Monthly Archives: Gennaio 2015

Milano – Università Statale: sabato 17 gennaio Assemblea Nazionale NO-Expo!

.

.

NO-EXPO-colori1

.

Università Statale Milano

Sabato 17 gennaio 2015

ore 10.00/18.00

.

A pochi mesi dall’inizio di Expo2015, questioni che vengono da lontano portano i nodi al pettine.
Il percorso NoExpo è iniziato nel 2007, ben prima dell’assegnazione dell’esposizione universale a Milano, e ha accolto negli anni una pluralità di soggetti, affermando un pensiero critico rispetto alle logiche e ai processi che i mega eventi e le grandi opere impongono al tessuto sociale e urbano della città.
E’ venuto il momento di scioglierle i nodi e chiedere conto di quanto denunciamo da allora.
Sin dall’inizio abbiamo osservato come preoccupanti politiche di governo del territorio, già in essere nel tessuto metropolitano, abbiano subito un’accelerazione grazie al volano Expo, in primis il PGT, di cui è unico orizzonte progettuale e temporale. I processi di trasformazione consegnano la città alle logiche del mercato a tutto svantaggio di una sola parte della popolazione, quella che ha uno scarso potere economico. Abbiamo parlato di città vetrina per descrivere un aggressivo marketing territoriale che privilegiava il restyling delle vie dello shopping, rispetto al potenziamento dei servizi alla persona e rispetto alla riqualificazione delle periferie. Non è un caso se la lotta per la casa è diventata un’emergenza, la spina nel fianco di una metropoli proiettata verso il grande evento. Expo rappresenta un modello impermeabile al bisogno espresso dai comitati di lotta per la casa, il diritto all’abitare. Così come la crescente politica di sgomberi è funzionale a creare una città da esporre, ma non da vivere.


Expopolis: debito, cemento e precarietà, tre assi attraverso cui leggere il dispositivo Expo2015 come lo strumento utile all’appropriazione indebita di denaro pubblico, all’esproprio del verde e dello spazio pubblico, alla cancellazione dei diritti dei lavoratori. Negli ultimi mesi, è diventata evidente la necessità organizzativa del grande evento di operare in un contesto straordinario, in cui l’amministrazione ordinaria è limitata e gli strumenti democratici sospesi. Lo stato d’eccezione imposto dal commissariamento è diventato così un modus operandi che ha reso Expo2015 il dispositivo più insidioso lasciato in eredità all’intero Paese e codificato con l’introduzione del decreto SbloccaItalia. Un modello che da anni sperimenta il suo aspetto repressivo contro la lotta NoTav, attraverso la militarizzazione del territorio e la criminalizzazione del dissenso.
Abbiamo denunciato la falsità della narrazione attorno a Expo, tra sponsor imbarazzanti (Nestlè, Dupont, Coca Cola) e partner impresentabili, su tutti i rappresentanti del sionismo israeliano che saranno tra i partecipanti di rilievo e che da oltre sessant’anni derubano i palestinesi di terra e risorse opprimendo un intero popolo. Una corruzione culturale prima che politica che trova il culmine con il protocollo sindacale d’intesa per Expo2015, antesignano per contenuti del JobsAct; un accordo che limita i diritti, impone il lavoro gratuito per il “bene collettivo” (a vantaggio di una Spa) e attacca il diritto di sciopero. Un modello che gli studenti stanno ostacolando e boicottando, perché dietro a parole come solidarietà e altruismo, si trasforma la scuola in una risorsa al servizio del mercato e non del sapere, e l’università in una macchina che genera precar@. “Io non lavoro gratis per Expo” e’ lo slogan che accompagna una mobilitazione che vuole minare le basi di un sistema di precarizzazione diffusa.
Immaginari e materialità del mega evento non sono intoccabili però. Una testimonianza su tutte, è la lotta NoCanal contro la via d’acqua di Expo2015, che ha reso evidente la possibilità di creare un’opposizione sociale ad una grande, inutile e dannosa opera: un’opposizione in grado di resistere per mesi e di ottenere sostanziali vittorie, tuttora in sospeso, ma utili a fornirci un precedente che ci racconta una storia in cui il termine “resistenza” non coincide con velleitarismo.


