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Don Milani, Gramsci e la scuola pubblica italiana

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Milani, Gramsci e i bisogni educativi speciali

di  Antonio Vigilante*

Negli anni Sessanta uno degli studenti della scuola di Barbiana venne bocciato all’esame presso la scuola statale. Don Lorenzo Milani ne ragionò con i ragazzi della sua scuola, e ne venne fuori quel durissimo atto d’accusa contro la scuola pubblica italiana che è la Lettera a una professoressa. Oggi le cose sarebbero andate diversamente. In quanto contadini e montanari, gli studenti di Barbiana sarebbero stati considerati studenti con bisogni educativi speciali (la direttiva ministeriale sui bisogni educativi speciali del 27 dicembre 2012 ricomprende in questa categoria anche lo svantaggio «socio-economico, linguistico, culturale»); si sarebbe fatto per loro un piano educativo personalizzato, e con ogni probabilità sarebbero stati promossi.

Don Milani ne sarebbe stato contento? Per nulla. Anzi: si sarebbe indignato come solo lui sapeva fare. Perché il centro del discorso della Lettera non è, come molti che l’hanno letta distrattamente o che non l´hanno letta affatto credono, la richiesta di non bocciare. C’è anche questo, nel libro; ma c´è soprattutto la denuncia del carattere esclusivamente ‒ nel senso etimologico: che esclude ‒ borghese della cultura scolastica. La scuola è quel posto in cui il ragazzino figlio di contadini, abituato a salire sugli alberi, deve saper giocare a basket. La capacità di salire sugli alberi non conta nulla, non è una cosa borghese e non ha dunque nulla a che fare con la scuola. Il gioco della scuola è truccato: è un campo sul quale giocano borghesi e proletari, ma le regole sono quelle decise dai borghesi. E i proletari, inevitabilmente, perdono. Non perché siano meno capaci, non perché siano idioti: semplicemente perché la cultura scolastica non è la loro cultura.

Voleva, don Milani, che la scuola non fosse più espressione della sola classe borghese, che si aprisse ad accogliere le culture altre, che comprendesse il mondo dei contadini e degli operai non meno del mondo borghese. Voleva una scuola in cui si studiasse il contratto dei metalmeccanici, e non solo i classici della letteratura.

Ed ecco invece cosa succede. Chiunque provenga da una cultura non borghese viene dichiarato svantaggiato. «Svantaggio socio-culturale» è il nome che si dà ora qualsiasi modo di essere che non rientri nei canoni borghesi, così come comportarsi in modo non conforme alle aspettative della scuola borghese significa essere non scolarizzati (espressione atroce tristemente diffusa nel linguaggio dei docenti).

Invece di fare una scuola diversa, che dia voce anche a chi non è borghese, consideriamo chi non è borghese come un poveraccio di cui avere compassione, uno che senza avere colpa si trova indietro, e nei cui confronti bisogna essere comprensivi. Se don Milani era esigentissimo con i suoi ragazzi, non risparmiando loro nemmeno la frusta, ora agli svantaggiati si dà una scuola diluita, meno impegnativa, più facilmente digeribile. Ricorrere all’etichettamento – un etichettamento che avrà naturalmente conseguenze non lievi – è molto più semplice ed economico che ripensare a fondo la scuola.

Accade, insomma, quello che per Antonio Gramsci bisognava evitare. Nei Quaderni del carcere il filosofo prevedeva la situazione che si sarebbe creata con la nascita della scuola di massa: il figlio dell’operaio, non abituato al lavoro intellettuale, va a scuola e trova molte più difficoltà del ragazzino di una famiglia con tradizione intellettuale.

