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Attenzione! Un App può rilevare e registrare tutto del vostro smartphone o tablet

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MSPY: l’app per spiare smartphone e tablet. WhastApp, Viber e Facebook inclusi

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L’app, installata su iOS o Android, ne tiene traccia della posizione e memorizza le telefonate, i messaggi, le email e tutte le attività svolte dall’utente, incluse le chat di WhatsApp, Facebook e Viber.

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Concepita per controllare legalmente il cellulare dei propri figli o dei dipendenti dell’azienda, mSpy è un’applicazione che sicuramente farà venire i brividi a chi, giustamente, ama preservare la propria privacy ed i propri dati personali.

Tramite questa applicazione, installabile sia su dispositivi Android che iOS, i genitori, le aziende ed i malintenzionati, avranno la possibilità di accedere totalmente al dispositivo sul quale è installata. Sarà possibile controllare in remoto tutte le attività relative al telefono o al tablet, inclusi i messaggi istantanei con WhatsApp, Facebook e Viber, ed addirittura sarà possibile avere accesso alle foto ed i video memorizzati.

Si tratta indubbiamente di un’arma pericolosissima, che mette a rischio la privacy di tutte le persone sui cui dispositivi verrebbe installata l’applicazione. Per ovviare il problema, almeno in termini legali, l’azienda invita chi desidera sorvegliare qualcuno ad avvisare il sorvegliato, un controsenso considerando il fatto che più volte pubblicizza la totale intracciabilità ed invisibilità del software che, una volta installato, verrà eseguito in una modalità stealth, totalmente invisibile alla povera vittima.

La versione per Android di mSpy è compatibile con tutti i nuovi dispositivi disponibili in commercio come il Galaxy S4 e l’HTC One, ma per spiare le chat di applicazioni come Facebook, WhatsApp e Viber, è necessario che sui dispositivi venga effettuato il root. Fortunatamente anche per iOS la situazione è molto simile: per funzionare al 100% l’applicazione ha bisogno di un dispositivo sul quale è stato effettuato il jailbreak, procedura che attualmente è possibile solo sulle vecchie versioni di iOS 6 e non sul nuovo iOS7.

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Fonte: fanpage.it

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Vedi articoli correlati in ki.noblogs.org

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Italiani invocano difesa privacy online ma postano la loro vita su Facebook

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Contrappunti/ Il pudore di Internet

di M. Mantellini

Temono il Grande Fratello ma postano tutta la loro vita su Facebook. Invocano l’intervento dello Stato. Gli Italiani in Rete sono soggetti passivi: alla mercé di social network e business altrui

Più di un italiano su due interpellato dal Censis chiede norme più severe per la difesa della propria privacy online. E già questo è strano, l’Italia è probabilmente uno dei paesi al mondo con le normative più stringenti per quanto riguarda la tutela della riservatezza. Una simile invocazione, fatta da un popolo di persone che poco o nulla fa per tutelare la propria privacy online, sembra la usuale delega in bianco data al potere salvifico della norma: scriviamo abbastanza leggi, articoli e commi e i problemi di cui trattano come per magia scompariranno.

Sono dati importanti quelli raccontati dal Censis perché, leggendoli in maniera non casuale, raccontano l’esatto opposto di quello che sembrerebbero dirci ad un esame superficiale. L’83 per cento dei navigatori pensa che sia pericoloso lasciare online le proprie informazioni, il 72 per cento ritiene che tali dati possano essere utilizzati per scopi commerciali, l’88 per cento pensa che Google e Facebook abbiano raccolto enormi database con informazioni personali. Contemporaneamente tutti usiamo i servizi di Google e oltre 20 milioni di italiani gestiscono un profilo su Facebook. Come se non bastasse, quando si affrontano temi del genere torna sempre a galla la usuale paranoia italica sull’utilizzo della carta di credito in Rete: dieci anni di demonizzazione sui media hanno del resto saputo produrre i loro effetti.