Abbiamo dichiarato il nostro 2015 NoExpo pubblicamente nel corso dei NEDs, lo scorso maggio, lo abbiamo ribadito in piazza il 12 ottobre scorso e durante lo sciopero sociale, il 14 di novembre. La Rete dell’Attitudine NoExpo si muove per contrastare la pervasività di Expo attraverso un’azione che inevitabilmente avrà nel 1 maggio 2015, nei giorni a precedere e in quelli a seguire l’apertura dei cancelli del grande evento, un momento cruciale, ma che guarda, ben al di là di Expo, a un’altra idea di città.
Le differenti declinazioni con cui la Rete sta configurando il NoExpo stanno producendo un piano di avvicinamento e varie proposte di iniziativa. Invece che “Nutrire il Pianeta” nutriremo il conflitto aprendoci a tutt@ coloro che vorranno condividere le pratiche da mettere in campo in questo fondamentale momento crocevia delle trasformazioni economiche e sociali di questo paese ed oltre.
L’ambizione di costruire un’opposizione sociale a Expo2015 e al sistema di potere che lo regge riguarda tutta Italia. Così come il paradigma Expo e il modello Milano è oggi la punta di diamante di una strategia, allo stesso modo in tutto il paese ci si oppone alle grandi opere, a partire dalla Val di Susa e dal suo esempio virtuoso di lotta popolare vincente. Vorremmo che tutto il paese sentisse propria la campagna di avvicinamento al 1 maggio, la costruzione delle giornate di maggio e dei sei mesi successivi e di quanto verrà dopo, facendo delle differenze la risorsa per la costruzione di una intelligenza e di un potenza collettiva in grado di dare vita a pratiche comuni.

Il 17 gennaio prossimo vogliamo rilanciare analisi e concetti sinora espressi, approfondire le diverse tematiche che costituiranno l’alternativa a questo modello di sviluppo, intrecciarci con altre realtà di lotta per portare avanti un cammino in direzione, verso e oltre Expo2015, in grado di divenire strumento per un cambio di rotta non più rinviabile.
A Milano, nell’intero paese, ovunque. Vogliamo portare avanti questi ragionamenti e condividere le proposte in una giornata di confronto, il 17 gennaio all’Università Statale di Milano, dalle 10.30 della mattina con workshop tematici, al pomeriggio con un’assemblea nazionale che condivida e definisca il programma delle iniziative.


Nel 2015 l’uscita dalla crisi sociale percorre anche la strada dell’opposizione ad Expo!

.

Fonte: Facebook Comitato NoExpo   —-> Partecipa all’Evento!

.

.

.

.

 


USA: no al nuovo programma di promozione del consumo di carne bovina

.

.

carne

.

01/01/2015

Il programma per pubblicizzare la carne di manzo con fondi pubblici e’ stato annullato.

Recentemente il Dottor Neal D. Barnard, ricercatore impegnato nel campo della medicina preventiva negli Stati Uniti d’America e fondatore del Physicians Committee for Responsible Medicine (PCRM), organizzazione senza fini di lucro che raccoglie medici, scienziati e semplici cittadini con lo scopo di promuovere una migliore salute pubblica, si è fermamente opposto al nuovo programma di promozione del consumo di carne bovina lanciato dal Dipartimento dell’Agricoltura statunitense.

Il programma avrebbe richiesto l’investimento di 80 milioni di dollari. Grazie alla mobilitazione del Dottor Barnard sono state inviate più di mille dichiarazioni di opposizione a tale programma da parte dei membri del PCRM e questo ha fatto ritirare il programma previsto, decretando una vittoria per la prevenzione delle più diffuse malattie croniche dovute all’assunzione di carne.

La vendita e la produzione di carne rossa sono diminuite in questi ultimi anni perché i consumatori sono diventati sempre più consapevoli del legame tra il consumo di carne e le malattie croniche. In termini di salute pubblica, questo è un successo. I medici, i ricercatori e le organizzazioni mediche affermano chiaramente che le conseguenze del consumo di carne sono le malattie croniche e la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ha ribadito più volte la correlazione tra il consumo di carne e le patologie del colon-retto e della prostata.

