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Atene: comunisti in piazza. Syriza si spacca!

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Athens, Greece, 26 February 2015.  EPA/ORESTIS PANAGIOTOU

Athens, Greece, 26 February 2015. EPA/ORESTIS PANAGIOTOU

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Syriza si divide. Scontri ad Atene, oggi in piazza i comunisti

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“Presentare una sconfitta come un successo è forse peggio della sconfitta stessa. (…) Da una parte perché si trasforma il discorso del governo in politichese, in una serie di luoghi comuni e banalità che hanno semplicemente lo scopo di legittimare a posteriori qualsiasi decisione, trasformando il nero in bianco; e dall’altra perché prepara il terreno, ineluttabilmente, per le prossime, più definitive, sconfitte, perché confonde i criteri attraverso i quali il successo può essere distinto da una sconfitta”. Il duro giudizio di Stathis Kouvelakis, professore di scienze politiche al King’s College di Londra ed esponente del comitato centrale di Syriza, è condiviso da molti dei suoi compagni di partito. Non solo quelli della piccola ‘Tendenza Comunista’ (che chiedono di votare la proposta parlamentare del KKE di rifiuto in blocco del memorandum), ma anche i militanti e i dirigenti di Syriza appartenenti alla ‘Piattaforma di Sinistra’ e addirittura alcune aree della maggioranza del partito, sempre più insofferenti.

Per ora, sembra, i critici sono comunque una minoranza, per quanto consistente. Al termine di una vera e propria maratona durata 11 ore, ieri la maggioranza dei deputati di Syriza eletti il 25 gennaio ha approvato il modo in cui, insieme con il ministro delle Finanze Yannis Varufakis, il premier Alexis Tsipras ha gestito i negoziati con i cosiddetti partner europei per ottenere dall’Eurogruppo una proroga di quattro mesi del prestito in scadenza domani.

Ma la fronda interna è più che evidente, il dibattito di ieri è stato costellato da critiche a volte anche molto dure e dal voto contrario di un certo numero di parlamentari.
A dar voce al diffuso malcontento all’interno di Syriza sono stati il ministro dello Sviluppo Economico, Ambiente ed Energia Panagiotis Lafazanis e la presidente della Camera, Zoe Konstantopoulou. I due esponenti della sinistra interna del partito hanno contestato la lista delle “riforme” proposte da Varoufakis, sostenendo che in molti punti esse sono, in sostanza, un’estensione del pre-esistente Memorandum firmato tra i precedenti governi e la Troika (rimasta a decidere le sorti di Atene, seppur con un’altra denominazione). Un Memorandum che Tsipras aveva promesso di stracciare il giorno dopo la costituzione del governo, gli hanno ricordato i critici.

Quella delle opposizioni interne è di fatto la stessa accusa mossa a Varoufakis dall’ex partito di governo di centrodestra Nea Dimokratia, secondo cui la lista delle misure proposte all’Eurogruppo dal ministro delle Finanze – che ha accettato varie correzioni da Bruxelles prima di presentare la versione finale del testo – “è una copia esatta del Memorandum” concordato dell’ex premier Antonis Samaras con Ue, Bce ed Fmi.
Secondo una “nota per uso interno” di 12 pagine dattiloscritte diffusa da Nea Dimokratia, diversi estratti dall’elenco di Varoufakis sarebbero stati letteralmente copiati dal precedente “accordo di salvataggio” concordato con la Troika.

Quando il segretario Tsipras ha chiesto ai suoi di votare a favore o contro l’accordo concluso dal suo governo con l’Eurogruppo per alzata di mano, un certo numero di deputati – 20 su 149 secondo alcune fonti, 35 secondo altre – avrebbero espresso parere negativo. Secondo un’altra versione invece i voti contrari sarebbero stati solo 5, ma solo perché ben 30 deputati avrebbero scelto di non partecipare al voto. Racconta Stathis Kouvelakis sul suo profilo di Facebook: “Circa 30 parlamentari su un totale di 149 erano fuori dalla sala al momento del voto. Non c’è stato un conteggio formale (si è votato per alzata di mano), ma si sono astenuti o hanno votato contro circa 40 deputati. I quattro ministri della Piattaforma Sinistra sui sono astenuti, ma il numero di deputati che ha respinto l’accordo è andato ben al di là dei sostenitori della Corrente di Sinistra”.

