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Livorno – Disoccupati e precari creano “Polpetta” una mensa autogestita

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polpetta

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Ristoro popolare

Un’associazione di Livorno, nata da un movimento di disoccupati e precari, gestisce da novembre una mensa autogestita, “Polpetta”. Il menù -che è vegan- propone un pasto completo a 5 euro, e gratis per chi non ha lavoro. Lo spazio ospita inoltre un’università popolare e un cineforum, in collaborazione con altre realtà del territorio

di Flavia Giampetruzzi

Il menù di oggi prevede come primo una pasta “zen” alle rape, per secondo una torta salata ai broccoli, spinaci saltati, hummus e insalata di contorno, e per finire una crema di latte di soia con cereali e lamponi. Chi siede a un tavolino del Ristoro popolare “Polpetta” di via dei Mulini 27 a Livorno, sa che potrà pranzare al prezzo di cinque euro, e che se è disoccupato ha diritto a un pasto gratis.

Entrando nei locali del Ristoro, ci troviamo in uno spazio semplice e accogliente: una grande stanza con un bancone, da cui vengono serviti i piatti, e un’altra con i tavoli; un’area dedicata ai bambini e una alla lettura e ai giochi in scatola. Alle pareti, piccoli quadri e dipinti e -soprattutto- un grande murales: rappresenta un polpo arancione decorato con lunghe ciglia, che per questo è diventata una “polpa” -eletta a simbolo del Ristoro.

“Questo spazio storicamente è sempre stato dedicato alla ristorazione popolare -racconta Arianna Sirigatti, volontaria di “Mensa Popolare autogestita”, l’associazione culturale che gestisce il ristoro da novembre 2014-: fino agli anni ‘90 la gestione è stata pubblica, poi è passata alla Cooperativa 8 Marzo che ha chiuso il locale nel 2011. Da allora, questo spazio, di proprietà della SPIL (Società porto industriale di Livorno, al 61% pubblica) è rimasto abbandonato come il resto della palazzina adiacente, sino alla fine del 2013.
“Eravamo un gruppo di circa 40 persone costituite in un comitato di precari e disoccupati, e dopo diverse assemblee e momenti di confronto anche con altri comitati di base del territorio, abbiamo deciso di occupare questo spazio, con l’idea di restituirlo alla città” racconta Arianna.

Nel giro di tre mesi, gli “occupanti” ottengono un contratto di comodato d’uso gratuito: SPIL dichiarò di non avere progettualità immediata su questi locali. “Nel frattempo -continua Arianna- ci siamo costituiti come associazione culturale con il nome di ‘Mensa popolare autogestita’, formata da un nocciolo duro di circa 15 volontari dai 25 ai 43 anni. Ci siamo formati tutti per ottenere l’HACCP, la certificazione che ci consentisse di star qui in sicurezza, e a un anno dall’occupazione è nata ‘Polpetta’: il nome richiama il piatto principe del cibo riciclato, e dopo quattro mesi forniamo circa 20 pasti al giorno a prezzi popolari, o gratuiti per chi il lavoro non ce l’ha. Ci piaceva l’idea, forse un po’ romantica, di creare un luogo dove persone in difficoltà per motivi simili -la perdita della casa e del lavoro, una drastica riduzione del reddito- potessero in qualche modo sentirsi rappresentati”.

Oltre a un’attenzione particolare alla persona e al lavoratore, i volontari della mensa guardano anche al rispetto degli animali e dell’ambiente. La cucina si caratterizza, infatti, per essere vegana e “freegana”: “Serviamo esclusivamente alimenti di origine vegetale, privilegiando percorsi di auto-produzione e filiera corta -continua Arianna-, e sposando il ‘freeganesimo’ siamo attenti a pratiche di recupero e riciclo, rifiutando di contribuire alla macchina di mercato capitalistica attraverso il consumo nelle catene di grande distribuzione, che non assicurano la qualità del cibo e spesso neanche una trasparenza nella filiera. Inoltre, un dato che ci colpisce sono gli sprechi alimentari, immensi e del tutto ingiustificati, che spesso nascono non dal naturale fine di un ciclo di vita di un alimento ma da decisioni di mercato, per poi tenere i prezzi stabili su un certo livello. Così, abbiamo diffuso la voce tra alcuni esercizi del tessuto livornese e, ad oggi, 6 botteghe ci donano il loro invenduto, che altrimenti diventerebbe rifiuto”.

