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Due suicidi in carcere tra Natale e Santo Stefano

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OSSERVATORIO PERMANENTE SULLE MORTI IN CARCERE

Radicali Italiani, Associazione “Il Detenuto Ignoto”, Associazione “Antigone”

Associazione A “Buon Diritto”, Redazione “Radiocarcere”, Redazione “Ristretti Orizzonti”

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Due suicidi in carcere tra Natale e Santo Stefano: negli ultimi 5 anni 19 detenuti si sono uccisi durante le festività natalizie

Il giorno di Natale, alle 7 di mattina, Cataldo Bruni, di 31 anni, si è impiccato con una corda rudimentale nel carcere di Trani (Bat). Stava scontando una condanna per detenzione di sostanze stupefacenti, pena che sarebbe terminata a febbraio prossimo.

Nella notte tra il 25 e il 26 dicembre Massimiliano Alessandri, 44 anni, si è suicidato nel carcere Pagliarelli di Palermo impiccandosi con un lenzuolo. L’uomo aveva origini fiorentine, lavorava a Palermo come giardiniere, ed era appellante dopo una condanna in primo grado.

In 5 anni (2009-2014) ben 19 detenuti si sono tolti la vita nel periodo delle festività natalizie (24 dicembre-6 gennaio). Una frequenza doppia rispetto al resto dell’anno. (vedi il dossier “Morire di carcere”)

I motivi vanno ricercati nell’accentuato senso di solitudine per la lontananza dalle famiglie (vedi “Natale SENZA”), nella assenza di proposte “trattamentali” (con la sospensione dei corsi scolastici e delle attività lavorative) e nella riduzione, causa ferie, di un personale già sotto-organico durante il resto dell’anno (gli agenti di Polizia penitenmziaria salvano la vita a centinaia di detenuti ogni anno, spesso togliendo loro letteralmente la corda dal collo).

Da inizio anno salgono a 43 i detenuti che si sono tolti la vita: avevano un’età media di 40 anni, 37 gli italiani e 6 gli stranieri, 2 le donne. 37 detenuti si sono impiccati, 5 si sono asfissiati con il gas del fornelletto da camping in uso nelle celle, 1 si è dissanguato tagliandosi la carotide con una lametta da barba.

Le carceri nelle quali si sono registrate più vittime sono Napoli Poggioreale (4) e Padova Casa di Reclusione (3).

 

I detenuti suicidi nel 2014 per Istituto e causa morte. In ordine di data, dal più recente

