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Fermatevi, la guerra non è la soluzione. Esistono altre strade.

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Testo congiunto diffuso da Rete della Pace, Campagna Sbilanciamoci e Rete Italiana per il Disarmo

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Il caos libico non accetta scorciatoie, semplificazioni e improvvisazione. L’intervento armato non può che aggravare la situazione.

Fermare la violenza in Libia, contrastare le milizie affiliate ad ISIS e tutti i gruppi armati è possibile senza più ripetere gli errori del passato, senza gettare ulteriore benzina sull’incendio.

L’intervento del 2011 dimostra pienamente in questi giorni tutto il proprio fallimento. La situazione è drammatica in tutta la regione del medio Oriente e dell’Africa Sub Sahariana, non solamente in Libia, e occorre agire con urgenza per mettere in sicurezza vite umane, per fermare le azioni criminali e terroriste, per ricomporre e riconciliare le diverse comunità etniche e religiose dell’intera regione. Questo l’obiettivo, la cui realizzazione dipende fortemente dal “modo” in cui si cercherà di metterlo in pratica: fondamentale per non produrre ulteriori vittime e caos.

Noi riteniamo che sia necessario dispiegare una molteplicità di azioni, tra le quali:

  • Chiedere ai Ministri degli Affari Esteri dei paesi europei di presentare richiesta presso la Corte Penale Internazionale dell’Aia di avviare un processo nei confronti di Abu Backr Al-Baghdadi: sia chiamato a giudizio come responsabile del sedicente «Stato Islamico» insieme agli esecutori e finanziatori dei crimini di genocidio, contro l’umanità e di guerra, così come previsto nello Statuto della stessa Corte.
  • Sostenere la ricostruzione dell’assetto statuale libico, con tutte le forze della diplomazia e della politica, a partire dall’iniziativa dell’Onu per un accordo tra le parti: solo un’azione internazionale sotto egida Onu, costruita con il pieno coinvolgimento dei rappresentanti delle comunità locali e della società civile, potrà raggiungere un accordo che freni gli scontri tra gruppi armati.
  • La comunità internazionale, sotto guida ONU e con l’impegno e la cooperazione della Lega araba e dell’Organizzazione degli stati africani, deve farsi garante e protettrice di un futuro accordo di pace, anche al fine di mettere alle strette Qatar, Arabia Saudita ed altri paesi della regione che – in maniera ipocrita – sono responsabili nel sostegno e nella propagazione delle guerre in corso
  • L’Unione Europea può inviare personale civile nelle zone più sicure per sostenere il protagonismo della società civile, delle comunità religiose e delle donne nella costruzione di un processo di pace, tutelando i difensori dei diritti umani e gli operatori di pace locale che più si espongono in questo momento. Questa sarà la missione dei futuri Corpi Civili di Pace.
  • Bloccare le fonti di finanziamento del terrorismo, la vendita delle armi e di petrolio, le complicità con i diversi gruppi di miliziani armati che imperversano nella regione. Un modo per non diventare complici in un conflitto che ci vede già molto responsabili, e per non essere “imprenditori di morte pronti a fornire armi a tutti” come ha ricordato oggi lo stesso Papa Francesco.

L’Unione Europea e i suoi stati membri devono fare la propria parte, garantendo assistenza umanitaria a profughi e migranti e cooperando con i paesi della regione che se ne stanno facendo carico, per mettere in campo un’operazione di salvataggio in mare e di accoglienza dei profughi e migranti.

Abbiamo bisogno di una politica ed un impegno internazionale che dichiarino finita la stagione degli errori armati e degli interessi di parte riportando al centro l’interesse generale della comunità globale per la Pace, la libertà e per l’accesso ai diritti universali per tutte e per tutti.

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Fonte: disarmo.org

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Approfondimento

Libia: pacifisti, no a intervento militare, non si ripeta errore fatto con Gheddafi

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Giornata Mondiale contro l’Omofobia 2013 – Il messaggio video dell’ONU

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Petizione indirizzata all’ONU per i diritti dei vegetariani

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Petizione indirizzata all’ONU

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Il testo della petizione è in inglese, di seguito il testo in italiano:

Ai sensi dell’articolo 18 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, tutti hanno il diritto alla libertà di pensiero e coscienza. Questa include il diritto alla fede e il diritto a manifestarla. L’articolo 26 della stessa convenzione stabilisce che la discriminazione fondata su un’opinione è vietata. Questi due articoli combinati significano che i vegani e vegetariani che si rifiutano di consumare animali o prodotti di origine animale per delle ragioni etiche non dovrebbero subire discriminazioni a causa delle loro convinzioni. Ciononostante, i vegani e i vegetariani subiscono una discriminazione generalizzata. Ad esempio, forme di discriminazione sono presenti nelle scuole, nelle università, negli ospedali e negli altri luoghi pubblici o privati dove nessun pasto vegano equilibrato è disponibile.

Considerando che il diritto alla libertà di pensiero e di coscienza dovrebbe essere rispettato e che la discriminazione basata su un credo è fuori legge, i firmatari chiedono al Relatore speciale sulla libertà di religione e di credo delle Nazioni Unite di presentare una raccomandazione su questo tema, e di promuovere l’adozione di misure a livello nazionale, regionale e internazionale per assicurare la promozione e la protezione dei seguenti diritti dei vegani e vegetariani:

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Il diritto di ottenere dei pasti vegani equilibrati in tutte le strutture pubbliche o private,

Il diritto ad un’informazione medica imparziale e appropriata,

Il diritto di disporre di risorse necessarie per crescere i figli conformemente alle proprie convinzioni,

Il diritto di rifiutare ogni lavoro contrario alle proprie convinzioni etiche.

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FIRMA LA PETIZIONE!

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Fonte: AVAAZ.org

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