In questo modo, l’associazione abbatte notevolmente i costi in cucina, recuperando cibo non più vendibile ma sano che viene cucinato nell’arco della stessa giornata. Oltre alla rete creata con le botteghe, le ciglia della bella Polpetta, e il suo progetto sociale, hanno colpito anche una catena della grande distribuzione: Unicoop Tirreno attraverso il direttore delle politiche sociali dell’azienda ha proposto al ristoro una convenzione con la Coop del quartiere di Porta a Mare: “La discussione della convenzione con Unicoop Tirreno non è stata facile all’interno del collettivo, dove tendiamo a prendere ogni decisione cercando l’unanimità. Anche se inizialmente non c’era una posizione unitaria, alla fine abbiamo deciso insieme di aderire. Ci sembrava ipocrita rifiutarla nel momento in cui la Coop è una realtà sostenuta dai livornesi per primi, perché la maggioranza delle famiglie fa la spesa lì e -a differenza di altre catene di distribuzione- Unicoop Tirreno è nata dai soci”. Grazie alla convenzione con il negozio Coop, l’associazione recupera, in media, 30 chili di cibo invenduto tutti i giorni, evitando che venga buttato. “Abbiamo attivato la pratica dello ‘svuota frigo’ -spiega Arianna-: dalla Coop recuperiamo tutto, quindi anche ingredienti di origine animale, che poi non usiamo nella preparazione dei pasti ma distribuiamo alle famiglie del comitato disoccupati e a chi ne fa richiesta”.

Mentre Arianna racconta, Beatrice Bellagotti e Arianna Honovich, altre due volontarie dell’associazione, hanno terminato il lavoro in cucina. Sono le 12.30 e il ristoro apre al pubblico. Lo spazio si anima: arrivano un gruppo di amici, una mamma con una bambina, una coppia, qualcuno siede da solo. Arrivano altri volontari a dar manforte in cucina, qualcuno chiede chi è oggi il responsabile per il recupero del cibo invenduto, l’aria diventa saporita e i primi piatti iniziano ad esser serviti. “Vengo qua 2-3 volte al mese -racconta Maria, con sua figlia di due anni in braccio-. Ho conosciuto la mensa attraverso alcune ragazze che qui fanno volontariato. Mi piace: è economico, bello, semplice. Non cerco niente di troppo strutturato. Poi ho una bambina ed è comodo essendoci l’area a loro dedicata”. “Condivido in pieno la scelta etica di questo posto  -spiega invece Valerio-, nella maniera in cui riesce ad offrire in maniera gratuita un pasto a persone che non hanno lavoro, e nell’attenzione al recupero dei prodotti. Anche se io non lo sono, apprezzo comunque la scelta vegana, in un’ottica di rispetto dell’ambiente. Poi, è molto rilassante, hai la possibilità di mangiare e poi di fermarti un attimo e leggere qualcosa”. “Vengo spesso da ‘Polpetta’ -dice Grazia-. Anche la cena del 31 dicembre l’ho fatta qui: è un ambiente congeniale e poi trovo interessanti gli incontri proposti, le conferenze che vengono fatte di pomeriggio e di sera toccano argomenti di mio interesse. E in più condivido la scelta della cucina vegana”.
Arianna conferma le parole degli avventori: questo spazio non si occupa esclusivamente di ristorazione, e l’associazione che l’ha in gestione “ospita diverse realtà che vengono a fare corsi qua dentro, come l’università popolare Bicchierini. Facciamo anche serate di CineAutore e un aperitivo alla settimana, con il quale ci autofinanziamo. Cerchiamo di mantenerlo aperto il più possibile lo spazio, con l’idea che possa essere sempre un posto a disposizione del tessuto cittadino”.  Mentre qualcuno finisce di mangiare, arrivano nuovi “clienti” e c’è chi si rilassa leggendo in poltrona. Noi decidiamo di pranzare insieme ad Arianna, che così può terminare il suo racconto: “Tra gli obiettivi futuri c’è quello di aumentare l’auto-produzione. Polpetta, infatti, è in qualche modo gemellata con gli Orti Urbani di via Goito (www.facebook.com/ortiurbanilivorno), perché una parte di questi è stata occupata lo stesso giorno dei locali che ospitano il Ristoro popolare. Abbiamo piantato di recente degli alberi, mandorli e frutta secca, e quando inizieranno a produrre frutti ci piacerebbe usarli, rispettando ovviamente le normative sulla trasformazione. Abbiamo promosso momenti di degustazione dei prodotti degli orti, ed hanno riscosso successo perché è un piacere assaggiare nel piatto quello di cui ti sei preso cura, o che ha coltivato un amico”. Tra gli obiettivi dell’associazione c’è anche quello di far crescere “Polpetta”, il numero dei pasti serviti ogni giorno: “La risposta del territorio finora è stata molto positiva, il locale piace, il progetto funziona e aggrega persone. Riceviamo richieste per venire a fare volontariato, o per affittare il locale per i compleanni, quindi questo ci fa ben sperare. Vorremmo raggiungere i 30 pasti al giorno, e siamo sulla buona strada” racconta Arianna.