Cognome Nome Età Data morte Istituto di Pena Metodo
Alessandri Massimiliano 44 anni 26-dic-14 Pagliarelli (Pa) impiccamento
Bruni Cataldo 31 anni 25-dic-14 Trani (BAT) impiccamento
Filia Tomas 34 anni 22-nov-14 Firenze impiccamento
Rosa Massimo 63 anni 19-nov-14 Como impiccamento
Bussacchetti Remo 43 anni 04-nov-14 Fossombrone (Pu) impiccamento
Riunno Maurizio 28 anni 31-ott-14 Como impiccamento
Cari Jason 25 anni 22-ott-14 Lucca impiccamento
Muscas Pier Giacomo 43 anni 20-ott-14 Cagliari impiccamento
Ciferri Gianluca 48 anni 20-ott-14 Ascoli Piceno impiccamento
Riahi Samir 38 anni 18-ott-14 Padova Reclusione impiccamento
Miglietta Giampiero 38 anni 16-ott-14 Latina impiccamento
Galvez Cuevas 30 anni 12-ott-14 Como impiccamento
De Matteo Vincenzo 63 anni 08-set-14 Napoli Poggioreale impiccamento
Russo Francesco Saverio 34 anni 06-set-14 Sassari impiccamento
Verra Giacinto 38 anni 01-set-14 Trento impiccamento
Amcha Martin 46 anni 01-set-14 Pisa impiccamento
Leone Alessandra 41 anni 23-ago-14 Civitavecchia (Rm) impiccamento
Fallacara Domenico 43 anni 21-ago-14 Taranto (permesso) colpo arma fuoco
Tavassi Francesco 44 anni 09-ago-14 Napoli Secondigliano impiccamento
Pucci Giovanni 44 anni 24-lug-14 Padova Reclusione impiccamento
Scalet Riccardo 32 anni 23-lug-14 Trento impiccamento
Bianchi Johnny 26 anni 18-lug-14 Pavia impiccamento
Spanò Nunzio 31 anni 11-lug-14 Catania Bicocca impiccamento
Orrù Antonio 44 anni 29-giu-14 Cagliari impiccamento
Eddyrhoussi Adil 33 anni 29-giu-14 Firenze asfissia gas
Stoycheva Slavska 55 anni 20-giu-14 Teramo impiccamento
Fattien Sofien 40 anni 03-giu-14 Firenze asfissia gas
Simone Alessandro 29 anni 28-mag-14 Bari impiccamento
Aireti Giovanni 64 anni 26-mag-14 Ancona impiccamento
Spizuoco Antonio 51 anni 01-mag-14 Napoli Poggioreale impiccamento
Braidic Alessandro 32 anni 25-apr-14 Padova Reclusione impiccamento
Pecoraro Giuseppe 61 anni 20-apr-14 Vercelli asfissia gas
Luca Mollia 39 anni 08-mar-14 Biella impiccamento
Consoli Paolo 42 anni 07-mar-14 Lecce impiccamento
Murro Benedetto 41 anni 20-feb-14 Napoli Second. Opg impiccamento
Cantone Mario 40 anni 18-feb-14 S.M. Capua Vetere impiccamento
Amuso Angelo 33 anni 17-feb-14 Napoli Poggioreale asfissia gas
Colta Ion 52 anni 14-feb-14 Milano Opera dissanguamento
Manno Salvatore 37 anni 07-feb-14 Vibo Valentia impiccamento
Locicero Gianpieto 39 anni 17-gen-14 Parma impiccamento
Di Noia Alberico 38 anni 15-gen-14 Lucera (Fg) impiccamento
Di Francesco Francesco 53 anni 5-gen-14 Roma Rebibbia impiccamento
Scarcella Francesco 42 anni 3-gen-14 Ivrea (To) impiccamento

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A scuola di libertà. Incontro tra la Scuola ed il Carcere

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15 novembre 2014

A scuola di libertà. Le scuole imparano a conoscere il carcere
Seconda Giornata Nazionale dedicata a un progetto che vuole far incontrare il Carcere e la Scuola

COMUNICATO STAMPA

– 150 scuole coinvolte, per un totale di oltre 10mila studenti.
– 1.000 volontari impegnati, in rappresentanza di 56 Associazioni.
– 10.000 copie distribuite del giornale “A scuola di libertà”, oltre a DVD e manifesti.
– molte scuole e molte associazioni che già sono passate da un giorno all’anno di impegno su questi temi a un numero sempre maggiore di giorni e di risorse impegnati.

La Scuola e il Carcere, due mondi che il 15 novembre 2014, e poi molti altri giorni dell’anno scolastico in corso, avranno l’occasione, per il secondo anno, di conoscersi e confrontarsi per riflettere insieme sul sottile confine fra trasgressione e illegalità, sui comportamenti a rischio, sulla violenza che si nasconde dentro ognuno di noi.

Ma che cosa ci può raccontare sulla libertà chi ne è stato privato perché ha commesso un reato? E che cosa ci possono insegnare tutti quei volontari, che entrano ogni giorno nelle carceri italiane per contribuire a renderle più “civili” e meno “lontane” dalle città?

Ci possono insegnare:
– Che per apprezzare davvero la libertà è importante capire che può capitare di perderla per errori, per leggerezza, per scarso rispetto degli altri. Ma chi l’ha persa deve avere la possibilità di riconquistarla scontando una pena rispettosa della dignità delle persone.
– Che in carcere ci sono persone, e non “reati che camminano”.
– Che il carcere è meno lontano dalle nostre vite di quello che immaginiamo, perché il reato non è sempre frutto di una scelta, e noi esseri umani, TUTTI, possiamo scivolare in comportamenti aggressivi e violenti e finire per “passare dall’altra parte”
– Che le pene non devono essere necessariamente CARCERE, perché la certezza della pena significa scontare una pena che può essere anche fatta non “di galera”, ma che, come dice la nostra Costituzione, deve “tendere alla rieducazione”. Una pena costruttiva, che accompagni le persone in un percorso di responsabilizzazione rispetto al loro reato.
– Che parlare di pene umane, che abbiano un senso e che non abbiano come scopo di “rispondere al male con altrettanto male” significa rispettare di più anche le vittime. Perché per chi subisce un reato e per la società è più importante che l’autore di quel reato sia consapevole del male fatto e cerchi di riparare il danno creato, piuttosto che “marcisca in galera” senza neppure rendersi conto delle sofferenze provocate.
– Che investire sul reinserimento delle persone detenute significa investire sulla sicurezza della società.