L’American Heart Association ha pubblicato alcuni risultati nei quali si afferma che le donne che avevano consumato con regolarità due porzioni al giorno di carne rossa avevano un rischio del 30 per cento più elevato di sviluppare malattie coronariche. I ricercatori PCRM hanno scoperto che mangiare carne è un fattore di rischio per il diabete.

L’American Institute for Cancer Research consiglia di ridurre e rimuovere la carne rossa e i suoi sottoprodotti, come raccomanda anche l’American Cancer Society. Anche i funzionari del governo del Regno Unito sono stati chiari nelle loro raccomandazioni ai cittadini britannici al fine di ridurre il consumo di carne rossa.

Ciò nonostante il Dipartimento dell’Agricoltura statunitense ha assunto una posizione ambigua quando ha parlato di carne rossa nel 2010, nelle linee guida per una dieta ottimale; ha infatti raccomandato di ridurre i grassi trascurando di precisare che una bistecca di manzo sovraccarica le arterie con il 155% della razione giornaliera massima di grassi saturi e il 152% del colesterolo massimo giornaliero.

L’industria della carne è ovviamente preoccupata per i profitti in calo e per questo ha chiesto al governo di creare un programma di promozione del consumo della carne di manzo.

Proprio per questi motivi strettamente economici, il Dipartimento dell’Agricoltura statunitense aveva proposto un programma per stanziare fondi per la promozione e la commercializzazione delle carni bovine nel 2015. E dal momento che lo stesso Dipartimento rilascia anche raccomandazioni dietetiche nazionali, ne è scaturito un evidente conflitto di interessi .

Grazie all’intervento tempestivo del Dottor Neal D. Barnard, il programma di stanziamento fondi per la promozione del consumo della carne di manzo previsto per il prossimo anno è stato abbandonato!

.

Fonte: Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana

.

.

.


				

Gli italiani un popolo di stressati digitali

.

.

digital stress

.

Stressati digitali: boom di malati in Italia. Ecco come non cadere nella trappola

Troppo tempo online: in sei anni abbiamo perso un’ora di sonno. E facciamo fatica a concentrarci

STRESS DIGITALE –

Almeno nelle vacanze di Natale cerchiamo di purificarci: siamo diventati un popolo di stressati digitali. Vittime di una valanga di informazioni e di stimoli che alimentiamo, quasi con ossessione, attraverso computer, cellulari, smartphone, e via proseguendo nell’infinito oceano delle sirene tecnologiche.  La progressione dei messaggi è spaventosa: nel 2006 inviavamo 31 miliardi di email al giorno, adesso siamo a quota 183 miliardi; nello stesso periodo i tweet sono passati da 2mila a 500 milioni. Ma quali sono gli effetti più evidenti dello stress digitale? Ed esiste una prevenzione per questo tipo di patologia?

