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Gli alimenti ultra-lavorati favoriscono il cancro

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Gli alimenti ultra-trasformati (AUT) sono oggetto di un ampio studio francese pubblicato il 15 febbraio sulla rivista medica British Medical Journal (BMJ), dove si esamina il legame tra il consumo di questo tipo di alimento e il rischio di cancro. Questa ricerca, fatta su 104.980 soggetti, suggerisce che un aumento del 10% di alimenti AUT e’ associato ad una crescita del 12% de rischio globale di cancro, essenzialmente al seno, uno dei piu’ frequenti.

Questi ultimi anni i prodotti ultra-trasformati hanno invaso gli scaffali. I piatti dei francesi ne contengono sempre di piu’, aveva gia’ fatto notare l’Agence nationale de sécurité sanitaire de l’alimentation (Anses) a luglio del 2017, in un grande studio, evidenziando una “complesizzazione dell’alimentazione”. Essi rappresentano tra il 25 e il 50% della nostra alimentazione totale, con un apporto energetico del 50% in numerosi Paesi occidentali.

Secondo la classificazione internazionale Nova, gli alimenti sono ripartiti in quattro gruppi in funzione della loro trasformazione industriale, fa sapere l’Institut national de la santé et de la recherche médicale (Inserm). Questa definizione e’ stata creata da un gruppo di scienziati diretti dal professor Carlos Monteiro in Brasile.

La categoria “ultra-trasformati” comprende una grande varieta’ di alimenti: barrette di cioccolato, piccoli panini confezionati, bibite zuccherate ed aromatizzate, zuppe liofilizzate, piatti surgelati o pronti da consumare, tutti prodotti trasformati con l’aggiunta di conservanti oltre che di sale (i nitrati, per esempio)… Questi sono preparati con diversi processi industriali. Tra questi anche gli alimenti a cui vengono aggiunti una miriade di coloranti, edulcoranti, emulsionanti o altri additivi alimentari. Per esempio, una conserva di verdure con una semplice aggiunta di sale e’ classificata come trasformata, ma anche un fritto di verdure con salsa inclusa testurizzata, degli esaltatori di sapore o anche degli agenti sbiancanti e ultra-trasformati.

Se gia’ delle ricerche avevano suggerito che gli AUT contribuiscono ad aumentare il rischio di turbe cardio-metaboliche, di obesita’, di ipertensione e la dislipidemia (tasso di lipidi anormali nel sangue), “nessuno studio epidemiologico aveva stabilito il legame tra questi alimenti ed un sovra-rischio di cancro, essenzialmente al seno”, dicono gli scienziati dell’Iserm, dell’Institut national de la recherche agronomique (INRA) e l’équipe di ricerca in epidemiologia nutrizionale (EREN) dell’Universita’ Paris-XIII, che hanno firmato lo studio pubblicato sul BMJ.

Come i ricercatori hanno proceduto?

I ricercatori hanno analizzato i dati di Nutrinet/Santé, creata nel 2009, a partire dai questionari riempiti su Internet per due anni da partecipanti la cui eta’ media e’ sui 43 anni, con il 78% di donne. Dal 2009 al 2017, 2.228 casi di cancro sono stati individuati, 739 dei quali al seno. In virtu’ di questo, sembra che un aumento del 10% di consumi di AUT faccia crescere il rischio di contrarre il cancro di una percentuale globale del 12. I risultati sono stati sistemati rendendo in considerazione dei fattori sociodemografici, l’eta’, il livello di studio, il consumo di tabacco e alcool, la pratica di un’attivita’ fisica, in modo da evitare al massimo gli aspetti confusionali, dice la ricercatrice Mathilde Touvier, che ha coordinato questo studio.

Come spiegare la correlazione?

