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Luci e ombre del reddito di cittadinanza

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di Pio Russo Krauss

Molti credono che i poveri sono quelli che non hanno un lavoro. Ma le cose non stanno così. In Italia il 10% degli operai e l’1% degli impiegati è “in povertà assoluta” (cioè guadagna così poco da non riuscire a soddisfare i suoi bisogni primari: meno di 603 euro al mese per una persona di 18-59 anni che abita a Napoli, meno di 566 euro se abita in un piccolo comune, meno di 980 euro per una coppia di napoletani con un bimbo piccolo [1]). Il 12% di tutti i lavoratori è a rischio povertà [2].

Le persone in povertà assoluta sono 4,6 milioni (di cui 1,4 milioni minorenni) e si trovano soprattutto al Sud: l’8,5% delle famiglie del Meridione si trova in questa situazione, al Nord è il 6% e al Centro il 4,5% [1].

Un altro indicatore di quanto sia diffusa la precarietà economica è il numero di persone che non hanno alcun euro da parte o una quantità davvero misera: in Italia 10 milioni di persone hanno meno di 400 euro di “risparmi”.

Questi dati si riferiscono al 2019, prima della crisi economica determinata dal covid, e dipingono un quadro drammatico. Eppure nel 2019 la situazione è migliorata: dopo quasi 10 anni la povertà per la prima volta diminuisce e in maniera molto significativa. Infatti le persone a rischio di povertà sono diminuite di un milione, quelle in povertà assoluta di circa mezzo milione e chi rimane povero lo è un poco meno [1].

La causa principale di tale miglioramento è l’istituzione del cosiddetto reddito di cittadinanza (in realtà un sostegno al reddito per persone povere o a rischio di povertà). Probabilmente non è l’unica causa (come qualche giornale e qualche politico ha detto). Ciò è vero soprattutto per la riduzione del numero delle persone a rischio di povertà, perché in tutta la UE c’è stata una diminuzione di tale categoria, anche se da noi è stata doppia (-1,7% contro -0,8% della UE [3]).

La povertà è un fenomeno complesso e per giudicare i provvedimenti per contrastarla bisogna cercare di non avere preconcetti, conoscere bene le caratteristiche del provvedimento e cercare verificare tutti gli effetti. Qui cercheremo di analizzare il reddito di cittadinanza (RdC)

Il reddito di cittadinanza si propone tre obiettivi: 1) sostenere economicamente chi è povero; 2) far lavorare i poveri che possono lavorare; 3) recuperare socialmente quelli che non possono lavorare.

Esso è condizionato a determinati requisiti e obblighi. Tra i requisiti: essere cittadino italiano o straniero regolare risiedente in Italia da almeno 10 anni; avere un reddito complessivo ISEE inferiore a 9.360 euro annui (se si è in casa in affitto); non avere depositi bancari/postali superiori a determinate cifre; non avere proprietà immobiliari del valore superiore a 30.000 euro (esclusa la casa dove si abita); non possedere veicoli superiori a un determinato valore ecc.

Per quanto riguarda gli obblighi essi variano a seconda se si viene giudicati idonei a lavorare o bisognosi di un reinserimento sociale. Nel primo caso si è obbligati a svolgere corsi di qualificazione, accettare il lavoro offerto, prestare tra 8 e 16 ore settimanali di lavori socialmente utili organizzati dal Comune ecc. Nel secondo caso a partecipare a un patto personalizzato per l’inclusione sociale, che può prevedere obblighi quali: sottostare a determinate cure (psichiatriche, di disassuefazione da dipendenze ecc.), mandare i figli a scuola ogni giorno, partecipare a colloqui o corsi, accettare l’aiuto di operatori sociali ecc.

L’assegno economico che si riceve varia in base al reddito, al numero di componenti della famiglia, alla presenza di persone disabili ecc. e può andare da 40 euro a oltre i 1.000 euro al mese (per 200mila percettori è inferiore a 200 euro, per 60mila superiore a mille euro, la media è 253 euro per i pensionati e 573 euro per chi non lo è [4]).

