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Francia – Per la sicurezza nazionale a rischio libertà e stato di diritto

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“Stato di emergenza” in Francia

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di Italo Di SabatoOsservatorio sulla Repressione

A seguito degli attentati terroristici a Parigi il governo francese ha dunque dichiarato lo “stato di emergenza” su tutto il territorio francese. Si tratta di una misura “straordinaria” che dà poteri speciali ai prefetti e permette di dichiarare il coprifuoco, interrompere la libera circolazione, impedire qualsiasi forma di manifestazione pubblica e chiudere luoghi come le sale da concerto e i bar. Consente inoltre il controllo dei mezzi d’informazione e permette alle forze dell’ordine perquisizioni a domicilio di giorno e di notte. Una misura straordinaria che rischia di diventare la modalità attraverso la quale non solo si cerca di governare l’avvenimento eccezionale ma si normalizza l’andamento democratico in nome della sicurezza nazionale.

Per Giorgio Agamben, lo stato di eccezione è una soglia oltre la quale vengono meno le tradizionali differenze fra democrazia, assolutismo e dittatura (“Lo stato di eccezione”, Bollati Boringhieri). Dall’inizio del secolo

la creazione volontaria di uno stato di eccezione permanente è divenuta una delle pratiche essenziali degli stati contemporanei, anche quelli cosiddetti democratici”.

Una realtà che

ha continuato a funzionare quasi senza interruzione a partire dalla prima guerra mondiale, attraverso fascismo e nazionalsocialismo, fino ai nostri giorni”,

sostiene Agamben dopo aver passato in rassegna le innumerevoli difficoltà incontrate dalla tradizione giuridica di fronte al tentativo di fornirne una definizione concettuale e terminologica certa.

Lo stato di eccezione non è un ritorno al potere assoluto, né tantomeno un modello dittatoriale, non è pienezza bensì vuoto, vuoto del diritto come l’esempio del “iustitium” insegna. Lo stato di eccezione – prosegue Agamben:

ha assunto oggi il suo massimo dispiegamento planetario. L’aspetto normativo del diritto può essere così impunemente obliterato e contraddetto da una violenza governamentale che, ignorando all’esterno, il diritto internazionale e producendo all’interno, uno stato di eccezione permanente, pretende tuttavia di stare ancora applicando il diritto”.

La conclusione è senza appello,

dallo stato di eccezione effettivo in cui viviamo non è possibile il ritorno allo stato di diritto, poiché in questione ora sono i concetti stessi di stato e di diritto”.

Dopo aver letto queste parole è inevitabile pensare a quella serie di provvedimenti intrapresi dall’amministrazione Usa dopo l’11 settembre 2001, e che hanno condotto al deserto giuridico di Guantanamo, il più visibile dei luoghi invisibili. L’internamento di individui, non prigionieri accusati, rilancia l’emblema tragico del campo, zona in cui “la nuda vita raggiunge la sua massima indeterminazione”. Le nuove dottrine strategiche, riassunte dietro formule come “giustizia infinita” e “guerra preventiva”, sembrano voler fare dello stato di eccezione il paradigma di governo che domina quella che da più parti è stata definita “guerra civile mondiale”.

La dichiarazione dello “stato di emergenza” in Francia, in un momento così fragile per gli equilibri democratici non solo francesi ma europei, cosi come è accaduto negli Usa dopo gli attentati dell’11 settembre, diventa lo strumento necessario per fornire il pretesto per una formidabile accelerazione di quella trasformazione dei codici penali e di procedura penale che era in corso da molti anni.

Misure che offriranno una nuova finalità e una nuova legittimazione alla trasformazione del diritto penale, una messa in discussione dell’esistenza stessa dello Stato di diritto. Ciò che era stato deciso in gran segreto verrà alla luce e troverà la più ampia giustificazione. Tutte le misure saranno giustificate dell’emergenza, ma si iscrivono in una guerra di lungo termine al terrorismo. Del resto, lo stato di emergenza si iscrive nella durata: esso appare come una nuova forma di regime politico votato alla difesa della democrazia e dei diritti umani. In altri termini, il cittadino deve essere disposto a rinunciare per lungo tempo alle sue libertà concrete al fine di mantenere un ordine democratico autoproclamato e astratto.

L’esempio degli Stati Uniti conferma l’efficacia di questa politica: i sondaggi rilevano che sempre più persone sono disposte a tollerare maggiore sorveglianza e a fare qualche concessione rispetto ai propri diritti alla privacy.

