Tag Archives: siria

Mi dispiace mamma…

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immigrato in mare

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Mi dispiace mamma,                                                                                                                                                                                  perché la barca è affondata e non sono riuscito a raggiungere l’Europa.
Mi dispiace mamma, perché non riuscirò a saldare i debiti che avevo fatto per pagare il viaggio.
Non ti rattristare se non trovano il mio corpo, cosa potrà mai offrirti,
se non il peso delle spese di rimpatrio e sepoltura?

Mi dispiace mamma,
perché si è scatenata questa guerra ed io, come tanti altri uomini, sono dovuto partire.
Eppure i miei sogni non erano grandi quanto quelli degli altri…
Lo sai, i miei sogni erano grandi quanto le medicine per il tuo colon e le spese per sistemare i tuoi denti…
A proposito… i miei denti sono diventati verdi per le alghe.
Ma nonostante tutto, restano più belli di quelli del dittatore!

Mi dispiace amore mio,
perché sono riuscito a costruirti solo una casa fatta di fantasia:
una bella capanna di legno, come quella che vedevamo nei film… una casa povera,
ma lontana dai barili esplosivi, dalle discriminazioni religiose e razziali,
dai pregiudizi dei vicini nei nostri confronti…

Mi dispiace fratello mio,
perchè non posso mandarti i 50 euro che avevo promesso di inviarti ogni mese per farti divertire un po’ prima della laurea…
Mi dispiace sorella mia, perché non potrò mandarti il cellulare con l’opzione wi-fi, come quello delle tue amiche ricche…

Mi dispiace casa mia, perché non potrò più appendere il cappotto dietro alla porta.
Mi dispiace, sommozzatori e soccorritori che cercate i naufraghi,
perché io non conosco il nome del mare in cui sono finito.
E voi dell’ufficio rifugiati invece, non preoccupatevi,
perchè io non sarò una croce per voi.

Ti ringrazio mare,
perché ci hai accolto senza visto né passaporto.
Vi ringrazio pesci,
che dividete il mio corpo senza chiedermi di che religione io sia o quale sia la mia affiliazione politica.
Ringrazio i mezzi di comunicazione,
che trasmetteranno la notizia della nostra morte per cinque minuti, ogni ora, per un paio di giorni almeno.
Ringrazio anche voi, diventati tristi al sentire la nostra tragica notizia.
Mi dispiace se sono affondato in mare.

(Anonimo siriano)

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Anonymous attacca il gruppo terroristico ISIS

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Anonymous

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“Per i cittadini del mondo,
Noi siamo Anonymous.

Gli ultimi eventi  accaduti in Iraq ci hanno costretto, come collettivo, a rivedere le nostre priorità per le prossime operazioni. Il popolo dell’Iraq ha attraversato quasi due settimane di assoluto terrore, un terrore che la maggior parte di noi non conoscerà né proverà mai. Noi siamo tenuti a rispettare un codice d’onore per proteggere coloro che sono indifesi, sia nel mondo cibernetico che nel mondo reale.

Prima della nostra nascita, era già in atto la guerra in Iraq con crimini contro l’umanità senza limiti. Gli Stati Uniti in tutto questo hanno avuto una parte importante. Quando il governo degli Stati Uniti ha deciso di iniziare una guerra inutile con la promessa di petrolio e fondi per il complesso militare industriale, non è riuscito a rendersi conto della gravità di eliminare un capo che controllava un delicato equilibrio capace di mantenere la sicurezza interna. La sua cattura ha portato ad un vuoto di potere. Sì, Saddam Hussein era spietato e violento, ma con questa guerra, gli Stati Uniti sono colpevoli degli stessi reati (ad esempio Blackwater, Abu Ghraib, ecc).

Oggi, ancora una volta l’ Iraq è nel caos a causa del vile e spietato gruppo che vuole creare uno stato “islamico” con l’Iraq e la Siria, riportando i confini post-prima guerra mondiale. Si fanno chiamare ISIS. Questi selvaggi che non hanno religione e morale sono decisi a distruggere ogni cosa che incontrano sul loro cammino, uccidendo e saccheggiando. Devono essere fermati.

Alcuni giorni fa, la loro divisione informatica ha assunto il controllo di uno dei nostri account su twitter “@TheAnonMessage” rivendicando e rilasciando diverse foto della loro aggressione nei pressi di Baghdad. Questi tweet sono stati cancellati. Ci scusiamo per i seguaci di Twitter che hanno dovuto assistere a questa intrusione violenta senza preavviso. Questi sono segnali senza precedenti, comunque sono stati presi provvedimenti per proteggere ulteriormente questo account da qualsiasi futuro tentativo di hack.

