Gli italiani un popolo di stressati digitali

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Stressati digitali: boom di malati in Italia. Ecco come non cadere nella trappola

Troppo tempo online: in sei anni abbiamo perso un’ora di sonno. E facciamo fatica a concentrarci

STRESS DIGITALE –

Almeno nelle vacanze di Natale cerchiamo di purificarci: siamo diventati un popolo di stressati digitali. Vittime di una valanga di informazioni e di stimoli che alimentiamo, quasi con ossessione, attraverso computer, cellulari, smartphone, e via proseguendo nell’infinito oceano delle sirene tecnologiche.  La progressione dei messaggi è spaventosa: nel 2006 inviavamo 31 miliardi di email al giorno, adesso siamo a quota 183 miliardi; nello stesso periodo i tweet sono passati da 2mila a 500 milioni. Ma quali sono gli effetti più evidenti dello stress digitale? Ed esiste una prevenzione per questo tipo di patologia?

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I DANNI CAUSATI DAL TECNOSTRESS –
  • Il primo danno è la perdita, o la riduzione, del sonno. Non a caso un terzo degli italiani dormono male, e negli ultimi sei anni abbiamo perso un’ora di sonno, quanto basta per alterare l’umore e il metabolismo, con un aumento della produzione di zuccheri e del nostro peso medio. D’altra parte ogni volta che rispondiamo al cellulare o scriviamo un messaggio elettronico, produciamo dopamina, cioè una sostanza chimica che eccita e sollecita energia. Fino a impedire al cervello, sottoposto a un uso compulsivo della comunicazione, di riposare.  L’effetto della chimica è ancora più controproducente nelle ore notturne (quasi il 40 per cento degli italiani leggono messaggi a letto, prima di addormentarsi), perché la luce dello schermo impedisce la secrezione di melatonina, l’ormone che ci predispone al sonno.
  • Un secondo effetto dello stress digitale è la perdita di concentrazione e di creatività. Il bombardamento degli stimoli non è sostenuto in modo efficace dal cervello, che affanna di fronte all’attività multitasking, fino a modificare le connessioni neuronali. In parole povere: il pensiero si abitua a essere rapido e distraibile, mentre perde la capacità di profondità, tipica della riflessione. Un tempo si diceva: «respira, e poi parla». Adesso dovremmo dire: «Spegni il telefonino o il pc, e poi parla».
  • Terzo danno: si appannano le relazioni. Il 38 per cento degli adolescenti ha preso l’abitudine di controllare messaggi e video mentre mangia, magari in famiglia. Un gesto perfetto, nella sua semplice e violenta ripetizione, per spegnere la conversazione, allontanare i contatti reali per intensificare soltanto quelli virtuali. Il problema si pone anche nelle aziende, dove l’invasività della posta elettronica, per esempio, si traduce con un numero: un dipendente è costretto, mediamente, a interrompere il suo lavoro almeno 8 volte all’ora per controllare la posta elettronica, non sempre indispensabile alla sua attività e spesso fonte di cattive relazioni con i suoi collaboratori.
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COME COMBATTERE LO STRESS DIGITALE –

Lo stress digitale, per nostra fortuna, non è una malattia inguaribile. E non richiede neanche terapie particolari, se non un grado di consapevolezza dei rischi legati all’iperconnessione e qualche contromisura ispirata più al buon senso che alla medicina. Di fronte a un fenomeno evidente di obesità informatica, serve la dieta.  Proprio come quando ci ritroviamo ingrassati, con i relativi rischi di varie malattie, e modifichiamo il regime alimentare.  Nel suo libro Felicemente sconnessi (edizioni De Agostini), Frances Booth dopo avere segnalato i vari pericolo dell’era digitale, passa in rassegna alcune soluzioni alternative. Si parte dall’idea di “staccare la spina”, appunto disconnettersi, almeno un’ora e mezza prima di andare a letto, e dal non rispondere subito a email e sms se non sono considerati assolutamente urgenti.

Un altro fattore di prevenzione dello stress digitale è quello della meditazione: possono bastare anche dieci minuti ogni pomeriggio, durante i quali si chiudono gli occhi, ci si rilassa e non si pensa a nulla. In America è già di moda lo slow web, cioè l’applicazione della filosofia zen alla navigazione su Internet: pause frequenti e ritmi non ossessivi. D’altra parte proprio negli Stati Uniti il fenomeno della schiavitù della Rete e dell’iperconnessione  ha assunto le dimensioni di un’epidemia: il 34 per cento degli adulti, secondo uno studio della Cambridge University, si dichiarano stressati a causa delle tecnologie informatiche.

Infine, la dieta tecnologica può essere favorita da altre abitudini alternative. Passeggiare, camminare, andare in bicicletta, curare un giardino o un orto. Conversare. Ovviamente senza auricolari e in totale “offline”. Un ordinario esercizio fisico, in tutta rilassatezza e senza rincorrere chissà quale benessere del corpo, resta il modo più efficace per non alterare i delicati equilibri del nostro cervello sottoposto al bombardamento delle informazioni. Ed è un esercizio che andrebbe insegnato alle nuove generazioni dei “nativi digitali” come un modo sano di usare il computer e in generale le varie apparecchiature elettroniche. Dice Antonio Giovannelli, docente di Tecniche riabilitative psichiatriche dell’università di Milano e studioso di patologie legate alla dipendenza da Internet: «In realtà l’uso corretto delle tecnologie, considerando anche la loro enorme diffusione, andrebbe insegnato in modo sistematico nelle scuole. Poche ore, ma con scadenza regolare, dalle elementari alla maturità». Poche ore di autodisciplina, quelle che servono per non inciampare nel labirinto dello stress digitale.

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Fonte: nonsprecare.it

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