A preoccupare la dirigenza del partito sono soprattutto i “mal di pancia” del ministro Lafazanis (che si sarebbe astenuto, nonostante l’opposizione interna gli chiedesse di marcare il suo disaccordo in modo più netto) e della presidente della Camera Konstantopoulou. Quest’ultima e il deputato Dimitris Mitropoulos hanno inoltre espresso “grave preoccupazione” che il nuovo accordo implichi altri pesanti obblighi per la Grecia. Secondo il deputato Stathis Leoutsakos alcune delle proposte inserite nella lista di Varoufakis, nella loro formulazione, assomigliano agli antichi oracoli che “i creditori possono interpretare come vogliono”. Anche le parlamentari Ioanna Gaitanis ed Eleni Psareas hanno votato “no” all’intesa con i creditori internazionali.
Forti critiche alla strategia del governo sono arrivate addirittura dal capo del dipartimento delle politiche economiche di Syriza, Yannis Milios, che in un documento scritto insieme a Spyros Lapatsiras e Dimitris Sotiropoulos, intitolato “L’accordo del 20 febbraio: un primo passo su un terreno scivoloso”, afferma: “Il fatto che il governo abbia deciso di descrivere la parziale ritirata e il cambiamento “imposto” al suo programma come una “vittoria” è un cattivo segnale per il futuro, perché dimostra che è più interessato alla comunicazione che alla sostanza. Potrebbe tramutarsi in una vera sconfitta.”

Tsipras ha tentato di placare gli animi promettendo che “Il risultato dell’accordo dipenderà e sarà giudicato dal modo in cui lavoreremo come governo. Faremo in modo che l’esecutivo lavori in maniera rapida e governeremo sulla base del mandato popolare che ci è stato dato”. “Aspetteremo di vedere ciò che faranno i parlamenti degli altri Paesi e poi formuleremo una proposta politica nei due o tre giorni successivi”, ha concluso il capo del governo.
Il ministro Vaorufakis, dal canto suo, ha annunciato che i risparmiatori greci hanno ripreso a depositare i loro soldi nelle banche elleniche dopo l’estensione di 4 mesi degli aiuti europei. Intervistato da Bloomberg TV, il ministro delle finanze ha detto che 700 milioni di euro sono stati depositati nelle banche elleniche nella sola giornata di martedì dopo che dall’inizio di dicembre circa 20 miliardi di euro sono usciti dalle banche di Atene e finiti all’estero.
Oltre all’esplicitazione delle divisioni interne al partito di governo – e che potrebbero emergere in misura maggiore nel corso del Comitato Centrale di Syriza previsto nel fine settimana – per la prima volta dal giorno delle elezioni ieri il governo ha dovuto fare i conti anche con una piazza ostile.
Durante la giornata di ieri alcune centinaia di persone, per lo più militanti e simpatizzanti della coalizione di sinistra radicale anticapitalista Antarsya e di alcuni collettivi anarchici, sono scese in piazza nella capitale ellenica contro “la reintroduzione dell’austerity da parte del nuovo governo”. Al termine della marcia diretta verso il parlamento una cinquantina di persone hanno iniziato a lanciare bottiglie molotov contro la famigerata squadra Delta della polizia greca; alcune auto bruciate, la vetrina di una banca sfondata e improvvisate barricate erette dai manifestanti nel quartiere di Exarchia per coprirsi la ritirata hanno concluso la giornata.
Oggi si è avuto una replica assai più consistente, visto che a protestare in piazza Syntagma contro l’intesa rinunciataria raggiunta dall’esecutivo con la Troika è stato il KKE.
Nonostante le pioggia scrosciante e a tratti anche la grandine, il segre­ta­rio del Partito Comunista di Gre­cia, Dimi­tris Kou­tsou­bas, davanti a migliaia di persone ha accu­sato Tsipras di essersi pie­gato alla troika, seppur ribattezzata con un altro nome, «dimenticando in tempo record le pro­messe elettorali fatte al popolo greco». “Nessuna tolleranza su questo accordo”, hanno scandito in piazza più di 10 mila partecipanti alla protesta, per lo più militanti e simpatizzanti del partito che alle legislative del 25 gennaio ha ottenuto il 5,5% dei voti e 15 deputati su un totale di 300.
Solidarietà ai comunisti è arrivata dall’anziano ma ancora influente compositore Mikis Theodorakis, come Manolis Glezos assai critico nei confronti dell’accordo imposto dall’Eurogruppo e accettato dal governo Syriza-Anel. «La sovra­nità nazio­nale è stata persa, il patri­mo­nio pub­blico è stato ven­duto, la poli­tica eco­no­mica ha stran­go­lato il popolo» aveva detto Teodorakis pochi giorni fa nel corso di un incontro con i leader del Kke.