“Un’altra scommessa per il futuro è quella di far diventare un’occasione di lotta e di condivisione quello che spesso è percepito come un momento di depressione, che può coincidere con la perdita del lavoro ma anche con la precarietà o la perdita della casa. Ci fa piacere che tanti disoccupati frequentano questo spazio dignitosamente, con la percezione di venire in un posto dove la loro condizione è rispettata, e sapendo che chi promuove questo posto non è in condizioni diverse dalla loro. Noi siamo per primi disoccupati, e all’inizio a molti sembrava paradossale che nella nostra situazione di precarietà potessimo sobbarcarci una simile impresa. Eppure l’attività è decollata”. E lo ha fatto in completa autonomia, senza chiedere alcun finanziamento nell’ambito delle politiche di welfare. “È una scelta radicale, faticosa ma che ci fa piacere rispettare -conferma Arianna-. È un cosa che portiamo avanti tutti insieme; quindi, anche nei ritiri di invenduto chiediamo aiuto e non ci vergogniamo a chiederlo a persone che vengono a mangiare qui. È, in sostanza, la scommessa dell’autogestione, dove non esistono gerarchie o protocolli da seguire ma dove si condivide tutto, si decide insieme, a costo talvolta di essere pedanti, e ognuno, indipendentemente dalla propria condizione, è centrale, si assume responsabilità ed è invitato a prendere conoscenza della dimensione intera del problema. Lavori molto di più che nel volontariato classico, però sviluppi un percorso che non si ritrova in altra formazione sociale”. Nessuno esclude, però, che “Polpetta” possa servire anche a creare occupazione. “Ad oggi siamo tutti volontari e nessuno guadagna niente -conclude Arianna-, e il primo obiettivo è quello di far crescere Polpetta al meglio. Non escludiamo a prescindere che da questa esperienza possa nascere un lavoro. Vediamo cosa ci riserva il futuro”.

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Contatti:

Facebook “Polpetta Ristor_Orto Autogestito Veg & Freegan

tel. 329-24.45.233

e-mail: polpettavegfreegan@gmail.com

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Altre cucine
A Bologna, cibo più autogestione più sostenibilità significa “Eat the rich”, negli spazi del centro sociale Vag61 in via Paolo Fabbri 110. “Mangiare ricco e sano senza spendere un capitale” questa è la sfida che si sono posti gli studenti e i precari che hanno dato vita a questa mensa popolare, che organizza corsi di panificazione, conserve, formaggi e pasta fresca (reteeattherich.noblogs.org).
A Milano, in viale Sarca 183, esiste CasaLOCA, con la sua cucina popolare autogestita, dov’è possibile pranzare a basso costo con cibi biologici provenienti dalla rete dei Gas e assaggiare il caffè zapatista, proveniente dalle comunità indigene del Chiapas e l’olio importato dalla Palestina (casaloca.it).
A Roma, il Forno popolare di Casetta Rossa (fornopolarecasettarossa.it) in via Magnaghi 14, organizza l’“infornata settimanale” del pane: ogni domenica è possibile portarsi l’impasto da casa e cuocere il proprio pane a costo zero (è previsto un’offerta libera per l’acquisto della legna), partecipare a corsi di panificazione.

