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La storia infinita e le atroci torture di Guantánamo. Perché il campo di detenzione non si chiude?

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di Valeria Sirigu

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Dall’11 gennaio 2002, il governo degli Stati Uniti, sotto l’amministrazione Bush, ha aperto tale struttura carceraria all’interno della base, rivolta alla detenzione di prigionieri catturati in Afghanistan e ritenuti collegati ad attività terroristiche. Barack Obama fin dal suo primo mandato lo vorrebbe chiudere perché a suo dire è incostituzionale, ma riceve troppe pressioni dalle altre forze politiche e a tutt’ora questa realtà devastante per la dignità umana è ancora aperta.

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La Baia di Guantánamo è nella punta sud-est dell’isola di Cuba, a oltre 21 km a sud della città di Guantánamo. È caratterizzata principalmente per la presenza dell’omonima base navale statunitense e del relativo campo di prigionia.

Il campo di detenzione è composto da tre strutture: il Camp Delta (che comprende il “Camp Echo”), il “Camp Iguana“, e il “Camp X-Ray“, l’ultimo dei quali è stato chiuso.

Circa le modalità di reclusione, sono state sollevate polemiche per le condizioni carcerarie e l’effettivo status giuridico-fattuale dei detenuti. Una vera e propria realtà devastante per la dignità umana in quanto questo carcere è conosciuto come: “The battle lab” (il laboratorio della guerra) «dove migliaia di detenuti sono sottoposti ad esperimenti umani e psicologici», come lo definiscono il generale Mike Dunlean ed il Maggiore Geoffrey.

Dunque questi cosiddetti “esperimenti” sono assimilabili come tecniche di torture, ecco qui l’elenco delle più applicate:

  1.  violenza e umiliazione sessuale;
  2. privazione del sonno;
  3. deprivazione sensoriale, cioè quella pratica consistente nel privare un essere umano della possibilità di percepire una o più tipologie di stimoli sensoriali (vista, udito, tatto, olfatto, gusto), che a lungo termine può dare disturbi di forte ansia, allucinazioni, depressione e comportamenti antisociali;
  4. isolamento;
  5. finte esecuzioni;
  6. terapie farmacologiche forzate, un esempio può essere quello della meflochina (farmaco per la malaria), che ai detenuti può essere indiscriminatamente somministrato in dosi pari a 1,250 mg, 5 volte superiore al dosaggio previsto nei casi del trattamento e quindi determina effetti devastanti sulla psiche: istinti al suicidio, allucinazioni, ansia, depressione, attacchi di panico;
  7. l’uso di cani per spaventare i detenuti;
  8.  temperature estreme;
  9. bombardamento sensoriale (rumore o musica fastidiosa in cuffie);
  10. guardare gli altri essere torturati;
  11. tecniche psicologiche;
  12. far stare i detenuti per lungo tempo nelle posizioni cosiddette di stress, che procuranoano stanchezza e dolori fisici.

In più si deve tenere conto che queste torture spesso sono impartite in modo simultaneo, pertanto lo stress fisico e psicologico dei carcerati è a livelli inauditi per qualunque essere umano.

Ovviamente tutto ciò in violazione del Diritto Internazionale Umanitario tra cui: Patto Internazionale relativo ai Diritti Civili e Politici del 16 febbraio 1966, Convenzione del 10 dicembre 1984 contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, III Convenzione di Ginevra relativa al trattamento dei prigionieri di guerra del 12 agosto 1949 rispettivamente ratificati: il primo l’8 giugno 1992, il secondo il 21 ottobre 1994, il terzo il 2 agosto 1955, ed entrati in vigore: il primo l’8 settembre 1992, il secondo il 20 novembre 1994, il terzo il 6 febbraio 1956, dagli Stati Uniti seppur tutte e tre con riserve e obiezioni.

Oltretutto anche in violazione della Costituzione americana.

I prigionieri, per denunciare le condizioni deterioranti in cui vivono e le ispezioni illecite delle loro celle, hanno intrapreso lo sciopero della fame all’inizio di febbraio.

Focus:

Dopo la conferma che più della metà dei detenuti sono ora in sciopero della fame al fine di denunciare le violazioni dei diritti umani, affianco a loro è scesa in campo Amnesty International per fronteggiare questa situazione incresciosa per la dignità umana; asserendo che le autorità statunitensi devono urgentemente cessare la detenzione indefinita a Guantánamo.

