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Origine della pandemia | Covid-19 non è verosimile dare per certa l’origine zoonotica

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USA, Commissione d’inchiesta del Senato: il Covid è nato probabilmente in laboratorio

29 Ottobre 2022

di Valeria Casolaro

Secondo un rapporto (1) della Commissione per la salute, l’istruzione, il lavoro e le pensioni del Senato statunitense, l’origine della pandemia potrebbe essere riscontrabile verosimilmente in un “incidente legato alla ricerca”. Per quanto siano ancora incerte le cause della diffusione del virus Sars-CoV-2, la Commissione ritiene che non sia verosimile dare per certa l’origine zoonotica, teoria per la quale i ricercatori dovrebbero fornire prove maggiormente “chiare e convincenti”. Ad oggi infatti, scrive la Commissione, sarebbero ancora molte le domande alle quali tale ipotesi non ha fornito risposta, non potendo così essere considerata la più verosimile tra tutte quelle possibili.

Negli scorsi 15 mesi la Commissione ha analizzato centinaia di studi, interviste e report resi disponibili al pubblico e intervistato “dozzine di esperti in materia” per indagare la possibile origine del virus che ha dato inizio alla pandemia scoppiata alla fine del 2019. Quanto emerso dalle analisi renderebbe evidente come non sia ancora possibile evincere con certezza assoluta quale sia l’origine primaria della diffusione del virus del Covid-19, le cui ipotesi maggiormente accreditate sono la trasmissione zoonotica e l’incidente di laboratorio.

Le conclusioni del documento redatto dalla Commissione confermano quanto già osservato dal Gruppo consultivo scientifico dell’OMS per le origini dei nuovi agenti patogeni, dalla Commissione Covid-19 di Lancet e dalla Valutazione a 90 giorni sulle origini del Covid-19 dell’Ufficio del Direttore dell’Intelligence nazionale degli Stati Uniti. Le informazioni pubblicamente disponibili, scrive la Commissione, indurrebbero a pensare che la causa più probabile sia da identificare in un “incidente legato alla ricerca”, e che “l’ipotesi di un’origine zoonotica naturale” non possa più godere della “presunzione di accuratezza”. Tra gli interrogativi lasciati ancora aperti da tale ipotesi, infatti, vi sono infatti quelli riguardanti la natura dell’ospite intermedio del virus Sars-CoV-2, dove sia stato infettato per la prima volta l’uomo, dove si trovi il serbatoio virale e in che modo il virus sia riuscito ad acquisire le sue caratteristiche genetiche uniche.

Per tali motivi, riporta il documento, è necessario attendere l’esito di ulteriori studi prima di poter affermare di disporre di informazioni chiare e incontrovertibili riguardo l’origine della pandemia.

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Fonte: L’Indipendente

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(1)  An Analysis of the Origins of the COVID-19 Pandemic Interim Report

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I cibi ultraprocessati sono una minaccia gravissima alla salute

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Cibi ultraprocessati sono ovunque: e faranno danni enormi

E’ quasi impossibile sfuggire loro, e rappresentano ormai più della metà delle calorie che mangiamo: i cibi ultraprocessati sono una minaccia gravissima

Di Gianluca Riccio

Nei paesi maggiormente industrializzati i cibi ultra processati rappresentano oggi il 50% o più delle calorie consumate ogni giorno.

È un dato davvero allarmante, perché si tratta di cibi collegati a molti disturbi di salute. A parte il maggior rischio di obesità, infatti, possono portare a malattie cardiovascolari e demenza.

 

Cibi ultra processati: cosa c’è dentro

I cibi ultra processati sono letteralmente “frankenstein” pieni di vari ingredienti industriali (come emulsionanti, addensanti e aromi artificiali) amalgamati in prodotti alimentari con una serie di processi produttivi.

Le bevande zuccherate, molti cereali per la prima colazione, i recenti hamburger “a base vegetale”: fanno tutti parte del club.