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Fonte: contropiano.org

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Syriza: “Vogliamo ridare al popolo ciò di cui ha bisogno…”

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Main preelection rally of SYRIZA in Thessaloniki

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Che cosa è in gioco nelle elezioni greche?

di Chris Spannos

E’ difficile esagerare l’importanza delle elezioni greche del 25 gennaio. Un’austerità economica fuori controllo ha lasciato tre milioni di greci privi di copertura sanitaria, una mortalità infantile alle stelle e un aumento dei suicidi. In gioco ci sono nientemeno che i mezzi di sussistenza del popolo greco. Al tempo stesso la Commissione Europea, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Centrale Europea – noti insieme come Troika – stanno imponendo condizioni di rimborso del debito che comprendono una privatizzazione generale del patrimonio pubblico del paese. Se i greci daranno la maggioranza al partito di sinistra Syriza il risultato potrebbe trasformare il carattere della Repubblica Ellenica e della stessa Unione Europea.

1. Popolo greco: sussistenza e salute

La Grecia ha vissuto una crisi umanitaria negli ultimi cinque anni. Secondo Costas Isychos, capo del Settore Politica Estera e Difesa di Syriza, l’austerità economica ha condannato a morte la Grecia nel futuro prevedibile.

“Vogliamo ridare al popolo ciò di cui ha bisogno. Il che significa elettricità e case. Ci sono 300.000 case in Grecia prive di elettricità perché la gente non è in grado di pagare. Abbiamo quattro milioni e mezzo di greci che vivono sotto la soglia della povertà. E’ una crisi umanitaria enorme” ha dichiarato Isychos a TeleSUR.

L’austerità economica imposta alla Grecia ha prodotto gravi conseguenze negative per la salute e il benessere dei greci. La Troika ha preteso nel 2012 che la Grecia tagliasse la spesa ospedaliera e quella farmaceutica. L’ex ministro della salute, Andreas Loverdos, ha spiegato l’orientamento al taglio della spesa per la sanità: “L’amministrazione pubblica greca … usa coltelli da macellaio”.

Studi sugli effetti negativi dei tagli sono già apparsi. Nel febbraio del 2014 la rivista medica The Lancet ha pubblicato l’articolo “Crisi sanitaria greca: dall’austerità al negazionismo” [Greece’s Health Crisis: From Austerity to Denialism]. Lo studio ha esposto come la crisi economica si sia aggravata dall’inizio del salvataggio nel 2010, ha valutato come le misure d’austerità abbiano colpito la salute della popolazione greca e il suo accesso alla sanità pubblica e ha esaminato la reazione politica alle prove crescenti della “tragedia della sanità pubblica greca”.

Nel primo anno di austerità, ha scritto lo studio di The Lancet, il taglio dei programmi di intervento in strada ha coinciso con l’aumento dell’uso dell’eroina. La riduzione dei servizi si è tradotta anche in un aumento delle infezioni da HIV. Mente lo studio di The Lancet ha riferito che nuovi casi di infezioni di HIV sono cresciuti dai soli 15 del 2009 ai 484 del 2012, il Centro Greco per il Controllo e la Prevenzione della Malattie ha riferito a Novembre 2014 che l’anno 2012 ha toccato il picco con 1.188 nuove infezioni e c’è poi stato un calo a 920 nel 2013.

Inoltre il diritto dei greci a ricevere copertura sanitaria pubblica è attualmente collegato alla loro condizione occupazionale. Come segnala lo studio di The Lancet “la disoccupazione in rapido aumento dal 2009 sta accrescendo il numero delle persone non assicurate”. L’austerità ha lasciato disoccupato quasi un terzo della forza lavoro e di esso quasi il 75 per cento è considerato disoccupato a lungo termine. Quasi tre milioni di greci sono privi di assicurazione sanitaria. Sono sorti ambulatori sociali gratuiti per contribuire a gestire la crisi. I greci hanno oggi accesso anche ad ambulatori gratuiti che in precedenza servivano prevalentemente immigrati illegali.

