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Il Governo di Pechino infetta il web con uno spyware bloccando i Social Network

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Cina, è un Hong Kong blues

di Claudio Tamburrino

I manifestanti colpiti da gas lacrimogeni e spyware. Le testimonianze raccolte su Instagram spingono Pechino a bloccare il social network. E la battaglia infuria su chat alternative

La Grande Muraglia digitale della Cina si chiude attorno agli attivisti di Hong Kong, in piazza per manifestare per elezioni libere nella regione: dopo essere stati presi di mira dalle violenze e dai gas lacrimogeni della polizia, sembra che i loro dispositivi mobile siano stati colpiti da una serie di spyware.

Ad essere colpiti da questi malware sarebbero sia il sistema operativo Android che iOS: ad infettarli è il trojan Xsser mRAT che permette l’accesso da remoto ai dispositivi e potenzialmente a qualsiasi informazione in essi contenuta, tra SMS, email, log degli instant message, dati di geolocalizzazione, username e password, rubrica e registro chiamate.

A scoprire lo spyware è stata la società israeliana di sicurezza Lacoon Mobile Security: esso sarebbe veicolato attraverso un’app che aiuta a coordinare le proteste che stanno divampando nella regione indipendente di Hong Kong e distribuito attraverso messaggi WhatsApp camuffati come codice di localizzazione per gli attivisti Code4HK.

Secondo gli esperti israeliani si tratterebbe di un malware sofisticato, dietro cui ci sarebbe un soggetto ben preparato: in effetti si tratta del primo e più avanzato trojan per iOS perfettamente funzionante a essere originato in Cina. Considerando questo, ed i soggetti colpiti, dietro l’attacco sembra esserci il Governo di Pechino.

In Cina, nel frattempo, sempre in concomitanza con le proteste ad Hong Kong, risulta al momento irraggiungibile Instagram: si presuppone per il momento solo un blocco a livello DNS attraverso cui le autorità stanno cercando arginare la circolazione delle immagini che testimoniano il lancio di gas lacrimogeno da parte delle forze dell’ordine sui manifestanti.

I manifestanti, d’altra parte, si dimostrano agguerriti anche online e si sono già preparati alla possibilità che le autorità taglino le connessioni: hanno iniziato ad utilizzare alcune app per creare mesh network da dedicare alla comunicazione, che non garantiscono l’intracciabilità, ma rappresentano una infrastruttura inattaccabile.

Tra queste, Serval Mesh e FireChat (questa sembra sia già stata scaricata ad Hong Kong da 100mila persone in appena 24 ore) mettono in contatto via chat gli utenti vicini geograficamente e connessi attraverso Bluetooth o WiFi; Commotion (disponibile solo per Android)permette invece di agganciarsi alla connessione di un altro utente nelle vicinanze; e StoryMaker (anch’essa disponibile solo per Android) che permette la condivisione di contenuti multimediali tra utenti vicini attraverso Bluetooth.

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Fonte: Punto Informatico

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Cina: rivoluzione robotica nelle fabbriche!

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C’è una “rivoluzione” in cammino, è l’automazione nelle fabbriche

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La rivoluzione robotica cinese è in atto e fa passi da gigante. Non solo i robot possono lavorare ventiquattro ore su ventiquattro, ma non scioperano, non protestano e stanno ormai per superare l’ultimo ostacolo per una loro perentoria ascesa nel mondo delle fabbriche cinesi, ovvero il costo. Sembra che in Cina ormai la svolta sia stata decisa, sfruttando proprio quelle produzioni a basso costo di robot capaci di svolgere funzioni fondamentali nel processo produttivo. Ci sono alcune ragioni specifiche, per le quali la robotica soppianterà – dicono gli esperti – il lavoratore umano.

Innanzitutto la Cina sta affrontando una mancanza di manodopera, dovuta a un invecchiamento della popolazione e alla scelta dei giovani cinesi che preferiscono intrupparsi nel settore dei servizi, anziché nelle fabbriche. In secondo luogo la tecnologia relativa ai robot ha raggiunto livelli ottimi in termini di funzioni e costi.

