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Anonymous | Il regalo di Natale: “Salute e Privacy sotto l’albero”

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Lunedì 24 dicembre 2018

“Salute e Privacy sotto l’albero

Salve popolo Italiano,
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nell occasione delle festivita’ Natalizie noi di Anonymous Italia,LulzSecIta e AntiSecIta vogliamo farvi gli auguri nel modo in cui sappiamo fare meglio, e cioè facendovi rendere conto ancora una volta che chi ci governa, e chi dovrebbe trattare con cura i nostri dati/privacy, non fa il lavoro per cui viene profumatamente pagato.
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Questa volta abbiamo deciso di vedere quanto fossero sicuri i siti della la nostra Sanita Pubblica.
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Oggi parliamo di un diritto imprescindibile, che dovrebbe essere garantito ad ogni essere umano sul pianeta, al di là di colore, appartenenza politica o grado sociale.
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Il diritto alla salute, che sia personale (cure mediche), o sociale (la salute del territorio),questo diritto e’ definito nell’ articolo 32 della Costituzione Italiana come inviolabile e garantito.
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I profitti per le case farmaceutiche e l’oppurtinità di guadagnare potere per i politici locali, permettono a pochi individui di controllare e gestire le risorse della Sanità pubblica Italiana, giocando con la vita delle persone che dovrebbero proteggere e curare.
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Tante sono le aziende sanitarie private, colpevoli di abusare e non proteggere i propri dipendenti e utenti.
Ma quest’oggi, abbiamo deciso di concentrarci sulla NOSTRA sanità.
Perché oltre ad essere un diritto imprescindibile, “la salute”, sempre di piu, significa anche la privacy dei nostri dati sensibili.
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Buon Natale ancora, e ricordate…

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We are Anonymous. 
We are legion. 
We do not forgive. 
We do not forget. 
Expect us!”
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Piccola storia natalizia:

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Elenco link dei siti hackerati
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Italia: la verità sulla spesa pubblica e la Pubblica Amministrazione

 

 

E’ vero che in Italia la spesa pubblica è altissima e che la Pubblica Amministrazione ha un pletora di dipendenti?

di Pio Russo Krauss – (Associazione Marco Mascagna)

E’ convinzione comune che in Italia la spesa pubblica è tra le più alte d’Europa e che nella pubblica amministrazione c’è una pletora di dipendenti. Siamo andati a vedere se questa convinzione è suffragata dai fatti o no.

In Italia la spesa pubblica è il 46,2% del PIL. Non siamo i primi, perché ci precedono la Finlandia 56,5%, la Francia 55,0%, la Danimarca 54,1, la Grecia 51,8, il Belgio 50,9, la Svezia 49,8, l’Austria 49,2 e l’Ungheria 46,5. Quindi siamo al 9° posto con una percentuale di poco superiore alla media UE (45%). Tra i settori in cui spendiamo meno c’è l’istruzione (7,9% del PIL, media UE 10,2) la cultura (1,4%, media UE 2,1%) e la Sanità (6,8%, media UE 7,2%). Nell’istruzione e cultura siamo il Paese che spende di meno nella UE [1].

La Pubblica Amministrazione nel corso degli anni ha subito una notevole riduzione del numero di dipendenti: dal 2007 al 2015 gli Enti Locali hanno perso 56.000 unità (da 516.000 a 460.000), la Scuola 53.000 unità (da 1.138.000 a 1.085.000), i Ministeri 31.000 unità (da 184.000 a 153.000), quello della Sanità 29.000 unità (da 682.000 a 653.000), l’Università 18.000 unità (da 117.000 a 99.000), la Polizia 11.000 persone (da 333.000 a 312.000) [2]. Tale notevole cura dimagrante è stata conseguita bloccando le assunzioni, per cui l’età media dei dipendenti è andata aumentando ogni anno di più e ora per i vari settori si colloca tra i 50 e i 55 anni [2]. Poiché con l’età la probabilità di avere acciacchi aumenta sempre più e questo processo è molto più precoce per le persone di basso reddito, ne risulta che una quota molto consistente di dipendenti pubblici dei livelli più bassi è ormai disabile.