Tra le altre conseguenze negative per il benessere dei greci indotte dall’austerità i servizi di salute mentale hanno ridotto le prestazioni affrontando contemporaneamente un aumento del 120 per cento dell’uso dei servizi negli ultimi tre anni. Lo studio di The Lancet ha riferito che la prevalenza delle depressioni maggiori è più che raddoppiata in anni recenti, con le difficoltà economiche citate come fattore importante. Le morti per suicidio sono aumentare del 45 per cento tra il 2007 e il 2011.

Infine, riducendo i redditi delle famiglie e aumentando la disoccupazione dei genitori, le misure d’austerità in Grecia hanno colpito gravemente anche la salute dei bambini. A ottobre 2014 l’UNICEF ha riferito che dal 2008 il tasso di povertà infantile è aumentato di più del 50 per cento. Un numero crescente di questi bambini riceve una nutrizione inadeguata. Lo studio di The Lancet ha riferito che tra il 2008 e il 2011 il numero dei bambini nati morti è cresciuto del 21 per cento. “La caduta della mortalità infantile a lungo termine si è invertita, crescendo del 43 per cento tra il 2008 e il 2010, con aumenti sia delle morti neonatali sia post-neonatali”.

La portata dei problemi sociali è schiacciante. Al fine di affrontarne alcuni il leader del partito Syriza, Alexis Tsipras, ha presentato un piano di reazione immediata alla crisi umanitaria nell’assemblea nazionale del partito agli inizi di questo mese. Il piano include buoni alimentari per le 300.000 famiglie più povere, assistenza sanitaria gratuita, un programma di alloggio per i senzatetto e molto altro.

2. Società greca: svendita totale

Il debito greco è il peggiore dell’eurozona a 319 miliardi di euro (368 miliardi di dollari). Facendo eco a molti governi tendenti a sinistra in America Latina che avevano anch’essi affrontato debiti astronomici, il rappresentante di Syriza, Costas Isychos, ha spiegato a TeleSUR che a suo avviso l’enorme debito greco non è il debito del popolo. E’ stato accumulato da un sistema politico corrotto e da “finanziatori che hanno colto l’occasione per prestarci queste enormi somme di denaro …” Come parte del suo pacchetto di “salvataggio” la Troika ha imposto una privatizzazione a tutto campo della Grecia. “Abbiamo perso la nostra energia, abbiamo perso le nostre comunicazioni, abbiamo perso la nostra terra, i nostri aeroporti. Le nostre isole sono in vendita”, ha spiegato Isychos.

L’istituzione responsabile dell’attuazione della privatizzazione generale del patrimonio pubblico greco è il Programma di Privatizzazione della Repubblica Elllenica (HRADF – TAIPED in greco). Il professor Aliki Yotopoulou, membro del Consiglio di Stato greco (la suprema corte amministrativa) ha descritto la privatizzazione della Grecia come senza precedenti a livello internazionale e con nessun altro paese al mondo che abbia creato un organismo simile al HRADF. L’organismo, amministrato da un consiglio di amministrazione di cinque membri, tutti uomini d’affari nominati dagli azionisti, è non soggetto a controllo democratico.

Razionalizzando il modo in cui assoggetta la sovranità nazionale della Repubblica Ellenica al capitale internazionale, il HRADF considera le privatizzazioni non semplicemente come una vendita di beni pubblici, bensì come “un elemento chiave per ristabilire la credibilità” per il ritorno della Grecia a partecipare ai mercati globali dei capitali. HRADF è stato creato nel 2011 con l’unica missione di massimizzare i profitti dalla vendita del patrimonio pubblico greco. Sono state valutare più di 80.000 proprietà; 3.000 sono state preselezionate per lo sviluppo e 1.000 sono già state trasferite all’organismo per la privatizzazione. Il HRADF vanta di aver già “raccolto” 3,1 miliardi del suo valore transattivo di 7,7 miliardi di euro (8,9 miliardi di dollari). E’ orgoglioso del fatto che un vasto numero di barriere regolamentari, amministrative e tecniche è stato tagliato per accelerare le privatizzazioni.

Senza alcuna partecipazione democratica il HRADF privatizza beni chiave di proprietà dello stato greco sin dalla sua nascita. Ha raccolto miliardi di euro attuando o avviando più di 40 privatizzazioni, tra cui la vendita di 14 aeroporti greci, frequenze radio importanti e servizi telefonici, spiagge isolane, edifici storici attorno all’Acropoli, la vendita e riaffitto [leaseback] di edifici governativi, sistemi idrici e del gas, porti e sistemi ferroviari. Isychos ha descritto il processo di privatizzazione come “una strategia neocoloniale nell’interesse dei creditori”.