Come ogni intervento esso è esposto a due tipi di “errore”: 1) non raggiungere le persone che si prefiggeva di aiutare; 2) reclutare persone che non si voleva aiutare. Dall’analisi dei vari tipi di sostegno al reddito attuati nella UE si sa che circa il 20% dei soggetti bisognosi del sostegno non lo riceve [5]. I motivi possono essere vari: mancata conoscenza di questa opportunità, convinzione che non si è capaci di presentare la domanda, sfiducia, difficoltà di poter fornire i dati richiesti, timore di perdere condizioni che non si vuole perdere (lavoro a nero, altri sussidi), indisponibilità a sottostare agli obblighi richiesti, vergogna a svelarsi come povero, criteri troppo stringenti ecc.

L’altro tipo di “errore” può avere due ordini di cause: la difficoltà di individuare efficaci criteri (e buoni strumenti per certificane il possesso) e i comportamenti illegali (evasione fiscale, lavoro nero, dichiarazioni false, documentazione contraffatta ecc.). In genere più si cerca di evitare uno dei due errori e più aumenta la probabilità di cadere nell’altro. Secondo alcuni autorevoli esperti [5, 6] il reddito di cittadinanza cade soprattutto nell’errore di primo tipo (non riesce a raggiungere il 30% di quelli che ne avrebbero realmente bisogno [5]). Non c’è molto da stupirsi: questa misura di sostegno ai poveri è stata molto avversata e con argomentazioni che facevano riferimento solo al secondo tipo di “errore”: “Soldi ai nullafacenti”, “Così si invoglia la gente a starsene seduta sul divano”, “Lo Stato aiuta i disonesti e non si interessa dei lavoratori”, “No all’assistenzialismo” ecc. Per alcuni opinion leader la possibilità di percettori impropri era un motivo sufficiente per non introdurre una tale misura (come a dire che poiché alcuni non pagano il biglietto sui mezzi pubblici si può anche abolire il servizio). Così sono stati aumentati criteri e obblighi per accedere al sussidio: forse abbiamo avuto meno non aventi diritto che l’hanno percepito, ma abbiamo sicuramente avuto più aventi diritto che non lo hanno avuto. Ci si dovrebbe chiedere se ne è valsa la pena. Soprattutto in considerazione del fatto che i non aventi diritto che ricevono il sussidio sono comunque persone con basso reddito anche se non povere (è difficile che un ricco o un benestante acceda al RdC, ma proprio per questo riceve enorme attenzione dai media). Certo bisogna impedire tali comportamenti delittuosi, ma il problema lo si deve affrontare con attività investigativa (controlli incrociati) e con la certezza della pena. Quanti siano i percettori illeciti del reddito di cittadinanza è impossibile saperlo. Nel 2019 sono state denunciate alla magistratura 709 persone e, spesso, grazie a questi controlli, sono state scoperte aziende in nero. Sarebbe bene che la lotta al lavoro nero fosse molto più incisiva, perché in tal modo diminuirebbe l’evasione fiscale, lo sfruttamento dei lavoratori, l’inquinamento ambientale e anche il fenomeno dei finti “privi di reddito” che percepiscono sussidi.

Malgrado i limiti sopra esposti possiamo dire che il primo obiettivo (sostenere i poveri e le persone a rischio di povertà) è stato abbastanza raggiunto.

Esaminiamo ora il secondo obiettivo (far lavorare i poveri che possono lavorare). Il 55% dei percettori del reddito di cittadinanza non è, al momento, idoneo al lavoro (perché pensionato, malato, responsabile della cura di un minore o di un disabile, disoccupato da troppo tempo ecc.). Il restante 45% (1.369.000 persone) ha sottoscritto il patto per il lavoro ma solo 352mila persone, cioè il 26%, hanno avuto almeno un rapporto di lavoro (il 65% a tempo determinato, il 15,5% a tempo indeterminato) [4]. Tale magro risultato è solo in parte ascrivibile al ritardo col quale sono entrati in servizio i cosiddetti “navigator”. Due sono i motivi principali: 1) l’offerta di lavoro è scarsa; 2) le persone povere, anche se teoricamente adatte a lavorare, non sono quelle che il mercato del lavoro oggi cerca (per esempio il 70% ha solo un titolo di studio inferiore, mentre oggi si vuole personale qualificato [5]).

