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I nostri acquisti restano prima di tutto un atto politico | Un mese senza supermercati!

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Un mese senza supermercati

di mrmondialisation.org

Proprio nello stesso periodo in cui i supermercati e i grandi magazzini sono stati regolarmente sotto il fuoco delle critiche in questi ultimi mesi, soprattutto perché il loro modello economico soffoca i produttori, una iniziativa svizzera, ”Febbraio senza supermercati” sostenuta da En Vert et contre Tout incontra un bel successo mediatico e popolare, sia fra i nostri vicini elvetici che in Francia.

Son già diversi anni che personalità e gruppi locali chiamano a rinunciare ai supermercati. La sfida “Febbraio senza supermercati”, sostenuta e mediatizzato da En Vert et Contre Tout in partenariato con ArboLife, è stata lanciata perché l’idea prenda una dimensione collettiva più globale. Sperimentata nel 2017 e ripetuta quest’anno, conosce un successo sempre più grande. La parola d’ordine, alla quale cittadini e cittadine della Svizzera e della Francia sono chiamati a unirsi in maniera volontaria ai gruppi locali, è un invito a riflettere sui nostri consumi quotidiani ed eventualmente a orientarli verso i prodotti locali, per sostenere un altro modello economico e sociale. E anche molto semplicemente a scoprire che è davvero possibile fare a meno del supermercato senza per questo rovinarsi.

Quando consumare diventa un atto politico

L’obiettivo principale di questa sfida è d’interrogarsi collettivamente e individualmente a proposito del modello economico che desideriamo sostenere attraverso i nostri acquisti, affinché le nostre spese possano trasformarsi in un atto politico. Gli individui passano così dallo statuto di “consumatori” a quello di “consum-attori” come ci spiega Leïla Rölli di EnVert et Contre Tout. In questo contesto, si tratta, secondo l’appello, di “incoraggiare i commerci indipendenti, scoprire i piccoli negozi del quartiere, sostenere i piccoli produttori, favorire la vendita alla rinfusa e il commercio locale, ripopolare i mercati oppure anche reimparare a comprare solo l’essenziale. Ma è anche l’opportunità di far sapere a questi grandi supermercati che non siamo d’accordo su tutto questo impacchettamento o sulla loro politica dei prezzi che schiaccia i produttori”.

In Francia un’iniziativa di questo tipo era nata già nel 2016, sotto la spinta della giornalista Mathilde Golla. Rapidamente, con gli scandali a ripetizione in cui sono impantanati gli attori della grande distribuzione e con l’interesse crescente dei cittadini per le questioni sociali e ambientali, l’idea si è fatta sempre più popolare. Dopo aver trovato un’eco in Svizzera nel 2017, la sfida è stata estesa al 2018. Si tratta di una risposta al “periodo di eccesso di consumo del dopo Natale”, e fa onore a tutti quelli che investono in questa causa, come le cooperative di consumatori o i negozi “Zéro déchets” (1) precisa Leîla Rôlli.

Non fa niente se (non) potete arrivare fino in fondo

Secondo Leîla Rôlli, l’essenziale è partecipare entro i propri limiti, non fa niente se i partecipanti non riescono a mantenere la scommessa per tutto il mese. Infatti, impegnandosi, ognuno può testimoniare della propria sensibilità a questa problematica. “L’importante è approfittare di questa occasione per interrogarsi sui nostri principi e le nostre occasioni di consumo” precisa sul suo sito Léa Candaux Estevez, una cittadina impegnata a Neuchâtel, aggiungendo che ”non fa niente se voi sapete in anticipo che avrete bisogno di andare una, due o anche tre volte nello stesso supermercato, perché non avete altre alternative per uno o un altro prodotto che avete l’abitudine di consumare”. L’entusiasmo è palpabile con più di 20.000 partecipanti in Francia e in Svizzera nel 2018, contro meno di 1.000 in Svizzera l’anno precedente. È che “le mentalità cominciano a cambiare” si rallegra Leïla Rölli, che fa notare come l’iniziativa è sempre più trattata nel dibattito pubblico.

Nel suo appello, la giornalista preferisce anticipare certe critiche che erano state formulate l’anno passato, soprattutto il preconcetto che un tale boicottaggio metterebbe in pericolo i posti di lavoro di questi grandi supermercati. Eppure questo tipo d’azione ha poco impatto sull’economia dei supermercati. Anche se questi dovessero perdere qualche centinaio di clienti, i loro margini di guadagno, in milioni, sono sufficientemente importanti. Al contrario, un pugno di clienti in più per i negozi del quartiere porterebbe a quest’ultimi una boccata d’aria sufficiente e forse anche nuovi posti di lavoro e un rinforzo dell’economia locale.

Del resto, il principio economico sul quale si basano i supermercati è proprio l’effetto di scala che permette di impiegare un minimo di persone per una quantità di vendita più importante e così molti negozi locali possono impiegare più persone che un grande magazzino. Questo principio funziona ugualmente anche con la ristorazione veloce o i centri commerciali. L’apertura di un grande complesso di vendita significa spesso il fallimento invisibile di numerosi commercianti locali facendo allontanare i cittadini consumatori dalle vie commerciali che animano il centro della città. […]

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Traduzione di Livia Puccinelli per Comune.