In alcuni settori, come la Sanità, alla riduzione del personale e alle scarse risorse finanziarie si è accompagnato un aumento di compiti e attività (dovuti all’invecchiamento della popolazione, all’aumento del numero di poveri e indigenti e, in alcuni campi, anche al progresso della medicina). Tutto ciò ha messo in grave difficoltà il nostro sistema sanitario, a lungo considerato tra i migliori del mondo, che ha perso posizioni (in particolare per l’allungarsi delle liste di attesa) e che rischia di perderne sempre di più, perché avrebbe bisogno di investimenti per sostituire apparecchi vecchi, ristrutturare ospedali e presidi, investire nella formazione e nell’aggiornamento. Soprattutto c’è necessità di assumere il personale necessario per rispondere adeguatamente ai bisogni di salute della popolazione. C’è bisogno cioè di investire un poco di più nella Sanità e di programmare gli interventi avendo come faro i bisogni di salute della popolazione. Governo e Regione fanno questo? Non sembra proprio. Infatti il documento di programmazione economica 2016 prevede per i prossimi anni una riduzione della spesa per la Sanità: dal 6,8% del PIL (anno 2015) deve diventare 6,7% nel 2016 e nel 2017, poi 6,6% nel 2018 e quindi 6,5% nel 2019.

Il decreto del Commissario alla Sanità della Regione Campania sui fabbisogni di personale prevede una dotazione di ostetriche di una per ogni distretto sanitario, 5,5 dietisti ogni milione di abitanti e zero laureati in scienze motorie (pur essendo la Regione con la più alta percentuale di persone sedentarie e inattive). Quindi in media ogni ostetrica avrà una platea di circa 10.000 donne a cui ogni anno effettuare il pap-test, 5.000 studenti di scuola superiore a cui fare educazione sessuale, 1.000 donne da incontrare nei corsi pre-parto e in più dovrebbe dare anche una mano al ginecologo nella sua attività (neanche Wonderwoman riuscirebbe nell’impresa). Ogni dietista invece dovrebbe farsi carico di intervenire su 100.000 persone in sovrappeso e fare attività preventiva su una platea di 11.000 studenti di scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di 1°.

Poiché le persone povere non possono ricorrere a ginecologi privati per i pap-test, né a dietisti e dietologi se in sovrappeso, poiché le malattie sessualmente trasmesse, le gravidanze indesiderate e precoci, l’obesità il sovrappeso sono molto più frequenti nelle persone povere e di bassa istruzione, chi sarà maggiormente danneggiato da queste scelte sono sempre gli ultimi. Già oggi assistiamo a due fenomeni agghiaccianti:

1) le persone di basso reddito rinunciano a curarsi perché non hanno i soldi (1 milione e 400.000 persone, il 15% dei poveri e dei quasi poveri ha rinunciato a curarsi per questioni economiche) [3].

2) le persone diventano povere per le spese sanitarie sostenute (l’1,2% delle famiglie italiane si sono impoverite per questo motivo) [4]

Ci chiediamo: come mai di questo si parla così poco? Come mai è così diffusa e radicata la convinzione che la spesa pubblica è eccessiva anche se tale convinzione non ha alcun riscontro nella realtà? Chi mette in giro queste bufale? Perché?

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Note: 1) Eurostat 2015; 2) Ragioneria Generale dello Stato: Conto annuale periodo 2007-2015; 3) Ufficio parlamentare di bilancio: Rapporto 2016; 4) CREA: 12° rapporto, 2016.

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Nasce un modello differente di salute e sanità, “realmente” sostenibile

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rete sostenibilita e salute

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COMUNICATO STAMPA DEL 26 Giugno 2014

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Nuovi modelli anti-crisi: Nasce la Rete Sostenibilità e Salute

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Bologna, 26 Giugno 2014 – Mentre in Grecia si avvia al termine dei lavori la 3a conferenza internazionale “Health Economics”, ventuno organizzazioni no profit italiane si uniscono in una Rete di coordinamento per affermare, tramite la sottoscrizione della ”Carta di Bologna”, un modello differente di salute e sanità, “realmente” sostenibile.