Pensare che i corsi di formazione e i centri per l’impiego avrebbero potuto risolvere la questione era ingenuo e velleitario. Ancora più fuori dalla realtà è pensare che servano le minacce (togliere il sussidio) o costringere i datori di lavoro a prendere personale non qualificato o non idoneo (si pensi alle proposte della Lega e di Fratelli d’Italia di utilizzare i percettori del reddito di cittadinanza per svolgere i lavori agricoli). Proposte demagogiche che però fanno presa su chi non conosce le situazioni.

Il secondo obiettivo, quindi, in parte è fallito, ma è fallito perché era velleitario. La disoccupazione la si combatte con la politica economica, industriale, del lavoro, agricola, turistica, sanitaria, educativa, con la velocizzazione della giustizia civile ecc. molto più che con una misura come il reddito di cittadinanza.

Per quanto riguarda il terzo obiettivo (il recupero sociale di soggetti problematici) a oggi non vi sono dati sufficienti per dare un giudizio.

Un’altra accusa che è stata fatta al reddito di cittadinanza è di favorire “l’indolenza e la pigrizia” dei poveri (come se la povertà fosse una colpa dei poveri e non un’ingiustizia sociale). In realtà le ricerche effettuate in altri Paesi UE evidenziano che tale fenomeno è del tutto marginale e ciò, molto probabilmente, vale anche per il reddito di cittadinanza, perché utilizza accorgimenti, quale la riduzione scalare dell’assegno in base al numero dei componenti il nucleo familiare, che hanno proprio questo fine [7]).

Un’altra critica che viene mossa è che pochissimi percettori del reddito hanno svolto le 8-16 ore settimanali di lavori socialmente utili, ed è vero (sono solo 7.000 persone). Bisogna però considerare che il decreto attuativo è stato varato a ottobre 2019, dopo il quale i Comuni hanno potuto attivarsi (deliberare i progetti di lavoro ecc.), ma da marzo a luglio a causa del covid si è fermato tutto e quando si è ripartiti c’erano tutte le difficoltà legate alla pandemia. In realtà è molto più complicato di quel che si pensa impiegare i percettori di reddito in lavori socialmente utili. Come ha detto il responsabile per il welfare dell’ANCI: “È un problema di risorse umane e finanziarie. Risorse che i Comuni non hanno. Dietro ai Puc (i lavori socialmente utili, ndr) c’è un gran lavoro: programmazione, raccordi con i nuclei familiari, i Centri per l’impiego e il Terzo settore, predisposizione di bandi, stipula di convenzioni e assicurazioni, formazione, tutoraggio, acquisto dei dispositivi di protezione, predisposizione di schede e via di seguito. Un insieme di attività che richiede personale e fondi, spesso sottratti ad altri compiti” [8]. Tutto ciò scoraggia molti Comuni dal servirsi di questa opportunità.

Una critica che noi facciamo al RdC è la scarsa considerazione per gli stranieri in povertà. Concedere il sussidio solo agli stranieri che da almeno 10 anni risiedono legalmente in Italia è, a nostro giudizio, una scelta ingiusta e sbagliata. Questi lavoratori hanno pagato per 3, 5, 7, 9 anni contributi pensionistici e tasse e a moltissimi di loro l’INPS non verserà mai la pensione (perché avranno lasciato il nostro Paese o perché non avranno raggiunto il minimo): se ora una parte di loro è povera, perché non aiutarla? L’integrazione degli stranieri non passa anche dal venire incontro ai loro bisogni e dal farli sentire parte della nostra società? Meno disuguaglianze non significa anche meno tensioni e conflitti?