Fonte: comune-info.net

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Impossible Burger | I rischi della carne vegetale

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Gli sporchi segreti della carne vegetale

 di Silvia Ribeiro

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L’industria della carne è un grave problema per la salute, l’ambiente e per gli animali che sono costretti a vivere tutta la loro vita in condizioni deplorevoli. Per tutte queste ragioni, sempre più persone scelgono di mangiare meno carne o di abbandonare totalmente il suo consumo. Davanti a questa domanda, l’industria dei sostituti vegetali della carne cresce molto rapidamente, ma sono davvero migliori?

Ad esempio, il cosiddetto hamburger impossibile (Impossible Burger) dell’impresa high-tech Impossible Foods, nella quale molti operatori provengono dall’industria biochimica e informatica più che da quella alimentare, è uno dei prodotti di questo fiorente mercato. Lo presentano come completamente vegetale, ma con una salsa segreta che lo fa sanguinare e con un sapore e un colore molto simili a quelli della carne.

L’ingrediente che gli dà questo effetto, la leghemoglobina (abbreviata in inglese SLH o semplicemente heme), è in questo caso un prodotto derivato dall’ingegneria genetica che non è stato approvato come sicuro per la salute umana dall’Agenzia per gli Alimenti e i Medicinali degli Stati Uniti (FDA nel suo acronimo inglese): malgrado ciò, dal 2016 l’azienda lo ha messo sul mercato.

La questione è venuta alla luce per un articolo del New York Times dell’8 agosto 2017, a partire dal quale le organizzazioni Amigos de la Tierra e Grupo ETC hanno ottenuto, mediante la legge di accesso all’informazione, i documenti che l’impresa ha presentato alla FDA, nel tentativo di ottenere la sua approvazione (tinyurl.com).

Secondo quanto ha spiegato Jim Thomas, del Grupo ETC, la FDA ha detto a Impossible Foods che il suo hamburger non raggiunge gli standard di innocuità, e l’impresa ha ammesso di non conoscere tutti i suoi ingredienti. Anche così, lo ha venduto a migliaia di incauti consumatori. L’azienda dovrebbe ritirare dal mercato i suoi hamburger fino a quando la FDA non stabilisce la sicurezza del prodotto e dovrebbe porgere le sue scuse a coloro che sono stati messi a rischio.

La leghemoglobina usata per questo hamburger, è una proteina creata in laboratorio che ne imita una presente nella radice delle piante di soia, ma viene prodotta, all’interno di serbatoi, da microbi alterati mediante la biologia sintetica. Nei documenti presentati dall’azienda alla FDA, l’agenzia ha avvertito che secondo i dati forniti, l’heme, ingrediente chiave dell’hamburger, non rispetta gli standard per lo status di sicurezza generalmente riconosciuti (GRAS, nel suo acronimo in inglese). L’impresa ha ammesso che nel processo di ingegneria genetica per l’heme, si erano generate 46 proteine supplementari inaspettate, nessuna delle quali era stata valutata nel dossier presentato alla FDA. Per evitare che la FDA respingesse la richiesta, l’impresa l’ha volontariamente ritirata, assicurando che avrebbe realizzato nuovi test, che attualmente assicura di aver realizzato con successo – in esperimenti di alimentazione con topi da laboratorio- ma, malgrado questo, lo studio non è pubblico. Anche se l’azienda sostiene che la proteina contenuta nella soia è stata consumata per molto tempo e non sono noti effetti avversi, la versione costruita mediante biologia sintetica, così come le proteine supplementari inaspettate, sono sconosciute e hanno un potenziale allergenico e altri sconosciuti.

Il caso di questo hamburger vegetale sanguinante è significativo dello sviluppo in questo settore. Non si tratta, come si potrebbe pensare, di alternative sostenibili, ma in molti casi sono sostituti con ingredienti che sono stati secreti, in vasche di fermentazione, da microbi o lieviti alterati geneticamente mediante la biologia sintetica: un settore scarsamente o per nulla regolamentato, nel quale non esistono neanche norme di biosicurezza adeguate a questo processo industriale nuovo e per nulla naturale. Altri esempi dello stesso tipo sono i sostituti che imitano il latte vaccino prodotti dall’azienda Perfect Day o gli albumi di Clara Foods, entrambi prodotti con biologia sintetica.

Sono aziende che cercano di approfittare commercialmente delle lacune normative e della critica e della sensibilità di sempre più persone davanti alla produzione industriale di carne e alla crudeltà degli allevamenti, ma senza spiegare che il processo di produzione si basa su tecnologie rischiose, sia in questi che in altri casi, come quelli che producono carne in laboratorio, un’altra avventura di alta tecnologia che implica rischi sulla salute che non sono stati valutati.