La Delta Industrial Automation – azienda di Taiwan che produce per Apple, tra gli altri – sta provando a raggiungere l’obiettivo di produrre robot a basso costo, 10mila dollari, proprio per cavalcare questa nuova ondata «robotica». Raggiunta via mail da il manifesto, Colleen Ho, responsabile della comunicazione, ha affermato: «C’è un grande potenziale per il mercato dei robot. L’invecchiamento della popolazione e l’urbanizzazione sono le tendenze sociali economiche del futuro. La domanda di alcuni prodotti di consumo, in particolare di elettronica di consumo, o quanto riguarda l’industria alimentare, la medicina, la stampa e l’imballaggio continuerà a salire. Il problema della carenza di manodopera diventerà ancora più grave con l’invecchiamento della popolazione. La produzione con forte dipendenza dalla manodopera soffrirà di più dei costi del lavoro in aumento, per questo è necessario avviare il processo di automazione per ridurre i costi di manodopera. Con i cicli di vita dei prodotti brevi e un’elevata domanda di nuovi disegni e modelli, il processo produttivo deve essere altamente flessibile per realizzare cambiamenti rapidi e aggiustamenti in qualsiasi momento. Ci sono opportunità illimitate per bracci robotici che sono piccoli, leggeri, multi-testa, agili e altamente adattabile alle varie modifiche su una linea di produzione».

Anche la nota Foxconn è una forte sostenitrice dell’automazione: un anno fa circa aveva infatti annunciato l’installazione di di un milione di bracci robot nelle sue fabbriche entro il 2014, ma secondo quanto affermato dai suoi dirigenti, il processo è ancora in corso e ci vorrà più tempo per raggiungere l’obiettivo.

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Fonte: il Manifesto

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Tibet: due nuovi casi di autoimmolazione, sale a 106 il numero degli eroi tibetani

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Dharamsala, 25 febbraio 2013.

Altri due giovani tibetani si sono dati fuoco in segno di protesta contro l’occupazione del proprio paese da parte della Cina. Ieri, Phakmo Dhondhup, un monaco ventenne, si è auto immolato nel comprensorio del monastero di Jakyung, al quale apparteneva, situato nella prefettura di Haidong, in Amdo. Oggi, è arrivata notizia dell’autoimmolazione di Tsezung Kyab, 27 anni, che ha sacrificato la sua vita di fronte alla sala di preghiera del monastero di Shitsang, regione di Luchu, attorno alle 13.30, ora locale.

Non si conoscono molti particolari circa l’immolazione di Phakmo Dhondhup. Le notizie pervenute ci dicono che Phakmo, di età compresa tra i 20 e 22 anni, si è dato fuoco attorno alle 8.00 di ieri, ora locale, e che i monaci del monastero lo hanno immediatamente ricoverato all’ospedale locale. Nel momento in cui diamo la notizia non si conoscono le condizioni del giovane monaco. Tsezung Kyab è deceduto sul luogo della protesta, lo stesso in cui aveva cessato di vivere Pema Dorjee, 23 anni, suo primo cugino, immolatosi lo scorso 8 dicembre 2012 all’esterno del monastero di Shitsang invocando l’indipendenza del Tibet, il ritorno del Dalai Lama e l’unità di tutti i tibetani.

Una foto arrivata dal Tibet mostra Phakmo Dhondhup a terra, completamente avvolto dalle fiamme. Contravvenendo alle severe disposizioni governative che vietano qualsiasi manifestazione di solidarietà nei confronti di coloro che si autoimmolano, un gruppo di persone circonda i resti senza vita del nuovo “pawo” tibetano.

L’Amdo è la regione del Tibet in cui ha avuto luogo il maggior numero delle autoimmolazioni. Sono sei i tibetani che dall’11 febbraio, giorno del Losar, il capodanno tibetano, hanno offerto la loro vita per la libertà del Tibet.

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Fonte: Associazione Italia-Tibet

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