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La Rivoluzione è…

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1 Manifesto

Ai nostri figli

di Fiorella Mannoia

Che cosa evoca oggi la parola rivoluzione? Che cos’é oggi rivoluzionario? Viviamo in una sorta di mondo alla rovescia, dove l’illecito é diventato normale, dove i politici fanno spettacolo e gli attori, i cantanti, i comici, si occupano di politica. Dove i diritti vengono scambiati per favori. Dove la cultura é giudicata superflua e dispendiosa, praticamente inutile. Dove chi dovrebbe dare il buon esempio si vanta delle sue malefatte e giudica stupido chi si ostina a credere nella legalitá, e lo discredita, lo calunnia, lo annienta. E la parola rivoluzione assume un significato piú profondo, che riguarda anche il comportamento di ognuno di noi. Provo a fare un elenco di quello che per me oggi é rivoluzionario. Rivoluzionaria é la sobrietá, l’educazione, la cultura, l’arte, rivoluzionario é il diritto alla scuola, al lavoro, alla salute, rivoluzionario é l’accesso alla conoscenza, rivoluzionario é il rifiuto della volgaritá, anche quella dilagante dell’ostentazione del lusso, rivoluzionario é il rifiuto della violenza, anche quella verbale, rivoluzionario é dire a chi cerca di corromperti: “No, grazie”. Rivoluzionario é l’approfondimento contro la superficialitá, rivoluzionario é insegnare ai propri figli il rispetto di tutte le diversitá, l’accoglienza, la compassione, la fratellanza, la capacitá e la volontá di provare a condividere il dolore degli altri, rivoluzionario é combattere il pregiudizio, rivoluzionaria é la ricerca della bellezza, rivoluzionario é spegnere la televisione e dedicarsi ai propri cari, coltivare delle passioni, continuare a giocare, rivoluzionario é il sorriso, la gentilezza, l’umiltá, il saper ridere di noi stessi e delle nostre miserie, rivoluzionaria é la semplicitá, il godere di un buon cibo, di un buon vino, rivoluzionario é divertirsi ballando fino alle quattro del mattino senza additivi chimici, rivoluzionario é guardarsi allo specchio senza vergognarsi di ció che vediamo riflesso, rivoluzionario é non sentirsi al centro dell’universo e guardare altro oltre noi stessi, rivoluzionario é fare bene il proprio lavoro qualsiasi esso sia, rivoluzionaria é l’onestá, rivoluzionario é il coraggio delle proprie idee, rivoluzionario é chiedersi sempre che cosa si nasconda dietro le notizie dell’informazione ufficiale, non smettere mai di cercare, ragionare con la propria testa e porsi sempre delle domande, rivoluzionario é non piegare la testa di fronte ai potenti, chiunque essi siano. Rivoluzionario é schierarsi sempre dalla parte degli ultimi, chiunque essi siano.
Rivoluzionaria é la curiositá, la libertá di pensiero, rivoluzionaria é la coerenza, la gratitudine, la capacitá di chiedere scusa, rivoluzionaria é la dignitá, il perdono, il rispetto, rivoluzionaria é l’indignazione per l’ingiustizia ovunque si verifichi e avere il coraggio di gridarla, rivoluzionario é combattere l’aviditá che é il piú pericoloso dei mali, rivoluzionario é dare un senso alla propria vita ricercando il diritto alla felicitá ma avendo la consapevolezza che questo non passa solo attraverso il denaro. Rivoluzionario é fare ognuno il proprio dovere di cittadino ricercando sempre la veritá, che é la piú grande delle rivoluzioni.

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Fonte:  l’Ambasciata TEATRALE

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Yenesew Gebre, martire per la liberazione dell’Etiopia

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Si dà fuoco contro le discriminazioni. E’ il Mohammed Bouazizi d’Etiopia

La morte è preferibile ad una vita senza dignità né giustizia” sarebbero queste le ultime parole pronunciate da Yenesew Gebre, giovane insegnante e attivista, prima di darsi fuoco in un estremo gesto di protesta durante una contestazione nella città meridionale di Waka.

I fatti risalgono allo scorso 11 novembre, ma la serrata censura in atto nel paese non ha consentito la diffusione della notizia se non con qualche giorno di ritardo, attraverso i network della diaspora etiopica.