3. L’eurozona: terremoto

Sin da quando Syriza è salita sul ring come serio concorrente elettorale, le élite europee e greche hanno intensificato timori a proposito di investitori nel panico e di una espulsione della Grecia dall’eurozona, quella che chiamano la “Grexit”. Una Grexit creerebbe il precedente che potrebbe essere seguito da altri paesi, mettendo così in discussione l’edificio della UE.  L’attuale primo ministro greco Antonis Samaras ha evocato il fantasma di una futura Grexit quando si è riferito spregiativamente al principale partito d’opposizione come a “speculatori della dracma”, suggerendo che una vittoria di Syriza il 25 gennaio riporterebbe indietro il paese ai giorni precedenti l’adesione alla UE nel 1981.

Anche se alcuni temono che una Grexit potrebbe scatenare tremori in tutta la zona dei 19 membri della moneta unica, scuotendone le fondamenta, la Germania è più fiduciosa, se non è una posa, che il sistema bancario dell’eurozona sia oggi pronto a una Grexit, più che in qualsiasi altro momento nel corso della crisi dell’euro.

Tuttavia, a parte una possibile fuga degli investitori, la dirigenza europea è anche preoccupata che una vittoria di Syriza possa scatenare un effetto domino, spronando gli elettori a votare partiti radicali di sinistra in altri paesi della periferia. Recentemente Tsipras, al congresso del suo partito, ha collegato le lotte dei popoli di tutta Europa. “Il cambiamento necessario in Europa comincia qui, in Grecia”, ha detto.  Ha predetto che la vittoria di Syriza sarebbe la prima di quelle di molti partiti anti-austerità in Europa, citando specificamente Podemos in Spagna e Sinn Fein in Irlanda. Podemos, fondato meno di un anno fa, è in testa ai sondaggi in direzione delle elezioni generali più in là quest’anno.

Discutendo di come Italia, Spagna, Portogallo e Irlanda affrontano gli stessi problemi, Isychos ha sottolineato: “[La dirigenza europea] deve rinsavire e ricordare che questo non è un problema greco in Europa bensì un problema europeo. Un problema della periferia europea”.

4. Movimenti sociali greci e Syriza

Nell’imporre l’austerità alla Grecia, la dirigenza dell’eurozona ha applicato una strategia di intimidazione nella speranza di persuadere l’elettorato greco a votare contro Syriza. Nel parlare degli obblighi greci di rimborso del debito, il massimo dirigente economico della UE, Pierre Moscovici, ha avvertito subdolamente che un voto a Syriza sarebbe un voto suicida. “L’idea di contemplare il non rimborso del debito è, a mio parere, suicida, con un rischio di inadempienza”. Implicito nel timore dell’inadempienza greca è che una vittoria di Syriza farebbe riprecipitare l’eurozona in una crisi profonda e oggi ancora più acuta. Mostrando una volontà inflessibile di imporre alla Grecia le proprie condizioni di rimborso del debito – quali la sistematica privatizzazione del patrimonio del paese e il taglio dei servizi pubblici – la dirigenza dell’eurozona sta cercando di spezzare la schiena a Syriza e con conseguenze che superano tale partito e si estendono ai movimenti sociali e alla direzione politica che ha di fronte il popolo greco.

“Siamo un prodotto della crisi e speriamo di non diventare parte del problema, bensì di diventare parte della soluzione”, ha prospettato Isychos. “La nostra strategia è uscire dall’austerità … E rinegoziare; e intendo dire una rinegoziazione forte, anche se significa che dissentiremo sulla maggior parte delle cose di cui parliamo”. Ma un rischio di una vittoria nel giorno delle elezioni è che assumere il potere in parlamento potrebbe porre Syriza sulla linea del fuoco, il che potrebbe anche spezzare il partito.

Il redattore economico di Channel 4, Paul Mason, ha segnalato i rischi di una vittoria di Syriza. I rischi vanno dall’innescare una fuga di capitali all’inadempienza del debito del paese. Un terzo grosso rischio che Mason indica è che “la base di massa di Syriza non accetterà un passo lento del cambiamento economico … e che il partito si disintegrerà sotto la pressione dell’essere al potere”.

