Monthly Archives: Novembre 2011

Tribunale Russell per la Palestina: contro il crimine del silenzio

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“Quello israeliano è un regime di apartheid con un sistema istituzionalizzato per l’esercizio del dominio”. Cape Town, Sud Africa: a parlare sono le conclusioni di giuristi, premi Nobel per la Pace, parlamentari europei, ex capi di Stato e ambasciatori, che si sono riuniti dal 5 al 7 novembre per la terza volta consecutiva dall’inizio del 2010 in quella struttura civile, popolare e internazionale nota come Tribunale Russell per la Palestina (TRP).

di Cecilia Dalla Negra

E che questa volta, dopo gli appuntamenti di Barcellona (marzo 2010) e Londra (novembre 2010) si sono dati come obiettivo quello di analizzare le politiche israeliane nei confronti della popolazione civile palestinese nei Territori Occupati, a Gerusalemme Est e all’interno di Israele, per stabilire – attraverso numerose testimonianze – se si potessero inquadrare in un contesto discriminatorio tale da arrivare a parlare di apartheid.

Sembra di sì, se è vero – come sostenuto dal Tribunale – che i palestinesi vivono “sotto il controllo coloniale e militare israeliano”, tanto nei propri territori sottoposti ad occupazione, quanto all’interno dei confini di Israele, così come stabiliti nel 1948.

Un risultato forse atteso, certamente già scritto nei fatti per chiunque abbia avuto modo di visitare i Territori, arrivato al termine di quella che è stata solo l’ultima tappa di un percorso lungo e articolato, che ha visto la nascita, lo sviluppo e l’affermazione internazionale di un tribunale civile e popolare.

La sua storia inizia nel marzo del 2009 quando, in ambito europeo, il Tribunale Russell per la Palestina, sulla base di alcuni illustri precedenti, viene promosso in primo luogo dall’ex senatore belga Pierre Galand, e dall’ex vicepresidente del Parlamento europeo Luisa Morgantini, attivista per i diritti umani di lungo corso.

Si è da poco conclusa l’offensiva israeliana “Piombo Fuso”, che nella Striscia di Gaza, tra il dicembre 2008 e il gennaio 2009, ha provocato oltre 1400 vittime civili, seminando distruzione e riducendo in macerie scuole, abitazioni, ospedali.

Il gruppo di personalità internazionali che si riunisce sotto la sigla del TRP vuole investigare quei fatti, oltre a tentare di dare una risposta alla domanda che preme sulla comunità Internazionale: è stato fatto davvero tutto il possibile per implementare e assicurare l’applicazione di alcune norme di diritto internazionale, del parere della Corte Internazionale di giustizia del 2004 che aveva condannato la costruzione del muro di separazione israeliano, e della conseguente risoluzione delle Nazioni Unite (ES 10/15 del 2004), che quel parere negativo confermava?

L’iniziativa ha in sé qualcosa di rivoluzionario, perché mira a dare per la prima volta un parere internazionale condiviso sul conflitto israelo-palestinese e sulle politiche israeliane in particolare, ma che sia popolare e provenga da un tribunale civile.

Ricalca le orme di precedenti illustri: siamo alla fine degli anni Sessanta quando il filosofo gallese Bertrand Russell, con il supporto di Jean Paul Sartre, crea il Tribunale Russell per il Vietnam, con lo scopo di investigare eventuali crimini di guerra commessi in quel teatro bellico dagli Stati Uniti d’America. Vi prenderà parte come penalista anche Lelio Basso, che sette anni dopo darà vita al secondo Tribunale Russell, questa volta incentrato sulle violazioni dei diritti umani in Cile, Brasile e Argentina.

Poi, nel 2009, il TRP fissa la sua agenda. I suoi lavori si articoleranno lungo quattro sessioni internazionali, la prima delle quali prende il via con successo a Barcellona: è il 1° marzo del 2010, e la sala è colma di persone arrivate da tutto il mondo.

