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La deforestazione nascosta nei beni che acquistiamo

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Deforestazione: chi distrugge i polmoni della Terra e cosa possiamo fare

di Pio Russo Krauss

Negli ultimi 30 anni sono stati distrutti 178 milioni di ettari di boschi, una superficie pari a 6 volte l’estensione dell’Italia, nel solo anno 2019 una superficie ampia quanto la Svizzera [1] Ciò è avvenuto e avviene soprattutto in Sud America, in Africa e in Estremo Oriente.

Gli effetti negativi di questa deforestazione sono enormi.

  • L’aumento dell’effetto serra. Un quarto dell’anidride carbonica prodotta ogni anno dall’uomo viene sequestrata dalle foreste, motivo per cui la loro riduzione è un’importante causa del cambiamento climatico. Inoltre spesso il disboscamento avviene tramite incendi, immettendo così ingenti quantità di CO2 in atmosfera.

  • La diminuzione della biodiversità. Le foreste accolgono l’80% delle specie viventi sulla terraferma. La loro riduzione si accompagna alla diminuzione, fino all’estinzione, di molte di queste specie, con conseguenti alterazioni degli equilibri ecologici e la perdita di importantissime risorse. Considerando solo i vertebrati, l’uomo nell’ultimo secolo ha causato l’estinzione di 468 specie (un tasso di estinzione che è mille volte superiore a quello naturale) [2].

  • Il rischio di nuove malattie infettive ed epidemie. La distruzione delle foreste spinge alcune specie animali a cercare un nuovo habitat in ambienti antropizzati, dove può anche accadere che, per l’assenza dei naturali predatori, si moltiplichino notevolmente. Un virus presente in questi animali può operare un salto di specie (spillover) e contagiare uomini o animali domestici. Questo è quasi certamente quello che è successo con il covid e con la MERS ed è quello che sicuramente è accaduto con l’influenza aviaria e con l’epidemia di Ebola. Quest’ultima, per esempio, si è manifestata dopo la distruzione di una foresta per impiantare palme. I pipistrelli della frutta, portatori sani di questo virus, avendo perso il loro habitat naturale hanno colonizzato le piantagioni di palme e gli indigeni si sono infettati uccidendoli (per difendere le coltivazioni o anche per mangiarli). Successivamente il virus si è trasmesso da uomo a uomo.

  • L’aumento dell’erosione del suolo. Il terreno, se non è più protetto dal manto vegetale, è esposto alle piogge, al vento e all’essiccazione dei raggi del sole, tutti fenomeni che determinano perdita di suolo. Questo fenomeno è particolarmente rilevante nelle zone equatoriali e tropicali, dove nel giro di pochi decenni la zona deforestata può trasformarsi in un deserto roccioso, che per secoli sarà inutilizzabile per l’agricoltura, l’allevamento e la silvicoltura.

  • Il genocidio dei popoli indigeni. Molte foreste da secoli sono abitate da popoli che si sono adattati in maniera mirabile a tale contesto. La distruzione delle foreste determina la scomparsa di queste comunità e la perdita dei loro saperi. Le persone che ne facevano parte finiscono per ingrossare le fila dei poveri e dei disadattati.

Le principali cause della deforestazione sono [3]:

  • avere terreni per produrre olio di palma, gomma, vegetali per biocombustibili, mangimi e pascoli per animali, caffè, cacao o altri prodotti tropicali

  • l’estrazione di minerali (in particolare le terre rare indispensabili per batterie e prodotti elettronici) tramite miniere a cielo aperto

  • l’abbattimento di alberi da cui ricavare legno per mobili o per carta (in particolare carta igienica e da cucina);

  • la ricerca di un piccolo pezzo di terra da coltivare o del legno per cucinare da parte di persone in grave povertà;

  • gli incendi, appiccati dolosamente o colposamente (un quarto di quelli avvenuti nel 2019 in Brasile ha riguardato zone protette).