LEGGI ANCHE: Rischi web e cellulari, se esageriamo sprechiamo tante cose preziose
I DANNI CAUSATI DAL TECNOSTRESS –
  • Il primo danno è la perdita, o la riduzione, del sonno. Non a caso un terzo degli italiani dormono male, e negli ultimi sei anni abbiamo perso un’ora di sonno, quanto basta per alterare l’umore e il metabolismo, con un aumento della produzione di zuccheri e del nostro peso medio. D’altra parte ogni volta che rispondiamo al cellulare o scriviamo un messaggio elettronico, produciamo dopamina, cioè una sostanza chimica che eccita e sollecita energia. Fino a impedire al cervello, sottoposto a un uso compulsivo della comunicazione, di riposare.  L’effetto della chimica è ancora più controproducente nelle ore notturne (quasi il 40 per cento degli italiani leggono messaggi a letto, prima di addormentarsi), perché la luce dello schermo impedisce la secrezione di melatonina, l’ormone che ci predispone al sonno.
  • Un secondo effetto dello stress digitale è la perdita di concentrazione e di creatività. Il bombardamento degli stimoli non è sostenuto in modo efficace dal cervello, che affanna di fronte all’attività multitasking, fino a modificare le connessioni neuronali. In parole povere: il pensiero si abitua a essere rapido e distraibile, mentre perde la capacità di profondità, tipica della riflessione. Un tempo si diceva: «respira, e poi parla». Adesso dovremmo dire: «Spegni il telefonino o il pc, e poi parla».
  • Terzo danno: si appannano le relazioni. Il 38 per cento degli adolescenti ha preso l’abitudine di controllare messaggi e video mentre mangia, magari in famiglia. Un gesto perfetto, nella sua semplice e violenta ripetizione, per spegnere la conversazione, allontanare i contatti reali per intensificare soltanto quelli virtuali. Il problema si pone anche nelle aziende, dove l’invasività della posta elettronica, per esempio, si traduce con un numero: un dipendente è costretto, mediamente, a interrompere il suo lavoro almeno 8 volte all’ora per controllare la posta elettronica, non sempre indispensabile alla sua attività e spesso fonte di cattive relazioni con i suoi collaboratori.
PER APPROFONDIRE: Cinque regole essenziali per non sprecare tempo con la tecnologia
COME COMBATTERE LO STRESS DIGITALE –

Lo stress digitale, per nostra fortuna, non è una malattia inguaribile. E non richiede neanche terapie particolari, se non un grado di consapevolezza dei rischi legati all’iperconnessione e qualche contromisura ispirata più al buon senso che alla medicina. Di fronte a un fenomeno evidente di obesità informatica, serve la dieta.  Proprio come quando ci ritroviamo ingrassati, con i relativi rischi di varie malattie, e modifichiamo il regime alimentare.  Nel suo libro Felicemente sconnessi (edizioni De Agostini), Frances Booth dopo avere segnalato i vari pericolo dell’era digitale, passa in rassegna alcune soluzioni alternative. Si parte dall’idea di “staccare la spina”, appunto disconnettersi, almeno un’ora e mezza prima di andare a letto, e dal non rispondere subito a email e sms se non sono considerati assolutamente urgenti.

Un altro fattore di prevenzione dello stress digitale è quello della meditazione: possono bastare anche dieci minuti ogni pomeriggio, durante i quali si chiudono gli occhi, ci si rilassa e non si pensa a nulla. In America è già di moda lo slow web, cioè l’applicazione della filosofia zen alla navigazione su Internet: pause frequenti e ritmi non ossessivi. D’altra parte proprio negli Stati Uniti il fenomeno della schiavitù della Rete e dell’iperconnessione  ha assunto le dimensioni di un’epidemia: il 34 per cento degli adulti, secondo uno studio della Cambridge University, si dichiarano stressati a causa delle tecnologie informatiche.

Infine, la dieta tecnologica può essere favorita da altre abitudini alternative. Passeggiare, camminare, andare in bicicletta, curare un giardino o un orto. Conversare. Ovviamente senza auricolari e in totale “offline”. Un ordinario esercizio fisico, in tutta rilassatezza e senza rincorrere chissà quale benessere del corpo, resta il modo più efficace per non alterare i delicati equilibri del nostro cervello sottoposto al bombardamento delle informazioni. Ed è un esercizio che andrebbe insegnato alle nuove generazioni dei “nativi digitali” come un modo sano di usare il computer e in generale le varie apparecchiature elettroniche. Dice Antonio Giovannelli, docente di Tecniche riabilitative psichiatriche dell’università di Milano e studioso di patologie legate alla dipendenza da Internet: «In realtà l’uso corretto delle tecnologie, considerando anche la loro enorme diffusione, andrebbe insegnato in modo sistematico nelle scuole. Poche ore, ma con scadenza regolare, dalle elementari alla maturità». Poche ore di autodisciplina, quelle che servono per non inciampare nel labirinto dello stress digitale.

PER SAPERNE DI PIU’: Come recuperare il dialogo, l’importanza di riappropiarsi del piacere della conversazione

.

Fonte: nonsprecare.it

.

.

.

.