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Governo: repressione per fronteggiare la paura di rivolte, ribellioni, resistenze e conflitti sociali.

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Russo Spena: “#Daspo e arresto differito, intimidazioni preventive verso chi dissente”

di Giovanni Russo Spena

Il governo dell’assolutismo liberista sta mostrando anche (come avevamo ampiamente previsto) il suo feroce volto repressivo. Ha messo al sicuro De Gennaro dalle sentenze su Genova 2001; ha picchiato, manganellato, riempito di gas lacrimogeni (piovuti dal cielo delle finestre dei ministeri…) non solo studenti ma perfino pastori, operai, lavoratori, precari (che, in genere, meritavano prima un po’ di maggiore prudenza da parte delle forze militari. Ma il fatto è che stanno andando ogni giorno a ricordare a Fornero, Passera, Profumo le loro malefatte antipopolari…).
Ora la Cancellieri annunzia, in Senato, che saranno presto varati provvedimenti legislativi ed amministrativi che mutileranno ulteriormente lo Stato di diritto. La recessione durerà ancora anni, ci spiega la Cancellieri, la gente sarà sempre più incazzata, le piazze sempre più motivate. Siccome non se ne parla proprio di abbandonare unilateralmente Fiscal Compact e vincoli finanziari europei (nè hanno in mente di farlo Bersani, Vendola, Casini) occorre stroncare il movimento politico che può nascere da rivolte, ribellioni, resistenze, conflitti sociali. Il governo annunzia “linea dura” contro i manifestanti basata, tra l’altro, su due paradigmi. Il primo, è il cosiddetto “arresto differito” che configura, di fatto, una “flagranza differita”, cioè un ossimoro antigiuridico. Se occorre, infatti, per l’arresto’ il requisitodella “flagranza”, esso non può essere eseguito 48 ore dopo, in base a filmati, materiale registrato, ecc. Sono provvedimenti che abbiamo combattuto durante gli “anni di piombo” (perchè la democrazia si difende non fuoriuscendo dallo Stato di diritto); figuriamoci oggi, poichè il provvedimento è esplicitamente intimidazione preventiva per i manifestanti. L’altro provvedimento previsto (ma lo stesso ministro ammette il piccolo “intralcio” costituito dall’articolo 16 della Costituzione) è quello del cosiddetto “Daspo”, una specie di arresti domiciliari il giorno della manifestazione per manifestanti ritenuti , evidentemente, “antropologicamente pericolosi”. Qui, addirittura, non si punisce il reato ma la persona diffidata: viene abbattuto il principio cardine del sistema penale. Si tratta di provvedimenti già adottati nei confronti degli ultras per le manifestazioni sportive. Quando furono adottati per i tifosi dicemmo “attenzione, i tifosi fanno da facile capro espiatorio; saranno poi estesi ai manifestanti”. Avevamo ragione. Aveva già tentato di introdurre queste norme liberticide Maroni, senza riuscirci perchè cadde il governo Berlusconi. Ora ci prova il governo Monti. Cosa farà il Pd in Parlamento? Penso che non si opporrà, come sempre. Vorremmo anche ricordare alla Cancellieri che, ieri, in Senato, mentre annunziava questi provvedimenti, ha vergognosamente omesso di parlare dei numeri identificativi sui caschi degli agenti. Lo sappia: non ci faremo spaventare.

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Fonte: Controlacrisi

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Polizia cinese ha aperto il fuoco sui manifestanti tibetani

 

UN TIBETANO UCCISO A COLPI D’ARMA DA FUOCO NELLA PREFETTURA DI KANZE. IMPRECISATO IL NUMERO DEI FERITI

Dharamsala, 23 gennaio 2012. Un laico tibetano identificato come Yonten e residente a Drango, una città ubicata nella Contea della Prefettura Autonoma di Kandze, è stato ucciso questa mattina dalla polizia cinese che ha sparato sulla folla per reprimere una protesta della popolazione locale. Nel darne notizia, il Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia rende noto che attualmente il corpo di Yonten è custodito dai monaci all’interno del monastero di Drango.

Almeno tre religiosi sono stati gravemente feriti ma non è ancora certo che le ferite siano state provocate dagli spari. La popolazione di Drango aveva dato inizio alla manifestazione di protesta dopo l’arresto, effettuato dalle forze dell’Ufficio di Pubblica Sicurezza, di molti tibetani residenti a Drango e nei dintorni accusati di aver diffuso volantini e poster nei quali i tibetani annunciavano la possibilità di nuove auto immolazioni se il governo cinese non avesse dato ascolto alle loro richieste. Volantini e manifesti circolavano già da alcuni giorni dentro e fuori la città.