Circa l’80% della deforestazione è causata dai consumi degli abitanti dei Paesi ricchi [3]. E’ perché noi mangiamo carne in maniera spropositata (in Italia in media circa 700g alla settimana invece dei 0-300g consigliati dai nutrizionisiti [4]), sprechiamo un mare di carta (200Kg per persona all’anno), compriamo troppi prodotti elettronici, auto e moto (batterie e pneumatici sono costruiti con terre rare e gomma e l’Italia è il Paese europeo con il maggiore numero di auto e moto per abitante), compriamo mobili in teak, mogano, ebano, palissandro, alimenti industriali contenenti olio di palma, acquistiamo caffè, cacao, banane non del commercio equo e solidale, prodotti in pelle o cuoio di aziende a cui interessa solo fare quanti più soldi è possibile.

Purtroppo le aziende senza scrupoli responsabili della deforestazione sono numerosissime e trovano appoggi in governi e politici. Forest500, un’organizzazione che raccoglie enti e associazioni che operano per la difesa delle foreste e della biodiversità, stila periodicamente un elenco delle aziende maggiormente responsabili [4]. Tra queste le principali sono:

Gruppo Veronesi (polli AIA, Negroni, mangimi veronesi),

Gruppo Natuzzi (divani & divani)

DESPAR (supermercati e relativi prodotti)

Deichmann (borse, zaini e scarpe con marchi Catwalk, 5th Avenue, Borrelli),

Samsonite (valigie, borse, zaini)

Mastrotto (pelli per arredamenti, abbigliamento, ecc.)

Kikkoman (prodotti della soia)

Cencoprod (azienda che vende pelli a vari marchi italiani, tra cui Nuti)

Hutchinson (multinazionale di pneumatici e molto altro)

Ebro foods (che controlla Garofalo, Bertagni, Scotti)

Prada (abbigliamento)

Clarks (scarpe)

Amazon (prodotti alimentari, valige, abbigliamento, mobili, cosmetici, bricolage, imballaggi ecc.)

Capri Holdings (che controlla Versace, Jimmy Choo e altre aziende della moda)

Nike.

Molte sono anche le banche e le finanziarie che sostengono attività che distruggono le foreste. Tra le principali: Prudential, BlackRock, Aviva, Fidelity, Vanguard, BPCE, Invesco, Intesa San Paolo, Unicredit, Credit Agricole, Allianz.

Ultimamente si parla tanto di transizione ecologica. Se ne parla perché gli effetti del cambiamento climatico si fanno sempre più gravi e le prospettive più minacciose, perché abbiamo sperimentato cosa è una pandemia e l’OMS ci dice che continuando a deforestare il rischio di nuove epidemie è molto alto, perché moltissime persone hanno preso coscienza che se si continua a far finta di nulla andiamo incontro alla catastrofe.

Ma oltre a parlarne bisogna agire coerentemente.

I cittadini devono cambiare i comportamenti non ecosostenibili, comprare di meno, informarsi di più, non guardare solo il prezzo di una merce ma anche quanto ci costa realmente (i danni che determina all’ambiente, alla salute, alla società, che pagheremo noi e i nostri figli), appoggiare le campagne delle associazioni ambientaliste contro la deforestazione [5].

I governanti e i politici devono smetterla di essere succubi di grandi aziende, banche e finanziarie o di settori produttivi non ecosostenibili, di ignorare o far finta di ignorare la situazione in cui stiamo e di prendere in giro i cittadini, illudendoli che si possa continuare con un modello di sviluppo e stili di vita insostenibili.

Il modo più semplice per impedire questa sudditanza dei politici è appoggiare e votare solo chi realmente e coerentemente persegue una effettiva politica ambientalista. Insomma gran parte del potere è nelle nostre mani: siamo ancora in tempo per cambiare le cose, ma dobbiamo smetterla con atteggiamenti fatalistici e rinunciatari e impegnarci personalmente e politicamente.

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.Fonte: giardinodimarco.it

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Note: 1) FAO: Global Forest Resources Assessment, 2020; 2) Ceballos G et al.: Accelerated modern human–induced species losses: Entering the sixth mass extinction. Science advances 2015; 3) Fonte: Curtis et al. Classifying drivers of global forest loss, Science, 2018; 4) Le stime del consumo medio di carne in Italia vanno dai 300g ai 2800g alla settimana. La stima più bassa (300g) è quella dei produttori di carne, la più alta è quella della FAO e di altri enti, che però considerano il peso totale degli animali (quindi anche le parti non edibili, quelle che servono per produrre alimenti per i 16 milioni di animali da compagnia carnivori e gli scarti utilizzati come mangime per i pesci). La stima di 700g alla settimana è quella che più si accorda con le indagini sulle abitudini alimentari condotte dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’ISTAT;

4) https://forest500.org/rankings/companies;

5) si visitino:

https://www.greenpeace.org/italy/tag/foreste, https://www.wwf.it/chi_siamo/organizzazione/come_lavoriamo/deforestazione_, https://www.legambiente.it/tag/deforestazione.