Gli intensi processi industriali usati per produrli distruggono la struttura naturale degli ingredienti e sottraggono molti nutrienti benefici come fibre, vitamine, minerali e sostanze fitochimiche.

Che i cibi ultra processati fossero dannosi era ormai chiaro. Le dinamiche e le cause erano tutte da approfondire, però. Ora, due nuovi studi (di cui uno italiano) mostrano che non basta lo scarso valore nutritivo a spiegare i danni.

Infiammazione perpetua

Nel primo studio, che ha preso in esame oltre 20.000 adulti italiani, i partecipanti che consumano il maggior numero di alimenti ultra processati mostrano un rischio maggiore di morire prematuramente per qualsiasi causa.

Nel secondo studio, che ha preso in esame oltre 50.000 adulti statunitensi, ha rilevato che un elevato consumo di alimenti ultra processati è associato a un maggior rischio di cancro al colon.

L’aspetto più interessante di entrambi gli studi, però, è che i rischi per la salute sono rimasti anche “compensando” con cibi più nutrienti la dieta scadente. In altri termini: potrebbe non bastare l’apporto di nutrimenti corretti a bilanciare i rischi derivati dal consumo di cibi ultra processati.

Ancora più chiaramente: i tentativi dell’industria alimentare di migliorare il valore nutrizionale di questi cibi (magari aggiungendo qualche vitamina in più) potrebbero solo eludere il problema. Quali sono allora i fattori da tenere in considerazione?

I risultati

Lo studio italiano ha riscontrato che i marcatori di infiammazione (come un numero più elevato di globuli bianchi) sono più alti nei pazienti che mangiano più cibi ultra processati.

Il nostro corpo può innescare una risposta infiammatoria per molti motivi, ad esempio se prendiamo un raffreddore o ci tagliamo. L’organismo risponde inviando segnali alle nostre cellule immunitarie (come i globuli bianchi) affinché attacchino eventuali agenti patogeni (come batteri o virus).

Di solito la risposta infiammatoria si risolve abbastanza rapidamente, ma alcune persone possono sviluppare un’infiammazione cronica in tutto il corpo. Questa infiammazione può causare danni ai tessuti ed è coinvolta in molte malattie croniche, come il cancro e le malattie cardiovascolari.

Cibi ultra processati: più che alimenti, corpi estranei

Molti studi hanno ormai rilevato che le diete scorrette possono aumentare l’infiammazione nell’organismo e il maggior rischio di malattie croniche.

Il legame tra i segni di infiammazione e il consumo di cibi ultra processati è significativo. Alcuni ricercatori hanno teorizzato che questi alimenti aumentano l’infiammazione perché vengono riconosciuti dall’organismo come estranei, proprio come un batterio invasore.
L’organismo reagisce quindi con una risposta infiammatoria che è stata definita “febbre da fast food”. Il risultato? Un aumento dell’infiammazione in tutto il corpo.

Il dato è comune sia allo studio italiano che a quello americano.

Il futuro? Coscienza e mercato

Dal momento che le risposte infiammatorie sono programmate nel nostro corpo, il modo migliore per evitare che ciò accada è quello di non mangiare affatto cibi ultra processati.

Una sfida davvero proibitiva, dato che si tratta di alimenti studiati specificamente per essere “appetibili” e attraenti.

Anche alcune diete a base vegetale, ricche di alimenti naturali e non trasformati (come la dieta mediterranea), hanno dimostrato di essere antinfiammatorie.

Servirà la volontà e l’organizzazione di molte associazioni di settore, unita all’iniziativa di enti governativi per pianificare un futuro meno pesante sul piano sanitario e più vicino al nostro organismo.

In mancanza di interventi e all’attuale tasso di crescita del consumo di cibi ultra processati, il tasso di mortalità per malattie croniche e cardiovascolari aumenterà a dismisura.