Ma lo scenario di una disintegrazione di Syriza ha addizionali conseguenze possibili. La Grecia ha molti movimenti sociali vivaci, comprese lotte ecologiche, il movimento studentesco e spazi liberi che, molto prima che Syriza divenisse una forza elettorale, lavoravano per esercitare pressioni sulle istituzioni esistenti e crearne di nuove che cercassero di emancipare la gente e soddisfare i bisogni che il governo costituito e l’economia d’austerità non erano in grado di soddisfare. Oggi molti movimenti sociali di base sostengono direttamente Syriza oppure lottano su come sostenerlo criticamente o trovare alleanze comuni sul programma del partito, mantenendo al tempo stesso la propria autonomia.  Mentre il centro di gravità politica della Grecia si sposta per concentrarsi su Siriza, la possibilità di una disintegrazione di Syriza sotto pressione corre anche il rischio di spezzare alcuni di questi movimenti sociali, molti dei quali si sono dimostrati l’ultima linea di difesa in una società che ha deluso il suo popolo. E potrebbe essere vero anche il contrario: che una vittoria di Syriza potrebbe contribuire a galvanizzare i movimenti sociali. Il rischio di una vittoria o di un fallimento di Syriza ha conseguenze importanti per i movimenti. Ma c’è anche il rischio di qualcosa di più oscuro.

Se dovesse verificarsi un’insolvenza del debito in un governo di Syriza, ciò avverrebbe dopo cinque anni di crisi montante. La crescente ondata di povertà e di instabilità politica cha ha causato agitazione sociale nel paese ha contribuito anche all’ostilità nei confronti degli stranieri. Il rischio aggiuntivo è che riemergano l’estrema destra e il movimento neonazista greci. Giocando con le ansie e le insicurezze sociali, il partito neonazista Alba Dorata è riuscito, sino a poco tempo addietro, a ricavarsi un ruolo di guida terrorizzando i deboli e vulnerabili del paese e trasformandoli in capri espiatori delle angosce sociali ed economiche.  Alle ultime elezioni ha accumulato 18 membri in parlamento. I dirigenti al vertice del partito sono attualmente in carcere sotto l’accusa di costituire un’associazione criminale. Anche se Alba Dorata potrebbe avere le mani legati nelle procedure legali, la minaccia di una rinascita dell’estrema destra in Grecia, come nel resto d’Europa, sembra essere appena sotto la superficie.

L’ascesa dell’estremismo in Grecia è un problema grave. La dirigenza dell’eurozona ha contemporaneamente legittimato l’estrema destra adottando politiche contrarie all’immigrazione e una retorica islamofoba, tentando al tempo stesso anche di etichettare Syriza e altre forze di sinistra come un esempio dell’ascesa dell’estremismo europeo. Euclid Tsakalotos, il ministro ombra delle finanze di Syriza ha recentemente dichiarato al Guardian che la politica moderna si è spostata “così tanto a destra dopo l’avvento del thatcherismo che le proposte del partito ora sembrano radicali”. Ha indicato che le posizioni di Syriza che le élite europee definiscono radicali erano standard negli anni ’50 e ’60. “Siamo più radicali solo nel senso che siamo stati influenzati dal movimento anti-globale e crediamo nei concetti della democrazia partecipativa”, ha detto. Dove, come la Thatcher, si sosteneva non ci fosse alcuna alternativa al neoliberismo e all’austerità, Syriza ha suscitato ira poiché ha sfidato un sistema che non ha soddisfatto neppure le necessità elementari delle masse popolari.

Conclusione: la posta è elevata

La posta è elevata in queste elezioni greche. Ma al momento molti greci contano sulla futura vittoria e sfida al sistema di Syriza. Conquistare la maggioranza assoluta sui 300 seggi del parlamento greco sarebbe una chiara vittoria. Sarebbe la prima volta che un partito di sinistra in Grecia ottiene la maggioranza nella storia greca moderna, dopo la fine della dittatura del “regime dei colonnelli” nel 1974.

Ma sondaggi recenti di questa settimana suggeriscono che il partito attualmente vincerebbe 147 seggi, poco sotto la maggioranza. Tale numero include i cinquanta seggi extra che il sistema elettorale assegna al partito vincente per rendere più facile la formazione di un governo. Se non conquisterà la maggioranza assoluta, Syriza dovrà formare una coalizione o ottenere sostegno parlamentare da altri partiti per formare un governo di minoranza.

In ogni caso tutti gli occhi saranno puntati su Syriza a lungo dopo le elezioni del 25 gennaio, vinte o perse, per vedere come il partito affronterà il debito del paese, le ondate di privatizzazioni che sommergono il paese e come ne sarà colpita la vita del popolo greco.

Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

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Fonte: ZnetItaly

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