Tag Archives: messico

Documentario – Biografie: “Frida Kahlo”

.

.

Frida-Kahlo

.

Documentario sulla vita travagliata della pittrice messicana

.

Frida Kahlo, all’anagrafe Magdalena Carmen Frieda Kahlo y Calderón (Coyoacán, 6 luglio 1907 – Coyoacán, 13 luglio 1954), è stata una pittrice messicana.

Nacque a Coyoacán, una delegazione di Città del Messico, il 6 luglio del 1907, figlia di Guillermo Kahlo (1871-1941), un fotografo nato in Germania, a Pforzheim, con il nome di Carl Wilhelm Kahlo da famiglia ebraico-ungherese e di Matilde Calderón y González, una benestante messicana di origini ispanico – amerinde. Frida fu una pittrice dalla vita travagliata. Le piaceva dire di essere nata nel 1910, poiché si sentiva profondamente figlia della rivoluzione messicana di quell’anno e del Messico moderno…

.

.

…Un evento terribile, il 17 settembre 1925, all’età di 18 anni, cambiò drasticamente la sua vita e la rinchiuse in una profonda solitudine che ebbe solo l’arte come unica finestra sul mondo. Frida all’uscita di scuola salì su un autobus con Alejandro per tornare a casa e pochi minuti dopo rimase vittima di un incidente causato dal veicolo su cui viaggiava ed un tram. L’autobus finì schiacciato contro un muro. Le conseguenze dell’incidente furono gravissime per Frida: la colonna vertebrale le si spezzò in tre punti nella regione lombare; si frantumò il collo del femore e le costole; la gamba sinistra riportò 11 fratture; il piede destro rimase slogato e schiacciato; la spalla sinistra restò lussata e l’osso pelvico spezzato in tre punti. Inoltre, un corrimano dell’autobus le entrò nel fianco e le uscì dalla vagina. Nel corso della sua vita dovette subire ben 32 operazioni chirurgiche. Dimessa dall’ospedale, fu costretta ad anni di riposo nel letto di casa, col busto ingessato. Questa situazione la spinse a leggere libri sul movimento comunista e a dipingere. Il suo primo lavoro fu un autoritratto, che donò al ragazzo di cui era innamorata. Da ciò la scelta dei genitori di regalarle un letto a baldacchino con uno specchio sul soffitto, in modo che potesse vedersi, e dei colori. Iniziò così la serie di autoritratti. “Dipingo me stessa perché passo molto tempo da sola e sono il soggetto che conosco meglio” affermò. Dopo che le fu rimosso il gesso riuscì a camminare, con dolori che sopportò per tutta la vita. Fatta dell’arte la sua ragion d’essere, per contribuire finanziariamente alla sua famiglia, un giorno decise di sottoporre i suoi dipinti a Diego Rivera, illustre pittore dell’epoca, per avere una sua critica…(continua)

.

.

.


Messico – EZLN: 30 anni di esperienze umane più ricche e radicali degli ultimi secoli

.

.

EZLN

.

Messico – EZLN: trent’anni del più sensato dei deliri

.

di Angel Luis Lara

Nel novembre 1983 un piccolo gruppo di uomini che si conta sulle dita di una mano atterrò nella fitta Selva Lacandona, nello stato messicano del Chiapas. Avevano deciso di chiamarsi in maniera roboante come Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN). La maggior parte, del tutto abituati alla realtà della città, portava nello zaino un proposito che risuonava nelle loro conversazioni come qualcosa di delirante: fare la rivoluzione. Senza dubbio, visto le condizioni di estrema povertà e emergenza sociale in Chiapas, tale delirio risultava certamente sensato. Inoltre, le montagne e le selve chiapaneche non solo ospitavano gente in resistenza da quasi 500 anni, ma anche alla fine del diciannovesimo secolo alcuni degli esuli protagonisti della Comune di Parigi avevano concluso la loro esistenza in Chiapas; in queste terre non avevano mai smesso di fiorire antagonismi e dissensi sotterranei.

Armato di linguaggi quadrati e triti artefatti ideologici, questo piccolo gruppo iniziale non ha tardato a scontrarsi con i sentimenti comuni dei popoli indigeni originari e che abitano questi territori.