I prodotti ultra-trasformati “contengono spesso delle quantita’ piu’ elevate di lipidi saturi, sale e zucchero aggiunti, cosi’ come una piu’ debole densita’ di fibre, vitamine e altri micronutrienti”, dicono i ricercatori. Essi sono quindi generalmente di minore qualita’ nutrizionale. L’apporto di questi elementi piu’ zuccherati, piu’ grassi, piu’ calorici, puo’ avere un effetto sulla crescita di peso e sull’obesita’. Si sa che questi sono riconosciuti come maggiore fattore per procurare il cancro, essenzialmente al seno dopo la menopausa. Anche gli alimenti conservati con del sale sono associati ad un maggiore rischio di cancro gastrico. “Inversamente, l’apporto di fibre alimentari diminuisce il rischio di cancro colorettale, con un livello convincente di prove, e potrebbe ugualmente ridurre il rischio di cancro al seno”, prosegue lo studio. Ma la qualita’ nutrizionale non sarebbe la sola in causa. “La trasformazione di alimenti ed in particolare il loro essere cucinati, puo’ produrre dei contaminanti in nuove forme”, cosi’ come accade per la frittura. Anche l’acrillamide -presente essenzialmente nei petali di cereali, nelle patatine fritte e nel pane tostato- che puo’ formarsi durante la cottura a temperatura elevata. Nello stesso tempo, le loro confezioni di plastica sono suscettibili di contenere bisfenolo A, un perturbatore endocrino. Infine, poco meno di 400 diversi additivi sono autorizzati in Europa. Alcuni come il diossido di titanio sono stati classificati “possibilmente cancerogeni per l’uomo” dal Centre international de recherche sur le cancer di Lyon, dopo alcuni studi su dei roditori che hanno fatto loro porre delle serie domande.


Uno studio di osservazione

Si tratta di uno studio di osservazione che merita un’indagine piu’ accurata”, dice il BMJ nel suo editoriale del 15 febbraio, aggiungendo che la parte sempre piu’ importante di questi alimenti “potrebbe parzialmente spiegare l’aumento dell’incidenza delle malattie non trasmissibili, compreso il cancro”. Questo lavoro resta basato sull’osservazione, indicano per loro conto i ricercatori dell’Inserm e di altre istituzioni pubbliche francesi che lo hanno condotto. “Il legame causa/effetto resta da dimostrare”. “E’ uno studio molto importante che solleva la questione della qualita’ nutrizionale degli alimenti e degli elementi che vi vengono aggiunti”, sottolinea il professor Serge Hercberg, che presiede il Programme national nutrition santé e fa parte dei firmatari. “La catalogazione utilizzata qui e’ molto generale. Occorrono piu’ ricerche per confermare questi risultati presso altre popolazioni, affinale la nozione di “trasformazione” degli alimenti, e ugualmente comprendere i meccanismi in gioco”, sottolinea Mathilde Touvier. “Noi stiamo lanciando un grande programma di ricerca sugli additivi alimentari a partire da Nutrinet-Santé in modo da studiare i loro effetti sulla salute, soli o insieme ad altri, per esplorare i potenziali “effetti cocktail”. Per questo stiamo cercando dei nuovi volontari.”

Dei punti di riferimento alimentari aggiornati

In attesa, l’Haut Conseil de la santé publique ha aggiornato i suoi dati alimentari per il futuro Programme national nutrition santé e raccomanda dal 2017 di privilegiare l’uso di prodotti di base. Nello stesso tempo, con le raccomandazioni sull’alimentazione, l’Institut national du cancer (INCa) ha consigliato nel 2016 di “ridurre il consumo di alimenti trasformati salati (insaccati, formaggi…)”. Anche il consumo di carne trasformata e’ classificato come cancerogeno per l’uomo, notava l’INCa alla fine del 2017.

Nel libro “Halte aux aliments ultra-transformés” (éditions Thierry Souccar, 2017),Antohny Fardet, ricercatore e nutrizionista, constata che “l’esplosione di malattie croniche nei Paesi occidentali si e’ manifestata in concomitanza con l’arrivo massiccio degli AUT nei grandi supermercati dopo gli anni 1980”. In conclusione, questo lavoro ritiene che questi legami sono confermati presso altre popolazioni ed altri contesti, “questi risultati suggeriscono che il consumo in rapido aumento degli alimenti ultra-trasformati puo’ portare ad un numero crescente di cancri negli anni a venire”.

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Da: mondoraro.org

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Fonte: “Le Monde” articolo di Pascale Santi

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Alimentazione e Salute | Uova e malattie cardiovascolari

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Uova e malattie cardiovascolari: un legame dimostrato

20 Maggio 2020

Esistono molte ragioni per eliminare le uova dalla propria alimentazione: gli studi degli ultimi 20 anni hanno evidenziato una correlazione tra consumo di uova e malattie cardiovascolari, diabete e cancro [1, 2].

Iniziamo esaminando il legame con le malattie cardiovascolari. In un prossimo articolo affronteremo diabete e cancro e infine il terzo articolo fornirà consigli pratici per la sostituzione delle uova in cucina. Le uova, infatti, non sono necessarie per le ricette tradizionali, si possono facilmente sostituire con ingredienti vegetali (anche nei dolci!), ottenendo piatti gustosi e molto più sani.