“In questi giorni ad Atene – ha dichiarato Jean Louis Aillon, portavoce della neonata “Rete Sostenibilità e Salute” si è parlato molto di come migliorare i sistemi sanitari, intervenendo sugli standard di qualità, attraverso valutazioni economiche volte a promuovere una maggiore efficienza finalizzata a risparmi di tipo economico. Il nostro punto di vista è nettamente differente: non è possibile pensare al miglioramento della sanità, senza prendere in considerazione il discorso della sostenibilità, in un’ottica più ampia e di lungo periodo. Non può, infatti, esistere nessun Servizio Sanitario Nazionale economicamente sostenibile in un mondo che è di fatto ecologicamente insostenibile. Dobbiamo interrogarci velocemente sul nostro modello di sviluppo: è adeguato a reggere le sfide del XXI secolo? Secondo noi assolutamente no, di qui la necessità di un immediato cambio di rotta – ha concluso Aillon – per affermare modelli concreti di sostenibilità nel campo della salute, la quale drena una parte davvero significativa delle risorse dello Stato e delle Regioni”.

Il modello della crescita economica senza limiti ha i giorni contati, non è più sostenibile dal punto di vista sociale e ambientale, e non è in grado di assicurare la tutela della salute dei cittadini, in quanto minaccia gli equilibri stessi della vita sul pianeta. I cambiamenti climatici comportano rischi concreti per la salute umana, afferma Samuel Myers della “Harvard Medical School”, e i loro effetti indiretti metteranno a rischio la qualità della vita di centinaia di milioni di persone, generando costi enormi per i Sistemi Sanitari pubblici.[1] Dall’altra parte il New England Journal of Medicine indica con chiarezza il percorso da intraprendere: perché le popolazioni vivano in maniera sostenibile e in buona salute nel lungo periodo, il settore sanitarioafferma l’autorevole rivista – deve rimodellare il modo in cui le società umane pianificano, costruiscono, spostano, producono, consumano, condividono e generano energia”.[2]

Recenti studi confermano che su 2.500 prestazioni sanitarie supportate da buone evidenze scientifiche solo il 46% è sicuramente utile e il 4% è giudicato dannoso[3],  e che chi vive in regioni ad alta intensità prescrittiva sperimenta livelli di sopravvivenza peggiori di chi vive in regioni a bassa intensità prescrittiva.[4]

Occorrono secondo la Rete Sostenibilità e Salute una cultura e una società non basate esclusivamente sul paradigma economico del profitto e dell’efficienza fine a se stessa, e in grado di superare le disuguaglianze e favorire l’affermazione del diritto alla salute di tutti i cittadini e cittadine. Oggi più che mai, infatti, “curare” significa prendersi cura del pianeta su cui viviamo.

Su questi presupposti è stata sottoscritta la “Carta di Bologna per la Sostenibilità e la Salute”,[5] che formalizza la nascita della “Rete Sostenibilità e Salute”, composta inizialmente da ventuno associazioni attive da tempo nell’ambito della salute, che hanno deciso di unirsi per coordinare i propri sforzi su tutto il territorio nazionale.

“Nell’ottica della sostenibilità, spiega Aillon, i modelli di salute, sanità e cura devono porre al centro la persona, privilegiando l’attenzione al paziente. Integrazione tra saperi, interazione dei professionisti e delle organizzazioni, e importanza delle sinergie con le medicine tradizionali e non convenzionali, sono parole chiave importantissime. E’ indispensabile – ha concluso Aillon – che il Servizio Sanitario Nazionale, basato sulla prevenzione e sull’assistenza primaria, resti una risorsa per tutti, senza diseguaglianze di accesso, indipendente dalle influenze del mercato, sulla base di un sistema che valuti i risultati in termini di ‘produzione di salute’ e non solo di numero di prestazioni sanitarie erogate”.

La Carta di Bologna – nello spirito dei fondatori della Rete – è un nuovo strumento nelle mani della cittadinanza, dei decisori della politica e degli operatori della salute che ne condividono gli intenti.

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Media relation Rete Sostenibilità e Salute

Portavoce: Jean-Louis Aillon – rete@sostenibilitaesalute.org – cell: 3287663652 – Skype: jeanlouisaillon

Sito: www.sostenibilitaesalute.org

Pagina Facebook: Rete Sostenibilità e Salute

Evento Facebook

Video: spot della rete (1,2 min); firma della Carta di Bologna (50s) ; illustrazione della Carta di Bologna (7,2 min)

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Fonte: sostenibilitaesalute.org

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