Due giorni di lavori, al termine dei quali la giuria del Tribunale, chiamata ad ascoltare numerose testimonianze dirette e ad analizzare il ruolo dell’Unione europea nell’ambito del conflitto, emana le sue conclusioni che, per quanto non ufficiali, hanno il sapore di una sentenza.

L’Ue e i suoi Stati membri vengono riconosciuti responsabili per le violazioni della legalità internazionale commesse da Israele, tanto nell’attacco “Piombo Fuso” su Gaza, quanto nelle politiche quotidiane portate avanti nei Territori Occupati e a Gerusalemme Est, dove le espulsioni di palestinesi dalle proprie case ad opera dei coloni e la colonizzazione di terre proseguono, impunite.

La loro colpa quella di non aver fatto tutto il possibile perché quelle violazioni non avessero luogo, o quantomeno perché avessero fine, laddove il diritto internazionale impegna tutti gli Stati e non ne esime nessuno.

Quindi, le raccomandazioni: è alla società civile europea che la Corte si rivolge, chiedendole di essere guardiana delle politiche portate avanti dai rispettivi paesi, e di “mettere in atto ogni azione necessaria” perché le violazioni del diritto internazionale commesse da Israele cessino. Boicottandone le istituzioni, le relazioni economiche e i commerci, se necessario, come pratica civile, efficace, nonviolenta.

È un copione simile quello a cui si assiste a Londra, nel novembre 2010. La seconda sessione internazionale prende ad oggetto del proprio dibattito questa volta la complicità di aziende, industrie e corporation implicate in vario modo  nell’occupazione illegale di territori palestinesi da parte di Israele.

E, “con prove evidenti”, dimostra la loro “complicità nelle violazioni della legalità internazionale”. Si tratta di tutte quelle aziende che partecipano a vario titolo “alla fornitura di armi, alla costruzione e al mantenimento del muro di separazione, alla fornitura di servizi e infrastrutture per gli insediamenti illegali in Cisgiordania”. Anche in questo caso, la giuria identifica specifiche azioni legali che possano essere intraprese contro queste, e fa appello alla società civile perché attivi ogni canale possibile volto all’interruzione di affari illeciti. 

In Sud Africa, invece, si parlava di apartheid. Il terzo appuntamento internazionale, nel silenzio generale dei media mainstream, mirava ad analizzare le politiche israeliane nei confronti della popolazione palestinese, dentro e fuori i confini stabiliti dello Stato di Israele.

Se infatti apartheid significa letteralmente “separazione”, e la sua politica è quella di porre su piani gerarchici i cittadini di una stessa terra, allora quello instaurato da Israele nei confronti dei palestinesi è un regime di Apartheid.

A testimoniarlo “le demolizioni di case, le punizioni collettive corporali e psicologiche cui la popolazione è sottoposta, il deterioramento dei servizi sanitari ed educativi; il divieto di muoversi liberamente all’interno dei Territori, così come quello di praticare la propria religione”.

E ancora, “le leggi militari applicate solo ai palestinesi, le strade riservate ai soli coloni all’interno dei Territori, lo status di serie b cui sono ridotti i palestinesi residenti a Gerusalemme”. In una parola, quello che Israele fa ogni giorno è “impedire al popolo palestinese di funzionare come gruppo sociale”, separandolo per giunta attraverso un muro.

Secondo il parere del Tribunale, almeno il 30% delle violazioni commesse da Israele possono essere identificate come pratiche di apartheid, considerato un crimine contro l’umanità e vietato dal diritto internazionale.

Un tentativo importante quello del Tribunale Russell, per quanto ignorato dalla comunità internazionale e dalla gran parte dei media, che si da appuntamento per l’ultima sessione, questa volta a Washington, all’inizio del 2012.

E che si è dato come obiettivo quello di rendere evidenti ed inconfutabili i crimini commessi da Israele contro la popolazione palestinese, per realizzare l’intento enunciato già a suo tempo da Bertrand Russell: “Che questo tribunale – scriveva il filosofo – possa impedire il crimine del silenzio”.