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Subcomandante Insurgente Marcos: Comunicato del Comitato Rivoluzionario Indigeno Clandestino

MEXICO - ZAPATISTAS - MARCOS

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Comunicato del Comitato Rivoluzionario Indigeno Clandestino zapatista

di Subcomandante Insurgente Marcos – 1 gennaio 2012

Comunicato del Comitato Rivoluzionario Indigeno Clandestino – Comando Generale dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale

Al popolo del Messico

Ai Popoli e ai governi del mondo

Fratelli e sorelle, compagni e compagne,

nelle prime ore del mattino del 21 dicembre 2012 decine di migliaia di indigeni zapatisti si sono mobilitati e hanno occupato, pacificamente e in silenzio, cinque sedi municipali dello stato messicano sud-orientale del Chiapas.

Nelle città di Palenque, Altamirano, Las Margaritas, Ocosingo e San Cristòbal del las Casas, vi abbiamo guardato e ci siamo guardati in silenzio.

Il nostro non è un messaggio di resa.

Né è un messaggio di guerra, morte o distruzione.

Il nostro messaggio è di lotta e resistenza.

Dopo il colpo di stato mediatico che ha portato al governo federale un’ignoranza malcelata e ancor peggio imbellettata, ci siamo presentati a far sapere loro sapere che se loro non se ne sono mai andati, nemmeno ce ne siamo andati noi.

Sei anni fa un settore della classe politica e intellettuale è andato alla ricerca di qualcuno cui attribuire la responsabilità della propria sconfitta. All’epoca noi stavamo lottando, nelle città e nelle comunità, per la giustizia per una Atenco che non era ancora alla moda.

All’epoca ci hanno prima diffamato e poi hanno voluto ridurci al silenzio.

Disonesti e incapaci di capire che era al loro interno che vi erano e tuttora vi sono i semi della loro stessa distruzione, hanno cercato di farci sparire con menzogne e con un silenzio complice.

Sei anni dopo, due cose sono chiare:

Loro non hanno bisogno di noi per fallire.

Noi non abbiamo bisogno di loro per sopravvivere.

Noi, che non siamo mai fuggiti, nonostante quanto i media dell’intero spettro sono stati determinati nel farvi credere, risorgiamo come gli indigeni zapatisti che siamo e saremo.

In questi anni abbiamo significativamente rafforzato e migliorato le nostre condizioni di vita. Il nostro tenore di vita è più elevato di quelli delle comunità indigene che appoggiano il governo in carica, che ricevono elemosine che sono sperperate in alcool e in cose inutili.

Le nostre case sono migliorate senza danneggiare la natura imponendole strade che le sono estranee.

Nelle nostre comunità la terra che era utilizzata per ingrassare il bestiame dei fattori e dei latifondisti è era usata per produrre mais, legumi e le verdure che rallegrano le nostre tavole.

Il nostro lavoro ha la doppia soddisfazione di darci quello che ci serve per vivere onorevolmente e di contribuire alla crescita collettiva delle nostre comunità.

I nostri figli e le nostre figlie vanno a una scuola che insegna loro la loro storia, quella del loro paese e quella del mondo, così come le scienze e le tecniche necessarie perché crescano senza smettere di essere indigeni.

Le donne indigene zapatiste non sono vendute come merci.

I membri del PRI si servono dei nostri ospedali, delle nostre cliniche e dei nostri laboratori perché in quelli del governo non ci sono medicine, non ci sono attrezzature mediche, dottori, personale qualificato.

La nostra cultura fiorisce, non isolata bensì arricchita dal contatto con le culture di altri popoli del Messico e del mondo.

Noi governiamo e ci governiamo cercando sempre l’accordo prima dello scontro.