Gli italiani, per riassumere, non fanno nulla per tutelare la propria privacy in Rete, ma interpellati al riguardi sono prodighi di consigli su norme più stringenti e mostrano di conoscere perfettamente i rischi del Grande Fratello che però scelgono di ignorare appena l’intervistatore gira l’angolo. Inoltre il grande pericoloso e infido raccoglitore di dati è ai loro occhi quasi sempre un soggetto economico: la grande azienda Internet Usa, il sistema bancario, l’hacker cattivo che ci clonerà la carta di credito. Mai o quasi mai il sistema politico al quale anzi, curiosamente, scegliamo in massa di affidarci per risolvere i nostri problemi di riservatezza. E questa forse è la curiosità delle curiosità.

Nel frattempo il mondo va avanti e sembra disinteressarsi dei moralismi sulla riservatezza dei cittadini italiani: nel corso degli ultimi giorni, per rimanere ai soggetti appena citati, Google ha annunciato una variazione dei termini di servizio che consentirà di utilizzare le nostre foto e i nostri dati nelle pubblicità dei suoi inserzionisti mentre Facebook ha sancito definitivamente l’impossibilità di essere iscritti alla propria piattaforma senza essere rintracciabili da altri utenti. Si tratta di due ennesimi passettini che vanno nella direzione solita della maggiore esposizione possibile dei dati che ciascuno di noi fornisce alle piattaforme di rete. Una tattica passo a passo che ricorda molto mia figlia quando gioca a uno-due-tre-stella. Tutto, ogni volta che giriamo la testa sembra placidamente immobile ma ogni volta il nostro avversario, se così lo vogliamo chiamare, è più vicino.

La terza notizia di questa settimana è che Mark Zuckerberg, definitivamente dismessi i panni del nerd che si disinteressa di quisquiglie come domicilio ed arredamento, ha acquistato per circa 30 milioni di dollari le quattro proprietà che confinano con la sua a Palo Alto. Come tanti italiani voleva essere sicuro che la propria privacy fosse tutelata e che i confinanti non sbirciassero in casa sua. In un mondo perfetto Mark, supremo esempio contemporaneo del predicatore che razzola male, avrebbe scelto i vicini dall’elenco “persone che potresti conoscere”.

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Fonte: Punto Informatico

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Come evitare di essere tracciati da Google nelle ricerche sul Web

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Quando cerchi con Google, e clicchi su un link, il tuo termine di ricerca viene solitamente inviato a quel sito, insieme alle informazioni sul tuo browser e sul tuo computer, che spesso possono identificarti univocamente.

Tutto ciò é spaventoso, ma d’altronde a chi interessa di qualche sito casuale?

Quei siti di solito hanno pubblicità di terze parti e quelle terze parti costruiscono profili sulla tua persona, ecco perchè quelle pubblicità ti seguono ovunque.

Anche questo è spaventoso, ma a chi possono interessare delle pubblicità sull’herpes? Il tuo profilo può anche essere venduto e potenzialmente apparire in posti indesiderati, come prezzi più alti e stipulare un’assicurazione.

Ma c’è di più. Ricordi le tue ricerche? Google salva salva (anche) quelle (full sentence is “Ricordi le tue ricerche? Google salva [=saves] anche [=also] quelle [=them]) .

Le tue ricerche salvate possono venire richieste legalmente  e poi ti si ritorcono contro (può succedere).

Oppure un malintenzionato impiegato di Google potrebbe mettersi a curiosare (può succedere).

O i server di Google potrebbero essere violati (può succedere).

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Ecco perchè noi non inviamo le tue ricerche ad altri siti.

O perchè non memorizziamo alcuna informazione personale.

Questa é l’essenza della la nostra politica sulla Privacy.

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Perciò non farti tracciare quando cerchi.

Usa DuckDuckGo invece.  Add to Browser

La Privacy è solo una (ragione) or un (motivo) dei tante (ragioni) or tanti (motivi) motivi per il quale è fantastico.

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Fonte: http://donttrack.us/

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