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De Gennaro ci prende in giro

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Il sottosegretario del governo Monti, ex capo della Polizia, parla di “Stato di diritto” e dice di provare dolore per le vittime. Ma era il responsabile dell’ordine pubblico durante il G8 di Genova, la “più grave repressione di massa vista in occidente” secondo Amnesty International, e la polizia di Stato in questi undici anni ha ostacolato l’accertamento delle responsabilità. Il presidente Monti e il ministro Cancellieri non hanno nulla da dire?

di Lorenzo Guadagnucci – 8 luglio 2012

Gianni De Gennaro è veramente senza vergogna. La cosa grave è che lo lasciano parlare di Stato di diritto come se non fosse stato proprio lui  il massimo responsabile dell’ordine pubblico durante la più grave violazione di massa dei diritti umani che si sia vista in Europa negli ultimi decenni (fonte: Amnesty International).

Al governo dei tecnici, del quale fa inopinatamente parte, andrebbe ricordato che il dottor De Gennaro è stato TECNICAMENTE il protagonista di un fallimento: la disastrosa gestione del G8 di Genova sarà ricordata nei libri di storia come una delle pagine più nere e più imbarazzanti – anche sul piano internazionale – della polizia italiana.

Il dottor De Gennaro è stato anche protagonista di una gestione del post-fallimento e delle inchieste intraprese dalla magistratura – che è un potere dello stato, fino a prova contraria – all’insegna della non collaborazione e della prepotenza.

Il dottor De Gennaro, come il professor Monti e la dottoressa Cancellieri, probabilmente non si aspettavano che i giudici di Cassazione si comportassero da giudici di Cassazione, ma una volta che questo è avvenuto, bisognerebbe avere l’onestà e l’umiltà di riconoscere quel che è successo il 5 luglio per quello che è: una clamorosa e definitiva sconfessione della condotta proterva tenuta dalla polizia di stato (spalleggiata da un potere politico succube e inetto) in questi undici anni, e non tanto e non solo nella notte della Diaz.

Se i dirigenti verso i quali il dottor De Gennaro è tanto solidale hanno perso il lavoro, non è per la perfidia dei giudici di Cassazione, ma perché sono stati mantenuti al loro posto dopo una pesantissima sentenza di appello, che già conteneva tutti gli elementi necessari per consigliare la loro sospensione: una sentenza d’appello – è bene ricordarlo – non è un’opinione, ma un atto importante e meditato della magistratura, che è – ripeto – un potere dello Stato al quale spettano fondamentali funzioni di controllo degli abusi di potere.

Il dottor De Gennaro e il suo successore Antonio Manganelli sono i principali responsabili dell’operazione di legittimazione e copertura dei dirigenti condannati il 5 luglio e il fatto che restino al loro posto è una prepotenza dell’attuale governo. Il “dolore per le vittime” espresso dal dottor De Gennaro, da vittima, lo vivo come una inaccettabile presa in giro.

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Fonte: Altreconomia

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Ecuador, sentenza storica contro Chevron

L’Amazzonia e i suoi abitanti vittime dell’inquinamento sfrenato prodotto dalla multinazionale del petrolio saranno risarciti a suon di milioni.

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di Stella Spinelli

La giustizia ecuadoriana ha condannato lunedì la Chevron a pagare una multa milionaria per i danni ambientali provocati all’Amazzonia ecuadoriana durante tredici anni di trivellazioni a opera della Texaco, compagnia che la multinazionale Usa ha acquisito nel 2001. Una sentenza storica, che ripagherà di anni di sofferenze e malattie, lotte e speranze le tante famiglie colpite da questo disastro. Scarti di petrolio mischiati a velenosi agenti chimici lasciati in pozzi a cielo aperto sono filtrati nel terreno, impregnandolo, distruggendo coltivazioni e contaminando la vita di tanta gente. Che si è ammalata ed è morta per le conseguenze riportate.

Il giudice che ha emesso la sentenza, Nicolás Zambrano, ha dichiarato che la compagnia petrolifera dovrà versare 8.646 milioni di dollari per danni ecologici, più un dieci percento per i danni provocati alle comunità colpite. Una cifra che il battagliero avvocato Pablo Fajardo, l’uomo cresciuto con i piedi nelle pozze nere di Sucumbíos, laureatosi in legge solo per farla pagare alla Texaco e grazie al supporto morale ed economico della comunità vittima della multinazionale, ha definito “irrisoria, ma significativa“, visto che la difesa aveva richiesto ben 27 miliardi di dollari. “Abbiamo combattuto giuridicamente per ottenere che l’impresa Chevron, prima Texaco, risponda del suo crimine e paghi per riparare il danno ambientale provocato. È chiaro che si tratta di una somma insignificante rispetto al reale crimine commesso, un crimine ambientale sì, ma anche culturale e umano. Resta comunque il fatto che siamo di fronte a un vero passo avanti verso il trionfo della giustizia”.  (leggi tutto)

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Fonte: PeaceReporter

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