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Napoli – #Fiumeinpiena: stop al biocidio causato dalla speculazione capitalistica

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fiumeinpiena

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#FIUMEINPIENA: la sollevazione contro il dominio dei veleni

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Alla fine, il fiume in piena, c’è stato per davvero. Circa centomila persone hanno sfilato ieri per le strade del centro di Napoli, da piazza Mancini (nei pressi della stazione centrale) a piazza Plebiscito, nel cuore del capoluogo campano.

Hanno sfilato, inutile persino sottolinearlo, sfidando la pioggia incessante e le avverse condizioni metereologiche che hanno causato non pochi disagi alle migliaia di persone scese in strada. Non un punto di arrivo, nè di partenza e neanche una semplice tappa di una lotta pluriennale che le comunità locali, i movimenti e i comitati portano avanti contro quel processo di devastazione ambientale organizzata che ha espropriato i campani del proprio presente, ipotecando il futuro. Non dunque la mera somma di tante piccole e grandi lotte, di vertenze più o meno legittime, piuttosto una marcia in più, una esondazione dell’indignazione che tende alla generalizzazione, supportata sì dal lavorio quotidiano e meticoloso di comitati e realtà di base, ma capace di andare ben oltre la capacità di mobilitazione delle singole lotte territoriali. Eppure, quest’ultime, e si è visto ieri in piazza, rappresentano la spina dorsale di questa sollevazione. Perchè di questo si tratta, di un sussulto di dignità il cui collante, insieme alla constatazione del biocidio che la speculazione capitalistica ha prodotto, è la presa d’atto collettiva che il ‘Re è nudo’.

Al di là della capacità di riconoscersi e di rapportarsi in maniera diretta, la composizione sociale che ha animato le giornate romane del 18 e 19 ottobre parlava un linguaggio che ieri abbiamo ritrovato su diversi livelli: anche il 16 novembre campano non ha avuto bandiere di partito, nè cappelli sindacali ed in barba ai sistematici schemi di riassorbimento e normalizzazione supportati dal media mainstream, associazioni ed ‘esperti del settore’ sono ben lontani dal poter contenere e rappresentare il fiume in piena che minaccia di rompere gli argini. Non ci sono mediazioni possibili, tutto ciò che si poteva dire nelle sedi istituzionali, al cospetto di Prefetti, Commissari, Assessori, Sottosegretari e Ministri è stato già detto. I compromessi, la sopportazione e finanche l’accettazione dell’imposizione manu militari di impianti palesemente inutili, illegali, oltraggiosi per l’intelligenza umana sono già stati, piaccia o non piaccia, messi sul tavolo. Ma adesso è finita, oltre non si può andare.

È chiaro che questa è una battaglia anche vertenziale. Esistono richeste precise, come lo stop agli impianti di trattamento termico (inceneritori e gassificatori), la necessità di bonificare e risanare. Su tutto questo, e sulle differenze di visione all’interno di questo movimento, le nubi devono essere diradate al più presto ed il lavoro, già avviato in questa direzione, deve proseguire sul binario di un confronto allargato, democratico, persino inedito nella capacità di comprendere la sua centralità, abbandonando velleità politiciste, ambizioni di contenimento. Se questo movimento riuscirà a produrre, com’è necessario pena la sua sconfitta, un mutamento del quadro sociale e politico che rappresenti una radicale rottura con la miseria dell’esistente, questo avverrà attraverso la sua capacità di crescita sui territori, mantenendo la barra dritta nel non voler cedere più nulla ad una controparte istituzionale assolutamente screditata. Bisogna operare un tanto anelato mutamento da movimento di opinione a movimento di lotta, come del resto già avviene sui fronti più caldi di questo scontro.

La dichiarazione pubblica di essere determinati a sabotare i lavori per la realizzazione dell’inceneritore di Giugliano, la decisione con la quale nel casertano si respinge la militarizzazione del territorio, già pagata a caro prezzo da chi subisce il disastro di Ferrandelle, la volontà di non cedere alle imposizioni dei peones di provincia come Domenico Zinzi, che continuano, come se nulla fosse, a riprodurre gli stessi vergognosi schemi messi sotto accusa da questo movimento, sono segnali che lasciano ben sperare proprio perché esprimono la consapevolezza di doversi sottrarre ad un infinito gioco a ribasso che produce danni talvolta irreparabili, giocando sul ricatto occupazionale e la miseria sociale che fa da sfondo alla realtà del biocidio.