Purtroppo per vari esponenti politici e opinion leader dare soldi agli stranieri è una bestemmia e darli ai poveri quasi. Il reddito di cittadinanza è costato 3,8 miliardi nel 2019 e poco meno di 6 miliardi nel 2020 e c’è stato un coro di voci di protesta, come se per colpa di questa manovra l’Italia andasse in bancarotta. L’abolizione dell’IMU costa 4 miliardi all’anno, il superbonus al 110% 10 miliardi (che per il 35% andranno a famiglie ad alto reddito [9]), eppure sono pochissime le voci contrarie a tali provvedimenti. Forse perché i beneficiari non sono i poveri (la maggioranza dei poveri abita in case in affitto e un centinaio di migliaia abita per strada)? Lo Stato regala 8.000 euro a chi compra un’auto elettrica (prezzo da 26.000 a 116.000 euro), 4.500 a chi compra un’auto ibrida (prezzo da 30.000 a 182.000 euro), 260 milioni alle aziende delle acque minerali, 1.316 milioni alle proprietarie di centrali elettriche a combustibili fossili (i principali responsabili del cambiamento climatico) eppure solo qualche associazione ambientalista protesta [10]. Si sono fatti innumerevoli regali ai ricchi (abolizione dell’IVA sui beni di lusso, riduzione delle aliquote IRPEF per i redditi alti, diminuzione delle tasse di successione ecc.) e solo pochi hanno protestato. Insomma in Italia ci si indigna solo quando sono i poveri a essere aiutati. Forse anche perché la maggioranza dei poveri è al Sud e il Sud deve sempre avere meno finanziamenti del Nord e del Centro.

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Fonte: Associazione Marco Mascagna

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Note: 1) Istat: Report povertà 2019; 2) Per l’Istat le persone “a rischio di povertà” sono quelle che vivono in famiglie con un reddito equivalente inferiore al 60 per cento del reddito equivalente mediano, per una famiglia composta da una sola persona significa guadagnare meno di 1100 euro lorde al mese; 3) Eurostat 2020; 4) INPS: www.inps.it/nuovoportaleinps/default.aspx?itemdir=51758; 5) www.eticaeconomia.it/le-critiche-al-reddito-di-cittadinanza-proviamo-a-fare-chiarezza; 6) ci riferiamo alle analisi degli economisti Maurizio Franzini e Michele Raitano (docenti alla Sapienza) e Elena Granaglia (doc. a Roma Tre); 7) www.eticaeconomia.it/le-critiche-al-reddito-di-cittadinanza-proviamo-a-fare-chiarezza-seconda-parte; 8) VITA: reddito di cittadinanza e progetti utili alla collettività; 9) Lo dichiara un documento del Governo Italiano che stima che solo il 10% dei fondi del superbonus avvantaggeranno le persone di basso reddito, mentre per il 35% quelle ad alto reddito. Si veda: Bloomberg: Climate Adaptation Italy Bets on a Low-Tech Plan to Green the Economy and Save Jobs, 29 dicembre 2020; 10) Legambiente: Stop sussidi alle fonti fossili e ambientalmente dannosi, 2020

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Approfondimento

Reddito di Cittadinanza  (RDC)

Redditodicittadinanza – Ministero Lavoro

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Riflessioni sul nostro mondo e sul Natale

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Riflessioni sul nostro mondo e sul Natale

di Pio Russo Krauss

In Italia circa 51.000 persone non hanno casa e vivono per strada [1] . Nel solo 2016 sono stati eseguiti 35.000 sfratti [2]. Gli appartamenti sfitti sono 7 milioni (di cui 4,3 milioni sono case di vacanza e 2,7 milioni appartamenti privi di uso) [3].

Il Governo, invece di garantire un tetto a chi dorme per strada, ha varato la legge su “decoro e sicurezza urbana”, che prevede sanzioni per chi si sdraia nelle stazioni, sui marciapiedi, sulle panchine dei centri storici e situate vicino ai monumenti. Aumentano gli episodi di intolleranza e di violenza verso questi poveri e il favore verso i provvedimenti contro di loro.