Ed è stato allora che il Subcomandante Marcos, il più conosciuto partecipante di questa primigenia e delirante monade zapatista, ha deciso che le forze non gli bastavano per andare avanti e che era meglio scendere da questa barca beccheggiante e incerta. “Dov’è l’uscita?” chiese. “Non c’è uscita”, gli hanno risposto i popoli indigeni. “E allora? Che cosa facciamo?” rispose un’interdetto Marcos. “Restate e imparate”, dissero i popoli maya. E questo è quello che hanno fatto. Hanno ascoltato e imparato dai popoli indigeni fino al punto di diventare loro stessi indigeni. Una sorte di possessione a base di bevande di realismo magico che ha disarmato l’arroganza e i cliché tradizionali della sinistra, per attivare un meraviglioso ibrido rivoluzionario fatto di saperi e della cosmo visione indigena, capace di partorire un arte del cambiamento sociale rivoluzionario pieno di paradossi e di ponti verso fuori. Così, armati di domande, gli zapatisti sono nati come un ossimoro: il più sensato dei deliri.

Oggi questo meraviglioso delirio non solo è abitato da migliaia di donne, uomini, bambini e bambine, anziani ed anziane in Chiapas. E’ stato inoltre capace di costruire la materialità toccabile e respirabile di una vita altra. Con infinite difficoltà, errori e strade contorte. In questo mondo però con altre mappe e in altre coordinate. Trent’anni dopo la sua nascita, l’EZLN è protagonista di una delle esperienze umane più ricche e radicali di libertà ed emancipazione umana che gli ultimi secoli di storia hanno conosciuto. Da quando si sono sollevati in armi nel gennaio 1994, gli zapatisti abitano in una quotidiana restituzione del senso vero della parola democrazia e in una faticosa liberazione della vita dalle tenaglie della sopravvivenza. Migliaia e migliaia di persone che stanno vivendo in un’altra maniera. Qui, ora e adesso.

Nel suo trentesimo compleanno, la disutopia zapatista ha deciso di aprire le sue porte e le sue finestre per condividere le forme di vita che hanno creato tre decadi di delirio sensato. Per questo hanno creato una scuola che hanno chiamato “la libertà secondo gli zapatist@””. Si tratta, soprattutto, di “una escuelita”, così nel suo diminutivo, che serve per disimparare. Non offre piste come modelli e tanto meno regala un manuale di istruzioni. Come in Blade Runner di Ridley Scott, gli zapatisti sanno che i replicanti non amano né hanno emozioni. Per questo non interessa loro né le copie né le ricette. Semplicemente cercano con perseveranza e infinita pazienza di condividere soltanto una mappa del tesoro di un mondo altro. In questa mappa si staglia una coordinata in cima alle altre: un’imperiosa necessità di decolonizzare l’esistenza.

Lo zapatismo, lontano dai riflettori, mode e consensi, non solo gode di un eccellente salute a trent’anni dalla sua nascita, ma costituisce una potentissima radice decoloniale. Nei territori chiapanechi in cui gli zapatisti sono governo, l’umanità ha aperto un varco irreparabile nella modernità, nella matrice abissale del pensiero occidentale e nella razionalità della dominazione.

Una decolonizzazione del potere, ben più in là della dominazione del privato e del pubblico, nel tessuto democratico di un comune nel quale tutte le persone sono chiamate ad essere e fare governo. Una decolonizzazione delle passioni ben più in là della viltà e degli egoismi con i quali l’imposizione neoliberale ci assoggetta alle passioni tristi che la costituiscono. Senza chiedere permesso. Migliaia e migliaia di donne, uomini, bambini, bambine, anziane ed anziani. Un presente e non un futuro. Qui, ora e adesso. E un messaggio a volte angosciato, a quelli che stiamo dall’altro lato dello specchio: “ORGANIZZATEVI”. Perché non basta desiderarlo.

A suo modo gli zapatisti hanno chiamato tutto questo autonomia. Una esperienza di autogoverno partecipato da migliaia e migliaia di persone e nella quale il cambiamento decoloniale si traduce nel territorio zapatista in istituzioni, scuole, ospedali, leggi, amministrazioni locali, relazioni sociali, sistemi produttivi, economie, sessualità ed un profondo cambiamento culturale pieno di punti di sospensione. Concreto e tangibile. Per e verso le persone. Non è stato per il desiderio di qualcosa come questo, quello in cui ci siamo riconosciuti nelle piazze in un maggio di due anni fa in Spagna, New York, Tunisia o Cairo?

