Tag Archives: india

I «due marò»: quello che i media (e i politici) italiani non vi hanno detto

I-due-maro

.

[Una delle più farsesche “narrazioni tossiche” degli ultimi tempi è senz’altro quella dei “due Marò” accusati di duplice omicidio in India. Fin dall’inizio della trista vicenda, le destre politiche e mediatiche di questo Paese si sono adoperate a seminare frottole e irrigare il campo con la solita miscela di vittimismo nazionale, provincialismo arrogante e luoghi comuni razzisti.
Il giornalista Matteo Miavaldi è uno dei pochissimi che nei mesi scorsi hanno fatto informazione vera sulla storiaccia. Miavaldi vive in Bengala ed è caporedattore per l’India del sito China Files, specializzato in notizie dal continente asiatico. A ben vedere, non ha fatto nulla di sovrumano: ha seguito gli sviluppi del caso leggendo in parallelo i resoconti giornalistici italiani e indiani, verificando e approfondendo ogni volta che notava forti discrepanze, cioè sempre. C’è da chiedersi perché quasi nessun altro l’abbia fatto: in fondo, con Internet, non c’è nemmeno bisogno di vivere in India!
Verso Natale, la narrazione tossica ha oltrepassato la soglia dello stomachevole, col presidente della repubblica intento a onorare due persone che comunque sono imputate di aver ammazzato due poveracci (vabbe’, di colore…), ma erano e sono celebrate come… eroi nazionali. “Eroi” per aver fatto cosa, esattamente?
Insomma, abbiamo chiesto a Miavaldi di scrivere per Giap una sintesi ragionata e aggiornata dei suoi interventi. L’articolo che segue – corredato da numerosi link che permettono di risalire alle fonti utilizzate – è il più completo scritto sinora sull’argomento.
Ricordiamo che in calce a ogni post di Giap ci sono due link molto utili: uno apre l’impaginazione ottimizzata per la stampa, l’altro converte il post in formato ePub. Buona lettura, su carta o su qualunque dispositivo.
N.B. Cercate di commentare senza fornire appigli per querele. Se dovete parlar male di un politico, un giornalista, un militare, un presidente di qualcosa, fatelo con intelligenza, grazie.
P.S. Grazie a Christian Raimo per la sporcatura romanaccia, cfr. didascalia su casa pau.]

Qui l’articolo di Matteo Miavaldi

.

Fonte: GIAP wumingfoundation.com

.


Coca Cola condannata dovrà risarcire 350 milioni di euro per danno ambientale

 

.

LA COCA-COLA DEVE RISARCIRE 2,6 MILIARDI DI RUPIE

(oltre 352 milioni di euro) per i danni ambientali e alla salute provocati presso il suo impianto di imbottigliamento di Plachimada, nello stato del Kerala (India meridionale). A questa conclusione è giunta una commissione di inchiesta voluta dal governo dello stato indiano, presieduta da un autorevole magistrato e composta da esperti indipendenti, che ieri hanno illustrato il loro rapporto. La notizia è stata ripresa ieri con un certo scalpore dai maggiori media internazionali – anche perché il governo del Kerala ha accettato e fatto proprie le conclusioni dell’inchiesta, compresa la richiesta di risarcimenti. Per la verità quella di Plachimada, località rurale nel distretto di Palakkad, nello stato del Kerala, è una vecchia storia. Qui la Coca-Cola aveva aperto nel 2000 uno stabilimento per imbottigliare le sue bibite gassate con licenza del locala panchayat, il consiglio elettivo di villaggio. Poi però è risultato che pompava 1,5 milioni di litri al giorno da sei pozzi. In breve, Plachimada e i villaggi circostanti sono rimasti all’asciutto, i pozzi pubblici di acqua potabile erano prosciugati, l’acqua per l’agricoltura scomparsa. Nel 2003 dunque il panchayat non ha rinnovato la licenza. La Coca-Cola ha fatto ricorso.

E’ COMINCIATA COSI’ UNA BATTAGLIA POPOLARE

finita in un lungo «assedio» di massa allo stabilimento. Alla fine del 2003 una sentenza della High Court (l’Alta corte statale) del Kerala ha dato ragione al panchayat di Plachimada: diceva che lo stato ha «il dovere legale di protegge le risorse naturali. Queste risorse intese per l’uso e il beneficio pubblico non possono essere convertite in proprietà privata». Nel febbraio del 2004 il governo del Kerala ha dunque chiuso lo stabilimento. La storia non è finita, però, perché la multinazionale delle bibite e l’ente locale di Plachimata hanno continuato a combattersi in corsi e ricorsi legali. Ecco che ora arrivano le conclusioni dell’inchiesta voluta dallo stato del Kerala. La commissione di esperti – legali, ambientali, esperti in salute pubblica e in gestione idrica – ha disegnato un pesante quadro di «danni multi-settoriali». La Coca-Cola Company, afferma, «ha causato degrado ambientale con il sovrasfruttamento della falda idrica e l’irresponsabile pratica di disperdere i reflui». Già: tra il 1999 e il 2004 la compagnia ha sparso i reflui dello stabilimento nei terreni circostanti, spesso distribuiti agli agricoltori locali come compost. «Le risorse idriche della zona sono state minate e si è creata scarsità d’acqua», conclude l’inchiesta. Non solo: «Presentando i reflui come concime, la Compagnia non solo ha ingannato gli agricoltori ma si è resa responsabile del degrado dei suoli, la contaminazione dell’acqua e le conseguenti perdite nel settore agricolo». Nota la commissione d’inchiesta che la zona ha registrato un costante declino della produzione agricola. Che metalli tossici come cadmio, piombo e cromo sono stati rilevati in quei reflui contrabbandati come «concime», con conseguenti danni alla salute della popolazione. Acqua e terreni sono risultati contaminati. L’acqua potabile è diventata scarsa e le donne dei villaggi devono camminare lunghe distanze per procurarsela, a scapito dei lavori con cui si procuravano un reddito. La commisisone d’inchiesta conclude con una raccomandazione: di non accordare alla compagnia il permesso di riprendere le operaaioni in quella zona ormai in preda alla siccità.