La lotta al terrorismo diventa lo strumento privilegiato di legittimazione di qualunque potere. I governi che partecipano alla politica di lotta al terrorismo sono considerati naturalmente democratici; al contrario qualsiasi movimento politico radicale che si oppone a un governo aderente al programma di lotta al terrorismo può essere criminalizzato. Per esempio, la lista di organizzazioni terroristiche redatte dal Consiglio Europeo comprende il Pkk, il partito curdo impegnato in questi mesi in difesa dei territori contro l’avanzata dell’Isis. Questa disposizione criminalizza il Pkk legittimando contemporaneamente il governo turco ben noto per le sistematiche violazioni dei diritti umani.

Ogni governo quale sia la linea politica, nel momento che aderisce all’“esercito del bene contro l’esercito del male” si trova investito della missione di difendere le libertà fondamentali. Ad esempio l’istituzione del mandato d’arresto europeo (Mae) costituisce un buon esempio di questo riconoscimento, reciproco e automatico, da parte degli Stati membri dell’Unione europea. Esso permette la consegna quasi automatica, da parte di uno Stato membro, di una persona ricercata dall’autorità giudiziaria di un altro Stato membro. Rispetto alle procedure di estradizione, questo mandato sopprime tutti i controlli politici e giudiziari che contemplano la legalità della richiesta e la possibilità di presentare ricorso: la domanda viene incondizionatamente riconosciuta e soddisfatta dagli altri paesi, qualunque sia la sua legittimità o la sua conformità ai principi dello Stato di diritto.

In questo quadro ogni movimento sociale può essere criminalizzato in nome della lotta al terrorismo. Le norme permettono di perseguire qualunque azione compiuta da un movimento il cui obiettivo non è solo quello di opposizione ma anche quello di influenzare le politiche governative o di fare pressione su un’organizzazione internazionale. In questo processo, che ha lo scopo di ridisegnare l’organizzazione della società, il diritto penale acquista un ruolo costituente, è un atto di autorità suprema. Il cambiamento è talmente significativo da provocare un vero e proprio stravolgimento della norma: le “eccezioni” diventano la regola. Le procedure d’eccezione si sostituiscono alla costituzione e alla legge come forma di organizzazione del politico.

Le azioni terroristiche del 13 novembre a Parigi e la risposta del governo francese con i bombardamenti in Siria sono entrambi attacchi ai movimenti sociali, perché intesi a causare la criminalizzazione delle lotte, divisioni, paura e disperazione tra i soggetti colpiti dalla crisi sociale, economica e ambientale e per gestire con mezzi eccezionali i flussi migratori e quant’altro attiene alla globalizzazione in un mondo di guerra permanente. È decisiva la nostra opposizione alla guerra e alle restrizioni crescenti delle libertà civili, cosi come decisiva è la libertà di oltrepassare i limiti posti per criminalizzare e cancellare le capacità sociali e organizzative dei movimenti.

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Fonte: Comune-info

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Francia: Charlie Hebdo ed il “membro” parlante di Hollande

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Luz all’attacco sulla copertina del giornale francese più “irriverente” ed “irresponsabile”.

Il periodico settimanale satirico francese Charlie Hebdo non poteva farsi sfuggire questa ghiotta storia, questo dolce scandalo. Come sua abitudine in copertina domani troveremo, senza alcuna pietà,  la vignetta che ritrae il presidente Hollande con il membro da fuori che ripete lo slogan che lo ha accompagnato nella sua campagna elettorale: “Io, Presidente…”.

Accetterà serenamente, senza fare pressioni la vignetta ed il  messaggio satirico lanciato da Luz?

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Approfondimento

Francois Hollande

Charlie Hebdo

Luz (Rénald Luzier)

Francia, gennaio di fuoco per François Hollande

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Francia NOTAV – Manifestazione a Modane. “Les Vallées qui résistent!”

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Foto di  Luca Perino  29/giu/2013

Foto di Luca Perino 29/giu/2013

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Report della Manifestazione a Modane: les Vallées qui résistent!

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Anche la Francia si muove. Nonostante le maldestre bugie della lobby del TAV e dei suoi pennivendoli, alla faccia dei vari Virano ed Esposito, l’opposizione al TAV si concretizza anche in Francia, a partire dai territori che sono già stati investiti dalle discendererie e che, traendo stimolo dalla nostra lotta, hanno deciso di opporsi concretamente al progetto del megatunnel  e all’ulteriore devastazione della propria vita.