.

Fonte: Cooperazione Rebelde Napoli

.

.


Subcomandante Insurgente Marcos: Comunicato del Comitato Rivoluzionario Indigeno Clandestino

MEXICO - ZAPATISTAS - MARCOS

.

Comunicato del Comitato Rivoluzionario Indigeno Clandestino zapatista

di Subcomandante Insurgente Marcos – 1 gennaio 2012

Comunicato del Comitato Rivoluzionario Indigeno Clandestino – Comando Generale dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale

Al popolo del Messico

Ai Popoli e ai governi del mondo

Fratelli e sorelle, compagni e compagne,

nelle prime ore del mattino del 21 dicembre 2012 decine di migliaia di indigeni zapatisti si sono mobilitati e hanno occupato, pacificamente e in silenzio, cinque sedi municipali dello stato messicano sud-orientale del Chiapas.

Nelle città di Palenque, Altamirano, Las Margaritas, Ocosingo e San Cristòbal del las Casas, vi abbiamo guardato e ci siamo guardati in silenzio.

Il nostro non è un messaggio di resa.

Né è un messaggio di guerra, morte o distruzione.

Il nostro messaggio è di lotta e resistenza.

Dopo il colpo di stato mediatico che ha portato al governo federale un’ignoranza malcelata e ancor peggio imbellettata, ci siamo presentati a far sapere loro sapere che se loro non se ne sono mai andati, nemmeno ce ne siamo andati noi.

Sei anni fa un settore della classe politica e intellettuale è andato alla ricerca di qualcuno cui attribuire la responsabilità della propria sconfitta. All’epoca noi stavamo lottando, nelle città e nelle comunità, per la giustizia per una Atenco che non era ancora alla moda.

All’epoca ci hanno prima diffamato e poi hanno voluto ridurci al silenzio.

Disonesti e incapaci di capire che era al loro interno che vi erano e tuttora vi sono i semi della loro stessa distruzione, hanno cercato di farci sparire con menzogne e con un silenzio complice.

Sei anni dopo, due cose sono chiare:

Loro non hanno bisogno di noi per fallire.

Noi non abbiamo bisogno di loro per sopravvivere.

Noi, che non siamo mai fuggiti, nonostante quanto i media dell’intero spettro sono stati determinati nel farvi credere, risorgiamo come gli indigeni zapatisti che siamo e saremo.

In questi anni abbiamo significativamente rafforzato e migliorato le nostre condizioni di vita. Il nostro tenore di vita è più elevato di quelli delle comunità indigene che appoggiano il governo in carica, che ricevono elemosine che sono sperperate in alcool e in cose inutili.

Le nostre case sono migliorate senza danneggiare la natura imponendole strade che le sono estranee.

Nelle nostre comunità la terra che era utilizzata per ingrassare il bestiame dei fattori e dei latifondisti è era usata per produrre mais, legumi e le verdure che rallegrano le nostre tavole.

Il nostro lavoro ha la doppia soddisfazione di darci quello che ci serve per vivere onorevolmente e di contribuire alla crescita collettiva delle nostre comunità.

I nostri figli e le nostre figlie vanno a una scuola che insegna loro la loro storia, quella del loro paese e quella del mondo, così come le scienze e le tecniche necessarie perché crescano senza smettere di essere indigeni.

Le donne indigene zapatiste non sono vendute come merci.

I membri del PRI si servono dei nostri ospedali, delle nostre cliniche e dei nostri laboratori perché in quelli del governo non ci sono medicine, non ci sono attrezzature mediche, dottori, personale qualificato.

La nostra cultura fiorisce, non isolata bensì arricchita dal contatto con le culture di altri popoli del Messico e del mondo.

Noi governiamo e ci governiamo cercando sempre l’accordo prima dello scontro.

Abbiamo realizzato tutto questo senza il governo, la classe politica e i media che li accompagnano, resistendo contemporaneamente ai loro attacchi di ogni genere.