Abbiamo realizzato tutto questo senza il governo, la classe politica e i media che li accompagnano, resistendo contemporaneamente ai loro attacchi di ogni genere.

Abbiamo dimostrato, ancora una volta, che siamo quelli che siamo.

Con il nostro silenzio ci siamo resi presenti.

Ora, con la parola, annunciamo che:

Primo: Riaffermeremo e consolideremo la nostra partecipazione al Congresso Nazionale Indigeno, lo spazio d’incontro con i popoli originari del nostro paese.

Secondo: Riavvieremo i contatti con i nostri compagni e compagne, in Messico e nel mondo,  aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva di Lacandon.

Terzo: Tenteremo di costruire i ponti necessari verso i movimenti sociali che sono sorti e sorgeranno, non per guidarli o soppiantarli, ma per imparare da loro, dalla loro storia, dai loro percorsi e dalle loro mete.

Per far questo abbiamo consolidato il sostegno di singoli e di gruppi in diverse parti del Messico, costituiti come basi di sostegno per le Commissioni Sesta e Internazionale dell’EZLN, affinché diventino vie di comunicazione tra le basi zapatiste di sostegno e i singoli, i gruppi e i collettivi che aderiscono alla Sesta Dichiarazione, in Messico e nel mondo, e che continuano a mantenere la convinzione e l’impegno alla costruzione di un’alternativa non-istituzionale di sinistra.

Quarto: Continueremo a mantenere la nostra distanza critica rispetto all’intera classe politica messicana che ha prosperato a spese dei bisogni e dei desideri degli umili e dei poveri.

Quinto: riguardo alla mala amministrazione, federale, statale, comunale, governativa, legislativa e giudiziaria, e ai media che la accompagnano, dichiariamo quanto segue:

I cattivi governi, che appartengono alla totalità dello spettro politico senza alcuna eccezione, hanno fatto tutto il possibile per distruggerci, per comprarci, per farci arrendere.  PRI, PAN, PRD, PVEM,PT, CC e il futuro partito politico RN ci hanno attaccato militarmente, politicamente, socialmente e ideologicamente [1]. I media convenzionali hanno cercato di farsi scomparire prima con menzogne opportuniste e servili, seguite da un silenzio complice e fuorviante.  Quelli che loro hanno servito, quelli il cui denaro hanno accudito, non sono più in circolazione e quelli che sono loro succeduti non dureranno più a lungo dei loro predecessori.

Come è stato reso evidente il 21 dicembre 2012, hanno tutti fallito. Sta dunque alle amministrazioni federale, governativa, legislativa e giudiziaria decidere se continueranno la politica di contro-insurrezione che si è tradotta in una fiacca simulazione maldestramente costruita dai media, o se riconosceranno e onoreranno i loro impegni elevando i Diritti e la Cultura degli Indigeni al livello della Costituzione, come stabilito negli “Accordi di San Andrés” firmati dal governo federale nel 1996, all’epoca guidato dallo stesso partito politico che oggi è al governo.

Starà al governo statale decidere se continuerà la strategia disonesta e deprecabile del suo predecessore, che in aggiunta alla corruzione e alle menzogne ha utilizzato il denaro del popolo del Chiapas per arricchire sé e i propri complici e si è dedicato al vergognoso acquisto delle voci e delle penne dei media delle comunicazioni, gettando il popolo del Chiapas nella povertà mentre ha usato la polizia e i paramilitari per cercare di frenare il progresso organizzativo delle comunità zapatiste; o se, invece, nella verità e nella giustizia, accetterà e rispetterà la nostra esistenza e si adeguerà all’idea che una nuova forma di vita sociale sta sbocciando nel territorio zapatista del Chiapas, Messico. E’ una fioritura che attira l’attenzione della gente onesta dell’intero pianeta.

Starà alle amministrazioni municipali decidere se continuare a digerire le enormi balle con cui le organizzazioni anti-zapatiste o presunte “zapatiste” le ricattano perché attacchino e molestino le nostre comunità; o se, invece, useranno il loro denaro per migliorare le condizioni di vita di quelli che governano.

Starà al popolo del Messico organizzarsi in lotte elettorali e resistere, decidere se continuerà a considerarci nemici o rivale su cui riversare la propria frustrazione per le frodi e le aggressioni che, alla fine, ci danneggiano tutti, e se nella sua lotta per il potere continuerà ad allearsi con i propri persecutori; o se riconoscerà finalmente in noi un altro modo di fare politica.