Dal 2013 al 15 giugno 2017 sono annegati nel Mediterraneo 15.000 persone che fuggivano da guerre, da dittature, dall’ISIS, da persecuzioni oppure dalla fame, dalla mancanza di qualsiasi possibilità di lavoro [4]. La UE e l’Italia invece di accogliere questi disperati e di creare canali di ingresso sicuri e legali (come i trattati internazionali prescrivono) spendono milioni di euro per cercare di bloccarli in Libia, Turchia, Sudan, Eritrea, Niger, finanziando così dittatori e perfino trafficanti e gettando i migranti nelle mani di persone senza scrupoli [5, 6]. Come ha detto il Commissario ONU per i Diritti Umani “La politica dell’Unione Europea di assistere la guardia costiera libica nell’intercettare e respingere i migranti nel Mediterraneo è disumana. La sofferenza dei migranti detenuti in Libia è un oltraggio alla coscienza dell’umanità. La comunità internazionale non può continuare a chiudere gli occhi sugli orrori inimmaginabili sopportati dai migranti in Libia” [7]. Un’altra agenzia ONU (l’OIM) ha scritto: “I trafficanti di ieri sono le forze anti-trafficanti di oggi” [6].

Gli stranieri presenti nel nostro territorio sono accusati di essere ladri, stupratori e rapinatori anche se i dati dicono che delinquono meno degli italiani [8]. Così acquistano maggiore potere i partiti e i gruppi razzisti, xenofobi o che promettono di “ripulire la città di zingari, senzatetto, accattoni”.

I cittadini italiani in povertà assoluta sono 4.750.000, di questi 1.290.000 sono bambini e ragazzi. Negli ultimi anni in Italia la povertà è aumentata, ed è aumentata anche la ricchezza di ricchi e benestanti, per cui il divario tra il 20% degli italiani più ricchi e il 20% degli italiani più poveri è aumentato del 9% [9].

I poveri si vergognano della loro situazione, la vivono come una colpa e una parte della popolazione li disprezza, prova sentimenti di repulsione e di antipatia. Come se l’essere povero fosse una scelta e non una condizione disgraziata da cui oggi è difficilissimo uscire (chi assumerebbe un senzatetto?).

La spesa militare mondiale nel 2013 è stata di 1.435 miliardi di euro (quasi 4 miliardi di euro al giorno), con un aumento in termini reali dello 0,5% rispetto all’anno precedente e di circa il 40% in più di quella degli anni ’90. L’Italia è all’11° posto, superando Paesi come Brasile, Israele, Australia, Spagna [10]. Nella finanziaria 2018 è prevista una spesa di 25 miliardi: il 5% in più rispetto al 2017, che già aveva visto un aumento del 10% sul 2016 [11]. Mentre la spesa militare aumenta ogni anno quella per la sanità diminuisce, in media dello 0,1% all’anno dal 2010 al 2016 [12].

Tra qualche giorno si festeggerà la nascita di Gesù. E lo faranno in tanti, quasi tutti. E ciò stride con la situazione illustrata dai dati prima citati, perché Gesù fu un povero, un senzatetto (“Il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” Lc. 9,58); uno straniero (figlio di Galilei – popolazione disprezzata dai Giudei – nato in Giudea); una persona che ha sempre manifestato una scelta preferenziale per i poveri, gli emarginati, gli esclusi; uno che ha gridato “Guai ai ricchi” (Lc 5,24), che ha affermato che il criterio per giudicare la bontà e la realizzazione di una persona è il suo comportamento verso chi è nel bisogno (“Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito” Mt. 25,35); un nonviolento, un predicatore di pace e di fratellanza universale (“Amatevi gli uni gli altri” Gv. 13,34, “Amate i vostri nemici, fate del bene a chi vi vuol male” Lc 6,27).

Come è possibile che si possa festeggiare la nascita di un simile personaggio e poi fare il contrario di quello che lui ha detto e fatto? Come è possibile che la fratellanza, valore non solo cristiano ma anche laico (fraternité, egalité, liberté), possa essere così negata nel nostro mondo?

Per fortuna ci sono persone che si battono contro l’ingiustizia e la violenza, che praticano concretamente la fratellanza, l’uguaglianza e la libertà e che non stanno zitti di fronte a chi semina l’odio, che si mettono dalla parte dell’immigrato, del senza-tetto, del povero e dell’emarginato.

Sono pochi? Forse sono molto più di quanto pensiamo.

Quanti sono a conoscenza dei molti gruppi di volontari che si danno da fare per i senza dimora, come la fondazione Leone, il Centro Buglione, La Tenda, Il Centro Astalli, la Ronda del Cuore ecc.? A Napoli tra associazioni, enti ecclesiali, cooperative e fondazioni sono circa 70 i gruppi che prestano assistenza a queste persone.