Abbiamo dimostrato, ancora una volta, che siamo quelli che siamo.

Con il nostro silenzio ci siamo resi presenti.

Ora, con la parola, annunciamo che:

Primo: Riaffermeremo e consolideremo la nostra partecipazione al Congresso Nazionale Indigeno, lo spazio d’incontro con i popoli originari del nostro paese.

Secondo: Riavvieremo i contatti con i nostri compagni e compagne, in Messico e nel mondo,  aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva di Lacandon.

Terzo: Tenteremo di costruire i ponti necessari verso i movimenti sociali che sono sorti e sorgeranno, non per guidarli o soppiantarli, ma per imparare da loro, dalla loro storia, dai loro percorsi e dalle loro mete.

Per far questo abbiamo consolidato il sostegno di singoli e di gruppi in diverse parti del Messico, costituiti come basi di sostegno per le Commissioni Sesta e Internazionale dell’EZLN, affinché diventino vie di comunicazione tra le basi zapatiste di sostegno e i singoli, i gruppi e i collettivi che aderiscono alla Sesta Dichiarazione, in Messico e nel mondo, e che continuano a mantenere la convinzione e l’impegno alla costruzione di un’alternativa non-istituzionale di sinistra.

Quarto: Continueremo a mantenere la nostra distanza critica rispetto all’intera classe politica messicana che ha prosperato a spese dei bisogni e dei desideri degli umili e dei poveri.

Quinto: riguardo alla mala amministrazione, federale, statale, comunale, governativa, legislativa e giudiziaria, e ai media che la accompagnano, dichiariamo quanto segue:

I cattivi governi, che appartengono alla totalità dello spettro politico senza alcuna eccezione, hanno fatto tutto il possibile per distruggerci, per comprarci, per farci arrendere.  PRI, PAN, PRD, PVEM,PT, CC e il futuro partito politico RN ci hanno attaccato militarmente, politicamente, socialmente e ideologicamente [1]. I media convenzionali hanno cercato di farsi scomparire prima con menzogne opportuniste e servili, seguite da un silenzio complice e fuorviante.  Quelli che loro hanno servito, quelli il cui denaro hanno accudito, non sono più in circolazione e quelli che sono loro succeduti non dureranno più a lungo dei loro predecessori.

Come è stato reso evidente il 21 dicembre 2012, hanno tutti fallito. Sta dunque alle amministrazioni federale, governativa, legislativa e giudiziaria decidere se continueranno la politica di contro-insurrezione che si è tradotta in una fiacca simulazione maldestramente costruita dai media, o se riconosceranno e onoreranno i loro impegni elevando i Diritti e la Cultura degli Indigeni al livello della Costituzione, come stabilito negli “Accordi di San Andrés” firmati dal governo federale nel 1996, all’epoca guidato dallo stesso partito politico che oggi è al governo.

Starà al governo statale decidere se continuerà la strategia disonesta e deprecabile del suo predecessore, che in aggiunta alla corruzione e alle menzogne ha utilizzato il denaro del popolo del Chiapas per arricchire sé e i propri complici e si è dedicato al vergognoso acquisto delle voci e delle penne dei media delle comunicazioni, gettando il popolo del Chiapas nella povertà mentre ha usato la polizia e i paramilitari per cercare di frenare il progresso organizzativo delle comunità zapatiste; o se, invece, nella verità e nella giustizia, accetterà e rispetterà la nostra esistenza e si adeguerà all’idea che una nuova forma di vita sociale sta sbocciando nel territorio zapatista del Chiapas, Messico. E’ una fioritura che attira l’attenzione della gente onesta dell’intero pianeta.

Starà alle amministrazioni municipali decidere se continuare a digerire le enormi balle con cui le organizzazioni anti-zapatiste o presunte “zapatiste” le ricattano perché attacchino e molestino le nostre comunità; o se, invece, useranno il loro denaro per migliorare le condizioni di vita di quelli che governano.

Starà al popolo del Messico organizzarsi in lotte elettorali e resistere, decidere se continuerà a considerarci nemici o rivale su cui riversare la propria frustrazione per le frodi e le aggressioni che, alla fine, ci danneggiano tutti, e se nella sua lotta per il potere continuerà ad allearsi con i propri persecutori; o se riconoscerà finalmente in noi un altro modo di fare politica.