Secondo i familiari dell’insegnante il giovane è morto pochi giorni dopo, il 14 novembre, in seguito alle ustioni riportate. Manifestava assieme ad altri esponenti dell’opposizione attivisti per i diritti umani contro la repressione, corruzione e discriminazione del governo di Meles Zenawi, al potere dal 1991, e del suo Fronte popolare per la liberazione del Tigray (Tplf).

In un comunicato congiunto, diffuso dalla tv etiopica satellitare (di opposizione) ‘Esat’ i rappresentanti delle associazioni della diaspora etiopica negli Stati Uniti affermano che la morte di Gebre, già ribattezzato “il Mohammed Bouazizi d’Etiopia’ – dal nome del giovane tunisino che immolandosi ha dato il via alle rivoluzioni in atto nel Mediterraneo – “non sarà stata invana” e invitato la popolazione etiopica a sollevarsi per la sua “primavera”.  

Attivisti e membri dell’opposizione in esilio hanno inoltre denunciato il “sostegno incondizionato” fornito da numerose potenze occidentali “e in primo luogo dagli Stati Uniti” nei confronti del governo etiopico, “senza sapere, o fingendo di ignorare – sottolinea una nota dell’Ethiopian-american Council – che gli aiuti internazionali che vengono consegnati ad Addis Abeba finiscono nelle sole mani dei complici del’entourage del primo ministro e degli iscritti al Tplf”.

Nelle ultime settimane, associazioni locali e internazionali per la libertà di stampa hanno denunciato un giro di vite da parte del governo nei confronti dei giornalisti, segnalando i nomi di numerosi operatori dell’informazione e oppositori detenuti in carcere.

[AdL]

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Fonte: Misna

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Facebook Revolutions

Gli strumenti della rivoluzione

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Dalla libreria di terrelibere.org il nuovo eBook Facebook Revolutions”.

Twitter, Facebook e YouTube non sono il movimento, ma gli strumenti del movimento. Quelli che hanno permesso di abbattere un regime pluridecennale, feroce e liberticida. Nelle piazze, gli attivisti avevano in una mano la bandiera, nell’altra il cellulare. Foto, post e tweet hanno incendiato gli animi e sconfitto la censura. Un pirata informatico è diventato ministro. Un rapper ha cantato la rivoluzione da YouTube. Niente sarà più come prima. E non solo nel mondo arabo.


Dalla Tunisia all’Egitto le proteste popolari di massa hanno parlato una sola lingua: basta regimi dittatoriali, la gente comune vuole libere elezioni e democrazia.

I manifestanti hanno alzato più volte lo stesso cartello: “Game Over”. Segno della consapevolezza che quelle immagini sarebbero arrivate ai sostenitori internazionali dei despoti che governano da venti, trent’anni. Le hanno chiamate “le rivoluzioni di Facebook e Twitter”. Non sono stati i social media a mandare Zine el-Abidine Ben Ali in esilio a Jedda.

Ma senza questi strumenti non ci sarebbe stata la “rivoluzione dei gelsomini”. I nuovi mezzi di comunicazione hanno permesso di diffondere informazioni, video e fotografie aggirando la censura e connettendo le persone all`interno dello stesso paese, da un paese all’altro, con l`opinione pubblica internazionale.

La rivoluzione, poi, l’hanno fatta le persone nelle strade. Opponendo i loro corpi alla repressione e pagando anche con la vita. In una mano un cartello o una bandiera, nell`altra il cellulare. Un largo movimento di massa è cresciuto a causa della sofferenza delle persone in un preciso contesto politico, economico e sociale. Twitter, Facebook e YouTube non sono il movimento, sono gli strumenti del movimento.

Hanno dato voce a questa gente, che si è ritrovata unita dalla fame di libertà. I regimi hanno perso perché pur nel loro costante controllo dell’informazione con tutti i mezzi della censura, hanno sottovalutato il potere dei social network.

L`Occidente si è trovato sorpreso e impreparato perché ha continuato a raccontare la favola di masse amorfe, attratte al più dai richiami dei muezzin. La società civile europea è in gran parte rimasta ai luoghi comuni delle parabole, degli sbarchi dei disperati o dell`invasione. E non ha capito cosa stava fermentando dall`altra parte del Mediterraneo.

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