Ecco perché ‒ scriveva ‒ molti del popolo pensano che nella difficoltà dello studio ci sia un «trucco» a loro danno (quando non pensano di essere stupidi per natura): vedono il signore (e per molti, nelle campagne specialmente, signore vuoi dire intellettuale) compiere con scioltezza e apparente facilità il lavoro che ai loro figli costa lacrime e sangue, e pensano ci sia un «trucco». In una nuova situazione, queste quistioni possono diventare asprissime e occorrerà resistere alla tendenza di render facile ciò che non può esserlo senza essere snaturato. (Gramsci 1975, 1549-1550)

Il trucco in effetti c’era e c’è, e non è soltanto nel fatto che chi viene da una famiglia di operai e contadini non è avvezzo a certe fatiche. L’esperienza di Barbiana dimostra che dei figli di contadini possono sobbarcarsi un lavoro intellettuale anche molto consistente, se si tratta di un lavoro che ha contatti reali con la loro vita e la loro cultura. La disaffezione per la scuola nasce da altro. I figli dei contadini provano disaffezione per una scuola in cui si impara a vergognarsi dell’essere contadini; l’alternativa è che amino la scuola e si vergognino delle loro origini.

La scuola attuale si pretende multiculturale, anzi interculturale. I documenti che la riguardano sostengono che le differenze culturali di cui i sempre più numerosi studenti stranieri sono portatori devono essere valorizzate nel modo migliore, e ciò può accadere solo se la cultura dominante, quella che ospita, entra in dialogo con esse, in un fecondo rapporto di scambio reciproco. Chiacchiere. Quella che abbiamo è, invece, una scuola penosamente monoculturale. Il crocifisso alle pareti, difeso con un fanatismo degno di miglior causa, esprime la chiusura sostanziale dell’istituzione a qualsiasi identità religiosa che non sia quella cattolica. La storia, la filosofia, la poesia, l’arte che si studiano sono quelle occidentali. La cultura manuale ed il lavoro, di cui i più grandi pedagogisti hanno affermato l’insostituibile valore educativo, sono banditi dalla scuola. L’ideale umano che la scuola impone oscilla tra l’intellettuale borghese, l’impiegato statale e l’uomo d’affari. Buona parte del compito sociale della scuola consiste nel giustificare le attribuzioni di status e la distribuzione dello stigma sociale. Grazie alla scuola, chiunque aderisca alla cultura borghese, ai suoi valori, al suo stile di vita (che, ricordava Illich, è anche uno stile di consumo) ha uno status sociale elevato; chi lo contesta, in modo più o meno consapevole, è colpito dallo stigma sociale. Grazie alla scuola, la mano che tiene la penna è più socialmente apprezzata e riconosciuta della mano che tiene la zappa.

l compianto Gianfranco Zavalloni, preside-contadino, raccontava la sua esperienza come presidente di commissione all’esame di licenza media (Zavalloni 2012). Agli orali gli annunciarono che lo studente che stavano per esaminare era il peggiore della scuola. Si trattava di un ragazzone di campagna, che lavorava le terre insieme a suo nonno. Zavalloni lo interrogò di persona: non sul programma scolastico, ma sui dettagli del suo lavoro, sul passaggio dei prodotti dalla terra al mercato, fino alla vendita. Lo studente si espresse con proprietà di linguaggio, mostrando il possesso di conoscenza multidisciplinari connesse al suo lavoro. Fece, insomma, un buon esame; e «i professori commentarono il tutto dicendo “ma noi in tre anni non l’abbiamo mai sentito parlare così bene e con tale competenza” e poi “non sapevamo nulla di tutto questo”». Con i bisogni educativi speciali i professori potranno continuare a «non sapere nulla di tutto questo» ‒ dei mondi culturali che sono oltre il raggio della cultura scolastica ‒, illudendosi per giunta di essere inclusivi.

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Fonte:  comune-info.net

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* Antonio Vigilante vive a Siena, dove insegna psicologia e scienze umane in un istituto professionale. Si occupa di teoria e storia della nonviolenza, di pedagogia e di filosofia interculturale. Il suo ultimo libro è: L’educazione è pace (Edizioni del Rosone, Foggia 2014). Possiede un blog personale all’indirizzo: http://antoniovigilante.blogspot.it

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Bologna – Referendum, 85.934 grazie per la partecipazione!

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Bologna, domenica 26 maggio 2013- ore 22,00

85.934 votanti, 28.71 %

Il dato dell’affluenza alle ore 22.00 rappresenta per i promotori della consultazione una buonissima partecipazione di cittadini e cittadine.