Quanti sanno delle persone che col consenso dei Ministeri dell’Estero e degli Interni, ma senza un euro di contributo statale organizzano l’ingresso legale di persone in fuga da guerre e dittature e il loro soggiorno presso famiglie. In un solo anno il progetto Corridoi Umanitari della Comunità di S. Egidio, Chiese Evangeliche e Tavola Valdese ha salvato circa 1.000 persone.

E come non ricordare l’encomiabile lavoro delle ong operanti in mare che nel solo 2016 hanno salvato 46.796 migranti. O le decine di migliaia di persone che a ridosso di ferragosto hanno firmato l’appello a favore delle ONG e contro la politica antiimmigrazione del Governo?

Quanti conoscono i gruppi di musulmani che si battono contro i fondamentalisti e per la pace? Quanti hanno saputo del convegno tenutosi a Torino dal titolo “Islam contro islamismo”, nel quale gli islamici si sono interrogati su perché una parte di musulmani assume posizioni violente e intolleranti e su quali sono le radici della violenza nella loro religione? Un esempio che dovrebbe seguire chiunque si riconosce in una religione o in una qualsiasi corrente di pensiero (fosse anche quella di “non averne alcuna”).

Insomma, malgrado le molte ingiustizie e problemi del nostro mondo e malgrado i giornali e le televisioni enfatizzano il peggio dell’uomo, favorendo la diffidenza, la paura, l’egoismo e l’assenza di speranza, la realtà è molto più variegata e composita, vi è tanto che non va ma anche molto bene, e la situazione può evolvere in peggio ma anche molto in meglio.

Soprattutto vi sono innumerevoli persone oneste, miti, che praticano i valori della fratellanza, dell’uguaglianza, della libertà, che lottano per la giustizia e per la pace.

Non sono la maggioranza? E’ vero, non lo sono. Ma la Storia ci insegna che sono sempre state le minoranze che hanno reso il mondo migliore. E’ grazie a minoranze, ma coerenti e determinate, che la schiavitù non è più ammessa, che la democrazia si è affermata, che le donne hanno compiuto passi enormi di emancipazione, che sono state varate norme per tutelare i lavoratori, per dare assistenza ai malati, per aiutare chi è in difficoltà, per combattere l’inquinamento, per mettere un freno alla violenza e alla sopraffazione.

Noi ci sentiamo parte di queste minoranze. Crediamo che le nostre piccole azioni e il nostro piccolo impegno non è sterile proprio perché sono state sempre le minoranze attive a innescare e realizzare processi di cambiamento.

Festeggeremo con piacere e con coerenza la nascita di quel nazareno povero e mite, nato in terra straniera, che ci ha lasciato un messaggio ancora oggi attualissimo e rivoluzionario. Con questo spirito auguriamo a tutti un buon Natale.

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Fonte: Il Giardino di Marco

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1) www.istat.it/it/archivio/175984; 2) http://ucs.interno.gov.it/FILES/allegatinews/1263/Pubblicazione_sfratti_2016.pdf;

3) Istat: XV censimento generale della popolazione e delle abitazioni; 4) UNHCR 2017; 5) www.africa-express.info/2017/03/01/accordo-sui-migranti-con-il-sudan-europa-e-italia-complici-delle-violazioni-dei-diritti-umani; 6) OIM https://reliefweb.int/sites/reliefweb.int/files/resources/N1711623.pdf; 7) UHNCR 15/11/17; 8) Ministero della Giustizia 2017 www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_14.wp si veda il nostro messaggio n.23 del 25/10/17; 9) Istat 2017; 10) SIPRI 2017; 11) http://milex.org/2017/11/17/italia-cresce-la-spesa-pubblica-in-armamenti; 12) https://www.ambrosetti.eu/ricerche-e-presentazioni/rapporto-meridiano-sanita-2017/

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Guardare la realtà dalla parte degli ultimi

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Spesso un’immagine spiega la realtà più delle parole, per questo vogliamo proporvi 3 immagini.

di Pio Russo Krauss

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Mensa Caritas – Milano

La foto mostra persone in attesa alla mensa Caritas di Via Monza a Milano. Ogni giorno circa 1000 persone mangiano a questa mensa. 20 anni fa erano meno di 100. Sono italiani e stranieri, giovani, anziani, persone di mezza età, disoccupati e persone che lavorano.