Rob Freer, ricercatore americano di Amnesty International, ha affermato: “La situazione attuale a Guantanámo costituisce un altro ricordo del misero fallimento degli Stati Uniti per risolvere queste detenzioni“. Secondo svariati rapporti, le autorità militari hanno dichiarato che sedici detenuti in sciopero della fame vengono nutriti col metodo tube fed, il sistema di alimentazione forzata più intrusivo e doloroso che ci sia, normalmente usato in medicina per alimentare soggetti con disabilità croniche e gravissime che non permettono l’alimentazione orale. Cinque carcerati nutriti attraverso tale procedura, che può essere considerato anch’essa una tortura, sono stati ricoverati in ospedale.

Un giornalista del New York Times è venuto a sapere, dall’avvocato del cittadino yemenita, Samir Naji al Hasan Moqbel in sciopero della fame da febbraio, queste parole: “Non dimenticherò mai la prima volta che mi passavano il sondino nel naso. Non riesco a descrivere quanto sia doloroso essere alimentato forzatamente in questo modo “.

James Welsh, altro ricercatore di Amnesty International sulla salute e la detenzione, si è espresso in questi termini: “L’alimentazione artificiale obbligatoria è paragonabile a trattamenti crudeli, inumani o degradanti in violazione del diritto internazionale, se è intenzionalmente e consapevolmente condotta in modo che provoca dolore o sofferenze inutili“; inoltre “La situazione attuale esalta la necessità che ai detenuti sia garantito l’accesso libero continuo e regolare alla valutazione medica e la cura, e tutto il personale medico sia tenuto a rispettare l’etica medica.”.

Dunque Amnesty International, Il 22 marzo, ha scritto al Segretario della Difesa U.S.A., Charles Hagel, manifestando timore per la salute e il benessere dei prigionieri; invitando l’amministrazione statunitense a lavorare con il Congresso, come se fosse una questione d’urgenza per ridare priorità a una risoluzione delle detenzioni e chiusura della struttura. A tutt’oggi l’organizzazione non ha ancora ricevuto una risposta.

In più Rob Freer ha affermato che: “È passato molto tempo per tutti e tre i rami del governo degli Stati Uniti quanto ad affrontare la situazione a Guantanámo come una questione d’urgenza e per i diritti umani”,”La detenzione indefinita deve finire. I detenuti che il governo non ha alcuna intenzione di accusare per reati penalmente riconoscibili devono essere rilasciati senza ulteriori ritardi “.

Conclusioni:

Credo che Barack Obama debba avere il coraggio di chiudere quanto prima questa struttura, visto che lui è già al secondo mandato presidenziale e non ha più nulla da perdere. Oltretutto i carcerati, una volta usciti da Guantanámo, possono essere socialmente pericolosi, in quanto le torture subite hanno inciso sulla loro psiche ed emotività, quindi hanno il diritto ad essere curati, se non si vogliono creare serial killer allo scopo di trarne dei capi espiatori.

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Fonte: Diritti d’Europa

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Link per approfondire:

http://www.imerica.it/9-miti-da-sfatare-su-guantanamo-e-i-droni/

http://blog.ilmanifesto.it/losangelista/2013/04/30/obama-guantanamo-deve-essere-chiusa/

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Aggiornamento (madu)

il Manifesto: INTERVISTA David Remes, giurista e legale dei detenuti. Sciopero della fame al quinto mese

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Contro le violenze sui manifestanti in Turchia. Cosa puoi fare tu.

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APPELLO

Turchia: stop all’uso eccessivo della forza contro i manifestanti!

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A partire dal 29 maggio, oltre 2000 persone sono rimaste ferite in tutta la Turchia quando la polizia ha usato cannoni ad acqua e gas lacrimogeni contro i manifestanti.

Le proteste sono iniziate il 27 maggio a Gezi Park a Taksim, nel centro di Istanbul, la città più grande della Turchia. Qualche centinaia di manifestanti avevano occupato il parco per manifestare contro la sua distruzione per far posto a un nuovo centro commerciale. Nelle prime ore del 29 maggio la polizia ha iniziato a disperderli facendo ricorso a uso eccessivo della forza e a gas lacrimogeni. Durante la notte di giovedì 30 maggio, quasi 3000 manifestanti si sono uniti alla protesta. Nelle prime ore del mattino, sono stati allontanati dal parco dalla polizia con gas lacrimogeni e cannoni ad acqua. Decine di persone sono rimaste ferite durante l’intervento della polizia.

A partire da venerdì 31 maggio, le proteste si sono diffuse in tutto il paese e, da domenica 2 giugno, ci sono state centinaia di proteste in 67 province. In base a quanto riportato dall’Associazione medica turca,  ci sono state 7478 persone ferite in 13 città; di queste 55 riportano ferite gravi e tra loro 9 persone sono in condizioni critiche. L’Associazione medica turca ha dichiarato che la maggior parte delle lesioni sono state causate dall’uso di cannoni ad acqua e gas lacrimogeni. 