Il colesterolo nelle uova

Oltre il 60% delle calorie delle uova provengono dai grassi, in gran parte grassi saturi. Inoltre, un uovo contiene in media 186 mg di colesterolo [3]. Le linee guida sul consumo di colesterolo per chi soffre di malattie cardiovascolari, diabete, colesterolo alto, consigliano di non superare i 200 mg al giorno. [2, 4]

Tuttavia, non esiste un quantitativo “minimo” di colesterolo da consumare obbligatoriamente per non rischiare carenze, per due motivi: primo, perché il nostro organismo produce colesterolo a sufficienza e tutto quello introdotto con l’alimentazione è un “in più”; secondo, perché più basso è il colesterolo nel sangue, più siamo protetti da tante malattie.

Il legame con le malattie cardiovascolari

Colesterolo e grassi saturi aumentano il rischio di sviluppo delle malattie cardiovascolari, secondo quanto ampiamente dimostrato da decenni di ricerca, nonostante quanto sostengono i fautori delle diete ad alto contenuto di grassi e basso contenuto di carboidrati. [5-8]

La confusione sul tema nasce dal fatto che si confrontano diete con contenuti già alti di colesterolo: in questo caso, aggiungendo cibi ricchi di colesterolo come le uova, il colesterolo nel sangue non cambia di molto, perché era già elevato.

Invece, confrontando le diete a basso contenuto di colesterolo con quelle ricche di colesterolo, emerge chiaro il legame con l’aumento di colesterolo nel sangue e conseguente aumento del rischio di malattie cardiovascolari [9]. Quando i livelli di colesterolo nel sangue sono elevati, le pareti dei vasi arteriosi si ispessiscono più facilmente e il flusso sanguigno verso il cuore e il cervello ne risulta compromesso.

Nuove ricerche suggeriscono inoltre che un sottoprodotto della colina (un nutriente non essenziale che si trova nelle uova) aumenti il rischio di ictus, attacchi cardiaci e demenza [9, 18]: quando si consumano uova, i batteri intestinali scompongono la colina rilasciando nel flusso sanguigno un composto chiamato TMAO (TriMetilAmina Ossidasi) che, trasformato dal fegato, diventa tossico.

Una review di 14 studi ha concluso che le persone che mangiano uova di frequente hanno un rischio aumentato di malattie cardiovascolari e ictus e chi soffre di diabete ha un rischio ancora più alto [1].

Un altro studio ha concluso che chi consuma più di 7 uova la settimana ha un tasso di calcio nelle arterie coronariche maggiore dell’80% rispetto a chi consuma meno di un uovo la settimana (e ovviamente consumandone zero è ancora meglio) [11]. La quantità di calcio nelle arterie è una misura del rischio cardiovascolare: maggiore è la quantità, maggiore è il rischio.

Moltissime persone consumano oltre 7 uova la settimana, anche perché oltre la metà delle uova consumate si trova nei prodotti pronti (dolci, pasta, prodotti da forno, ecc.), non viene da uova in guscio acquistate direttamente; quindi spesso non ci si rende conto si consumarle.

Alti livelli di colesterolo sono anche collegati a cancro al seno, infiammazione, dolori articolari, infertilità [12-15]. Inoltre, assieme al colesterolo si consumano sempre anche grassi saturi, che a loro volta aumentano i livelli di colesterolo nel sangue e aumentano i danni alla salute sul lungo periodo [16, 17].

Conclusione

Per la nostra salute, è meglio fare a meno delle uova, che d’altra parte non contengono alcun nutriente utile. Il loro contenuto in proteine non è certo un aspetto positivo, perché oggigiorno si consumano troppe proteine, non troppo poche (in media, più del doppio di quelle consigliate).

Le proteine vegetali sono sempre da preferire: non sono mai accompagnate da grassi saturi e colesterolo e sono sempre accompagnate da fibra, vitamine, minerali, antiossidanti e sostante fitochimiche, tutti nutrienti che promuovono la salute a lungo termine.

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Da: accademianutrizione.it

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Fonte: PCRM fact-sheet “Health Concerns with Eggs”

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References

  1. Li Y, Zhou C, Zhou X, Li L. Egg consumption and risk of cardiovascular diseases and diabetes: a meta-analysis. Atherosclerosis. 2013;229:524- 530.

