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App per comunicare con i gatti

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Ex ingegnere di Amazon sta realizzando un’App per comunicare con i gatti.

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Di John Vibes

Javier Sanchez, un ex ingegnere di Amazon coinvolto nello sviluppo del dispositivo ‘Alexa’, sta ora lavorando a un progetto che potrebbe aiutarci a comunicare con i nostri gatti.

Sanchez è attualmente un project manager con Akvelon, una società tecnologica con sede a Bellvue, Washington, e sta lavorando a un’app chiamata MeowTalk, che promette di tradurre i suoni che i gatti fanno per comunicare con gli umani.

Sanchez ha detto di aver ristretto i suoni che i gatti emettono a 9 suoni distinti, ciascuno collegato a intenzioni diverse. Ad esempio, alcuni suoni si traducono in cose come ‘Ho fame’ o ‘Sto soffrendo’.

Precisa Sanchez: “Non è una lingua. Infatti, i gatti non condividono parole né comunicano tra loro. In natura non miagolano mai l’un l’altro“.

Sanchez, mentre lavorava sul dispositivo Alexa, ha imparato molto sul riconoscimento vocale e ora sta usando questa esperienza per scoprire cosa cercanno di dire i gatti.

Con l’app MeowTalk, i proprietari di gatti possono registrare i suoni emessi dai loro gatti per poi ottenere la traduzione.

La descrizione dell’App:

L’uso dell’apprendimento automatico MeowTalk traduce istantaneamente i miagolii del tuo gatto in uno dei nove intenti generali del gatto; questi nove intenti rappresentano gli stati d’animo del gatto. Ma ogni gatto ha anche la sua vocalizzazione unica e il suo vocabolario di miagolii che va oltre questi nove intenti generali. Puoi addestrare l’app MeowTalk per apprendere il vocabolario unico dei miagoli (cat talk) del tuo gatto dicendo all’app che cosa significa ogni miagolio quando il tuo gatto lo fa. Quando fornisci all’app da 5 a 10 esempi di miagolio specifico per il tuo gatto (ad es. ‘Cibo’, ‘fammi uscire’), l’app può iniziare a riconoscere quel miagolio quando lo sente (sii il tuo traduttore di gatti).”

Il MeowTalk è ancora in fase di sviluppo ma una versione beta è già disponibile per il download su entrambi i dispositivi Apple e Andriod. Man mano che più persone usano l’app, gli sviluppatori sono in grado di perfezionare ulteriormente il riconoscimento vocale e ricevono tramite i feedback il grado di accettazione da parte degli utenti. Sanchez dice che se l’app ha successo, spera di sviluppare un collare che traduca i miagolii del tuo gatto.

Guarda il VIDEO (eng.)

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Fonte: anewspost.com

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COVID 19 | App e Privacy: controllo delle persone infette.

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                           (Photo: The Quint)

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Sorveglianza digitale ai tempi del coronavirus

27 Marzo 2020 – by csbruno

Pubblichiamo una riflessione di fixxati – hacklab in merito alla sorveglianza delle persone infette da COVID-19 e i rischi che si presentano per il futuro della privacy.

«Tecnicamente è fattibile, ma sarebbe uno strappo importante alle regole che ispirano il nostro ordinamento sulla tutela della privacy», con queste parole Nunzia Ciardi, direttrice della Polizia Postale, apre alla possibilità di utilizzare un’applicazione sugli smartphone delle persone in quarantena per tracciarne gli spostamenti. Nelle decisioni che il Governo ha da prendere per arginare la diffusione del contagio è inserita, quindi, la migliore strategia per monitorare, ed eventualmente sanzionare, le persone che escono di casa senza un reale motivo di necessità. C’è a chi non sembra vero, ed ecco che Zaia, governatore del Veneto, mette in campo anche i droni.

Moltissimi gli sviluppatori entusiasti che creano applicazioni per il controllo sociale, infatti, le tecnologie alla base di questi programmi permettono di individuare movimenti e interazioni delle persone, raccogliendo un loro diario clinico come l’insorgenza della febbre e altri sintomi, permettendo così di individuare focolai di virus. Tutti i dati, neanche a dirlo, sono raccolti anonimamente. Applicazioni di questo tipo sono state utilizzate massivamente per fronteggiare l’epidemia in Cina. Nonostante il contributo che possono aver dato le fronteggiare l’emergenza rimane l’interrogativo di cosa succederà una volta rientrata. Samuel Woodhams, esperto in diritti digitali per il sito Top10VPN e creatore dell’indice sulla sorveglianza per il COVID-19, avverte che il mondo potrebbe subire un aumento permanente della sorveglianza, anche dopo l’emergenza. Intervistato da Business Insider, afferma che senza un’adeguata regolamentazione c’è il pericolo che queste nuove misure, spesso altamente invasive, diventino la norma in tutto il mondo e che, sebbene alcune soluzioni possano sembrare legittime, rappresenterebbero un rischio per il diritto dei cittadini alla privacy e alla libertà di espressione.

Se però la strada dell’app sembra essere troppo invasiva per gli utenti, nessun problema, si possono tracciare le persone, sempre per il contenimento del coronavirus si intende, anche tramite i gestori telefonici: ne è esempio Vodafone che, con il suo programma di cinque punti per il contrasto alla pandemia, condivide con il governo informazioni sugli spostamenti delle persone delle aree infette.

Altra alternativa è quella di chiedere aiuto alle big tech come Facebook e Google, le quali sono sempre pronte ad aiutare in caso di emergenza, passando da buoni samaritani, quando altro non fanno che guadagnare sulla vendita dei dati personali. Insomma, quello di cui si sta discutendo è se mettere o meno un braccialetto elettronico virtuale a tutti i cittadini, a prescindere dal fatto che abbiano fatto o meno qualcosa di sbagliato.