Presto o tardi arriveremo al dunque e la consapevolezza, oggi esplicita, netta e chiara, che le istituzioni hanno stretto un patto di morte con l’imprenditoria (più o meno criminale) negli ultimi vent’anni, dovrà estendersi alla presa d’atto che sindaci e assessori con il loro portato di strette di mano, promesse ed elogi sperticati per ‘il senso civico di questi ragazzi’ non avrà effetto alcuno se non il protrarsi di una inaccettabile presa in giro.

Tavoli tecnici e di confronto ci saranno, ci saranno anche quelli che, consapevolmente o meno, offriranno il fianco ad operazioni di facciata, ma l’unico esito possibile, dignitoso, ragionevole dovrà essere quello di imporre alla controparte l’accettazione delle condizioni poste da chi non può più permettersi di subire.

Infine, e non si può non tenerne conto, va registrato un processo di riscossa che parte dai territori e pervade tutto lo stivale. Un processo includente, che avanza e che rilancia, nella riappropriazione, il concetto della sovranità delle comuntà locali. Anche la Valle di Susa sabato è tornata in piazza e per il movimento NoTav è stato un successo. Al termine del corteo napoletano più interventi hanno rimarcato la vicinanza e la complice solidarietà tra due lotte che sempre più si percepiscono vicendevolmente come espressioni diverse della stessa insorgenza. È questa la strada giusta.

Intanto, mercoledì si tornerà in piazza a Roma, con l’obiettivo dichiarato di assediare il vertice Italia-Francia gridando forte la necessità di utilizzare le risorse impiegate per inutili grandi opere per soddisare diritti oggi calpestati (il diritto all’ambiente, alla salute, alla casa, alla formazione).

@teleprop per infoaut dalla terra dei fuochi

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Fonte: infoaut.org

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Approfondimento (madu)

Ecco cifre, dati e numeri delle rotte dal Nord verso la Terra dei Fuochi. Domani a Napoli Legambiente nel #fiumeinpiena per archiviare questa triste stagione

Le rotte della Terra dei fuochi

Esclusivo! La Camera declassifica i verbali di Schiavone (ottobre 1997). Condannati i cittadini di Casale, Casapesenna e Castel Volturno a soli 20 anni di vita

Caivano: sequestrati 13 pozzi irrigui e 15 fondi agricoli. Altro capitolo della Cernobyl campana

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Reggio Emilia: Flash mob per Miriam Makeba (Mama Africa)

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nelson e miriam

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Miriam Makeba è morta il 9 novembre del 2008, questo sabato (9 novembre) sono esattamente cinque anni dalla sua scomparsa. Un’artista che ha dato tanto al mondo, ma anche qualcosa in più alla nostra città, andando a inserire anche questa importante presenza culturale all’amicizia tra Reggio Emilia e il Sudafrica.

L’idea è semplice, darci appuntamento in piazza Prampolini sabato 9 novembre alle ore 19.00 e con l’ausilio di un impianto, ballare per cinque minuti il Pata Pata in piazza. Ballarlo come ognuno lo sa o lo può fare, con un momento di vita.

Per farlo però sarebbe importante coinvolgere amici o compagnie di danza che sappiano ballarlo bene, per permettere a chi come me non è propriamente un ballerino provetto di non fare una brutta figura…


Quindi vi chiediamo se in queste ore conoscete qualcuno che sa ballare il Pata Pata o è in grado di impararlo, di convocarlo per celebrare Miriam.

E’ un gesto istintivo e che non è organizzato, ma che forse la nostra città – i suoi cittadini – possono tentare di farlo. Per dovere e per piacere.

Che ne dite? Siate liberi di coinvolgere il più possibile…

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Video

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Fonte: Facebook

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Approfondimento (madu)

Venerdì 9 Novembre a Castel Volturno tributo a Miriam Makeba

Castelvolturno: monumento in onore di Miriam Makeba

Miriam Makeba ci ha lasciati

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Anonymous – #5 novembre 2013. Manifestazioni in 400 città. Stop a repressione e controllo globale!

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5 novembre 2013 _ 400 città

Da Facebook _ Anonymous Art of Revolution

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Dalla rete alle piazze Anonymous senza veli

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Oggi è il giorno della «Million Mask March»: manifestazioni in 400 città. Megafono, il poco amato Facebook. La «dichiarazione di libertà» degli «hacktivisti»: stop a repressione e controllo globale. Epicentro sarà il Monumento a George Washington, nell’omonima capitale federale americana.

di Arturo Di Corinto

Uniti contro la società del controllo globale. Gli Anonymous chiamano alla sollevazione, e oggi 5 novembre, in onore di Guy Fawkes, daranno fuoco alle polveri della protesta precipitandosi nelle piazze di oltre 400 città, dal Texas a Città del Capo. È la Million Mask March, che vuole portare ovunque la sua «Dichiarazione di libertà», contro l’oppressione di tutti i governi. Vestiti con la maschera di Guy Fawkes, il rivoluzionario del XVII secolo che voleva far saltare con 36 barili di polvere pirica il Parlamento britannico, si ritroveranno a migliaia a invocare trasparenza e giustizia in una marcia pacifica il cui epicentro sarà il Monumento a George Washington, nell’omonima capitale federale americana.