  2. Spence JD, Jenkins DJ, Davignon J. Dietary cholesterol and egg yolks: not for patients at risk of vascular disease. Can J Cardiol. 2010;26:336-339.

  3. U.S. Department of Agriculture Agricultural Research Service. USDA National Nutrient Database for Standard Reference, Legacy Release. United States Department of Agriculture Agricultural Research Service. https://ndb.nal.usda.gov/ndb/search/list. Accessed September 24, 2018.

  4. U.S. Department of Health and Human Services. Your Guide to Lowering Your Cholesterol with TLC. National Institutes of Health. National Heart, Lung and Blood Institute. https://www.nhlbi.nih.gov/files/docs/public/ heart/chol_tlc.pdf. Accessed September 24, 2018.

  5. Clarke R, Frost C, Collins R, Appleby P, Peto R. Dietary lipids and blood cholesterol: quantitative meta-analysis of metabolic ward studies. BMJ. 1997;314:112-117.

  6. Howell WH, McNamara DJ, Tosca MA, Smith BT, Gaines JA. Plasma lipid and lipoprotein responses to dietary fat and cholesterol: a meta-analysis.
    Am J Clin Nutr. 1997;65:1747-1764.

  7. Hopkins PN. Effects of dietary cholesterol on serum cholesterol: a meta- analysis and review. Am J Clin Nutr. 1992;55:1060-1070.

  8. Levin S, Wells C, Barnard N. Dietary cholesterol and blood cholesterol concentrations. JAMA. 2015;314:2083-2084.

  9. Berger S, Raman G, Vishwanathan R, Jacques PF, Johnson EJ. Dietary cholesterol and cardiovascular disease: a systematic review and meta-analysis. Am J Clin Nutr. 2015;102:276-294.

  10. Tang WH, Wang Z, Levison BS, et al. Intestinal microbial metabolism of phosphatidylcholine and cardiovascular risk. N Engl J Med. 2013;368:1575- 1584.

  11. Choi Y, Chang, Lee JE, et al. Egg consumption and coronary artery calcification in asymptomatic men and women. Atherosclerosis. 2015;241:305-312.

  12. Li C, Yang L, Zhang D, Jiang W. Systematic review and meta-analysis suggest that dietary cholesterol intake increases risk of breast cancer. Nutr Res. 2016;36:627-635.

  13. Potluri R, Lavu D, Uppal H, Chandran S. Hyperlipidaemia as a risk factor for breast cancer? Report presented at; European Society of Cardiology 2014 Frontiers in Cardiovascular Biology Meeting; July 4, 2014: Barcelona, Spain.

  14. Tilley BJ, Cook JL, Docking SI, Gaida JE. Is higher serum cholesterol associated with altered tendon structure or tendon pain? A systematic review. Br J Sports Med. 2015;49:1504-1509.

  15. Schisterman EF, Mumford SL, Browne RW, Barr DB, Chen Z, Louis GMB. Lipid concentrations and couple fecundity: the LIFE study. J Clin Endocrinol Metab. 2014;99:2786-2794.

  16. Zong G, Li Y, Wanders AJ, et al. Intake of individual saturated fatty acids and risk of coronary heart disease in US men and women: two prospective longitudinal cohort studies. BMJ. 2016;355:i5796-i5807.

  17. Estadella D, da Penha Oller do Nascimento CM, Oyama LM, Ribeiro EB, Dâmaso AR, de Piano A. Lipotoxicity: effects of dietary saturated and transfatty acids. Mediators Inflamm. 2013;2013:137579-137593.

  18. Vogt, N.M., Romano, K.A., Darst, B.F. et al. The gut microbiota-derived metabolite trimethylamine N-oxide is elevated in Alzheimer’s disease. Alz Res Therapy 10, 124 (2018). https://doi.org/10.1186/s13195-018-0451-2

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Tassa sulla carne rossa | Consumo e malattie…spesa sanitaria di 285 miliardi di dollari l’anno.

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Dopo la notizia bomba diffusa nell’ottobre del 2015 dalla IARC (International Agency for Research on Cancer), parte integrante dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), sull’inserimento nell’elenco delle sostanze cancerogene delle carni rosse lavorate e sulla probabile cancerogenità della carne rossa (http://www.iarc.fr/en/media-centre/pr/2015/pdfs/pr240_E.pdf), su tutto il pianeta si diffuse un clima di panico. L’autorevolezza e l’autorità scientifica della IARC, composta da uno staff di 300 ricercatori, attivi in 50 nazioni, e dell’OMS sono schiaccianti e fuori discussione.

