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Violenza sulle donne – Una cultura sbagliata che il carcere non risolve.

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Lo stupro è un crimine, ma anche una cultura che non si cura in carcere

Violenza maschile. Le contraddittorie ricette di Sandra Newman che invita a semplificare: «Lo stupro è un crimine da punire. Punto». Ma aumentare le pene non cura la patologia

di Lea Melandri

«Perché gli uomini violentano? Semplice: perché pensano di farla franca. Basta con le giustificazioni sociali e psicologiche. Lo stupro è un crimine da punire. Punto».

Stando al titolo che D La Repubblica (30 /9/17) ha dato allo scritto di Sandra Newman – un’analisi peraltro articolata e contraddittoria -, verrebbe da rispondere che se le cose stessero davvero così, fermare gli stupratori sarebbe effettivamente semplice: aumento degli anni di detenzione e carcere a vita per i recidivi.

Ma, oltre alla discutibile riuscita del deterrente che viene indicato, bisogna aggiungere che si tratta anche di un titolo profondamente diseducativo rispetto alla convinzione, oggi più condivisa che in passato, che la violenza maschile contro le donne vada affrontata attraverso processi formativi fin dall’infanzia, sapendo quanto sono precoci i pregiudizi sessisti e razzisti derivanti dalla cultura che abbiamo ereditato da secoli di dominio maschile. Quando ci si pone il problema di “capire” che cosa spinge gli uomini allo stupro, il riferimento non sono solo le ragioni «sociali e psicologiche», ma il portato di una ideologia che è stata per secoli il fondamento della nostra come di altre civiltà: dalla cultura alta al senso comune.

È dentro questa cultura, che ha visto il potere maschile innestarsi e confondersi con le vicende più intime (la maternità, la sessualità, l’amore), che vanno “capiti” i comportamenti violenti dei singoli o dei gruppi, con tutto il carico di patologia, responsabilità e storia. Come spiegare altrimenti che molti uomini, anche giovani, intervistati, stando a quanto viene riportato nell’articolo, rispondono di non riuscire a «fare un collegamento tra sesso non consensuale e stupro», o il fatto che uno studente su quattro risponde che «è colpa del desiderio?». Non sarebbe forse il caso di cominciare a chiedersi che cosa è stato ed è ancora purtroppo, nell’immaginario e nelle convinzioni di tanti uomini –ma anche donne- quello che chiamiamo amore, desiderio, sessualità?

Una volta preso atto che la “natura” degli stupratori non mostra differenze significative, tanto da poter concludere che sono, come la maggior parte degli uomini «tendenzialmente, in parole povere, stronzi misogini», il discorso di Newman si sposta giustamente su convinzioni, pregiudizi, fantasie che sono alla base del pensare e del sentire comune, e quindi la ragione di cui gli stupratori si avvalgono per giustificare i loro crimini: “normale” usare la forza se la donna che ha accettato di uscire con te ti oppone un rifiuto, con quella che ha fama di essere “facile”, o che ha fatto l’autostop. La prima legittimazione alla violenza viene dunque dagli altri uomini, dall’approvazione o stigmatizzazione da parte di una comunità di simili. Negli stupri praticati dai soldati in guerra, sappiamo che l’incoraggiamento è venuto spesso dall’alto.

Ma, nonostante che questa visione di insieme delinei la complessità di un fenomeno con radici profonde nella storia del dominio maschile e nell’inconscio collettivo, Newman conclude che il principale deterrente è la condanna penale dei responsabili.

Fuorviante sarebbe ogni tentativo di vederlo come un problema diverso rispetto alla criminalità comune, o come un “mistero profondo” che rimandi alla psicologia, alla medicina o alla politica. Ora, è vero che lo stupro è prima di tutto l’esercizio di un potere brutale sul corpo della donna; più che di desiderio sessuale si deve parlare di sopraffazione, celebrazione della vittoria su un sesso considerato nemico o inferiore, da umiliare e sottomettere.

Ma è davvero così estraneo alla sessualità da poterlo collocare tra crimini come la rapina, gli incendi dolosi, ecc.? Come definire i rapporti sessuali nascosti dietro la sacralità del matrimonio e imposti dai mariti alle mogli senza il loro consenso e senza troppi riguardi per le gravidanze indesiderate? Come non riconoscere il tratto violento che c’è nella sessualità generativa e penetrativa dell’uomo legata, come è stato finora, non solo all’ansia di prestazione, ma al desiderio e contemporaneamente alla paura di un ritorno al potente ventre materno?

Parlare del coito come di una “vittoria sul trauma della nascita”, come fanno alcuni psicanalisti, vuol dire riconoscere nell’immaginario maschile la guerra mai dichiarata tra i sessi che ha preso forma intorno alla vicenda dell’origine, e che ha visto capovolgersi, nella storia che vi è andata sopra, un vissuto di dipendenza di inermità dell’uomo-figlio nell’appropriazione violenta del corpo materno.

La speranza di riuscire a prevenire gli stupri, come altre violenze manifeste o invisibili sulle donne, sta nel coraggio di affrontare il problema in tutte le sue ambiguità, da ciò che la memoria del corpo e la vita psichica trattengono delle esperienza primarie di ogni individuo, maschio o femmina, alle condizioni sociali e culturali in cui si trova a vivere. Testimonianze, scritture che parlano una lingua ‘spudorata’ nel dire verità dell’amore, della sessualità, delle fantasie , dei desideri e delle paure che restano generalmente “impresentabili”, sepolte nella vita dei singoli di un sesso e dell’altro, non mancano. Sono inquietanti, disturbanti, ma proprio per questo è importante vincere le resistenze e leggerle.