Preoccupati ed esasperati per l’ondata degli arbitrari arresti, i tibetani hanno dato inizio alla protesta. I manifestanti, molti dei quali erano contadini e nomadi, facevano sventolare bandiere tibetane e chiedevano libertà per il Tibet. Pubblica Sicurezza e Polizia Armata sono intervenute con le armi da fuoco. Il Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia ha fatto sapere che, secondo altre fonti, i morti sarebbero almeno due. Si sta verificando la veridicità della notizia.

Un comunicato stampa rilasciato alla fine della mattinata dal Parlamento Tibetano in Esilio afferma che la polizia ha sparato indiscriminatamente sulle migliaia di tibetani che hanno preso parte alla protesta. È confermata la morte di un laico. Sale a sei il numero dei tibetani feriti. “Chiediamo alla Cina di rispettare il diritto del popolo tibetano ad esprimere liberamente la propria volontà” – dichiara il Parlamento Tibetano in Esilio – “e di accogliere le sue istanze”. “Comprendiamo l’interesse della comunità internazionale a mantenere stretti rapporti con la Cina” – prosegue – “ma come può il mondo intero rimanere silente di fronte alle sofferenze del popolo tibetano”? “Vi chiediamo di sollevare la questione e di esercitare pressioni su Pechino affinché trovi una soluzione durevole alla questione tibetana”.

Nel comunicato stampa rilasciato dal gruppo londinese Free Tibet si legge che i feriti sarebbero almeno una trentina. Molti hanno rifiutato il ricovero in ospedale nel timore di essere arrestati. “La situazione è ancora tesa” – recita il documento – “e molti tibetani delle vicine Contee di Serthar e Tawu stanno cercando di raggiungere Drango per unirsi alla protesta”.

Fonti: Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia – Phayul – TibetNet

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La biblioteca del popolo di Occupy Wall Street continua a vivere

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di William Scott

La Biblioteca del Popolo di Zuccotti Park – una raccolta di oltre 5.000 libri avuti in regalo di ogni tipo e argomento, che tutti potevano leggere – è stata creata non solo perché servissero a tutti i dimostranti di OWS; è stata pensata per fornire conoscenza e il piacere di leggere anche per un pubblico più vasto, compresi i residenti della parte bassa di Manhattan. E’ stata anche una biblioteca per tutti, dato che molte persone che visitavano il parco si fermavano per curiosare tra i libri della nostra biblioteca, per regalare libri loro e per prendere libri.

Alle 2.30 di notte del 15 novembre, la Biblioteca del Popolo è stata distrutta dalla polizia di New York City, che operava agli ordini del Sindaco Michael Bloomberg. Senza nessun preavviso  un esercito di poliziotti in equipaggiamento  antisommossa, ha afferrato ogni cosa e la ha buttata nei camion dell’immondizia e nei  cassonetti, Malgrado la promessa fatta su Twitter dal sindaco Bloomberg che i libri della biblioteca erano stati messi al sicuro e che potevano essere ripresi, soltanto 1.1000 libri sono stati recuperati e alcuni di essi sono illeggibili. Sono stati distrutti anche quattro computer portatili della biblioteca e anche tutti gli  scaffali, i bidoni dove venivano messi i libri, il necessario per timbrarli e catalogarli  e la grande tenda che ospitava la biblioteca.

Nelle sei settimane passate ho vissuto e lavorato come bibliotecario nella Biblioteca del Popolo, in una tenda piantata lì vicino. Sono professore di Inglese all’Università di Pittsburgh e ho scelto di trascorrere il mio anno sabbatico a OWS per partecipare al movimento e per costruire e conservare la raccolta di libri nella Biblioteca del Popolo. Amo i libri: leggerli, metterli a posto, tenerli in mano, perfino odorarli. Amo le biblioteche e tutto quello che rappresentano. Vedere un’intera raccolta di libri avuti in dono, compresi molti che avrei voluto leggere, saccheggiata senza riguardo e distrutta dalle forze della legge e dell’ordine, è stata una delle esperienze più sconvolgenti della mia vita. I miei studenti di Pittsburgh lottano per potersi permettere di comprare i libri che gli servono per i loro corsi. La nostra grande collezione di  libri da studiosi e di riviste, sarebbe bastata da sola a fornire materiale di lettura a molte classi di studenti universitari. In una situazione in cui  le biblioteche pubbliche del nostro paese  lottano per sopravvivere malgrado i tagli al bilancio, le sospensioni temporanee e le chiusure, la Biblioteca del Popolo è servita come modello di che cosa può essere una biblioteca pubblica: gestita per la gente e dalla gente. (leggi tutto)

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Fonte: ZNET Italy

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