Gli elettori che si sono recati alle urne superano di gran lunga il numero di persone direttamente coinvolte nella decisione di abolire o proseguire i finanziamenti comunali alle scuole private paritarie. Dunque non solo mamme, non solo papà, non solo nonne e nonni: la cittadinanza ha compreso la portata collettiva di questa questione di civiltà.

Un vasto schieramento di forze politiche ed economiche s’era attivato per la difesa dello status quo e per disincentivare il voto.

E proprio le condizioni di voto erano ostiche. Già un mese fa, quando l’Amministrazione aveva annunciato la predisposizione di 199 seggi e la consultazione in un solo giorno, avevamo fatto presente che ciò avrebbe permesso, dati statistici alla mano, un esercizio sereno del diritto di voto soltanto al 38% degli elettori. Nonostante le scomode e irrazionali dislocazioni dei seggi, nonostante le carenze organizzative del Comune, nonostante ora dopo ora abbiamo toccato con mano le inefficienze e i disagi per cittadini, questi ultimi si sono attivati per votare.

Non si può non considerare altresì il grande astensionismo registrato alle elezioni amministrative in tutta Italia e anche nella provincia di Bologna, il che fa risaltare ancor più la partecipazione bolognese al referendum.

Comparando le precedenti esperienze di democrazia diretta, si nota come nel 1997 per il referendum sulla privatizzazione delle farmacie comunali, votarono il 37,11% degli aventi diritto ma, in quel caso, la consultazione si tenne su tre giornate.

Il Nuovo Comitato Articolo 33 ringrazia i suoi volontari/e e gli impiegati comunali. Il comitato promotore del referendum ringrazia di cuore i cittadini, che hanno raccolto l’appello a difendere col voto la scuola pubblica, la laicità delle Istituzioni e la Costituzione repubblicana.

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Fonte: Comitato art.33

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Approfondimento

La Scuola Pubblica ha bisogno di te: sostienila! Firma l’appello!

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La Scuola Pubblica ha bisogno di te: sostienila! Firma l’appello!

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A chi è disposto a battersi per la scuola pubblica.

A chi ritiene che le politiche di tagli alla scuola pubblica e finanziamento a quella privata tradiscano l’articolo 33 della Costituzione nel suo spirito autentico, là dove stabilisce che: “La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”.

A chi ritiene che solo una scuola aperta a tutti, laica, gratuita, inclusiva, moderna e di qualità possa impegnarsi a “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana” (Art. 3).

A chi pensa che fra i banchi della scuola pubblica si gettino le basi per una cittadinanza consapevole e per il futuro del nostro paese.

Il 26 maggio a Bologna si terrà un referendum consultivo sul finanziamento comunale alle scuole paritarie private, grazie alla raccolta di tredicimila firme di cittadini e cittadine che hanno chiesto di potersi esprimere su questo tema.

La cittadinanza dovrà dare un voto di indirizzo per l’amministrazione su cosa sia meglio per garantire il diritto all’istruzione dei bambini e delle bambine: continuare a erogare un milione di euro annui alle scuole paritarie private, come avviene ora, oppure utilizzare quelle risorse per le scuole comunali e statali.

La portata di questo referendum va ben oltre i confini comunali. E’ l’occasione per dare un segnale forte contro i continui tagli alla scuola pubblica e l’aumento dei fondi alle scuole paritarie private.

In Italia c’è urgente bisogno di rifinanziare e riqualificare la scuola pubblica, quella che non fa distinzioni di censo, di religione, di provenienza. Quella dove le giovani cittadine e i giovani cittadini italiani ed europei imparano la convivenza nella diversità.

Da Bologna può ripartire un movimento di cittadini che impegni le amministrazioni locali e il prossimo governo a restituire alla scuola pubblica la dignità e la qualità che le spettano.

L’alternativa è una lenta rovina fino alla fine della scuola pubblica per come l’abbiamo conosciuta.

IL 26 MAGGIO A BOLOGNA POSSIAMO FERMARE L’OFFENSIVA CONTRO LA SCUOLA PUBBLICA.