Proprio perché la lotta è comune e insieme si è più forti, abbiamo partecipato alla manifestazione NO TAV ,  che oggi si è svolta in Francia da Modane a Villarodin.

Un pullman e varie auto hanno lasciato il sole velato della Valle per immergersi nella pioggia e nel vento della Val d’Arc.

I soliti noti ci aspettano al tunnel del Frejus, dove per l’occasione vengono puntigliosamente controllati tutti i mezzi in transito. Ma noi abbiamo deciso di passare dal Colle del  Moncenisio, un paesaggio di alte vette, sempre affascinante, con le sue solitudini punteggiate di greggi e mandrie.

Nessun controllo fino a Lanslebourg, dove ad attenderci troviamo tre mezzi della Gendarmerie. Abbiamo escogitato di “travisarci” da pellegrini ( del resto, a guidare il pullman c’è il gran maestro degli scherzi, Giacu di Clarea, per l’occasione italianizzato in “Giacomo”…) Sconcerto dei poliziotti che, saliti a bordo per controllare i documenti, si trovano in piena recita del Rosario. Dopo aver chiesto intimoriti la destinazione (ma hanno fermato il pullman giusto?),  avendo constatato che non siamo diretti a santuari e che quindi non sono a rischio le relazioni diplomatiche con il Vaticano, ci lasciano ripartire, con evidente loro sollievo e nostre risate.

A Modane ci attende una piccola folla colorata con striscioni, bandiere, tamburi, palloncini rossi a forma di cuore.

La passeggiata parte puntuale. Lungo il percorso si distribuiscono volantini. Gente affacciata alle finestre guarda sfilare il corteo non numeroso, ma vario e dignitoso.

I controlli polizieschi sono  quasi inesistenti o comunque non appariscenti

Rriconosciamo i poliziotti che ci hanno “accolti “ all’entrata in territorio francese;spuntano anche facce note di Digos.

Il percorso si snoda lungo il fiume Arc, verso la periferia di Modane, poi tra prati e orti fino ai cantieri della discenderia. Costeggiamo chilometri di reti che contengono il nulla, luoghi degradati e abbandonati, che la natura si sta riprendendo. Nessuna attività, nessun controllo. Se questi sono i lavori del TAV in territorio francese, millantati da Ltf e presentati da Virano e C. come la garanzia che “ in Francia tutto è partito per cui non si potrebbe più tornare indietro”, allora la Clarea è una base militare, l’avamposto di incombenti guerre stellari….

Arriviamo in prossimità del “buco” di Villarodin, il cuore del cantiere. Cumuli di detriti, un parco-macchine che si intravede in disparte, un solo gendarme a presidiare il cancello d’entrata, completamente spalancato. Qualcuno si avvicina al varco, convinto che si materializzeranno poliziotti in assetto antisommossa ad impedire l’accesso…. Invece niente, solo le raccomandazioni dell’ unico gendarme: visitare ma non danneggiare. Qualcuno sale su una ruspa per una foto ricordo. Poco più di un’ora di viaggio e meno di cento chilometri ci dividono dalla Clarea, ma tutto qui ci sembra anomalo, un altro mondo… come se normalità fosse quella galera a cielo aperto in cui grandi sporchi interessi cercano di trasformare la nostra Valle e la nostra esistenza.

Eppure anche qui i danni ci sono e irreversibili: lo racconta il sindaco di Villarodin, presente alla manifestazione a nome dell’unica amministrazione  che ha preso con forza e ufficialmente posizione contro il progetto della Torino-Lion: il suo Comune, un paesino che si affaccia sopra la discenderia, è investito quotidianamente dalla polvere dei detriti , una fitta nebbia che il vento solleva e porta dritto sulle case. Sabbia e sete, a causa degli scavi che hanno tagliato le vene d’acqua prosciugando sorgenti e pozzi.

Si snodano gli interventi di saluto e di informazione, sono ribaditi  i propositi di lotta comune.

Ripartiamo a sera, sotto un cielo che si sta aprendo.

Ritroviamo la struggente malinconia del Moncenisio con le mandrie che tornano dal pascolo e le marmotte ritte all’erta sulle rocce. Comincia la discesa.

Dal Rocciamelone ci accoglie uno splendente arcobaleno ad abbracciare la Valle che resiste, la nostra valle, la nostra valle sulla Terra, la Terra che è un astro.

Nicoletta

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Fotogallery

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Fonte: NOTAV.INFO

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