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Fonte: FUTUROPROSSIMO

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Gli alimenti ultra-lavorati favoriscono il cancro

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Gli alimenti ultra-trasformati (AUT) sono oggetto di un ampio studio francese pubblicato il 15 febbraio sulla rivista medica British Medical Journal (BMJ), dove si esamina il legame tra il consumo di questo tipo di alimento e il rischio di cancro. Questa ricerca, fatta su 104.980 soggetti, suggerisce che un aumento del 10% di alimenti AUT e’ associato ad una crescita del 12% de rischio globale di cancro, essenzialmente al seno, uno dei piu’ frequenti.

Questi ultimi anni i prodotti ultra-trasformati hanno invaso gli scaffali. I piatti dei francesi ne contengono sempre di piu’, aveva gia’ fatto notare l’Agence nationale de sécurité sanitaire de l’alimentation (Anses) a luglio del 2017, in un grande studio, evidenziando una “complesizzazione dell’alimentazione”. Essi rappresentano tra il 25 e il 50% della nostra alimentazione totale, con un apporto energetico del 50% in numerosi Paesi occidentali.

Secondo la classificazione internazionale Nova, gli alimenti sono ripartiti in quattro gruppi in funzione della loro trasformazione industriale, fa sapere l’Institut national de la santé et de la recherche médicale (Inserm). Questa definizione e’ stata creata da un gruppo di scienziati diretti dal professor Carlos Monteiro in Brasile.

La categoria “ultra-trasformati” comprende una grande varieta’ di alimenti: barrette di cioccolato, piccoli panini confezionati, bibite zuccherate ed aromatizzate, zuppe liofilizzate, piatti surgelati o pronti da consumare, tutti prodotti trasformati con l’aggiunta di conservanti oltre che di sale (i nitrati, per esempio)… Questi sono preparati con diversi processi industriali. Tra questi anche gli alimenti a cui vengono aggiunti una miriade di coloranti, edulcoranti, emulsionanti o altri additivi alimentari. Per esempio, una conserva di verdure con una semplice aggiunta di sale e’ classificata come trasformata, ma anche un fritto di verdure con salsa inclusa testurizzata, degli esaltatori di sapore o anche degli agenti sbiancanti e ultra-trasformati.

Se gia’ delle ricerche avevano suggerito che gli AUT contribuiscono ad aumentare il rischio di turbe cardio-metaboliche, di obesita’, di ipertensione e la dislipidemia (tasso di lipidi anormali nel sangue), “nessuno studio epidemiologico aveva stabilito il legame tra questi alimenti ed un sovra-rischio di cancro, essenzialmente al seno”, dicono gli scienziati dell’Iserm, dell’Institut national de la recherche agronomique (INRA) e l’équipe di ricerca in epidemiologia nutrizionale (EREN) dell’Universita’ Paris-XIII, che hanno firmato lo studio pubblicato sul BMJ.

Come i ricercatori hanno proceduto?

I ricercatori hanno analizzato i dati di Nutrinet/Santé, creata nel 2009, a partire dai questionari riempiti su Internet per due anni da partecipanti la cui eta’ media e’ sui 43 anni, con il 78% di donne. Dal 2009 al 2017, 2.228 casi di cancro sono stati individuati, 739 dei quali al seno. In virtu’ di questo, sembra che un aumento del 10% di consumi di AUT faccia crescere il rischio di contrarre il cancro di una percentuale globale del 12. I risultati sono stati sistemati rendendo in considerazione dei fattori sociodemografici, l’eta’, il livello di studio, il consumo di tabacco e alcool, la pratica di un’attivita’ fisica, in modo da evitare al massimo gli aspetti confusionali, dice la ricercatrice Mathilde Touvier, che ha coordinato questo studio.

Come spiegare la correlazione?