Un evento senza precedenti
L’evento, seppure richiami alla memoria altre marce come questa, non ha precedenti: per la prima volta il movimento globale che veste i panni del rivoluzionario inglese usa come megafono Facebook ed è la prima volta che si organizza a livello mondiale per rivendicare istanze politiche e sociali. Era successo su una scala minore solo in occasione delle proteste contro l’Acta, l’accordo anti-contraffazione.
Nel passato gli Anonymous avevano operato sempre attraverso specifiche campagne, contro Scientology, contro i padroni del copyright – la Riaa e la Mpaa-, per vendicare il blocco dei conti di Wikileaks, per ridicolizzare la H.B. Gary, contractor della difesa americana, o la Vitrociset, che si occupava di gestire i dati delle polizie italiane. Stavolta no, la chiamata è globale, di fronte allo scandalo del Datagate denunciato da Edward Snowden, mentre la crisi morde, la disoccupazione avanza e le guerre continuano.
È presto per dire che il movimento globale contro la corruzione e la guerra, contro le banche d’affari e il mercatismo si stia globalizzando sotto la bandiera di Anonymous, ma è un fatto che a chiamare tutti a raccolta dal sito della marcia siano occupiers, whistleblowers e hacktivisti. E sigle come Wikileaks, il Partito pirata e Occupy Wall Street.
Nel passato le incursioni degli Anonymous avevano usato strumenti tipicamente hacktivisti, cioè da attivisti che usano le tecniche dell’hacking per vendicare un torto o denunciare uno scandalo. Prima di eseguire e rivendicare le azioni gli anonymi si sono sempre coordinati in chat room segrete per definire obiettivi ed entità degli attacchi che potevano sfociare in un DdoS (Distributed denial of service), l’interrruzione temporanea di un servizio Internet sovraccaricandolo di richieste, concludersi con il defacciamento del sito di Miss Padania, o con la pubblicazione sul web di nome e cognome di pedofili o neonazisti.

Azioni sempre più eclatanti
Così, dopo gli scherzi goliardici su 4chan, dopo gli interventi di “vigilantismo” che erano andati a pescare cyberbulli e pedopornografi nel deep web, la socializzazione delle tattiche e delle tecniche degli Anonymous aveva innescato la dinamica dell’emulazione ingrossandone le fila e moltiplicando gli interventi: azioni sempre più difficili ed eclatanti, ai danni del Vaticano, del parlamento ungherese, di Equitalia. Fallito il tentativo dell’intelligence nostrana di presentare quattro anonymi arrestati come pirati informatici dediti al ricatto, anche le crew italiane sono diventate più forti e politicamente consapevoli, un fatto che nelle molte interpretazioni libresche e giornalistiche è stato colto solo dal libro Anonymous. Noi siamo legione, della giornalista italiana Antonella Beccaria (Aliberti 2012).
Adesso l’obiettivo è uscire allo scoperto e portare quanta più gente possibile in piazza e di farlo attraverso Facebook, uno degli strumenti meno amati dagli hacker, proprio per il suo carattere di aggregatore a privacy zero di dati personali, paradigma di quella sorveglianza globale cui ogni giorno ci consegnamo volontariamente e spesso consapevolmente.
Non sappiamo se sia l’inizio di un movimento destinato a durare, capace di collegare soggettività e moltitudini, ma il messaggio di Anonymous sembra chiaro: non esiste soluzione singolare ai problemi collettivi e il 99% del pianeta, motivato e con gli strumenti giusti, cioè Internet, è oggi nella condizione di sviluppare una nuova cultura e una nuova società, fondata sulla solidarietà, la pace e la trasparenza. E proprio per questo la difesa della rete e della libertà di comunicazione è al centro del messaggio della marcia che vuole dire basta alla repressione digitale, alle armate del copyright e agli spioni governativi.
La Million Mask March segue la logica zapatista: coprirsi il volto per non farsi vedere, mostrarsi per nascondersi, unirsi per cambiare. Ne vedremo delle belle.

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Fonte: ilmanifesto.it

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Da Facebook - 5 novembre 2013 - Washington DC - Anonymous Art of Revolution

Da Facebook – 5 novembre 2013 – Washington DC – Anonymous Art of Revolution

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