Sesto: Nei prossimi giorni l’EZLN, attraverso le sue Commissioni Sesta e Internazionale, annuncerà una serie d’iniziative, civili e pacifiche, per continuerà a camminare insieme con gli altri popoli originari del Messico e del continente, e insieme con chi, nel Messico e nel mondo, lotta e resiste in basso e a sinistra.

Fratelli e sorelle, compagni e compagne,

in passato abbiamo avuto la fortuna di godere dell’attenzione onesta e nobile di vari media delle comunicazioni. Abbiamo espresso allora il nostro apprezzamento. Ma ciò è stato totalmente cancellato dal loro atteggiamento successivo.

Quelli che avevano scommesso che noi esistessimo soltanto nei media delle comunicazioni e che, con l’assedio delle menzogne e del silenzio che loro avevano creato, saremmo scomparsi, si sono sbagliati. Anche quando non ci sono state telecamere, microfoni, penne, orecchi o sguardi, noi abbiamo continuato a esistere.

Quando ci hanno calunniato, abbiamo continuato a esistere.

Quando ci hanno imposto il silenzio, abbiamo continuato a esistere.

Ed eccoci qui. Esistiamo.

Il nostro cammino, come è stato dimostrato, non dipende dall’impatto mediatico, bensì piuttosto dal comprendere il mondo e tutte le sue parti, dalla saggezza indigena che guida i nostri passi, dall’incrollabile decisione che è la dignità di chi sta in basso e a sinistra.

Da ora in poi, le nostre parole saranno selettive nelle loro destinazioni e, salvo che in occasioni limitate, potranno essere comprese solo da quelli che hanno camminato con noi e che continuano a camminare senza arrendersi alle tendenze attuali o mediatiche.

Qui, non senza molti errori e molte difficoltà, un altro modo di fare politica è già una realtà.

Pochi, pochissimi, avranno il privilegio di saperlo e di imparare direttamente da ciò.

Diciannove anni fa li abbiamo sorpresi prendendo con il fuoco e il sangue le loro città. Oggi lo abbiamo fatto di nuovo, senza armi, senza morti, senza distruzioni.

In questo modo ci siamo distinti da quelli che, durante i loro governi, hanno distribuito e continuano a distribuire morte tra i loro governati.

Siamo quelli, gli stessi, di 500 anni fa, di 44 anni fa, di 30 anni fa, di 20 anni fa o di soli pochi giorni fa.

Siamo gli zapatisti, i minimi, quelli che vivono, lottano e muoiono nell’ultimo angolo del paese, quelli che non rinunceranno, non si venderanno, quelli che non si arrenderanno.

Fratelli e sorelle, compagni e compagne,

Siamo gli zapatisti. Ricevete il nostro abbraccio.

DEMOCRAZIA!

LIBERTA’!

GIUSTIZIA!

Dalle montagne del sud-est del Messico.

Per il Comitato Rivoluzionario Indigeno Clandestino – Comando Generale dell’Esercito Zapatista di Rivoluzione Nazionale

il Subcomandante Insurgente Marcos

Messico, dicembre 2012 – gennaio 2012

.

Fonte: Z Net Italy

.

[1] PRI: il partito dei settant’anni di dittatura e dell’ex presidente Carlos Salinas de Gortar; PAN: il partito di destra del recente presidente Felipe Calderòn che ha sovrinteso alla devastazione totale e alla morte di decine di migliaia di messicani per la sua “guerra alla droga” negli ultimi dodici anni; PDR: il partito della “sinistra” istituzionale che si è unito al PAN e al PRI nel bloccare le riforme costituzionali relativi ai Diritti e alla Cultura degli Indigeni e che fino a poco tempo fa è stato il partito di Andrés Manuel Lòpez Obrador; PVEM (Partito Verde Ecologista de México), PT (Partido del Trabajo), CC (Convergencia Ciudadana) e RN (Regeneraciòn Nacionale,il partito politico che è attualmente in fase di creazione da parte di Andrés Manuel Lòpez Obrador dopo la sua uscita amichevole dal PRD.

.

traduzione di Giuseppe Volpe

.