Da allora ad oggi qualcosa è cambiato. Certamente, il consumo di carne è diminuito ma non tanto da evitare che una buona parte dell’umanità continui ad ammalarsi di cancro, malattie cardiocircolatorie e diabete con spese per la sanità pubblica veramente notevoli.

Le malattie legate alle carni rosse costano 285 miliardi di dollari all’anno nel mondo. Ecco che allora nell’Università di Oxford un gruppo di ricercatori ha pubblicato un lavoro che mette a confronto una tassa sulla carne per coprirne il costo sociale delle patologie provocate dal suo consumo . Viene quindi proposta una tassa del 20% sulla carne non lavorata (come le bistecche) e del 110% su quella lavorata (come le salsicce, la pancetta, salami, prosciutti, mortadelle, würstel… ).

(madu)

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Ecco l’abstract del lavoro sviluppato dai ricercatori dell’Università di Oxford e pubblicato sulla rivista “Plos One”.

ABSTRACT

Tasse, motivate dalla salute, sulle carni rosse e lavorate: uno studio di modellizzazione sui livelli di tassazione ottimale e gli impatti associati sulla salute.

Autori: Marco Springmann ,

  • Daniel Mason-D’Croz,
  • Sherman Robinson,
  • Keith Wiebe,
  • H. Charles J. Godfray,
  • Mike Rayner,
  • Peter Scarborough

Obiettivo

Il consumo di carne rossa e lavorata è stato associato ad un aumento della mortalità per malattie croniche e, di conseguenza, è stato classificato dall’Organizzazione mondiale della sanità come cancerogeno (carne trasformata) e probabilmente cancerogeno (carne rossa) per l’uomo. Una risposta politica è quella di regolare il consumo di carne rossa e lavorata in modo simile ad altri agenti cancerogeni e alimenti con problemi di salute pubblica. Qui descriviamo un approccio basato sul mercato per tassare la carne rossa e trasformata in base al suo impatto sulla salute.

Metodi

Abbiamo calcolato livelli fiscali economicamente ottimali per 149 regioni mondiali che avrebbero dovuto (internalizzare) i costi sanitari associati alla cattiva salute dal consumo di carne rossa e trasformata, e abbiamo utilizzato un quadro di modellazione accoppiata per stimare gli impatti della tassazione ottimale sul consumo, salute costi e mortalità per malattie non trasmissibili. Gli impatti sulla salute sono stati stimati utilizzando un quadro di valutazione del rischio comparativo globale e le risposte economiche sono state stimate utilizzando dati internazionali sui costi sanitari, i prezzi e l’elasticità dei prezzi.

Risultati

I costi sanitari per la società attribuibili al consumo di carne rossa e trasformata nel 2020 ammontavano a 285 miliardi di dollari (intervalli di sensibilità basati sull’incertezza epidemiologica (SI), 93-431), tre quarti dei quali erano dovuti al consumo di carne lavorata. In condizioni di tassazione ottimale, i prezzi delle carni lavorate sono aumentati in media del 25%, passando dall’1% dei paesi a basso reddito a oltre il 100% nei paesi ad alto reddito e i prezzi delle carni rosse sono aumentati del 4%, passando dallo 0,2% a oltre 20%. Il consumo di carne lavorata è diminuito in media del 16%, passando dall’1% al 25%, mentre il consumo di carne rossa è rimasto stabile in quanto la sostituzione delle carni trasformate ha comportato riduzioni dei prezzi. Il numero di decessi attribuibili al consumo di carne rossa e lavorata è diminuito del 9% (222.000, SI, 38.000-357.000) e i costi sanitari attribuibili sono diminuiti del 14% (USD 41 miliardi, SI, 10-57) a livello globale, in ciascun caso con maggiori riduzioni nei paesi ad alto e medio reddito.

Conclusione

Includere il costo della salute sociale del consumo di carne rossa e trasformata nel prezzo delle carni rosse e trasformate potrebbe portare a significativi benefici per la salute e l’ambiente, in particolare nei paesi ad alto e medio reddito. I livelli di tassazione ottimali stimati in questo studio sono specifici del contesto e possono integrare le semplici regole empiriche attualmente utilizzate per stabilire livelli di tassazione motivati dalla salute.

Fonte: PLOS|One

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