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Nel 2022 sono morte 289 persone “senza fissa dimora” [1]. Molti pensano che la principale causa sia il freddo, perché dormire all’aperto in inverno è estremamente duro. Ma, purtroppo, i senza dimora muoiono in tutte le stagioni e l’inverno è la stagione nella quale ne muoiono di meno, probabilmente proprio perché cittadini e istituzioni sono un poco più partecipi delle loro sofferenze. In estate sono morte 109 persone, 101 in autunno, 97 in primavera e 86 in inverno [1].
La gran parte di loro (46%) è morta per eventi esterni e traumatici: incidenti di trasporto (15%), omicidi (9%), suicidi (8%), annegamento (6%), incendi (4%), cadute e altri eventi accidentali (4%). Il 37% per malattie (tumori, cirrosi, malattie infettive, malattie cardiovascolari ecc.), il restante per cause sconosciute, per ipotermia, per overdose [1].
Il 91% è maschio e il 60% è straniero [1]. Si potrebbe pensare che ciò avviene perché la maggioranza degli homeless è costituita da maschi (oltre l’85%) e stranieri (oltre il 60%), ma le cose sono più complesse [2]. Per esempio, gli stranieri senza dimora sono in media significativamente più giovani degli italiani e quindi ne dovrebbero morire di meno; inoltre, tra gli stranieri, la fascia d’età con il maggior numero di decessi è quella sotto i 29 anni, un’età nella quale la morte dovrebbe essere un evento raro [1].
Il 47% delle persone decedute viene trovata morta per strada, il 30% muore in edifici abbandonati o in baracche, il 12% in ospedale, il 9% in stazione, il 2% in strutture (dormitori ecc.) [1].
Agghiacciante è il paragone tra la popolazione italiana generale (maschile) e la popolazione dei senza fissa dimora (che in stragrande maggioranza è composta da maschi). Per quanto riguarda l’aspettativa di vita è rispettivamente di 80,1 anni e di 46,9 anni, il numero di suicidi è 8 volte maggiore nei senza dimora e la probabilità di essere uccisi è di 160 volte maggiore [1, 3].
Dormire e vivere per strada, in un dormitorio o in un edificio diroccato non è mai una scelta, come alcuni possono pensare. Anche una persona totalmente folle preferisce vivere in una casa e dormire in un comodo letto. Se talvolta può sembrare una scelta è una una scelta dolorosa per fuggire a convivenze traumatiche o a condizioni di vita insopportabili.
Sembra impossibile che all’interno dello stesso Paese, della stessa città vi siano persone che vivono condizioni così diverse: alcune come se si stesse ancora nel Medioevo e altre nel XXI secolo. E’ sconcertante che ciò venga accettato come un fatto normale, con rassegnazione e passività. E’ abominevole che una parte degli italiani invece di ringraziare la sorte che li ha fatti nascere tra i fortunati e di essere solleciti con i più poveri tra i poveri provi per loro fastidio, insofferenza, odio. Sentimenti che si concretizzano in norme quali il divieto di dormire in qualsiasi posto pubblico (marciapiedi, stazioni, portici, aiuole ecc) tranne le panchine dei quartieri periferici, in ordinanze quali quelle di vari comuni che vietano l’accattonaggio, in prassi illegali quali negare la residenza ai senza dimora impedendo con ciò l’esercizio di diritti fondamentali (per esempio quello alla salute, perché senza certificato di residenza non si può avere un medico di base) [4].
Questi provvedimenti non fanno scomparire i senza fissa dimora, ma servono solo a rendere la loro vita ancora più difficile e precaria. Bisogna invece prendere atto di questa realtà e mettere in campo politiche che intervengano sui diversi fattori che determinano queste situazioni. Non si tratta tanto di costruire nuovi dormitori (a Napoli vi sono circa 300 posti letto, quando si stima che i senza dimora sono oltre 1.000 [5]), ma di garantire il diritto alla casa (per esempio costruendo case popolari per le 600.000 persone che in Italia sono in lista di attesa [6]; aiutando i “morosi incolpevoli”; con interventi di housing first, cioè dare un piccolo appartamento che sia gestito direttamente dal senza dimora; introducendo una tassa sulle case non locate); abolire la norma che vieta l’affitto agli stranieri irregolari e, ancor più, regolarizzare gli stranieri irregolari e permettere canali di accesso legali; dare un sostegno al reddito a chi è in situazioni di povertà assoluta; potenziare i servizi sociali e il sistema sanitario nazionale (attualmente estremamente carenti di personale) affinché possano intervenire tempestivamente ed efficacemente sull’intera platea degli aventi bisogno (in particolare su malati di mente, tossicodipendenti, ludopatici, soggetti problematici, minori a rischio, ex carcerati); investire nel sistema educativo 1-6 anni (nidi, scuole dell’infanzia, promozione della lettura ad alta voce ai bambini) rivolgendolo prioritariamente ai figli dei poveri; combattere il lavoro nero, lo sfruttamento dei lavoratori e la precarietà lavorativa; risolvere l’affollamento delle carceri (oggi piene soprattutto di piccoli delinquenti e di persone, specie straniere, in attesa di giudizio) e rendere la detenzione un’occasione per apprendere un lavoro, elevare la propria istruzione e migliorare le competenze cognitive e affettive.
Tutto ciò può realizzarsi solo se i cittadini capiranno che non è con gli slogan e col cinismo che si risolvono i problemi, ma con una pluralità di interventi tesi al bene comune e in particolare a quello dei soggetti più deboli; solo se capiranno che è necessaria una lotta all’evasione e all’elusione fiscale e un aumento delle tasse a chi ha avuto la fortuna di essere ricco o benestante così da avere le risorse necessarie per assumere personale nel SSN, nei servizi sociali, nel sistema educativo 0-6 anni, nel recupero dei delinquenti, nonché per costruire case popolari, nidi, biblioteche di quartiere, centri sociali.
Nel frattempo possiamo sostenere le tante organizzazioni che si danno da fare per i senza fissa dimora (per esempio Il Camper, la Comunità di Sant’Egidio, la Caritas Diocesana, la Ronda del Cuore, la Fondazione Leone, la Cooperativa La Locomotiva, l’Associazione La Tenda).
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Fonte: Giardino di Marco
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Note: 1) Fio.PSD: La strage invisibile, 2023; 2) Istat 2014; 3) Tra i senza fissa dimora l’8% dei morti è per omicidio, nella popolazione italiana è lo 0,05%, quindi 160 volte minore; 4) Per quanto riguarda le norme ci riferiamo al decreto legge 20 febbraio 2017, n. 14. Numerosi comuni (soprattutto quelli di destra, ma non solo) hanno emesso ordinanze contro l’accattonaggio (annullate dal TAR dopo il ricorso di associazioni o enti umanitari, perché illegittime) o non concedono la residenza ai senza dimora; 5) Dati tratti dal portale Napoli solidale; 6) Federcasa 2021.
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