Monthly Archives: Marzo 2013

Un lungo articolo del TIME rivaluta Karl Marx. Teorizzò i rischi del capitalismo: impoverimento e conflitti sociali

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Karl-Marx

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La vendetta di Marx. Il Time lo rivaluta: “E’ stato un profeta, le sue previsioni si sono avverate”

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Il settimanale statunitense dedica una lunga analisi alla rivalutazione delle teorie di Marx, da sempre osteggiate dagli Usa. “Se i politici non praticheranno nuovi metodi per garantire eque opportunità economiche a tutti, i lavoratori di tutto il mondo non potranno che unirsi. E Marx potrebbe avere la sua vendetta”.

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Karl Marx doveva essere morto e sepolto. Il crollo dell’Unione Sovietica e lo sviluppo capitalistico dell’economia cinese sembravano aver messo in soffitta le idee del grande filoso ed economista tedesco, autore de Il Capitale, vera e propria “bibbia” dei comunisti di tutto il mondo. Eppure, nel pieno della più feroce crisi economica della storia, le idee del grande pensatore stanno tornando in auge. La lettura delle sue opere ha visto un forte balzo, e sempre più spesso economisti anticapitalisti riescono a sviluppare interessanti ragionamenti anche sui media generalisti: cosa che fino a qualche anno fa, quando l’ideologia del libero mercato era al suo apice, sarebbe stato quasi impensabile.

Un esempio? Ieri lo “storico” settimanale statunitense Time ha pubblicato un lungo articolo a firma del corrispondente da Pechino Michael Shuman. Di fatto, il settimanale riconosce a Marx un ruolo profetico: “Marx ha teorizzato che il sistema capitalista impoverisce le masse e concentra la ricchezza nelle mani di pochi, causando come conseguenza crisi economiche e conflitti sociali tra le classi sociali. Aveva ragione. E’ fin troppo facile trovare statistiche che dimostrano che i ricchi diventano sempre più ricchi, e i poveri sempre più poveri”. A sostegno delle tesi di Marx in effetti c’è uno studio dell’Economic Policy Institute di Washington che rivalea come nel 2011 il reddito medio di lavoratore maschio statunitense a tempo pieno era più basso rispetto al 1973. Tra il 183 e il 2010 il 74% dei guadagni in termini di ricchezza è andatato in mano al 5% della popolazione.

Secondo il Time, tuttavia, “questo non vuol dire che le teorie di Marx erano del tutto corrette. La sua ‘dittatura del proletariato’ non ha funzionato come previsto. Ma le conseguenze delle disegualianze sono esattamente quelle che aveva predetto:  il ritorno della lotta di classe. La rabbia dei lavoratori di tutto il mondo è in crescita: dagli Stati Uniti alla Grecia, passando anche per la Cina”. E ancora: “Marx aveva previsto un tale esito. I comunisti affermano apertamente che i loro fini possono essere perseguiti solo con l’abbattimento violento dell’ordine sociale esistente. ‘L’unica cosa che i proletari hanno da perdere sono le loro catene’. Ci sono segnali che i lavoratori di tutto il mondo sono sempre più impazienti. A decine di migliaia sono scesi nelle strade a Madrid e Atene, protestando contro la disoccupazione e le misure di austerità che stanno ulteriormente peggiorando le cose”.

Tuttavia, la Rivoluzione auspicata da Marx sembra essere lungi dal vedere la luce: le organizzazioni dei lavoratori sono deboli, e i movimenti sorti negli ultuimi anni (ad esempio Occupy Wall Street) si sono parzialmente sciolti. Colpa, secondo Jacques Rancière, esperto di marxismo presso l’Università di Parigi, delle reali intenzioni dei militanti, che non intenderebbero rovesciare il capitalismo, ma soltanto riformarlo. Tuttavia il Time mette in guardia: “Se i politici non praticheranno nuovi metodi per garantire eque opportunità economiche a tutti, i lavoratori di tutto il mondo non potranno che unirsi. E Marx potrebbe avere la sua vendetta”.

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Fonte: fanpage.it

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Approfondimento (madu)

Karl Heinrich Marx

Il comunismo

Il capitalismo

Chomsky: la brutalità del neoliberismo

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Video-shock: Tu sei complice indiretto di questo orrore. Buona Pasqua!

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AVVERTENZA  Le immagini del video contengono scene di violenza esplicita

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La vita degli agnelli in un’investigazione di Animal Equality

Una nuova investigazione di Animal Equality sulla carne di agnello è stata realizzata da attivisti sotto copertura, infiltrati all’interno di diversi allevamenti e di alcuni macelli. Le riprese video e le foto mostrano il vero volto della pastorizia e dell’industria ovina.