Il motore di questo settore industriale è che il mercato dei sostituti dei prodotti animali è enorme e in rapida crescita: il fondatore della Impossible Foods stima che, in pochi anni, sarà di miliardi di dollari. Sicuramente è anche il motivo per cui Impossible Foods ha ottenuto investimenti per 200 milioni di dollari da parte di Bill Gates, Khosla Ventures e anche dal miliardario di Hong Kong, Li Ka-Shing, ai quali questo mese si sono aggiunti ulteriori 75 milioni di dollari dal fondo di investimento sovrano di Singapore (NYT).

La messa in discussione dell’allevamento industriale degli animali è completamente giustificata per una vasta gamma di ragioni, ma non abbiamo bisogno di cambiarlo per un’altra industria nociva e rischiosa. La produzione contadina, agro-ecologica, di pastori e pescatori artigianali, ci offre abbondanti alternative reali, sane e provate.

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Fonte: comune-info.net.

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Pubblicato sul blog di Silvia Ribeiro, direttrice del Gruppo ETC per l’America Latina, con il titolo “Secretos sucios de la carne vegetal”.

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Expo 2015 vetrina per più di 70 multinazionali molto discusse

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Expo 2015 semina veleno

La prossima Esposizione universale (Expo) avrà luogo a Milano, a partire dal 1 maggio 2015. Da sempre vetrina internazionale in grado di influenzare la società in molti dei suoi aspetti, l’Expo di quest’anno è dedicato all’alimentazione e al cibo. Dietro allo slogan che la anima, “Nutriamo il pianeta”, ci sono però molte contraddizioni

di Marzia Coronati

In Italia è sorto un movimento, composto da contadini, cittadini, agricoltori e attivisti, nato con l’obiettivo di analizzare quello che avverrà nel corso dei sei mesi di esposizione universale e proporre alternative diverse al modello dell’Expo. Il movimento NO Expo mette in luce come dietro la retorica della sostenibilità, del diritto al cibo per tutte e tutti, della difesa di un cibo buono e sano, l’Expo 2015 sarà invece vetrina per più di 70 multinazionali famigerate per operare in modo poco pulito. “C’è spazio per tutti – spiegano i rappresentanti del movimento – dalla Monsanto, la multinazionale dei semi più contestata dai piccoli contadini di tutto il mondo, alla Nestlè, che con la sua piazza tematica sull’acqua nega in essenza l’acqua bene comune, passando per Mc Donald’s che nutre il pianeta col pollo fritto; e c’è spazio anche per nomi meno noti come Mekorot, l’azienda idrica di Israele che, sottraendo illegalmente acqua dalle falde palestinesi si è macchiata di gravi violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani”.

Oltre a criticare la scelta politica dell’Expo, il movimento propone la sua alternativa, e lo sta facendo attraverso una serie di iniziative in cui è possibile accedere a un cibo prodotto diversamente: dai mercati degli agricoltori e contadini su piccola scala della rete Genuino Clandestino, alla degustazione di pranzi e cene di osterie sostenibili e popolari. “Allo slogan Nutriamo il pianeta, noi rispondiamo con Lasciamo che il pianeta si nutra da solo, cercando di rispettare ogni giorno la natura e la biodiversità” dicono gli aderenti.

Il 24 gennaio a Firenze, Roma e Milano si sono svolti tre incontri che andavano in questa direzione. Al mercato e il pranzo organizzato a Roma è atterrata anche la valigia di Amisnet, in una sua versione provvisoria. Con tre borse frigo contenenti cavi, microfoni e mixer, i  redattori di Amisnet hanno costruito una postazione mobile attraverso cui è stata data voce al movimento NO Expo.

A questi temi è dedicata l’ultima puntata di Terranave, radiotrasmissione curata da Amisnet. Ospiti della puntata: Pippo (mercatino Terra Terra), Daniela (centro sociale Corto Circuito), Giovanni Pandolfini (Firenze Terra Bene Comune), Tonino Lepore (Genuino Clandestino).

Per ascoltare la trasmissione cliccate qui.

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Terranave è trasmessa e diffusa da:

Radio Flash (Torino, 97.6) martedì 15 (replica martedì 20,00)
Radio Indygesta (Web Radio)
Radio Onda d’urto (Brescia, Cremona, Piacenza, 99.6) mercoledì 13,30
Basilicata Radio 2 (Potenza, 93.5) martedì 20,35
Radio Ciroma (Cosenza, 105.7) giovedì 17,00
Radio Onde Furlane (Udine, Pordenone e Gorizia, 90.0) sabato 17,30
Radio Beckwith (Torino, Cuneo, 87.8, 96.55) martedì 20,00 (in replica venerdì 7,00)
Radio Sonar (web radio) martedì 15,00
Radio Città Fujiko (Bologna, 103.1) lunedì 13,30
Radio Gold (Alessandria, 88.8, 89.1)
Radio Roarr (Web Radio) Mercoledì 18,00
Radio Booonzo (Web Radio) Venerdì 16,30

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Fonte: comune-info

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Approfondimento

Scopri il Marchio con Oxfam (Le più grandi compagnie alimentari del mondo sono potenti. Ma tu sei più potente di loro)

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