Si potrebbe obiettare che comunque, utilizzando determinate applicazioni di uso comune, tutti noi effettivamente già condividiamo molti dati sulla nostra posizione, sugli spostamenti e sulle nostre reti sociali e che quindi non sarebbe un grosso cambiamento rispetto ad adesso, bisogna però far notare che in Europa vige il Gdpr, la regolamentazione sul trattamento dei dati personali, e che quindi è richiesto il consenso alla condivisione di questi dati, sarà quindi possibile rifiutarsi di installare l’applicazione del Governo? Secondo Luca Bolognini, presidente dell’Istituto Italiano per la privacy, “L’installazione dell’app potrebbe avvenire se fosse prevista, in base all’art. 14 DL 14/2020 e all’art. 25 del Codice della Protezione Civile (D.Lgs. 1/2018), con ordinanza della protezione civile, per esempio. La norma emergenziale, derivante dai Decreti Legge per il contrasto al coronavirus, prevarrebbe a mio avviso sulla norma speciale di cui all’art. 132 del Codice Privacy.”

Uno Stato di Polizia vero e proprio, degno dei racconti distopici di Orwell, che però viene mascherato con la necessità di dare risposte forti alla diffusione del virus e al quale ci stiamo rassegnando senza opporre alcuna protesta, anzi accettandolo come unica soluzione per il contrasto del contagio.

Non sta a noi criticare la gestione di questa difficile emergenza, è la prima volta anche che ci troviamo ad avere a che fare con una pandemia, ma la domanda che ci poniamo è: cosa succederà dopo?

Forme di controllo basate sulla sorveglianza costante esistono dalla notte dei tempi, dallo schierare polizia e militari nelle strade, passando per la tecnologia da accesso a modalità sempre più efficienti di sorveglianza. Non è nemmeno la prima volta che vengono invocate forme di sorveglianza massiva in nome della sicurezza: dopo l’attentato dell’11 settembre il congresso degli Stati Uniti approvò infatti il cosiddetto Patriot Act, di fatto inaugurando quello che solo anni dopo Snowden rivelò al mondo come una massiva operazione di sorveglianza dei cittadini americani.

Non c’è dubbio che l’applicazione di queste nuove forme di controllo vada nella direzione di portare investimenti per sistemi di sorveglianza più “Smart” anche nel nostro paese. Sistemi e modalità di sorveglianza massiva come quelli della Cina potrebbero lentamente prendere forma anche qui. Cedere la riservatezza delle nostre attività in cambio di una promessa sicurezza ci rende in realtà deboli di fronte a chi dovrebbe proteggerci.

Per questo motivo pensiamo che l’adozione, in tempi di necessità, di determinate pratiche di sorveglianza non debba essere fatta alla leggera, e che questo controllo debba essere limitato al periodo dell’emergenza assicurando i cittadini che, una volta superata la fase critica, venga dismesso e non impiegato per altre attività al di fuori del contenimento del virus.

Qualcuno definisce il diritto alla privacy come il diritto ad essere imperfetti. L’imperfezione agli occhi di chi ci controlla e ci punisce per questa “imperfezione”. Sta a noi stabilire se e come vogliamo accettare questo controllo sulla nostra quotidianità.

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Fonte: CSA BRUNO

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Attenzione! Un App può rilevare e registrare tutto del vostro smartphone o tablet

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MSPY: l’app per spiare smartphone e tablet. WhastApp, Viber e Facebook inclusi

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L’app, installata su iOS o Android, ne tiene traccia della posizione e memorizza le telefonate, i messaggi, le email e tutte le attività svolte dall’utente, incluse le chat di WhatsApp, Facebook e Viber.

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Concepita per controllare legalmente il cellulare dei propri figli o dei dipendenti dell’azienda, mSpy è un’applicazione che sicuramente farà venire i brividi a chi, giustamente, ama preservare la propria privacy ed i propri dati personali.

Tramite questa applicazione, installabile sia su dispositivi Android che iOS, i genitori, le aziende ed i malintenzionati, avranno la possibilità di accedere totalmente al dispositivo sul quale è installata. Sarà possibile controllare in remoto tutte le attività relative al telefono o al tablet, inclusi i messaggi istantanei con WhatsApp, Facebook e Viber, ed addirittura sarà possibile avere accesso alle foto ed i video memorizzati.

Si tratta indubbiamente di un’arma pericolosissima, che mette a rischio la privacy di tutte le persone sui cui dispositivi verrebbe installata l’applicazione. Per ovviare il problema, almeno in termini legali, l’azienda invita chi desidera sorvegliare qualcuno ad avvisare il sorvegliato, un controsenso considerando il fatto che più volte pubblicizza la totale intracciabilità ed invisibilità del software che, una volta installato, verrà eseguito in una modalità stealth, totalmente invisibile alla povera vittima.

La versione per Android di mSpy è compatibile con tutti i nuovi dispositivi disponibili in commercio come il Galaxy S4 e l’HTC One, ma per spiare le chat di applicazioni come Facebook, WhatsApp e Viber, è necessario che sui dispositivi venga effettuato il root. Fortunatamente anche per iOS la situazione è molto simile: per funzionare al 100% l’applicazione ha bisogno di un dispositivo sul quale è stato effettuato il jailbreak, procedura che attualmente è possibile solo sulle vecchie versioni di iOS 6 e non sul nuovo iOS7.

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Fonte: fanpage.it

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