Il 15 novembre, nelle scuole di tante città italiane, si parlerà in modo nuovo di carcere, di pene, di giustizia, cercando di sconfiggere luoghi comuni e pregiudizi.

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Per info: Maurizio Mazzi – Cellulare: 347.0064001 – Mail: maurizio.mazzi@libero.it

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Con il patrocinio del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria

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Fonte: Ristretti Orizzonti

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Voci dal carcere – Casa di Reclusione di Padova: Samir si è tolto la vita!

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Samir ha pensato che la soluzione migliore era appendersi a queste fottute sbarre

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di Lorenzo Sciacca

Fino al 31 settembre nelle carceri italiane si sono registrate 31 morti per suicidio. Con molto dispiacere mi vedo costretto ad aggiungere un altro a questa lista che sembra non finire mai.

Ieri 18 ottobre 2014 alle ore 18 nella Casa di Reclusione di Padova si è tolto la vita un giovane tunisino di 38 anni di nome Samir Riahi impiccandosi alle sbarre del bagno. Pochi mesi fa un altro uomo aveva tentato lo stesso gesto e nella stessa sezione, solo grazie all’intervento di un detenuto è riuscito a essere salvato da quella che per lui era l’unica via d’uscita da questo posto.

La mia cella è molto vicina alla cancellata che si affaccia sull’altra sezione.

Ero in cella che stavo cucinando quando ho sentito delle forti grida, ma la mia curiosità non è stata stuzzicata, ho pensato che potevano essere le solite grida che accompagnano discussioni che a volte accadono in questi posti. Poi un mio compagno è entrato nella mia cella dicendo “Lorenzo si è impiccato uno”. Ho spento i fornelli e sono andato di fronte al cancello per vedere cosa fosse successo.

Le guardie continuavano a muoversi avanti e indietro in maniera frenetica di fronte alla cella di Samir. Ogni volta che passavano di fronte a noi “spettatori” provavamo a domandare se fosse ancora vivo, ma non riuscivamo a strappargli notizie, fino a quando un agente, senza dire niente, ha fatto una chiara espressione di resa. Lì abbiamo capito che il ragazzo era morto. Verso le sette ci hanno chiusi tutti nelle nostre celle, stava per arrivare il magistrato, credo che sia la prassi in questi casi. Entrato in cella ho preso uno specchio e, facendo uscire il braccio tra le sbarre del mio cancello, sono riuscito a vedere quello che stava accadendo.

È molto difficile spiegare quello che ho provato nel momento in cui ho visto questa specie di “astuccio” gigante con dentro il corpo senza vita di una persona. Poi è arrivata una bara, una di quelle che si vedono quando succede qualche incidente stradale, chiare, credo che siano fatte di alluminio, hanno adagiato il corpo al suo interno e poi è scomparso nel lungo corridoio trasportato dagli appuntati.

È faticoso cercare di essere razionali in questi momenti, perché quando veniamo arrestati la nostra vita è affidata alle istituzioni, ma in tutta onestà non credo che sia così. La nostra vita è affidata al proprio limite di sopportazione, alla sofferenza che uno ha e se arrivi al limite ci sono sempre queste sbarre arrugginite a darti la soluzione a tutti i problemi. Io non so la storia di Samir e non so neanche per cosa era carcerato, so che aveva una famiglia, aveva due fratelli a Verona che lo aspettavano e una madre a Tunisi che attendeva di poter riabbracciare suo figlio.