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Fonte: il manifesto

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In Italia viene uccisa una donna ogni 48 ore!

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Una donna ogni due giorni ammazzata: è l’Italia, bellezza

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Una donna ogni due giorni morta ammazzata, una donna ogni 12 secondi vittima di atti di violenza di genere. Succede in Italia, a “casa nostra”, dove dal 2000 al 2012 le donne vittime di omicidio sono state 2200, una media di 171 l’anno, una ogni 48 ore, appunto. È quanto emerge dal rapporto Eures-Ansa sull’omicidio nel nostro Paese, presentato questa mattina alla Camera. L’emergenza femminicidi continua, purtroppo, tragicamente, anche quest’anno, tanto che nei primi sei mesi del 2013 sono state uccise 81 donne, la stragrande maggioranza delle quali – il 75 per cento – da famigliari o partner (compagni, mariti, amanti, ex). Da notare, poi, che è calato sensibilmente il numero degli omicidi in generale: ciò significa che in Italia sono le donne le vittime per eccellenza del reato d’omicidio, e lo sono sempre di più. Gli assassinii sono passati da 1633 del 1990 a 526 del 2012, un calo di oltre il 67 per cento. E non è tutto: nel 2010 ci sono stati oltre 105mila reati di genere, intesi come violenza fisica, verbale o psicologica nei confronti di una donna, più di 290 al giorno. sono 95 le donne che ogni giorno denunciano di aver subito minacce, 87 di aver subito ingiurie, 10 denunciano violenze sessuali, 64 sono vittime di lesioni dolose, 19 di percosse, 14 di stalking. Questo non è un Paese per le donne.

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Fonte: rifondazione.it

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Elezioni politiche 2013: vogliamo un paese per donne

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Il nostro Paese attraversa una congiuntura difficile e pericolosa e ha bisogno di energia e coesione per affrontarla.

Le donne italiane, dai margini della vita pubblica e lavorativa in cui sono ancora costrette, sanno che ci sono le risorse per cambiare e lo hanno già dimostrato rivendicando dignità il 13 febbraio 2011 e aprendo così una stagione di risveglio civile.

Si cambia la politica se le donne vi avranno voce e forza. Si cambia se si ascolta il paese e lo si rimette insieme indicando una comune idea di civiltà che ha il suo centro nel progetto dell’unione politica dell’Europa.

Noi vogliamo per l’Italia il medesimo grande futuro che vogliamo per le nostre bambine e i nostri bambini e vogliamo che si realizzino quelli che ancora sembrano desideri impossibili: diventare madri, avere un lavoro, un’impresa, una scuola di qualità, fare ricerca, unire Sud e Nord, affermare la propria personalità e sentirsi parte di una vita e di una storia comune.

Sappiamo che si può fare, se si vincono resistenze e diffidenze.

Per questo noi, donne di diverso orientamento culturale, religioso, politico– dentro e fuori le istituzioni – chiediamo a tutti i partiti e movimenti politici, per meritarsi il voto delle donne italiane nelle prossime elezioni politiche e amministrative:

-la formazione di liste paritarie (con alternanza donna uomo) allo scopo di raggiungere l’effettiva parità tra uomini e donne, 50 e 50, nei luoghi della decisione pubblica,

-la riduzione drastica dei costi della politica, a partire dalle spese elettorali, trasparenza e democrazia nella vita interna dei partiti politici.

– l’inserimento nei loro programmi di alcune basilari misure per cominciare a fare dell’Italia un paese per donne e uomini, come:

  • un welfare che consenta l’occupazione femminile e offra alle famiglie indispensabili servizi di cura per le bambine e i bambini, le persone anziane e quelle disabili,
  • politiche contro la precarietà lavorativa di giovani e donne,
  • l’estensione dell’indennità di maternità e del congedo di paternità obbligatorio,
  • il contrasto della violenza contro le donne e del femminicidio,
  • la ridefinizione del servizio pubblico radiotelevisivo italiano in funzione di una nuova idea di cittadinanza, per una rappresentazione rispettosa e plurale delle donne,
  • la promozione di una cultura di genere a tutti i livelli dell’educazione,
  • la pienezza dei diritti civili per tutte le donne, omosessuali ed eterosessuali, italiane e straniere, e la cittadinanza per chi nasce in Italia,
  • la difesa e l’applicazione della 194 su tutto il territorio,
  • l’obbligo di valutazione dell’impatto di genere di tutti i provvedimenti legislativi e governativi, in linea con le raccomandazioni europee.

Vogliamo siano candidate ed elette numerose donne, forti ed autorevoli, che si impegnino a modificare la realtà e l’immagine delle italiane, ad agire per un’effettiva democrazia paritaria nelle istituzioni, nella vita economica e sociale, nelle relazioni familiari e nella informazione e comunicazione. Per fare dell’Italia una nazione più giusta, più forte, più coesa, più autorevole in Europa e nel mondo.

Se Non Ora Quando?

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Fonte: senonoraquando.eu

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