Vorremmo anche commentare i media mainstream che stanno spingendo ancora di più alla divisione il popolo iracheno. Il popolo iracheno è costituito da due sette islamiche: sunniti e sciiti. Ci sono anche altri gruppi che comprendono curdi, turcomanni, assiri, cristiani e altri. I media vorrebbero farci credere che ISIS è composto rigorosamente da sunniti e invece l’esercito iracheno è una maggioranza controllata e gestita dalla parte sciita. Questo è falso. I gruppi che sono stati elencati COMPRESI sunniti sono arruolati nell’esercito iracheno e i religiosi sunniti in Iraq hanno chiamato anche i loro seguaci ad unirsi con i loro fratelli sciiti per difendere le loro terre d’origine.

ISIS è un gruppo formato da una setta Takfiri che è considerata da molti prestigiosi chierici ed organizzazioni tra cui Al-Azhar, come non islamici. In realtà, essi li hanno denunciati come “Khawarij” ed hanno dichiarato che devono essere sterminati nelle terre islamiche. È per questo che invitiamo i media mainstream americani a non rilasciare false informazioni che esasperano ulteriormente e che incitano ad altra violenza.

In conclusione, pensiamo di essere nel giusto quando dichiariamo guerra contro coloro che si sono affiliati con l’ISIS e con quelli che li controllano.
Aljazeera hai diffuso bugie allo scopo di sostenere l’Isis, macchiando la tua reputazione. Non ci sfuggirai.
Per lo stato del Qatar, Turchia e Arabia Saudita non sarà possibile sfuggire alla nostra collera. Le prove dimostrano il vostro continuo sostegno all’ISIS. Se ciò non si fermerà subito, saremo costretti a scatenare tutta la nostra legione contro la tua patetica imitazione di cyber-sicurezza.
E agli Stati Uniti: un altro tentativo di foraggiare il vostro complesso industriale militare con il pretesto della sicurezza e della democrazia farà scattare il nostro attacco totale verso le vostre infrastrutture virtuali di governo. Siete stati avvisati.

Anonymous è per la libertà

Siamo anonymous.
Siamo Legione.
Noi non perdoniamo.
Noi non dimentichiamo.
Aspettateci.

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Fonte: Geek Rep

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L’Italia non invii armi nelle zone di conflitto. Bisogna sospendere la fornitura di sistemi militari.

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Rete Disarmo: l’Italia non invii armi in Iraq e nelle zone di conflitto

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“I conflitti e le crisi umanitarie che da settimane stanno scuotendo diversi paesi del nord Africa e del Medio Oriente (Striscia di Gaza, Libia, Iraq, Siria ecc.) non si risolvono inviando armi, ma sospendendo le forniture di sistemi militari a tutte le parti in conflitto e costruendo con impegno soluzioni vere e condivise”. Lo afferma un  comunicato della Rete Italiana per il Disarmo che, anche in considerazione delle crescenti esportazioni dall’Italia di armamenti nella zona mediorientale, ricorda al Governo come la normativa nazionale ed europea vieti espressamente l’invio di sistemi militari verso i Paesi in stato di conflitto armato.

Se è certamente positivo il richiamo espresso dal ministro degli Esteri, Federica Mogherini, affinché l’Unione europea adotti una posizione comune sulle varie crisi in atto in Medio Oriente e che la Farnesina abbia stanziato nei giorni scorsi 1 milione di euro alle organizzazioni umanitarie dell’Onu per attività di prima assistenza degli sfollati nel nord dell’Iraq, è invece quanto mai preoccupante che la titolare della Farnesina abbia comunicato che l’Italia sta valutando “forme di sostegno dell’azione anche militare del governo del Kurdistan iracheno”, non escluso l’invio di armi e di sistemi militari.

Rete Disarmo ricorda che la normativa italiana (la legge n.185 del 1990) vieta espressamente l’esportazione di materiali di armamentoverso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da adottare previo parere delle Camere” (art. 1 c. 6). Proprio per questo Rete Disarmo chiede al Governo di riferire al più presto in Parlamento su questa materia anche in considerazione delle conclusioni espresse ieri dal Comitato Politico e di Sicurezza dell’Unione europea (qui in .pdf) e del meeting straordinario del Consiglio degli Affari Esteri di venerdì 15 agosto.

