Monthly Archives: Settembre 2013

Campagna di Greenpeace per i tessuti: parte dall’Italia il “no” alle sostanze tossiche

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Moda e tessuti, Greenpeace: parte dall’Italia il “no” alle sostanze tossiche

L’azienda tessile comasca, Canepa Spa, produttrice di tessuti di pregio come la seta e il jacquard per le principali firme dell’alta moda e del prêt-à-porter italiane e del mondo, ha aderito alla campagna di Greenpeace, Detox, per l’eliminazione delle sostanze tossiche dal settore moda, diventando il primo produttore a livello mondiale a sottoscrivere pubblicamente il Detox Commitment.  «Siamo orgogliosi di essere la prima impresa tessile al mondo a sottoscrivere il Detox Commitment di Greenpeace –  ha dichiarato Elisabetta Canepa – Questo è il nostro contributo a una moda libera da sostanze tossiche che aiuterà i migliori brand dell’alta moda a produrre gli splendidi capi che sanno creare e che con i nostri tessuti avranno anche il pregio di non inquinare un bene prezioso come l’acqua».

Dopo l’impegno di Valentino Fashion Group,  prima azienda italiana del lusso ad aver accettato la sfida di “thefashionduel” di Greenpeace che chiede ai più importanti brand dell’alta moda di ripulire le proprie filiere da deforestazione e sostanze tossiche, ora l’iniziativa dell’azienda comasca, primo produttore al mondo a impegnarsi volontariamente nello sviluppo di alternative all’utilizzo delle sostanze chimiche pericolose. Canepa richiederà all’80 per cento dei propri fornitori di rivelare, da gennaio 2014, i quantitativi delle sostanze chimiche pericolose emesse, garantendo a coloro che vivono vicino alle fabbriche tessili il diritto a ricevere informazioni corrette sugli scarichi di sostanze pericolose nell’ambiente. Canepa, inoltre, ha incluso nell’impegno Detox l’eliminazione della metacrilammide, una sostanza che presenta elevati rischi di tossicità su cui l’azienda ha lavorato nei mesi precedenti all’impegno. Si tratta di una vittoria soprattutto delle comunità locali in tutto il mondo, colpite sempre più duramente dall’inquinamento delle proprie risorse idriche e che hanno il diritto di sapere cosa viene scaricato nell’ambiente in cui vivono.

«Dal lancio della nostra campagna Detox, i consumatori di tutto il mondo hanno fatto sentire la loro voce. A loro, per la prima volta nella storia della nostra campagna, si unisce un produttore –  ha dichiarato Chiara Campione, Project Leader di The Fashion Duel di Greenpeace -. Se un’azienda come Canepa, che lavora per tutti i più importanti marchi del lusso può impegnarsi così seriamente non hanno davvero più senso l’indecisione di Gucci e Armani, la lentezza di Versace, Ermenegildo Zegna e Ferragamo e la miope opposizione di Dolce e Gabbana, Prada, Chanel e Roberto Cavalli a ripulire le proprie filiere e i nostri vestiti dalle sostanze tossiche e dalla deforestazione» ha concluso Campione. Gucci, in realtà, continua a ribadire la collaborazione con Greenpeace e l’impegno per l’eliminazione delle sostanze tossiche chimiche pericolose nel settore moda.

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Fonte: greenreport.it

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Ancora problematico il rapporto tra Internet e gli italiani

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Contrappunti/ La Rete in calo

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I dati parlano chiaro: invece di aumentare, gli Italiani che navigano sono sempre meno. E Internet non decolla neppure tra i giovani: figuriamoci nella Pubblica Amministrazione

di M. Mantellini

Roberto Venturini sul suo blog, un po’ per mestiere e un po’ per passione, segue l’andamento dei numeri della Internet italiana con intelligenza e spirito di sintesi. Qualche settimana fa ha tenuto a ricordarci che i numeri di Internet in Italia continuano a non essere per nulla buoni. Che la rete italiana fosse da tempo fanalino di coda in Europa lo si sapeva già: avviene da tempo nella sostanziale noncuranza generale. Come se l’accesso a Internet fosse quello che molti pensavano un decennio fa: una variabile ininfluente sul panorama economico a raccontare la passione di alcuni strani hobbisti.

Secondo i numeri Audiweb citati da Venturini, numeri che hanno tutti i limiti del mondo, ma comunque utilizzati specie per gli investimenti pubblicitari, la rete italiana è sostanzialmente in calo. I cittadini che si collegano a Internet in un giorno medio sono stati, nel mese di luglio scorso, 27 milioni. Erano 28 milioni a luglio 2012. Se poi ci diamo la pena di allargare un po’ lo sguardo a vedere come sono andate le cose negli ultimi anni in Europa ci accorgiamo che dal 2006 al 2011 (dati Eurostat) la Internet italiana è andata peggio di quasi tutte le altre. Paradossalmente il nostro 40 per cento di accesso da casa del 2006 era un dato pessimo ma comunque da centroclassifica nell’Europa a 27. Se date un’occhiata ai numeri del 2011 vi accorgerete che gran parte dei Paesi che erano sotto di noi ci hanno nel frattempo superato lasciandoci in coda insieme a Romania, Portogallo Grecia e pochi altri.

Internet in Italia insomma non solo va male, non solo non cresce, ma va peggio rispetto un anno fa e molto peggio di come va nella stragrande maggioranza dei paesi europei. Sembra insomma una situazione senza grandi speranze. Mentre tutto questo accade la politica, l’agenda digitale e i temi della politica delle reti, stanno come al solito a zero.

