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Terre ai giovani: una nuova proposta dalla Campania

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di Francesco Bevilacqua

Sulla scia dell’iniziativa Antiche Terre Giovani Progetti, diversi proprietari terrieri hanno deciso di assegnare i loro possedimenti a ragazzi con idee innovative in campo agricolo. Abbiamo intervistato Antonio, agricoltore biologico campano, che ha aderito all’appello mettendo a disposizione una parte delle sue terre.

Antiche Terre Giovani Progetti è una bellissima iniziativa di cui abbiamo parlato pochi giorni fa: due coniugi che possedevano dei terreni ma che, per problemi d’età, non erano più in grado di coltivarli, li hanno dati in concessione gratuitamente a giovani con progetti agricoli virtuosi e innovativi. Si sono fatti avanti centinaia di ragazzi, ma non solo: oltre a loro, si sono interessati alla proposta anche diversi proprietari terrieri che volevano seguire l’esempio della coppia, mettendo a loro volta a disposizione parte dei loro possedimenti. Abbiamo intervistato uno di loro, Antonio Buono dell’azienda agricola Selvanova, che offe delle terre ai giovani in Campania.

Antonio, quali obiettivi intendi raggiungere, non solo dal punto di vista agricolo, ma anche sotto il profilo della rivitalizzazione del territorio e della creazione di circuiti virtuosi?

Da quando è nata nel 1992, Selvanova è sempre stata un punto di riferimento per il territorio per le sue pratiche virtuose: siamo da tempo azienda biologica certificata, abbiamo promosso incontri per il recupero della frazione umida comunale tramite compostaggio, abbiamo sollecitato e promosso – anche in collaborazione con gli enti locali – la riscoperta dei prodotti tipici locali per lo sviluppo economico del territorio – oggi la provincia di Caserta ha quattro presidi Slow Food, tra cui l’oliva caiazzana di cui siamo produttori. Abbiamo riscoperto un vitigno quasi estinto, il pallagrello, oggi prodotto da almeno altre dieci aziende, quindi con risvolto positivo in termini economici e occupazionali. Questa è l’eredità che lasciamo e che vorremmo fosse raccolta da chi ci sostituirà nella gestione. Poi ci sono il presente e il futuro, con progetti centrati sulla biodiversità, come il recupero di varietà locali quasi estinte. Ma la sfida più difficile sarà ora quella di organizzare un gruppo umano che sappia non solo gestire bene l’azienda, ma anche costruire relazioni positive.

Cosa ti ha spinto a contattare Lia (ideatrice di Antiche Terre Giovani Progetti) e adottare le sue modalità di assegnazione dei terreni?

Lia è stata brava a pubblicizzare la sua scelta e a proporla. Credo ci siano tante persone mosse dagli stessi intenti: tra queste ci siamo anche io e mia moglie.

Quali caratteristiche devono avere i giovani a cui andranno le terre?

Devono assolutamente attenersi a pratiche rispettose dell’ambiente: biodiversità, biologico, biodinamico. Abbiamo già assegnato 9 ettari con annessi rurali a cinque giovani che si sono proposti con un progetto chiaro. Tre di loro si sono dedicati principalmente alla produzione di canapa, ma progettano anche una realtà autosufficiente. Due hanno avviato un allevamento ovino di razza locale, hanno già 80 capi e sono partite la produzione e la vendita di formaggi. Ora vogliamo trovare un gruppo capace di convivere serenamente e portare avanti l’attuale azienda che noi, ultrasettantenni, non riusciamo più a gestire al meglio. Venderla? La considereremmo una sconfitta.

Pensi che questa iniziativa possa essere replicata e, in futuro, diventare una pratica consolidata per recuperare terreni abbandonati e favorire il ritorno in campagna?

Assolutamente sì e noi che siamo avviati su questa strada dovremo diffondere queste pratiche. Ma soprattutto speriamo di essere d’esempio a tutti i piccoli agricoltori che, non avendo eredi che se ne vogliano occupare, sono costretti a vendere aziende agricole create e gestite con passione per tutta una vita.

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Fonte: Italia che Cambia

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Pietro Ingrao: ” Ragazzi non bastano i cortei…”

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” Ragazzi non bastano i cortei, non basta la vostra meravigliosa passione per battere le guerre, l’ingiustizia , il bisogno . Serve la politica per vincere . La politica che incida nel potere.

Come facciamo per far diventare la vostra speranza “potere politico” ? Questo è il problema che avete davanti. Un corteo bello e ardente non è ancora politico.

Quali sono le vostre armi ? Non le vedete ? Ci sono..! Sono in quel libretto che i vostri padri chiamarono Costituzione, dopo aver conquistato il diritto a scriverlo con la Resistenza .

La forza del pacifismo è la legalità, che è in contrasto con l’illegalità di chi fa la guerra, pratica ingiustizia, affama nel bisogno . L’illegalità rimane nei governi e negli stati .

La vostra pacifica passione deve portare i suoi argomenti e la sua forza non solo nelle piazze , ma negli stati e nei luoghi del potere.

