settore in Bangladesh ”, dichiara Deborah Lucchetti della Campagna Abiti Puliti.

“Sull’onda emotiva che ha circondato il disastro del Rana Plaza, H&M, il più grande produttore di abbigliamento in Bangladesh, ha garantito di sistemare le condizioni in cui si trovano le fabbriche in quel Paese” ha concluso Scott Nova del Worker Rights Consortium (WRC). “Ora è chiaro che H&M ha infranto quella promessa”.

Fonte: abitipuliti.org

 

 


Dossier: “Morire di carcere”

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Giustizia: “Area” sui suicidi nel carcere di Regina Coeli

Ristretti Orizzonti, 28 luglio 2015

Eduard Thedor Brehuescu, 18 anni: muore impiccato nel carcere romano di Regina Coeli il 20 luglio. Poche ore prima, nello stesso reparto, trova la morte Ludovico Caiazza, 32 anni. Entrambi in custodia cautelare, entrambi morti per suicidio.

Sono 24 i morti per suicidio in carcere dall’inizio del 2015; 63 il numero delle morti complessive tra la popolazione detenuta. In carcere, tra i ristretti, il suicidio colpisce 20 volte più che tra le persone libere. Tra il personale di polizia penitenziaria, 3 volte più che nella norma. Sono i dati del dossier “Morire di carcere”, curato da Ristretti Orizzonti.

Quando emettiamo condanne ad anni di carcere, quando disponiamo misure cautelari detentive, noi dobbiamo poter confidare che non stiamo inviando le persone in un luogo senza speranza. Invece, nel quarantennale dell’ordinamento penitenziario (26 luglio 1975 – 26 luglio 2015) constatiamo che quella “tavola” dei diritti e delle speranze delle persone detenute – in custodia cautelare e in esecuzione pena – non riesce ad arginare quelle che sono state definite le evasioni definitive: un lenzuolo annodato che ti conduce fuori dalla vita.

Una morte che colpisce soprattutto i “nuovi giunti”, i detenuti in custodia cautelare, quelli che hanno appena messo piede nel carcere, avvolti anche dal turbinio dei processi psichici di rimozione o di assunzione di responsabilità, di separazione dagli affetti, di primo contatto con la realtà dell’internamento.

Come magistrati, come giudici chiamati ogni giorno ad applicare misure e pene privative della libertà, intendiamo combattere perché il carcere sia un luogo legale, conforme a Costituzione, all’interno del quale vita, incolumità e salute assurgano al livello di diritti inviolabili nella stessa misura che nella società libera.

Riteniamo particolarmente importante, in questo momento, non accontentarsi. Vogliamo vedere. Vedere cosa c’è dentro la pena, dentro il carcere. Crediamo che sia compito di tutti i giudici di cognizione, al pari dei magistrati di sorveglianza esposti su questo fronte, esigere: livelli di assistenza sanitaria per i detenuti conformi a quelli pretesi per i liberi; prassi virtuose in materia di “prevenzione rischi”; diffusione dei presidi per i nuovi giunti; implementazione dei servizi di screening e monitoraggio degli ingressi e analisi dei fattori di rischio attitudinali e psicosociali; aumento del personale civile e di polizia penitenziaria; rivisitazione della cultura, delle disposizioni e delle prassi in materia di isolamento.

Auspichiamo, inoltre, che la congiuntura di questi giorni – quarantennale dell’ordinamento, avvio degli Stati Generali dell’esecuzione penale, legge delega in materia penitenziari – consenta di mettere mano a riforme in grado di portare a compimento il processo di legalizzazione della pena carceraria: l’art. 27 della Costituzione, nel sancire solennemente che non è ammessa la pena di morte, rifiuta categoricamente anche la “morte per pena”.

Il Coordinamento di “Area”

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Fonte: Ristretti Orizzonti

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