Daily Archives: 19/07/2012

Dopo Carta, Terra, La Voce delle Voci anche “E- il Mensile” chiude

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Chiude E-Il Mensile. E siamo meno liberi e informati

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Cari amici di Megachip, trovo grave e preoccupante la chiusura di E-il Mensile [già PeaceReporter] nel desolante panorama dell’informazione in Italia, perché è stata per tanti anni una o forse l’unica fonte diretta e attendibile a trasmetterci notizie e denunce come questa dall’Afghanistan e non solo (in particolare l’unica che negli ultimi mesi ha indagato a fondo e trovato conferme sulla dotazione di armamenti ai nostri caccia bombardieri e sul loro effettivo utilizzo nel conflitto afghano), così come in passato aveva denunciato la partecipazione in sordina dell’esercito italiano a vere e proprie azioni di guerra congiunte con i Marines USA, (sempre ufficialmente negate dal governo).

Negli anni passati grazie al lavoro di questi coraggiosi giornalisti indipendenti in più occasioni il giornalismo mainstream si è sentito in obbligo di rompere il silenzio su notizie importanti che altrimenti sarebbero state ignorate, ricordo solo la più eclatante, la smentita di Peacereporter della famosa falsa foto di Bin Laden morto, smentita che oltre a mettere in dubbio la vericidità dell’intera operazione, mostrò chiaramente al pubblico mondiale come il sistema dell’informazione mainstream globale sia capace di divulgare vere e proprie bufale e menzogne planetarie in un’irreversibile catena d’inganno.

Ricordo anche che Peacereporter – oggi E-Il Mensile – è stato anche uno dei canali che ha ospitato i reportage da Gaza di Vittorio Arrigoni, e come lui altri volontari e inviati in zone di guerra che non avrebbero altrimenti trovato spazi per diffondere le loro inchieste e testimonianze.

Fa piacere che Il Fatto Quotidiano, un canale che io considero parte integrante del mainstream, riconosca questi meriti a E-Il Mensile, e mi pare che sia uno dei pochissimi a farlo. Purtroppo la chiusura di E-Il Mensile, dopo quella di Carta, Terra, La Voce delle Voci e altre importanti e serie realtà dell’informazione indipendente, rivela una situazione sempre più grave di restringimento degli spazi di libertà d’informazione come conseguenza diretta di una crisi che più che economica io ritengo di civiltà e di democrazia, restituendoci un grave vuoto che rappresenta l’ulteriore sottrazione di un diritto fondamentale, quello ad essere informati, di cui bisognerebbe preoccuparsi collettivamente molto più di quanto non si faccia.

Eva Milan.

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Fonte: Megachip

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Wikileaks: nel 2003 in Italia il movimento “No-War” spiato da Washington

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L’occhio elettronico di Washington sul movimento No War

Washington sorvegliava in modo esteso il movimento No War italiano nel 2003. È quanto emerge da due cable pubblicati da Wikileaks in questi giorni.

Tempismo perfetto. Quello a cui Wikileaks, nel bene e nel male, ci ha abituato negli ultimi mesi. A pochi giorni dalla sentenza della Corte di Cassazione sui fatti del G8 di Genova, che ha confermato in via definitiva le condanne per gli imputati accusati di devastazione e saccheggio, l’organizzazione che fa capo a Julian Assange gioca le sue carte anche in questa partita, proprio quando i protagonisti di quella fase politica (definita impropriamente dal mainstream con l’abusatissima etichetta “no global”) tornano sotto la luce dei riflettori.

Due nuovi cable, inviati nel febbraio 2003 dall’ambasciata di Roma agli uffici del dipartimento di Stato, rivelano come Washington avesse messo sotto stretta ed estesa sorveglianza le comunicazioni di alcune delle realtà politiche animatrici della prima ondata del movimento No War. A turbare il sonno dell’ambasciatore Spogli e dei vertici dell’amministrazione Bush erano sopratutto le iniziative di trainstopping: azioni dirette di massa, praticate dal movimento con l’intento di fermare i “treni della morte”: quei convogli speciali che trasportavano materiale logistico ed equipaggiamento bellico statunitense destinato al teatro di guerra iracheno. Meno preoccupante veniva invece considerata l’opposizione dei sindacati confederali («abbaiano ma non mordono»), bollata come «simbolica e minimale».

Dai telegrammi citati però, non emerge quale istituzione abbia intessuto la rete di spionaggio nei confronti degli attivisti mobilitatisi per opporsi allo scoppio del secondo conflitto del Golfo. Fuori questione invece è la stretta collaborazione tra Washington e Roma, anche grazie alla collaborazione di Trenitalia. L’azienda ferroviaria infatti partecipava attivamente all’unità di crisi istituita dal ministero dell’Interno per predisporre un insieme di contromisure volte ad indebolire le iniziative del movimento. Una vicenda, quella delle iniziative di trainstopping, non priva di strascichi giudiziari: in diverse città italiane erano stati numerosi i militanti finiti sotto processo per essersi opposti attivamente alla guerra. E la stessa Trenitalia aveva citato in giudizio il collettivo Autistici/Inventati per aver ospitato sui suoi server un sito fake che accusava l’azienda di avere le mani sporche di sangue per l’appoggio prestato supinamente ai militari americani.

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I cable di Wikileaks

Fonte: Infoaut

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