8 novembre 2011

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Fonte:  Unponteper Osservatorio Iraq  (Medioriente – Nordafrica)

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Gli indignati newyorkesi non si fermano nonostante la repressione

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Presidente Obama, perché usare la violenza?

Gli indignati newyorkesi non si fermano (GUARDA LA DIRETTA TV) nonostante la repressione. E accusano: “Dov’erano Michael Moore e Jesse Jackson?”

99% vs 1%: VIDEO DEL “GUARDIAN

Tiziana Rinaldi Castro (da New York)

«È questo il paese che non si fa scrupoli a sacrificare la sua gente quando lo ritenga non necessario ma conveniente. Lo ha fatto sempre, dall’inizio, affiancando senza batter ciglio la straordinaria lezione della rivoluzione americana alla schiavitù. La mia gente conosce la sofferenza da generazioni, e l’America è stata sempre generosa in ogni cosa, e quindi anche nell’elargire la sofferenza. I ragazzi giovani che sono qui lo sentono solo ora il bruciore delle promesse non mantenute, ma io sono quarant’anni che aspettavo questo momento». Sono le parole di Gregory, che ho incontrato dopo il violento blitz della polizia a Zuccotti Park davanti al tribunale dove si contrattava il rientro con i giudici e il sindaco e che ho ritrovato in serata alla sua riapertura. «Mi si è risvegliato qualcosa dentro di fronte a quella violenza così inutile, quella boria. Ho avuto paura ma ho anche preso sul serio il movimento. Dall’una stanotte sono stato arrestato, maltrattato, offeso, derubato, e mi si è riempito il mondo dentro». Si leva il cappello rasta e scuote i suoi bei dreads, gli occhi verdi luccicano dietro gli occhiali rotondi sul volto nero.  (leggi tutto)

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Fonte:  il Manifesto

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La macchina militare italiana ingoia ogni anno 27 miliardi di euro: quattro volte il fondo ordinario delle università

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Previsione spese militari 2012-2014: Un grottesco carnevale. Un gioco che fa male.

 

Se la situazione di Finmeccanica non lascia spazio a commenti che non siano di disprezzo per lo spreco di risorse pubbliche, la situazione prospettata dal Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2012 ha del grottesco.
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14 novembre 2011 – Rossana De Simone

“Tremonti avverte: tagli sbagliati, si rischia una Difesa inefficiente. Repubblica è venuta in possesso di due documenti riservati che ministri dell’Economia e della Difesa hanno stilato ma non hanno mai discusso in Parlamento. I parlamentari d’opposizione si sono accorti di non avere mai ricevuto né letto la nota integrativa, ma solo quella “aggiuntiva”. Nessuna delle due, comunque, è mai stata discussa”.

http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2011/11/10/news/documilitari_documilitaridue-24797978/

Che l’attività parlamentare fosse in crisi non v’era dubbio. L’attività principale dei parlamentari era diventata il voto (di fiducia) con brevi e sporadici spazi dedicati alla discussione. Ma che l’opposizione si accorga attraverso un giornale “di non avere mai ricevuto né letto la nota integrativa, ma solo quella aggiuntiva” è gravissimo. Non solo non si è discusso l’aggiornamento del Modello di Difesa, non si è discusso delle scelte strategiche e militari circa il ruolo internazionale dell’Italia, delle priorità e opzioni alternative all’interno di un bilancio della difesa, ma oggi sappiamo che l’opposizione non sa neanche quale sia il reale bilancio della difesa.

Mentre la maggior parte della popolazione vive pesantemente la precarietà come condizione generalizzata della vita e del lavoro l’articolo in questione recita l’incertezza sul presente e sul futuro del settore, mentre la crisi attanaglia una società sempre più povera accanto all’articolo “Tremonti avverte: tagli sbagliati, si rischia una Difesa inefficiente” si leggono casi di corruzione e sprechi nel mondo delle Forze armate e dell’industria bellica “La macchina militare italiana ingoia ogni anno 27 miliardi di euro: quattro volte il fondo ordinario delle università”. (leggi tutto)

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Fonte: Peacelink

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