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Fonte: Altreconomia

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Torino – Il Salone del Gusto e la Bio-Violenza

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Slow Food e Terra Madre: lettera a Carlo Petrini

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In attesa della tre giorni del Salone del Gusto / Terra Madre, che si terrà a Torino, e del presidio di controinformazione e protesta contro l’allevamento “sostenibile” organizzato per domenica 28 ottobre, pubblichiamo qui la lettera che abbiamo inviato a Carlo Petrini, presidente di Slow Food, come Progetto BioViolenza.

Egr. Carlo Petrini,

a nome degli attivisti animalisti che in questi anni si stanno occupando dell’analisi di quella che noi definiamo “bio-violenza” o “happy meat” (vedi www.bioviolenza.blogspot.it/), vorrei ricordarle alcune questioni di cui abbiamo discusso sia con lei direttamente che con alcuni rappresentanti di Slow Food.

Al Salone del Gusto di Torino di due anni fa, gli animalisti hanno distribuito per tre giorni migliaia di volantini per denunciare la mancanza di un punto di vista etico diverso dal vostro in un evento che fa dell’etica il suo cavallo di battaglia. Con un blitz all’assemblea finale di “Terra Madre”, davanti a migliaia di delegati e giornalisti da tutto il mondo, alcuni attivisti si erano conquistati anche lo spazio per evidenziare quella posizione, tutta antropocentrica, di chi discetta di etica, benessere e sostenibilità, mentre nello stesso tempo non riesce ancora a fare a meno dello sfruttamento e dell’uccisione di altri viventi senza porsi problemi di coscienza, per’altro in sintonia con fette importanti di popolazione “sensibile” e di realtà produttive “sostenibili”, sia per quanto riguarda le condizioni dei lavoratori, lo sviluppo locale e la tutela dell’ambiente, ma non ancora, purtroppo, nei confronti della sofferenza degli animali.

Abbiamo contestato “Slow Fish” a Genova. Se i mammiferi sembrano meritare almeno un abbozzo di discussione sulle modalità con cui dovrebbero poter condurre la loro breve vita, è evidente che i pesci non godono nemmeno della minima considerazione. L’unico problema che Slow Food considera sono i danni agli ecosistemi, all’ambiente, alla quantità di fauna marina disponibile. Della sofferenza dei pesci non interessa nulla a nessuno, neppure ai vostri “esperti” biologi marini che negano ancora, nonostante i molti studi di etologi illustri sull’argomento, che il sistema nervoso dei pesci sia sensibile al dolore in modo paragonabile a quello dei mammiferi (nel caso volesse approfondire, abbiamo una registrazione -che possiamo spedirle- con il Presidente del Comitato Scientifico, dott. Silvio Greco, che durante il colloquio con una nostra delegazione a “Slow Fish” anacronisticamente sosteneva una differenza qualitativa della sofferenza tra pesci e altri animali terrestri – sic).

In queste circostanze ci avete detto che il dialogo con gli animalisti è auspicabile, che dovrebbe essere incentivato e ci avete spronato ad un confronto, e siamo qui a ribadire e rinnovare la nostra disponibilità.

Molte persone che gravitano intorno a Slow Food sono anche animaliste: lo dimostrano, oltre alla quantità dei vostri associati vegetariani e vegani, gli applausi che hanno accompagnato le parole di protesta a favore della “liberazione” animale durante il blitz di cui sopra. Anche per questo riteniamo doveroso proporre la discussione etica sull’importanza della vita dei singoli individui animali al centro del vostro/nostro dibattito.

Chiediamo quindi di partecipare alla prossima edizione del Salone del Gusto di Torino con un intervento corposo e non occasionale, fortuito o strappato con la furbizia. Vorremmo dunque concordare con lei direttamente (o con uno degli organizzatori principali dell’evento) le modalità di un nostro intervento, in occasione della Conferenza finale di “Terra Madre”. Vorremmo dare voce agli ospiti muti che, loro malgrado, parteciperanno alla fiera, nella speranza di aprire un dibattito serio e costruttivo sull’utilizzo degli animali nella produzione, mettendo in discussione anche il concetto – per noi ambiguo – di “benessere animale”. Uno spazio ufficiale con pari dignità rispetto agli altri potrebbe dimostrare che, almeno sul piano del dibattito, il tema dei soggetti animali ha analoga considerazione rispetto agli altri importanti temi etici di cui Slow Food si è fatta carico in questi anni. Siamo certi che, a differenza di come è stato in passato, si possa reciprocamente considerare il dibattito sul tema come un’importante opportunità di confronto.