Sesto: Nei prossimi giorni l’EZLN, attraverso le sue Commissioni Sesta e Internazionale, annuncerà una serie d’iniziative, civili e pacifiche, per continuerà a camminare insieme con gli altri popoli originari del Messico e del continente, e insieme con chi, nel Messico e nel mondo, lotta e resiste in basso e a sinistra.

Fratelli e sorelle, compagni e compagne,

in passato abbiamo avuto la fortuna di godere dell’attenzione onesta e nobile di vari media delle comunicazioni. Abbiamo espresso allora il nostro apprezzamento. Ma ciò è stato totalmente cancellato dal loro atteggiamento successivo.

Quelli che avevano scommesso che noi esistessimo soltanto nei media delle comunicazioni e che, con l’assedio delle menzogne e del silenzio che loro avevano creato, saremmo scomparsi, si sono sbagliati. Anche quando non ci sono state telecamere, microfoni, penne, orecchi o sguardi, noi abbiamo continuato a esistere.

Quando ci hanno calunniato, abbiamo continuato a esistere.

Quando ci hanno imposto il silenzio, abbiamo continuato a esistere.

Ed eccoci qui. Esistiamo.

Il nostro cammino, come è stato dimostrato, non dipende dall’impatto mediatico, bensì piuttosto dal comprendere il mondo e tutte le sue parti, dalla saggezza indigena che guida i nostri passi, dall’incrollabile decisione che è la dignità di chi sta in basso e a sinistra.

Da ora in poi, le nostre parole saranno selettive nelle loro destinazioni e, salvo che in occasioni limitate, potranno essere comprese solo da quelli che hanno camminato con noi e che continuano a camminare senza arrendersi alle tendenze attuali o mediatiche.

Qui, non senza molti errori e molte difficoltà, un altro modo di fare politica è già una realtà.

Pochi, pochissimi, avranno il privilegio di saperlo e di imparare direttamente da ciò.

Diciannove anni fa li abbiamo sorpresi prendendo con il fuoco e il sangue le loro città. Oggi lo abbiamo fatto di nuovo, senza armi, senza morti, senza distruzioni.

In questo modo ci siamo distinti da quelli che, durante i loro governi, hanno distribuito e continuano a distribuire morte tra i loro governati.

Siamo quelli, gli stessi, di 500 anni fa, di 44 anni fa, di 30 anni fa, di 20 anni fa o di soli pochi giorni fa.

Siamo gli zapatisti, i minimi, quelli che vivono, lottano e muoiono nell’ultimo angolo del paese, quelli che non rinunceranno, non si venderanno, quelli che non si arrenderanno.

Fratelli e sorelle, compagni e compagne,

Siamo gli zapatisti. Ricevete il nostro abbraccio.

DEMOCRAZIA!

LIBERTA’!

GIUSTIZIA!

Dalle montagne del sud-est del Messico.

Per il Comitato Rivoluzionario Indigeno Clandestino – Comando Generale dell’Esercito Zapatista di Rivoluzione Nazionale

il Subcomandante Insurgente Marcos

Messico, dicembre 2012 – gennaio 2012

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Fonte: Z Net Italy

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[1] PRI: il partito dei settant’anni di dittatura e dell’ex presidente Carlos Salinas de Gortar; PAN: il partito di destra del recente presidente Felipe Calderòn che ha sovrinteso alla devastazione totale e alla morte di decine di migliaia di messicani per la sua “guerra alla droga” negli ultimi dodici anni; PDR: il partito della “sinistra” istituzionale che si è unito al PAN e al PRI nel bloccare le riforme costituzionali relativi ai Diritti e alla Cultura degli Indigeni e che fino a poco tempo fa è stato il partito di Andrés Manuel Lòpez Obrador; PVEM (Partito Verde Ecologista de México), PT (Partido del Trabajo), CC (Convergencia Ciudadana) e RN (Regeneraciòn Nacionale,il partito politico che è attualmente in fase di creazione da parte di Andrés Manuel Lòpez Obrador dopo la sua uscita amichevole dal PRD.

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traduzione di Giuseppe Volpe

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