IL 26 MAGGIO A BOLOGNA POSSIAMO DARE L’ESEMPIO A TANTI ALTRI E INSIEME INIZIARE A IMMAGINARE UN AVVENIRE DIVERSO PER NOI, PER I NOSTRI FIGLI E LE NOSTRE FIGLIE.


Primi firmatari:

  • Stefano Rodotà, presidente d’onore del Comitato referendario Art.33
  • Andrea Camilleri, scrittore
  • Margherita Hack, astrofisica e scrittrice
  • Salvatore Settis, Scuola Normale di Pisa, archeologo e saggista
  • Nadia Urbinati, Columbia University, New York, politologa, saggista ed editorialista de “La Repubblica”
  • Angelo Guglielmi, scrittore e giornalista, già direttore di RAI3, già assessore alla Cultura del Comune di Bologna
  • Carlo Flamigni, Comitato Nazionale di Bioetica
  • Wu Ming, scrittori
  • Maurizio Landini, segretario generale FIOM-CGIL
  • Pierpaolo Leonardi, Esecutivo Nazionale USB
  • Piero Bernocchi, portavoce nazionale Cobas
  • Anna Grazia Stammati, presidente del CESP – Centro Studi per la Scuola Pubblica
  • Alberto Lucarelli, ordinario di Diritto costituzionale all’università di Napoli
  • Romano Luperini, Università di Siena e Università di Toronto.
  • Luciano Gallino, Università di Torino
  • Lella Costa, attrice
  • Domenico Pantaleo, segretario generale FLC-CGIL
  • Lea Melandri, saggista Università delle donne Milano
  • Goffredo Fofi, saggista, giornalista, critico
  • Antonio Genovese, Università di Bologna
  • Valerio Mastandrea, attore
  • Sabina Guzzanti, attrice
  • Ivano Marescotti, attore
  • Piero Bevilacqua, La Sapienza, Roma
  • Vittorio Capecchi, Università di Bologna
  • Maurizio Fabbri, Università di Bologna
  • Nicola Tranfaglia, Università di Torino
  • Francesco Sylos Labini, Isituto Enrico Fermi, Roma
  • Maurizio Tiriticco, ispettore MIUR, Roma
  • Angelo Mastrandrea, giornalista
  • Loredana Lipperini giornalista, scrittrice, conduttrice radiofonica
  • Nicola Colaianni  Università di Bari
  • Carlo Formenti, giornalista e saggista
  • Moni Ovadia, musicista, scrittore
  • Sandra Soster, già segretaria provinciale della FLC-CGIL Bologna
  • Francesco Margiotta Broglio, Università di Firenze
  • Marco Revelli, Università del Piemonte Orientale
  • Carlo Bernardini, La Sapienza, Roma
  • Marco Bersani,  Attac e Forum dell’acqua
  • Pasquale Colella, direttore de “il Tetto”
  • Paolo Flores d’Arcais, giornalista e politologo, direttore di MicroMega
  • Domenico Gallo, magistrato Roma
  • Francesco Garibaldo, sociologo e saggista, già direttore dell’Istituto per il Lavoro della RegioneEmilia-Romagna
  • Elena Gianini Belotti, scrittrice
  • Luisa La Malfa, insegnante e saggista
  • Sergio Lariccia, La Sapienza, e Luiss, Roma
  • Dànilo Mainardi, etologo
  • Guido Viale, saggista
  • Maurizio Maggiani, scrittore
  • Motel Connection, gruppo musicale
  • Mauro Palma, Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura
  • Livio Pepino, magistrato e saggista
  • Valerio Pòcar, già presidente della Consulta di Bioetica, presidente onorario di UAAR
  • Isabella Ragonese, attrice
  • Enzo Scandurra, La Sapienza, Roma
  • Maurizio Sgarzi, associazione Percorsi di pace
  • Franco Tinarelli, INAF, Bologna
  • Samuel Umberto Romano, Subsonica
  • Giuliano Volpe, rettore Università di Foggia
  • Nazarena Zorzella, avvocato cassazionista, Bologna
  • Ifigenia Kanarà, comunicazione e marketing per la cultura
  • Marina Boscaino, giornalista

Ulteriori firme illustri

 

FIRMA L’APPELLO!

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Fonte: Comitato Art.33

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