.

Fonte: il Manifesto

.

________________________________

Approfondimento

IRC (India Resource Center)

KillerCoke

.


Il profitto o la vita?

 

.

MSF rilancia la campagna a tutela dei farmaci generici

Da sei anni il gigante farmaceutico Novartis porta avanti una causa legale contro l’India che minaccia l’accesso ai farmaci salva-vita a basso costo per milioni di persone nei Paesi in via di sviluppo

 

Perché l’India viene chiamata la “farmacia dei paesi in via di sviluppo”

 

L’India è spesso chiamata la farmacia dei paesi in via di sviluppo perché produce versioni generiche a basso costo dei farmaci che vengono utilizzati in tutto il mondo. Più dell’80% dei farmaci antiretrovirali (ARVs) usati da MSF nei suoi programmi per l’HIV/AIDS provengono da produttori di generici con sede in India, così come l’80% dei farmaci antiretrovirali acquistati con i fondi dei donatori a livello mondiale hanno origine in India. MSF fa affidamento sui farmaci indiani generici anche per i trattamenti per la malaria e la tubercolosi. L’India è diventato il produttore chiave di farmaci a basso costo perché fino al 2005 il paese non concedeva brevetti sui farmaci, consentendo alle aziende produttrici di generici di produrre liberamente versioni più economiche di farmaci brevettati altrove. L’agguerrita concorrenza tra i produttori ha ridotto drasticamente i prezzi: mentre il trattamento antiretrovirale per una persona per un anno nel 2000 costava 10.000$, oggi costa poco meno dell’un per cento di tale cifra.

L’India concede e respinge i brevetti

L’India ha dovuto iniziare a concedere brevetti sui farmaci nel 2005 a causa dei suoi obblighi in qualità di membro dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO). Ciò significa che verrà annullata la concorrenza tra produttori di generici e le aziende che per prime hanno prodotto il farmaco sotto brevetto, come ad esempio per molti dei più recenti farmaci per il trattamento di HIV/AIDS. Quando ha concepito la sua legge sui brevetti, tuttavia, l’India ha deciso che solo i farmaci che mostrano un miglioramento dell’effetto terapeutico rispetto a quelli già esistenti, meritano un brevetto. Questa parte della legge – nota come Sezione 3 – intende ostacolare le compagnie farmaceutiche dall’estendere ripetutamente il periodo di 20 anni di durata del brevetti sui farmaci, introducendo piccole modifiche o migliorie, in un procedimento potenzialmente senza fine. Grazie a queste linee guida, nel 2006 la Commissione indiana sui brevetti ha respinto il brevetto che la società farmaceutica svizzera Novartis aveva richiesto per il farmaco contro la leucemia “imatinib mesylate” (commercializzato come Glivec), perché basato su un composto già in commercio.

La Novartis porta il Governo indiano in tribunale

In risposta al diniego del brevetto per il suo farmaco, nel 2006 la Novartis ha portato il Governo indiano in tribunale, contestando non solo la negazione del brevetto, ma anche la parte della legge indiana – la Sezione 3 – che ha costituito la base della decisione. Un’eventuale revoca della Sezione 3 porterebbe a una maggiore diffusione del sistema dei brevetti in India, limitando fortemente la produzione di farmaci generici a prezzi più accessibili.

MSF lancia la campagna “Drop the case”. La lotta continua

Quasi mezzo milione di persone hanno firmato la petizione “Drop The Case”, tra cui l’arcivescovo Desmond Tutu, l’autore John Le Carré. La campagna ha un’ampia copertura mediatica e ha prodotto una maggiore sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul ruolo dell’India come “farmacia dei paesi in via di sviluppo”. Mentre la compagnia farmaceutica non ha mai abbandonato il suo caso, la Corte Suprema di Madras nell’agosto del 2007 si è pronunciata contro la Novartis. Irremovibile, l’azienda ha continuato ad appellarsi, con il risultato finale che la massima istanza giudiziaria indiana, la Corte Suprema, deve pronunciarsi definitivamente nel corso del mese di febbraio.

.

Unisciti alla Campagna di MSF contro la Novartis!

Di’ anche tu alla Novartis che le persone sono più importanti del profitto!

Da sei anni il gigante farmaceutico Novartis porta avanti una causa legale contro l’India che minaccia l’accesso ai farmaci a basso costo per milioni di persone in tutto il mondo.

Passaparola con Facebook e Twitter

.

Fonte: Medici Senza Frontiera  (MSF)

.