Per maggiori informazioni    → http://www.SalvaUnAgnello.com

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4 milioni di agnelli uccisi ogni anno per Pasqua

“Cifre spaventose, un autentico massacro”

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Porto Alegre 2001 – Tunisi 2013: Social Forum Mondiale

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Dal 26 al 30 marzo Tunisi ospiterà il World Social Forum

Dal 26 al 30 marzo Tunisi ospiterà il World Social Forum

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Il social forum va a Tunisi

Martedì meeting al via, debuttano «Occupy» e «indignados»

di Antonio Tricarico *

E a Durban «un altro Brics è possibile», il Sud del mondo critica il Sud dei governi La prossima settimana riprende fiato, come non accadeva da un po’, l’azione della società civile globale. A dodici anni dalla prima edizione di Porto Alegre, martedì si aprirà a Tunisi il Forum Social Mondiale. La scelta della capitale tunisina è quanto mai simbolica. Non solo perché luogo di innesco e ancora epicentro della cosiddetta «primavera araba», lungi dall’essersi compiuta – anzi con forti rischi di ritorno ad autunni autoritari – ma soprattutto perché, con le incertezze politiche e sociali legate a una turbolenta transizione, il paese nordafricano è paradigmatico dello stato «fluido» in cui versano l’economia e la democrazia sul pianeta dall’inizio della crisi economica.

In parallelo, già da oggi iniziano a Durban, in Sud Africa, le attività del contro-vertice della società civile a margine dell’assise dei paesi Brics, ossia il G5 delle economie emergenti: Brasile, Russia, India, Cina e appunto Sud Africa.
È un incontro storico, quello ospitato dai movimenti sudafricani con la partecipazione di forze sociali e sindacali degli altri paesi emergenti, dove si vivono oggi in maniera più marcata le contraddizioni del processo di globalizzazione liberista e le disparità economiche e sociali. Il tutto avviene fuori dalle stanze ufficiali, dove martedì e mercoledì i leader dei Brics discuteranno come evitare che la recessione che attanaglia le economie avanzate possa per travolgere anche loro.

Il tutto in un clima di sospensione e incertezza, esacerbato dalle ultime tensioni sui mercati legate alla crisi finanziaria di Cipro. Per tutti e due i forum della società civile parliamo in un certo senso di esordi assoluti. È infatti la prima opportunità offerta ai movimenti del Mediterraneo dopo un decennio di incontri in America Latina, Asia ed Africa sub-Sahariana. Un’occasione per trovare la forza e raccontare all’intera società civile mondiale che cosa è davvero successo negli ultimi due anni e quanto ancora resta da fare per costruire un’autentica democrazia e ridare potere ai popoli di questi paesi dopo decenni di dittature e sfruttamento delle risorse naturali, foraggiati dai governi della vicina Europa e dagli Stati Uniti.

Va aggiunto che a Tunisi sarà anche la prima volta al Forum sociale mondiale dei «nuovi movimenti» nati nelle economie avanzate sotto l’acuirsi della recessione: il movimento di Occupy così come gli «Indignati», che per primi hanno incarnato nelle loro pratiche il messaggio che arriva da Tunisi e da Piazza Tahrir al Cairo. Allo stesso tempo, mai in passato la società civile si era radunata a margine del meeting dei Brics, realtà dove gli sconvolgimenti e le tensioni sociali sono ormai alle stelle. I movimenti sociali di questi paesi si dissociano apertamente dalla volontà di potenza e dominazione dei loro governi, tutto sommato ingabbiati nel modello liberista basato, tra le altre cose, sullo sfruttamento a più non posso delle risorse naturali. Una critica dura dal Sud sul nuovo Sud, che fino a oggi mancava, e che apre nuovi scenari politici. Non a caso il contro-vertice di Durban si chiama «Brics dal basso», quasi a riecheggiare un «altro Brics è possibile» che fa pendant con l’altro mondo possibile rivendicato da Porto Alegre fino al campus universitario di Tunisi, dove si terrà il Forum. In entrambi i casi, lo sforzo è quello di incrociare le lotte in corso e costruire una narrativa comune, un prezioso elemento che si è perso dallo scoppio della crisi economica in poi.

Nel 2003, l’opposizione al liberismo e alla guerra erano riusciti a produrre inedite piattaforme di azioni globali, che avevano fermato la Wto a Cancun e avevano occupato le piazze di mezzo mondo per bloccare, purtroppo senza successo, l’occupazione dell’Iraq. Negli ultimi anni il contesto è profondamente mutato. Nonostante le battute di arresto delle campagne militari in Iraq e Afghanistan, il collasso dei mercati finanziari e l’acuirsi della crisi climatica, predetti dal movimento alter-mondialista dal G8 di Genova in poi, la risposta dei movimenti è stata principalmente su scala nazionale, spesso reattiva, ma talvolta debole, se non assente. È mancata la forza di chi può affermare «l’avevamo detto», aggregando consenso con il rilancio di alternative locali, nazionali, regionali e globali. A Durban come a Tunisi, i movimenti sociali ricercano una nuova agenda comune, capace di diventare egemonia culturale prima che sia troppo tardi.

* Re:Common

Fonte: il Manifesto

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Approfondimento (madu)

Globalizzazione

World Social Forum

2001 il primo Forum Sociale Mondiale a Porto Alegre

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