E’ un obiettivo ambiziosissimo che dovete darvi : costruire un potere di pace . Nessuno c’è finora riuscito: il potere è sempre armato, è sempre stato in guerra. Noi abbiamo perso, nel volerlo costruire , imparate da noi , dalle nostre sconfitte. Voi potete farcela .

Auguri per il vostro lungo viaggio . Pietro Ingrao

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Comunità resistenti, pratiche di mutuo soccorso, un altro mondo possibile nell’era della crisi

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Tratto da   AE 148

I giovani, oltre gli stereotipi

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Una parte considerevole dei lettori di Altreconomia è costituita da ragazze e ragazzi tra i 18 e i 26 anni. Grazie al cielo, anche una parte dei lavoratori di Altreconomia (in redazione e tra i collaboratori) sta in quella fascia di età.

Non è scontato né banale, e avere a che fare con giovani adulti -oltre a essere una fortuna- costituisce una responsabilità che ci assumiamo volentieri. Non siamo qui per descrivere quella generazione, capire se sono più o meno smarriti di quanto lo siano stati i loro genitori o fratelli maggiori.
Possiamo ipotizzare che si tratti di studenti, universitari, giovani lavoratori (precari, spesso), disoccupati, volontari. Molti di loro hanno affrontato per la prima volta un’elezione politica, lo scorso febbraio.
Aboliamo per una volta la pratica -perdente- di voler attribuire etichette e comprendere comportamenti, spiegare scelte, categorizzare, generalizzare (e quindi banalizzare). Per come la vediamo noi, consideriamo che si tratti di persone e come a tutte le persone verranno attribuite loro colpe e meriti.
Tuttavia ci chiediamo come un ragazzo di 23 o 24 anni viva questa epoca di resistenza, resilienza e adattamento. Una delle tante possibili risposte ce l’hanno data i ragazzi di Glocal Action. Si tratta di un gruppo “di fatto” di persone tra i 17 e i 26 anni, la maggior parte dei quali, pur provenienti da contesti diversi, abita nel quartiere San Siro di Milano. “Abbiamo una composizione meticcia”, dicono di sé. “Ogni giorno portiamo avanti buone pratiche per diffondere una cultura del rispetto”. Di recente hanno autoprodotto un volumetto che hanno intitolato “In piazza si impara”: lo considerano un “manuale delle buone pratiche di mutuo soccorso”.
“Abbiamo scelto di guardarci attorno a 360 gradi, di studiare e cercare di capire come, in tutto il mondo, attraverso pratiche di mutuo soccorso che a tratti ricordano quelle delle prime società operaie nell’800 ci siano comunità resistenti che di fronte alla crisi si organizzano dal basso per vivere meglio e disegnare un altro mondo possibile”. Il manuale descrive alcune pratiche in modo semplice e diretto, in modo che possano essere riprodotte. Eccone alcune: orti urbani, community garden, scuole di italiano per stranieri, spazi sociali autogestiti, palestre popolari, banche del tempo, mercatini dell’usato, difesa della casa e sospensione degli sfratti, monete alternative, ambulatori medici popolari, file sharing, car sharing, ciclofficine, gruppi di acquisto solidali. Alle pratiche si accompagnano esempi concreti, storie riuscite.

I ragazzi di Glocal Action forse non ricadono nello stereotipo che molte persone hanno in mente quando pensano a un ventenne italiano. Noi sappiamo che Glocal Action non è un’eccezione: di realtà analoghe, di giovani adulti che si impegnano per la comunità, è piena l’Italia.
A tutti loro ci permettiamo di proporre o quantomeno ribadire l’urgenza di due argomenti, sui quali vale la pena concentrare (ulteriori) sforzi.

Il primo è l’uguaglianza. Di fronte alla crescente concentrazione delle ricchezze, al calo del potere di acquisto e all’instabilità economica, dovremmo tutti lavorare per riportare il tema dei salari e di una più equa distribuzione dei redditi come prioritario. È una condizione necessaria, ancorché non sufficiente, per garantire giustizia e benessere, specie per chi ha ancora molto da costruire della propria vita. Dentro, ci sono parole d’ordine diverse -dal reddito minimo di inserimento, al welfare, passando per la tutela ambientale- che tuttavia attengono tutte al medesimo sguardo: quello del futuro che ci attende. In Italia permane una disuguaglianza inaccettabile, che mantiene strutture di potere e di ricchezza in mano a pochi, e tarpa le ali e i sogni di molti.

Il secondo argomento è l’informazione. Torniamo spesso su questo tema non tanto -o non solo- perché riguarda il nostro lavoro, ma perché oggi ancor più di ieri la tutela della buona informazione -intesa come indipendente dai poteri, e di qualità-, è ritenuta inutile, messa in discussione, addirittura osteggiata. Attaccata sul piano professionale e simbolico. Anche in questo caso si tratta si tratta di giustizia, e anche in questo caso c’è in ballo il futuro.

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Fonte: Altreconomia

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