“E’ necessario un intervento dell’ONU molto più ampio, e di ognuno tra Ong e istituzioni che abbia la possibilità di raggiungere queste persone, prima di assistere all’ennesima catastrofe umanitaria, che purtroppo non interessa soltanto l’area di Sinjar e il confine con la Siria” – ha sottolineato in una nota “Un Ponte per” l’organizzazione membra di Rete Disarmo da anni impegnata per il supporto delle popolazioni irachene.

L’urgenza di creare corridoi umanitari per soccorre le popolazioni nel nord dell’Iraq, in particolare cristiani e yazidi perseguitati dai combattenti dello Stato Islamico (ISIS), non può giustificare un sostegno militare alle milizie curde Peshmerga o raid aerei su aree popolateCome richiamato dagli organismi dell’Onu, la “responsabilità di proteggere” (Responsibility to protect) le popolazioni dal pericolo di massacri non ricade solamente sul governo iracheno, ma sull’intera comunità internazionale. L’Unione europea non può continuare a delegare questa responsabilità ad altri, ma deve cominciare lavorare seriamente per predisporre unità di pronto intervento e di interposizione razionalizzando l’impiego delle proprie forze armate nazionali.

Se 28 eserciti nazionali non sono in grado di fornire unità di pronto intervento per proteggere delle popolazioni inermi che rischiano di essere sterminate c’è da chiedersi quale ne sia l’utilità: delegare l’intervento militare a milizie composte da gruppi che, per quanto integrati in eserciti regolari perseguono anche proprie finalità politiche, può essere rischioso e controproducente” sottolinea Francesco Vignarca coordinatore di Rete Disarmo.

Rete Disarmo rinnova inoltre la richiesta al governo italiano di sospendere l’invio di tutti i sistemi militari ad Israele. Durante la riunione straordinaria dello scorso 23 luglio, il Consiglio  per i diritti umani dell’Onu si è espresso a favore di un’indagine su possibili violazioni del diritto umanitario nel conflitto nella Striscia di Gaza: fino a quando non si avranno i risultati dell’indagine l’Italia deve astenersi dal fornire sistemi militari a Israele e sospendere le esercitazioni militari congiunte previste in Sardegna per il prossimo autunno.

In proposito va segnalato che la Spagna ha già deciso di sospendere in via cautelare l’invio di armi e il Regno Unito, dopo aver reso nota una revisione delle proprie esportazioni militari per le forze armate israeliane, ha dichiarato un possibile blocco di una dozzina di licenze di esportazione di materiali militari impiegati da Israele nel conflitto a Gaza. L’Italia, invece, che è il maggior fornitore nell’Ue di sistemi militari a Israele, non solo non ha annunciato alcuna restrizione, ma il Ministero degli Esteri ha eluso la questione dichiarando in Parlamento che “l’Italia non fornisce ad Israele sistemi d’arma di natura offensiva”.

“Tutta la materia delle autorizzazioni all’esportazione di sistemi militari necessita invece di un approfondito controllo parlamentare che manca ormai da oltre un lustro” – sostiene Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio OPAL di Brescia. “Nel frattempo la normativa nazionale è stata ampiamente modificata e la relazione che Presidenza del Consiglio invia annualmente alle Camere ha subito pesanti modifiche. Ma soprattutto le forniture di sistemi militari italiani sono sempre più indirizzate verso le zone di forte tensione del Medio Oriente e del nord Africa. E’ perciò quanto mai necessario e urgente che le competenti commissioni del parlamento riprendano il controllo dell’attività del Governo in questa materia che riguarda direttamente la politica estera e di difesa del nostro paese”.

“Mentre da alcune parti anche del mondo cattolico si auspicano maggiori forniture di armi nella regione ci chiediamo come si possa pensare di portare pace inviando armi – dice don Renato Sacco, coordinatore nazionale di Pax Christi Italia. Credo che chi sostiene l’invio di armi sia più interessato ai ritorni commerciali che non alle vittime del conflitto. In un’audizione alla Camera dei Deputati a Roma, il 19 gennaio 2011, il Vescovo ausiliare di Baghdad aveva lanciato un appello già allora con toni disperati, con una richiesta specifica: non inviate armi. Sono passati diversi anni, non vogliamo che quell’appello continui ad essere inascoltato”. [GB]

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Fonte: Unimondo.org

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