I prodotti ultra-trasformati “contengono spesso delle quantita’ piu’ elevate di lipidi saturi, sale e zucchero aggiunti, cosi’ come una piu’ debole densita’ di fibre, vitamine e altri micronutrienti”, dicono i ricercatori. Essi sono quindi generalmente di minore qualita’ nutrizionale. L’apporto di questi elementi piu’ zuccherati, piu’ grassi, piu’ calorici, puo’ avere un effetto sulla crescita di peso e sull’obesita’. Si sa che questi sono riconosciuti come maggiore fattore per procurare il cancro, essenzialmente al seno dopo la menopausa. Anche gli alimenti conservati con del sale sono associati ad un maggiore rischio di cancro gastrico. “Inversamente, l’apporto di fibre alimentari diminuisce il rischio di cancro colorettale, con un livello convincente di prove, e potrebbe ugualmente ridurre il rischio di cancro al seno”, prosegue lo studio. Ma la qualita’ nutrizionale non sarebbe la sola in causa. “La trasformazione di alimenti ed in particolare il loro essere cucinati, puo’ produrre dei contaminanti in nuove forme”, cosi’ come accade per la frittura. Anche l’acrillamide -presente essenzialmente nei petali di cereali, nelle patatine fritte e nel pane tostato- che puo’ formarsi durante la cottura a temperatura elevata. Nello stesso tempo, le loro confezioni di plastica sono suscettibili di contenere bisfenolo A, un perturbatore endocrino. Infine, poco meno di 400 diversi additivi sono autorizzati in Europa. Alcuni come il diossido di titanio sono stati classificati “possibilmente cancerogeni per l’uomo” dal Centre international de recherche sur le cancer di Lyon, dopo alcuni studi su dei roditori che hanno fatto loro porre delle serie domande.


Uno studio di osservazione

Si tratta di uno studio di osservazione che merita un’indagine piu’ accurata”, dice il BMJ nel suo editoriale del 15 febbraio, aggiungendo che la parte sempre piu’ importante di questi alimenti “potrebbe parzialmente spiegare l’aumento dell’incidenza delle malattie non trasmissibili, compreso il cancro”. Questo lavoro resta basato sull’osservazione, indicano per loro conto i ricercatori dell’Inserm e di altre istituzioni pubbliche francesi che lo hanno condotto. “Il legame causa/effetto resta da dimostrare”. “E’ uno studio molto importante che solleva la questione della qualita’ nutrizionale degli alimenti e degli elementi che vi vengono aggiunti”, sottolinea il professor Serge Hercberg, che presiede il Programme national nutrition santé e fa parte dei firmatari. “La catalogazione utilizzata qui e’ molto generale. Occorrono piu’ ricerche per confermare questi risultati presso altre popolazioni, affinale la nozione di “trasformazione” degli alimenti, e ugualmente comprendere i meccanismi in gioco”, sottolinea Mathilde Touvier. “Noi stiamo lanciando un grande programma di ricerca sugli additivi alimentari a partire da Nutrinet-Santé in modo da studiare i loro effetti sulla salute, soli o insieme ad altri, per esplorare i potenziali “effetti cocktail”. Per questo stiamo cercando dei nuovi volontari.”

Dei punti di riferimento alimentari aggiornati

In attesa, l’Haut Conseil de la santé publique ha aggiornato i suoi dati alimentari per il futuro Programme national nutrition santé e raccomanda dal 2017 di privilegiare l’uso di prodotti di base. Nello stesso tempo, con le raccomandazioni sull’alimentazione, l’Institut national du cancer (INCa) ha consigliato nel 2016 di “ridurre il consumo di alimenti trasformati salati (insaccati, formaggi…)”. Anche il consumo di carne trasformata e’ classificato come cancerogeno per l’uomo, notava l’INCa alla fine del 2017.

Nel libro “Halte aux aliments ultra-transformés” (éditions Thierry Souccar, 2017),Antohny Fardet, ricercatore e nutrizionista, constata che “l’esplosione di malattie croniche nei Paesi occidentali si e’ manifestata in concomitanza con l’arrivo massiccio degli AUT nei grandi supermercati dopo gli anni 1980”. In conclusione, questo lavoro ritiene che questi legami sono confermati presso altre popolazioni ed altri contesti, “questi risultati suggeriscono che il consumo in rapido aumento degli alimenti ultra-trasformati puo’ portare ad un numero crescente di cancri negli anni a venire”.

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Da: mondoraro.org

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Fonte: “Le Monde” articolo di Pascale Santi

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