Altro tema sensibile ben esposto nei numeri di Venturini: si accede prevalentemente da casa (il periodo di maggior traffico è quello pomeridiano fino alle 21:00) ed utilizzano Internet prevalentemente persone di mezza età. Questo dovrebbe, temo, consigliarci qualche cautela sul famoso e mille volte citato potere taumaturgico dei nativi digitali. Circa un italiano su due (il 48 per cento) fra quanti utilizzano la rete in un giorno qualsiasi è nella fascia dai 35 ai 54 anni, i 18-24enni sono circa il 10 per cento del totale.

Ci siamo spesso chiesti quali siano le ragioni di una simile allergia degli italiani alla rete internet e le risposte sono per forza di cose ogni volta complicate e molto varie. Quello che oggi mi pare importante notare è che l’Italia sembra aver raggiunto una sorta di punto di equilibrio fra quanti utilizzano regolarmente la rete e quanti decidono di non farlo. Questo punto di equilibrio è nei migliori paesi europei attorno ad un rapporto 9:1. Nove cittadini usano Internet ed 1 no. In Italia questo equilibrio, volendo essere ottimisti, è circa 6:4.

Tutto questo ha delle conseguenze, non solo di natura economica e di crescita culturale (i due aspetti più importanti della desertificazione digitale italiana) ma anche di natura amministrativa. Per fare un esempio recente, la Gran Bretagna ha appena fatto partire una iniziativa che si chiama Digital by Default che è un progetto per incrementare il numero di cittadini che dialogano online con l’amministrazione (che in UK sono oggi circa 1 su 2). Un progetto del genere ha un senso in un Paese come la Gran Bretagna in cui circa il 90 per cento dei cittadini è online, sarebbe impossibile da noi dove quasi uno su due non hai avuto accesso alla Rete. In altre parole fino a quando il contesto digitale italiano sarà in queste condizioni non potremo nemmeno illuderci di poter copiare le migliori pratiche altrui.

È difficile immaginare che l’eccezione digitale italiana sia legata in maniera rilevante a questioni di infrastruttura o di costi di accesso. È invece assai verosimile immaginare che, come abbiamo molto spesso detto, il digital divide nel quale siamo immersi sia, in una quota considerevole, un ritardo culturale in senso lato. Indagarne le cause resta comunque complicato e implica una serie di riferimenti sociologici ed ambientali che portano lontano: quello che però già oggi sappiamo è che le infrastrutture si possono costruire e pagare, assai più complicato e difficile è riuscire a cambiare la testa delle persone.

Massimo Mantellini
Manteblog

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Fonte: Punto Informatico

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5.000 suicidi nel mondo per “crisi economica globale”

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Crisi, ancora una conferma dagli studi: più suicidi nel mondo a causa della povertà

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di Fabrizio Salvatori

5.000 morti per “crisi economica globale”. Gli studiosi continuano a indagare il fenomeno dei suicidi. E l’ultimo studio che arriva da Hong Kong contiene dati molto interessanti. Stando ai numeri, nel 2009 la decisione di togliersi la vita è stata tra gli uomini in piu’ di quanto previsto rispetto alle statistiche passate. Le elaborazioni dei ricercatori su dati forniti dal Fondo Monetario Internazionale, dall’Organizzazione mondiale della Sanita’ e dai Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie Usa mettono a confronto i numeri relativi al pil, all’occupazione e ai suicidi in ben 54 paesi. Secondo le stime emerse, nel 2009 la disoccupazione globale e’ cresciuta del 37%, il pil e crollato del 3% ed il tasso di suicidi tra gli uomini e’ aumentato del 3,3%. I paesi dell’Unione europea – spiega il rapporto pubblicato sulla rivista online ‘BMJ’ – hanno sofferto un aumento dei suicidi tra la popolazione maschile del 13.3% rispetto al passato. I suicidi sono aumentati negli Usa ed in Canada del 8,8%, nei paesi dell’America latina del 6,4%. Il piu’ vasto aumento dei sucidi in Europa e’ stato registrato tra gli uomini nella fascia di eta’ tra i 15 ed i 24 anni, mentre in America tra gli uomini tra i 45 ed 64 anni. Non e’ risultato alcun aumento di suicidi, invece, tra le donne europee.

In Italia, intanto, le regioni si vanno organizzando per fronteggiare il fenomeno. Il presidente della Regione del Veneto Luca Zaia, rendendo noti i dati sul servizio “InOltre La Salute dell’Imprenditore”, sottolinea che in 15 mesi di attivita’ ha operato con efficacia seguendo 190 imprenditori, pianificando e realizzando un percorso di affiancamento per definire una strada da intraprendere e attivare i servizi sanitari territoriali a cui rivolgersi. Finora le chiamate ricevute dall’800334343 sono state 833, di cui 65 da fuori regione (Lazio, Lombardia, Campania, Emilia e Friuli). Nello specifico 190 utenti sono stati seguiti nella gestione delle proprie difficolta’ da un operatore territoriale dedicato: 61 di Vicenza, 49 di Padova, 30 di Treviso, 26 di Venezia, 16 di Verona, alcuni di Rovigo e di Belluno.

Anche nel Lazio ci sono iniziative simili. L’obiettivo per ora è quello di sostenere gli imprenditori in difficolta’ per la crisi economica attraverso la creazione di uno sportello di ascolto psicologico. L’iniziativa è promossa da Confcommercio Roma, l’Ordine degli psicologi del Lazio e l’Ordine dei dottori commercialisti di Roma, e sara’ presentata nel dettaglio martedi’ presso la sede della Confcommercio di Roma in via Marco e Marcelliano 45 alle 11. Nel corso dell’incontro verra’ presentato il numero verde dello sportello di ascolto psicologico.

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Fonte: controlacrisi.org

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