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Fig. 2.

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Fig. 2. Il grafico mostra l’andamento della produttività e dei salari nei Paesi sviluppati. L’andamento non è parallelo, questo significa che la produttività è aumentata, ma il guadagno conseguito è stato intascato dai padroni, mentre i salari medi sono rimasti al palo. Contemporaneamente la disoccupazione è aumentata (soprattutto tra gli operai). In Italia un operaio su 4 è povero (il 12 % degli operai è in povertà assoluta, il 18% in quella relativa: i peggiori dati degli ultimi 10 anni) [1].

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Fig. 3.

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Fig. 3.  Negli USA la forbice tra produttività e salari è ancora più accentuata che negli altri Paesi ricchi.

In tutti i Paesi ricchi (Europa occidentale, Nord America e Oceania) diminuiscono i salari (o sono stazionari), aumentano i poveri e le persone in difficolta economica, aumenta la ricchezza di chi è ricco e, quindi, si inaspriscono le disuguaglianze. I Paesi in cui questi fenomeni sono più accentuati sono USA, Italia, Inghilterra.

Negli USA il 16% della popolazione è povera. 20 milioni di persone sono in povertà estrema (reddito annuo inferiore a 12.000 dollari per una famiglia di 4 persone), 30 milioni in povertà (reddito annuo tra 12 e 23.000 dollari per famiglia di 4 persone) [2].

Dal 2004 al 2014 il reddito medio delle famiglie americane è diminuito del 14%. Il costo per l’abitazione, per il 40% della popolazione meno abbiente, negli ultimi 10 anni è aumentato del 35% . Per cui il potere di acquisto dei meno abbienti è diminuito ben più del 14% [3].

Negli ultimi 8 anni il numero di cittadini americani costretti a ricorrere ai food stamps (buoni alimentari) è aumentato del 60% (erano 28 milioni ora sono 45 milioni).

Al tempo stesso cresce la ricchezza degli USA, ma va tutta verso i cittadini più ricchi. Si stima che le 20 persone più ricche possiedano 732 miliardi di dollari. Per raggiungere una tale cifra si devono sommare tutte le ricchezze del 47% della fascia meno ricca degli statunitensi (152 milioni di persone).

Molti sono rimasti sorpresi della vittoria di Trump negli USA, del Si alla Brexit in Gran Bretagna o del crescente consenso ai partiti “populisti” e a personaggi discutibili. Sicuramente i motivi di tali eventi sono molteplici. Le immagini e i dati che prima abbiamo mostrato probabilmente hanno molto a che fare con tutto ciò.

La storia sembra stare prendendo una brutta china, così come la prese dopo la prima guerra mondiale. Ma siamo ancora in tempo per porvi rimedio.

La povertà, le disuguaglianze, lo sperpero non sono eticamente tollerabili: e già solo per questo bisognerebbe fare tutto il possibile per porvi rimedio. Oggi sappiamo che sono anche causa di crisi economiche, di insicurezza, di delinquenza, di disgregazione del patto sociale, di conflitti, di crisi della democrazia. Per questo la lotta alla povertà, alle disuguaglianze, allo sperpero deve essere la priorità. Ogni scelta che si compie deve essere vagliata chiedendosi se è a favore dei poveri o no, se aumenta le disuguaglianze o le colma. Dobbiamo metterci nei panni degli ultimi, vedere la realtà dal loro punto di vista, coinvolgerci con loro. Sarà l’inizio di una liberazione.

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[1]   ISTAT: La povertà in Italia (2016) http://www.istat.it/it/archivio/189188 ;

[2]   www.census.gov/prod/2013pubs/p60-247.pdf)

[3]  Pew Charitable Trusts www.vita.it/attachment/c805d40d-27fc-4390-aeee-d08378b3aa93

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Fonte: Associazione Marco Mascagna

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