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Fonte: bioviolenza.blogspot.com

Evento facebook:  http://www.facebook.com/events/442004555841590/

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Approfondimento (madu)

Salone Internazionale del Gusto

Non è più possibile dire che non sapevamo

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Primavera Bio: le fattorie biologiche aprono le porte ai cittadini – 25 aprile / 27 maggio 2012

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Al via la “Primavera del Buono BIO”

E’ partita il 25 aprile “PrimaveraBio 2012”: la campagna nazionale di promozione e informazione sul biologico dell’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica (AIAB), realizzata in collaborazione con ALPA, CTM Altromercato, Federparchi, Legambiente, Movimento EcoSportivo e con il Patrocinio del MiPAAF, che si concluderà il 27 maggio.

Per avvicinare la città alla campagna e accorciare la distanza tra tessuto urbano e rurale, così come per promuovere un rapporto più stretto e diretto tra cittadini consumatori e produttori, le aziende biologiche del territorio nazionale per tutta la durata della campagna apriranno le porte a cittadini, consumatori, studenti e scuole. Un modo poco teorico e molto pratico per fare conoscere la loro capacità di produrre cibi di alta qualità, salvaguardando l’ambiente e i beni comuni e fornendo alla collettività importanti servizi ecosistemici. Da Nord a Sud le aziende agricole bio accoglieranno gli amanti del cibo naturale e del gusto, organizzando visite guidate, visite didattiche, degustazioni, dimostrazioni pratiche sulla produzione, laboratori di trasformazione e incontri produttori/consumatori. Ogni incontro, inoltre, sarà occasione per approfondire le propriet à salutistico-nutritive degli alimenti biologici, nonché i risvolti ‘green’ dell’agricoltura bio, grazie alla distribuzione del dossier “Il Buono Bio ”.

La PrimaveraBio 2012 sarà dedicata proprio al tema del “Buono Bio”. Gli eventi legati alla campagna, infatti, porranno l’accento sulla salubrità e i valori nutrizionali del biologico, spiegando in modo chiaro e semplice i motivi per i quali il bio è un’alternativa più salutare e gustosa di mangiare e anche quali ‘regole’ seguire per essere sicuri di acquistare buon biologico italiano.
Gli obiettivi dichiarati della campagna sono: favorire i consumi dei prodotti biologici locali, promuovere un modello di sviluppo e stili di consumo eco-sostenibili, stimolare una riflessione sulla qualità dell’alimentazione, promuovere la conoscenza del paesaggio e del territorio.

Per perseguire questi obiettivi in modo più efficace, AIAB ha curato appositamente per la campagna la realizzazione del dossier ‘PrimaveraBio 2012 – Il Buono Bio’, che come anticipato verrà distribuito presso le aziende e i punti vendita bio. Il dossier presenterà nero su bianco un’analisi sulla salubrità e i valori nutrizionali del biologico, i vantaggi di sostenibilità ambientale dell’agricoltura biologica rispetto all’agricoltura tradizionale – tra i quali il rispetto del benessere animale, l’azzeramento dell’uso di additivi chimici, la propensione verso un modello produttivo ispirato al mix farming e a un ridotto tenore di carbonio -, e i vantaggi ‘sociali’ del biologico, come l’attenzione, il rispetto e l’equa retribuzione del lavoro e lo sviluppo delle comunità rurali locali. A chiusura del rapporto, infine, AIAB proporrà un vademecum di re gole semplici da seguire, sia per i consumatori che per i produttori, rispettivamente per comprare e produrre il buon biologico italiano.

Scarica il dossier PrimaveraBio – Il BuonoBio

Il calendario completo delle iniziative di primaveraBio è disponibile on-line, sul sito www.primaverabio.aiab.it

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