Amnesty International condanna l’ampio uso di gas lacrimogeni e cannoni ad acqua per disperdere i manifestanti pacifici. Alcuni video hanno filmato la polizia mentre spara deliberatamente lacrimogeni contro i manifestanti. I gas lacrimogeni, sparati irresponsabilmente ad altezza di persona e in spazi ristretti se non chiusi, persino all’ingresso del pronto soccorso di piazza Taksim, sono stati responsabili del maggior numero di ferimenti.

Le autorità affermano di aver arrestato oltre 1000 persone. Decine di video amatoriali hanno filmato scene delle manifestazioni e mostrano poliziotti che picchiano, prendono a calci e colpiscono con manganelli i manifestanti, anche quando questi sono resi inermi dagli effetti dei gas lacrimogeni.

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FIRMA SUBITO L’APPELLO!

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Fonte: Amnesty International

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Grecia: anarchici torturati, Amnesty chiede un’inchiesta

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Foto ritoccate per nascondere violenze

Foto ritoccate per nascondere violenze

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Emergono particolari scioccanti sul caso dei quattro giovani arrestati sabato e torturati dalla polizia ellenica. Lo scandalo supera i confini nazionali e Amnesty International punta il dito contro Atene.

Anche Amnesty International, in una nota diffusa ieri, ha chiesto l’apertura di una inchiesta sulle torture inflitte dalla polizia ellenica a quattro giovani arrestati lo scorso 1° febbraio 2013, perché sospettati di aver partecipato alla rapina di una banca di Kozani, nel nord della Grecia. Due dei quattro detenuti sono accusati di far parte del gruppo armato di ispirazione anarchica “Cospirazione delle cellule di fuoco”.

“Le autorità greche non possono pensare di risolvere i loro problemi con Photoshop. Questa cultura dell’impunità dev’essere fermata. Su questa vicenda occorre indagare in modo efficace, imparziale e approfondito, in modo che i responsabili siano identificati e portati rapidamente di fronte alla giustizia” ha dichiarato Amnesty International. Le foto dei quattro giovani con i volti tumefatti per le botte e le torture ricevute hanno fatto nei giorni scorsi il giro del mondo, dopo la pubblicazione delle immagini su alcuni siti istituzionali da parte delle autorità elleniche che hanno in questo modo voluto rivendicare gli arresti. Non prima di aver tentato di ritoccare e ripulire le istantanee a colpi di Photoshop, per cercare di cancellare parte delle prove dei pestaggi che comunque sono apparsi evidenti. Il “lavoro” di ripulitura delle foto infatti è stato fatto così male e di fretta che l’operazione è diventata un vero e proprio boomerang per il governo Samaras e in particolare per il ministero degli interni di Atene. Nel tentativo maldestro di cancellare le ferite più gravi gli improvvisati tecnici della polizia hanno completamente stravolto il viso di uno dei quattro giovani, mentre ad un altro hanno schiarito i capelli biondi così tanto da farli diventare quasi bianchi. E non è quindi bastato impedire ai quattro arrestati di contattare famigliari e avvocati per 24 ore, aspettando che le ferite provocate si rimarginassero almeno un po’.

Nel tentativo di salvare il salvabile la polizia ha affermato poi che i quattro sarebbero stati feriti nel corso dell’arresto e il ricorso alla forza si sarebbe limitato al necessario. Una versione poco credibile e smentita immediatamente. Medici e i familiari, infatti, hanno da subito denunciato che il brutale pestaggio è avvenuto proprio durante e subito dopo la detenzione, quando gli agenti hanno voluto punire gli arrestati per la matrice politica antisistema dei loro presunti crimini.

Uno degli arrestati, il ventenne Nikos Romanós, ha dichiarato: «I miei motivi erano politici. Considero me stesso prigioniero di guerra. Non mi considero una vittima. Non voglio querelare i poliziotti che mi hanno picchiato. Desidero che il mio maltrattamento sensibilizzi le coscienze dei cittadini».

Non è la prima volta che alcuni giovani vengono torturati dalla polizia. Nell’ottobre 2012, 15 manifestanti antifascisti avevano denunciato di essere stati torturati all’interno degli uffici del quartier generale della Polizia di Atene, il GADA, dopo il loro fermo durante una manifestazione antifascista nelle vie della capitale.

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Fonte:  contropiano.org

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