Per me che sono detenuto, che ho commesso dei reati e ho delle responsabilità, parlare di abbandono da parte delle istituzioni può essere anche scomodo, ma credo non sia giusto che persone che hanno fatto delle scelte sbagliate vengano abbandonate a se stesse, e per piacere non diamo esclusivamente la colpa al sovraffollamento, è proprio la cultura, il concetto di punizione che abbiamo nel nostro Paese, il “buttare via le chiavi” oppure esclamare “uno in meno” che deve mutare.

Anch’io ho passato momenti della mia carcerazione dove è stato difficile ritrovare motivazioni per andare avanti e me la sono dovuta “smazzare” da solo. Sono stato fortunato niente di più, solo grazie a delle piccole circostanze che mi hanno portato a scovare il desiderio di continuare ad amare la vita, anche avendo una condanna di 30 anni, ma Samir questa fortuna non l’ha avuta. Samir ha pensato che la soluzione migliore era appendersi a queste fottute sbarre, le stesse sbarre che lo stavano uccidendo giorno per giorno, allora ha deciso di farla finita.

Vorrei terminare questo mio scritto con la speranza che le cose possano cambiare, ma soprattutto invitando le persone che possono “fare” ad agire in fretta, ma in tutta onestà inizio a credere che non cambieranno mai. Sono certo che a breve mi ritroverò di nuovo dietro a un foglio a scrivere di qualche altro suicidio e a pensare a quei familiari che non sono riusciti neanche a dire addio al proprio caro.

Detenuto s’impicca in carcere (Il Mattino di Padova, 20 ottobre 2014)

Era arrivato al carcere Due Palazzi da appena quattro giorno: fine pena nel 2021. Samir Riahi, 38 anni, tunisino, non ha retto psicologicamente al pensiero di dover trascorrere così tanto tempo in galera. Sabato pomeriggio si è tolto la vita in una cella del penitenziario: si è impiccato con una cintura.

È il quarto suicidio dall’inizio dell’anno all’interno del carcere di Padova. Il nordafricano stava scontando un tentato omicidio commesso a Gradisca d’Isonzo. Alle spalle aveva alcuni precedenti penali per droga ed è stato più volte denunciato per liti all’interno delle carceri. Avevano deciso il suo trasferimento a Padova dopo un periodo trascorso a Verona. Ma sabato pomeriggio il detenuto ha deciso di farla finita.

L’allarme l’ha dato il compagno di stanza al rientro dall’ora d’aria. Il trentottenne tunisino giaceva esanime nel bagno della cella, con la cintura intorno al collo. Gli accertamenti sul caso sono stati affidati agli uomini della Squadra mobile di Padova. Gli investigatori del vicequestore aggiunto Marco Calì hanno visionato i filmati ripresi dalle telecamere del circuito interno al carcere. Dalle immagini si vede chiaramente il compagno di stanza entrare e uscire subito dopo di corsa per chiedere aiuto.

Anche l’esame esterno della salma non ha dato altro responso, se non quello del suicidio. Nessun segno di violenza o altro che faccia pensare al coinvolgimento di qualcuno. Per togliersi la vita Samir Riahi ha utilizzato la cintura dei pantaloni. Questa è la quarta tragedia dall’inizio dell’anno all’interno del penitenziario padovano. In aprile Alessandro Braidic, 39 anni, condannato ad una pena che lo obbligava a rimanere in carcere fino al 2039, si è tolto la vita nella sua cella. Poi due casi strettamente legati perché connessi all’inchiesta sul giro di droga all’interno della casa di reclusione.

In luglio si è tolto la vita il detenuto Giovanni Pucci, 44 anni, elettricista di Castrignano dei Greci (Lecce). È stato trovato morto impiccato nella sua cella al terzo blocco della casa di reclusione, poche ore dopo l’interrogatorio. Nemmeno un mese dopo è stata la volta dell’assistente della polizia penitenziaria Paolo Giordano, 40 anni, anch’egli coinvolto direttamente nell’inchiesta della Squadra mobile. Con una lametta da barba si è tagliato la gola nel suo alloggio di via Due Palazzi. Ora questo nuovo caso con un altro detenuto che preferisce la morte alla detenzione.

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Fonte: Ristretti Orizzonti

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