Monthly Archives: Luglio 2012

La Francia tassa i ricchi, abbassa età pensionabile e aumenta i salari. Alla faccia della Fornero

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Ha aumentato il salario minimo del 2%. Ha abbassato la soglia per le pensioni di anzianità a 60 anni. Ha annunciato un’aliquota sui redditi dei ricchi al 75%, una tassa sui dividendi del 3% e sulle scorte petrolifere del 4%. Ha assicurato che aumenterà i contributi – già altissimi – e l’imposta di successione e che recupererà la vecchia patrimoniale. Infine, ha promesso 65mila assunzioni nel settore pubblico. Insomma, per i fautori del libero mercato e delle riforme strutturali, François Hollande è un incubo. Se Mario Monti avesse azzardato una sola di queste misure, il famigerato spread avrebbe toccato vette inarrivabili.

Eppure, tutto tace. Mentre sui quotidiani stranieri, in particolare su quelli anglosassoni, i titoli continuano a somigliarsi tutti (tra i più gettonati: «la luna di miele finirà presto» e «la vie en rose durerà poco»), sui mercati finanziari l’incantesimo regge. Anzi. Non più tardi di lunedì i rendimenti sui titoli di Stato francesi a tre e a sei mesi, per la prima volta nella storia, sono stati negativi. Segno che il mercato pensa che la Francia somigli molto più alla Germania che alle peccaminose Italia o Spagna. Segno che la “rossa” Parigi è diventato un porto sicuro, alla pari dei Paesi “falchi” guidati da austeri conservatori à la Merkel che anelano allo zero deficit come alla panacea di tutti i mali.
Certo, anche Hollande si è impegnato sul rigore. I numeri però sono numeri. Nel primo trimestre dell’anno il debito è salito all’89,3% del Pil e il deficit veleggia a fine anno verso il 4,5%. Il premier Jean-Marc Ayrault si è impegnato a ridurlo sotto il 3% l’anno prossimo e di azzerarlo quello dopo. Ma anche le stime sul Pil sono state riviste allo 0,4% quest’anno e all’1-1,3% per l’anno prossimo. E Hollande non ci pensa neanche, per dire, a rimandarsi le assunzioni nel pubblico o a toccare la legge sui licenziamenti come gli chiedono in molti.
Gli analisti, ovvio, avvertono che bisogna guardare ai rendimenti dei bond decennali e non a quelli a brevissimo termine. E che nei prossimi mesi sono destinati a risentire dell’«effetto Hollande», se non farà anche riforme strutturali. Però lo spread francese, intanto, è inchiodato a 110 punti, a distanze siderali dal nostro. Con tutto che in Francia, negli ultimi 5 anni sono spariti 400mila posti nel manufatturiero e il Pil pro capite è sceso negli ultimi 10 dal 95 al 90% di quello tedesco. E con tutto che una settimana fa i maggiori economisti e imprenditori hanno chiesto allarmati uno «shock per il rilancio della competitività», che è un noto punto debole dell’economia oltralpe. I mercati, per ora, se ne infischiano.
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De Gennaro ci prende in giro

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Il sottosegretario del governo Monti, ex capo della Polizia, parla di “Stato di diritto” e dice di provare dolore per le vittime. Ma era il responsabile dell’ordine pubblico durante il G8 di Genova, la “più grave repressione di massa vista in occidente” secondo Amnesty International, e la polizia di Stato in questi undici anni ha ostacolato l’accertamento delle responsabilità. Il presidente Monti e il ministro Cancellieri non hanno nulla da dire?

di Lorenzo Guadagnucci – 8 luglio 2012

Gianni De Gennaro è veramente senza vergogna. La cosa grave è che lo lasciano parlare di Stato di diritto come se non fosse stato proprio lui  il massimo responsabile dell’ordine pubblico durante la più grave violazione di massa dei diritti umani che si sia vista in Europa negli ultimi decenni (fonte: Amnesty International).

Al governo dei tecnici, del quale fa inopinatamente parte, andrebbe ricordato che il dottor De Gennaro è stato TECNICAMENTE il protagonista di un fallimento: la disastrosa gestione del G8 di Genova sarà ricordata nei libri di storia come una delle pagine più nere e più imbarazzanti – anche sul piano internazionale – della polizia italiana.

Il dottor De Gennaro è stato anche protagonista di una gestione del post-fallimento e delle inchieste intraprese dalla magistratura – che è un potere dello stato, fino a prova contraria – all’insegna della non collaborazione e della prepotenza.

Il dottor De Gennaro, come il professor Monti e la dottoressa Cancellieri, probabilmente non si aspettavano che i giudici di Cassazione si comportassero da giudici di Cassazione, ma una volta che questo è avvenuto, bisognerebbe avere l’onestà e l’umiltà di riconoscere quel che è successo il 5 luglio per quello che è: una clamorosa e definitiva sconfessione della condotta proterva tenuta dalla polizia di stato (spalleggiata da un potere politico succube e inetto) in questi undici anni, e non tanto e non solo nella notte della Diaz.

Se i dirigenti verso i quali il dottor De Gennaro è tanto solidale hanno perso il lavoro, non è per la perfidia dei giudici di Cassazione, ma perché sono stati mantenuti al loro posto dopo una pesantissima sentenza di appello, che già conteneva tutti gli elementi necessari per consigliare la loro sospensione: una sentenza d’appello – è bene ricordarlo – non è un’opinione, ma un atto importante e meditato della magistratura, che è – ripeto – un potere dello Stato al quale spettano fondamentali funzioni di controllo degli abusi di potere.

Il dottor De Gennaro e il suo successore Antonio Manganelli sono i principali responsabili dell’operazione di legittimazione e copertura dei dirigenti condannati il 5 luglio e il fatto che restino al loro posto è una prepotenza dell’attuale governo. Il “dolore per le vittime” espresso dal dottor De Gennaro, da vittima, lo vivo come una inaccettabile presa in giro.

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Fonte: Altreconomia

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